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Forum PROCEDURE EX LEGGE FALL. - ATTIVO E CONTABILITà
apprensione al fallimento di immobile costituito in fondo patrimoniale
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Lorenzo Gelmini
Bergamo12/02/2022 20:43apprensione al fallimento di immobile costituito in fondo patrimoniale
Buongiorno,
la situazione sulla quale avrei necessità di un confronto è la seguente:
Il fallito è unico proprietario della casa di abitazione compresa nel fondo patrimoniale formalmente e regolarmente costituito già oltre 10 anni prima della dichiarazione di fallimento.
Per l'acquisto di tale casa di abitazione il fallito aveva stipulato contestuale contratto di mutuo per il cui debito residuo alla data del fallimento la banca ha chiesto e ottenuto l'ammissione al passivo.
Considerata quindi l'esistenza di creditori del fallito per debiti contratti per i bisogni della famiglia (oltre alla banca ne sono stati ammessi anche altri per debiti estranei all'attività imprenditoriale) tale immobile non rientra nell'esclusione prevista dall'art. 46 L.F. (beni non compresi nel fallimento), a mente dell'art. 170 del codice civile, richiamato dal comma 1, n. 3, del medesimo art. 46 LF.
In tale circostanza il curatore può/deve apprendere all'attivo del fallimento tale immobile ?
Mi chiedo anche come il fallito può venire a conoscenza di tale circostanza e se può opporsi o contrastare tale fatto salvo, se ne viene a conoscenza, proporre istanza ex art. 108 comma 1 LF.
Evidenzio, tra l'altro, che quando è stato costituito il fondo patrimoniale l'unico figlio dei coniugi era minorenne e che l'art. 171, comma 2, del codice civile stabilisce che il fondo dura fino al compimento della maggiore età dell'ultimo figlio che, nel frattempo, già tre anni prima della dichiarazione di fallimento del padre, è divenuto maggiorenne.
Ringrazio per l'attenzione.-
Zucchetti Software Giuridico srl
Vicenza14/02/2022 19:32RE: apprensione al fallimento di immobile costituito in fondo patrimoniale
A norma dell'art. 46 l. fall. i beni costituiti in fondo patrimoniale (e i frutti di essi), non sono compresi nel fallimento, salvo quanto disposto dall'art. 170 c.c.; secondo questa nporma civilistica, i beni costituiti in fondo patrimoniale non possono essere oggetti di esecuzione, a meno che non si tratti di soddisfare crediti strumentale ai bisogni della famiglia o se il titolare del credito non ne conosceva l'estraneità ai bisogni della famiglia, di modo che anche nel fallimento vale questa eccezione, anche se, essendo il passivo dell'imprenditore fallito formato dai debiti dell'impresa, essi sono estranei ai bisogni della famiglia nel senso inteso dall'art. 170 c.c.
Da questa norma, infatti, si deduce che il criterio identificativo dei crediti che possono essere esecutivamente soddisfatti sui beni conferiti nel fondo va ricercato non già nella natura delle obbligazioni, ma nella relazione esistente tra il fatto generatore di esse e i bisogni della famiglia, ed allora l'ipoteca data a garanzia del finanziamento per l'acquisto della casa di abitazione determina un credito strumentale ai bisog ni della famiglia o estraneo agli stessi?
Probabilmente no perché la nozione di bisogni accolta dalla giurisprudenza, seppur ampia, tanto da includere non solo quanto necessario ad assicurare il sostentamento del nucleo familiare in adempimento dell'obbligo alimentare di cui all'art. 438 c.c., ma anche le più varie esigenze socialmente apprezzabili e dirette al pieno mantenimento e all'armonico sviluppo della famiglia, nonché al potenziamento delle sue capacità lavorative, con esclusione delle sole esigenze voluttuarie o caratterizzate da intenti meramente speculativi (Cas. 7/01/1984, n. 134), non sembra estendersi ai finanziamenti per acquistare la casa di abitazione poi posta nel fondo, che è esigenza suscettibile di essere soddisfatte anche in altro modo, per cui manca q uella strumentalità diretta tra spesa e bisogni. Peraltro nel caso è intervenuto il fallimento el'acquisizione del bene all'attivo dovrebbe essere limitato ai soli creditori che hanno crediti sorti in funzione dei bisogni della famiglia , il che, sebbene previsto dall'art. 46 l. fall. che fa salvo l'art. 170 c.c., non è agevole realizzare.
Questa è una opinione, e conosciamo anche le possibili obiezioni (tra i debiti contratti per i bisogni della famiglia vanno compresi anche quelli riguardanti i beni costituiti in fondo patrimoniale, qualora questi, come la casa di abitazione familiare, siano destinati essi stessi al soddisfacimento delle esigenze familiari), per cui sostanzialmente è una scelta che il curatore deve fare in relazione alla situazione concreta e analizzando tutti i risvolti della questione.
La questione posta è determinate nella specie perché, se non è possibile acquisire il bene per la via indicata , non esistono altri strumenti per raggiungere questo scopo.
E' principio consolidato in giurisprudenza che la costituzione del fondo patrimoniale per fronteggiare i bisogni della famiglia, anche qualora effettuata da entrambi i coniugi, non integra, di per sé, adempimento di un dovere giuridico, non essendo obbligatoria per legge, ma configura un atto a titolo gratuito, non trovando contropartita in un'attribuzione in favore dei disponenti, per cui esso è suscettibile di revocatoria, a norma dell'art. 64 l. fall. (cfr. da ult. Cass. 30/01/2020, n.2077), . Tuttavia, nel caso, questa via non è percorribile dal momento che il fondo patrimoniale è stato costituito, come lei dice, oltre dieci anni prima della dichiarazione di fallimento del costituente, per cui è fuori dal periodo sospetto biennale per giustificare una revocatoria di atti a titolo gratuito previsto dall'art. 64 l. fall. .
Impercorribile è anche la strada dello scioglimento legale del fondo ai sensi dell'art. 171 c.c., in quanto tale norma non pone il raggiungimento della maggiore età dei figli quale causa autonoma di scioglimento, come lei suggerisce. In realtà, il fondo patrimoniale non viene costituito a beneficio dei figli, ma per far fronte ai bisogni della famiglia, di modo che esso cessa con l'annullamento, lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, che sono uniche cause tassative di cessazione. A questo principio dettato dal primo comma dell'art. 171 c.c., il secondo comma pone una deroga ove vi siano figli minori: in questo caso, nonostante l'annullamento lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, il fondo dura fino al compimento della maggiore età dell'ultimo figlio e il giudice può dettare, su istanza di chi vi abbia interesse, norme per l'amministrazione del fondo. Di contro, se il matrimonio dei genitori è ancora in vita, il fondo non cessa benchè anche l'ultimo dei figli abbia raggiunto la maggiore età.
Zucchetti Sg srl
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