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Forum PROCEDURE EX LEGGE FALL. - ATTIVO E CONTABILITà
vendita quote immobiliari
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Marco Cottica
Sondrio07/04/2017 16:16vendita quote immobiliari
Sono curatore del fallimento di una società con due soci falliti in proprio, proprietari, per quote indivise, di 2/3 di un immobile, mentre il restante 1/3 è di proprietà di una persona estranea al fallimento: tale immobile, per l'intero, è ipotecato a garanzia di debiti societari. Dovendo cedere le quote acquisite all'attivo, ritengo che la cessione dei soli 2/3 risulterebbe troppo penalizzante per il fallimento, poiché difficilmente la procedura potrebbe realizzare il valore di mercato delle quote poste in vendita, che al contrario si potrebbe avere con l'offerta dell'intero. Posto che un accordo divisionale col proprietario della quota di 1/3 non acquisita al fallimento non è percorribile, vi chiedo se una divisione giudiziale dell'immobile debba seguire la procedura ordinaria prevista dalla legge o se il GD abbia qualche potere decisionale autonomo e se esistono altre forme che consentano di poter vendere l'intero.
Ringrazio per la risposta e invio i miei migliori saluti.
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Zucchetti Software Giuridico srl
Vicenza10/04/2017 20:07RE: vendita quote immobiliari
Il dato sicuro è che lei, nella qualità di curatore del fallimento dei due soggetti comproprietari della quota dii 2/3 dell'immobile non può procedere alla vendita dell'intero immobile, in quanto venderebbe beni anche di terzi.
Se, quindi ritiene non produttivo la vendite della quota di cui dispone e non non vi sono possibilità di accordi con il terzo comproprietario, non può che chiedere lo scioglimento della comunione e la divisione dei beni.
Come è noto, la legge fallimentare non prevede specifiche disposizioni in merito alla liquidazione della quota indivisa, a differenza di quanto avviene nell'nell'esecuzione ordinaria ove il codice di rito ha espressamente previsto nell'art. 600 tre alternative tra loro graduate. Ossia, il giudice dell'esecuzione deve in primo luogo qualora ne ricorrano i presupposti, il giudice dell'esecuzione deve preferibilmente procedere, qualora sia possibile, alla separazione della quota in natura; ove la separazione non sia fattibile o comunque non sia stata richiesta dalle parti, il giudice dispone che si proceda alla divisione a norma del codice civile, ma può anche ordinare la vendita della quota indivisa, mantenendo inalterata la comunione e sostituendo di fatto al debitore esecutato un soggetto terzo che subentra nella titolarità del diritto, qualora ritenga probabile che tale vendita possa avvenire ad un prezzo pari o superiore al valore della quota, come determinato a norma dell'art. 568 cpc. L'art. 181 disp.att. c.p.c., nella versione attuale, stabilisce, a sua volta che qualora il giudice dell'esecuzione opti per la divisione del bene indiviso, è lo stesso giudice dell'esecuzione che provvede all'istruzione della causa a norma degli articoli 175 e seguenti del codice, se gli interessati sono tutti presenti, nel mentre, se questi non sono tutti presenti, con l'ordinanza di cui all'articolo 600, secondo comma, cpc fissa l'udienza davanti a sé per la comparizione delle parti, concedendo termine alla parte più diligente fino a sessanta giorni prima per l'integrazione del contraddittorio mediante la notifica dell'ordinanza. E' bene chiarire che il giudizio di divisione di cui parla l'art. 600 cpc è un ordinario processo di cognizione che rispetto a quello normale attribuisce diretta mente al giudice dell'esecuzione l'istruzione della causa e l'integrazione del contraddittorio nei confronti dei soggetti che non sono presenti, tant'è che tale atto, notificato ai soggetti non presenti, è stato equiparato ad una citazione al punto da dover essere trascritto (Trib. Firenze, 18 aprile 2008).
Si è sempre discusso circa la possibilità di estendere questa disciplina al fallimento del comproprietario. Nel vigore della vecchia legge fallimentare un peso determinate per l'applicazione delle norme processuali nell'ambito della procedura fallimentare era dato dal richiamo generale operato dall'art. 105 l.f., in forza del quale alle vendite di beni mobili o immobili del fallimento si applicavano le disposizioni del codice di procedura civile relative al processo di esecuzione in quanto compatibili, salvo poi a stabilire se le norme processuali dovevano intese come integrative o come applicabili in via diretta nel fallimento; rimaneva tuttavia, in entrambi i casi, il problema di verificare entro quali limiti le disposizioni del codice di rito fossero compatibili con quelle fallimentari nonché quali potessero essere le conseguenze in caso di loro violazione.
Rese autonoma la liquidazione fallimentare rispetto a quella dell'espropriazione individuale e degiurisdizionalizzate la stessa nel senso che le vendite, anche di beni immobili, possono essere effettuate direttamente dal curatore, riesce più difficile estendere la disciplina del codice di rito sui beni indivisi alla liquidazione fallimentare e, comunque, riesce più difficile quel giudizio di compatibilità, che è implicito in ogni trasposizione normativa, data la diversa figura e le diverse funzioni che ha il giudice delegato rispetto a quello dell'esecuzione. Si avrebbe infatti un giudice delegato, sostanzialmente estraneato dalla liquidazione fallimentare- che può procedere alla vendita solo su "delega" dl curatore contenuta nel programma di liquidazione (art. 107, co. 2), che non può sospendere la vendita qualora ricorrano gravi e giustificati motivi nè impedirne il perfezionamento quando il prezzo offerto risulti notevolmente inferiore a quello giusto se non su istanza di parte e mai d'ufficio- e che, invece, qualora all'attivo fallimentare sia stata acquisita una quota di un immobile, riprende integralmente poteri tali da poter disporre la separazione o istruire la causa di divisione, ecc.. Anche il curatore verrebbe in questi casi a mutare la sua condizione perché egli, in quanto subentrato nella disponibilità della quota che compete al fallito, è un comproprietario e non il creditore esecutante, eppure a lui dovranno essere attribuite le incombenze della notifica e della iscrizione della causa a ruolo qualora si dia al giudice delegato la possibilità di procedere alla divisione.
E' chiara la nostra opzione per la soluzione che consente al curatore, che abbia acquisto la quota di un immobile, di poter procedere soltanto secondo le vie ordinarie alla divisione. Ovviamente, questa è solo la nostra opinione perché ci risulta che vari giudici delegati la pensino diversamente.
Zucchetti SG srl
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Marco Cottica
Sondrio14/04/2017 14:26RE: RE: vendita quote immobiliari
Ringrazio per la rispota.
Cordiali slauti.
Marco Cottica-
Danilo D'Amico
Cantu' (CO)14/12/2017 11:01vendita quote immobiliari
Buongiorno
Intervengo nella discussione prendendo atto che nel caso di quote immobiliari indivise ricadute nell'attivo del fallimento, questo potrebbe procedere alla loro liquidazione solo promuovendo un preventivo giudizio di divisione. Prendo altresì atto che vi risultano orientamenti contrari nelle prassi dei vari tribunali.
Orbene, per esigenza di approfondimento, sono a chiederVi se, a Vostro avviso, la Cassazione S.U. n. 5068 del 15/03/2016 (riguardante direttamente il caso della donazione di quote pervenute per successione ereditaria) sia riferibile anche alla vendita di quote immobiliari e, in particolare, alla loro vendita in sede fallimentare. Se così fosse, si sarebbe considerare inevitabile per il fallimento ricorrere al giudizio di divisione preventivo.
Il caso mi si pone per la quota di proprietà indivisa di 1/6 su un lotto di immobili, pervenuta al fallito per successione, ma in mancanza della c.d. continuità delle trascrizioni (è trascritta la successione, ma non risulta accettazione espressa o tacita).
In tal caso mi chiedo se è possibile seguire la via di cui al seguente punto 1) oppure se è necessario procedere come indicato nel seguente punto 2).
1) Il Curatore del fallimento, previa autorizzazione, accetta l'eredità con beneficio d'inventario e mette in vendita giudiziaria la quota immobiliare indivisa, all'esito trasferendola con decreto di trasferimento del G.D. (prassi da Voi non condivisa, ma sembrerebbe praticabile secondo alcune prassi);
2) Il Curatore del fallimento, previa autorizzazione, promuove il giudizio di divisione, all'esito del quale porrà in vendita giudiziaria la piena proprietà dei beni immobili che dovessero essere attribuiti al fallito.
Ringrazio per l'attenzione ed invio cordiali saluti.-
Zucchetti Software Giuridico srl
Vicenza15/12/2017 19:17RE: vendita quote immobiliari
In primo luogo va chiarito che la sentenza delle sez. unite n. 5068 del 2016 richiamata nel quesito non è pertinente alla fattispecie in esame. Nel caso, infatti, esaminato nella citata sentenza si afferma sì la nullità della donazione di quote pervenute per successione ereditaria, ma in quel caso si trattava di un coerede che aveva donato non la sua quota di partecipazione alla comunione ereditaria, ma una quota di un singolo bene compreso nella massa destinata ad essere divisa, prima che la divisione fosse operata e il bene entrasse a far parte del suo patrimonio. La Corte, quindi, non afferma la nullità della vendita o della donazione di una quota ereditaria, ma della donazione (e già sarebbe diverso per la vendita) solo di una quota su un bene che fa parte della massa ereditaria; ossia ipotizzando che vi siano tre coeredi, ciascuno dei quali succede per un terzo e che la massa ereditaria sia costituita da cinque immobili, uno dei coeredi può ben disporre della sua quota di un terzo della massa ereditaria, ma non può donare soltanto il suo terzo su uno solo dei cinque immobili costituenti l'asse ereditario perché non si sa, prima della divisione, se quell'immobile (la cui quota ha ceduto) entrerà nella sua disponibilità, per cui, prima della divisione, egli dona un bene altrui.
Questo ha affermato la Cassazione, per cui nulla esclude che il fallimento possa acquisire la quota del sesto che compete al fallito e porre in vendita detta quota, secondo una prassi che non abbiamo mai detto di non condividere; al contrario, proprio nella risposta che precede, abbiamo premesso che la prima possibilità proprio la vendita della quota e poi ci siamo inoltrati nel successivo discorso alla ricerca di soluzioni alternative. Dicevamo, infatti, testualmente che "Se, quindi ritiene non produttivo la vendite della quota di cui dispone e non vi sono possibilità di accordi con il terzo comproprietario, non può che chiedere lo scioglimento della comunione e la divisione dei beni". Concetti che confermiamo.
In conclusione crediamo che sia da seguire la prima delle opzioni da lei prospettate, e cioè, che il curatore del fallimento, previa autorizzazione, accetti l'eredità con beneficio d'inventario e metta in vendita giudiziaria la quota indivisa dell'eredita, all'esito trasferendola con decreto di trasferimento del G.D..
Zucchetti SG srl
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