Forum PROCEDURE EX LEGGE FALL. - ATTIVO E CONTABILITà

Leasing inoptato fallimento con esercizio provvisorio

  • Saudo Maistri

    ROVERETO (TN)
    24/11/2014 23:49

    Leasing inoptato fallimento con esercizio provvisorio

    Ho il seguente caso relativo a fallimento con esercizio provvisorio disposto dal Tribunale in sede di dichiarazione di fallimento (maggio 2013), di cui sono curatore.
    La società poi fallita ha pagato regolarmente tutti i canoni fino all'ultimo di data novembre 2012, senza poi effettuare il riscatto, ma continuando ugualmente a utilizzare il bene concesso in leasing.
    Il macchinario è un bene fondamentale per la produzione e per la prosecuzione dell'esercizio provvisorio della società utilizzatrice e quindi il sottoscritto ha proseguito nell'utilizzazione dello stesso durante la gestione dell'esercizio provvisorio (durato fino a luglio 2014).
    La società di leasing è rimasta inerte fino al momento della dichiarazione di fallimento, con esercizio provvisorio, senza mai sollecitare la restituzione del bene o l'eventuale pagamento dell'irrisoria somma di riscatto (meno di 1.000 euro).
    La società di leasing ha presentato istanza tempestiva di rivendica, nel fallimento con esercizio provvisorio del bene concesso in leasing. Il Giudice Delegato ne riconosceva la proprietà ma ne disponeva la riconsegna al termine dell'esercizio provvisorio.
    La società non ha presentato altra istanza di ammissione al passivo.
    Successivamente la società di leasing ha presentato istanza per la messa in mora del curatore, circa la decisione relativa al contratto di leasing; il provvedimento del GD è stato poi revocato in seguito a indicazione del sottoscritto in quanto il combinato disposto dell'articolo 72 – quater e dell'articolo 104, comma 10, l.fall., prevede che si debba fare riferimento alla data di cessazione dell'esercizio provvisorio, quale termine per il Curatore per scegliere se sciogliersi o meno dal contratto. In tale occasione, e anche in precedenza nelle osservazioni al progetto di stato passivo, la società di leasing precisava che il contratto di leasing è rimasto inoptato e questo è confermato dal fatto che lo stesso non sia mai stato risolto, e quindi lo stesso risulta, alla data del fallimento, ancora pendente.
    Ora a conclusione dell'esercizio provvisorio la società di leasing chiede al sottoscritto di esprimersi circa la volontà di subentrare nel contratto, esercitando il diritto al riscatto, o di sciogliersi dal medesimo, con la puntualizzazione che in ogni caso saranno dovuti alla società di leasing, in prededuzione, la somma pari ai canoni maturati durante l'esercizio provvisorio.
    Il sottoscritto non ritiene corretto l'operato della società di leasing, nel richiedere in prededuzione i canoni di leasing, secondo loro maturati a loro favore durante il periodo dell'esercizio provvisorio. Secondo il sottoscritto, infatti, la società di leasing non può procedere a tale richiesta, in quanto l'unica "pendenza" in essere alla data del fallimento era l'esercizio dell'opzione del riscatto. Con la dichiarazione del fallimento con esercizio provvisorio, tale diritto viene di fatto posticipato al termine dell'esercizio provvisorio. In tale data il sottoscritto può scegliere se riscattare il bene o se restituirlo. Null'altro sarà dovuto dal fallimento alla società di leasing. Non risulta nemmeno corretto, secondo il sottoscritto, che la società ritenga di avere subito un danno economico da tale "sospensione"; infatti, nell'eventualità che il sottoscritto decidesse di riscattare il bene, perché conveniente per la massa attiva del fallimento, quale danno sarebbe arrecato alla società di leasing? La stessa, infatti, ha già incamerato l'intero compenso del contratto di leasing, e residua solo il valore del riscatto. Ma anche nel caso il bene fosse restituito alla stessa quale danno verrebbe arrecato? Potrebbe la stessa richiedere ed esigere il pagamento in prededuzione dei canoni? Secondo me non può procedere a tale richiesta anche da una lettura dell'art. 72 quater c. 2: non essendoci crediti residui in sorte capitale nulla può esigere da parte del fallimento. La dimostrazione che la società non vanta crediti sta nel fatto che la stessa ha presentato solo istanza di rivendica e non ammissione al passivo di alcun credito (i canoni sono stati tutti saldati). Vorrei quindi procedere ad esercitare il diritto di riscatto, con il pagamento del valore previsto contrattualmente. Cosa ne pensate?
    • Zucchetti Software Giuridico srl

      Vicenza
      25/11/2014 19:59

      RE: Leasing inoptato fallimento con esercizio provvisorio

      A norma del comma settimo dell'art. 104 "durante l'esercizio provvisorio i contratti pendenti proseguono, salvo che il curatore non intenda sospenderne l'esecuzione o scioglierli". Pertanto, visto che lei come curatore non ha chiesto la sospensione né lo scioglimento del contratto, era tenuto, nel corso dell'esercizio provvisorio, al pagamento dei canoni alle relative scadenze, come ha fatto; all'esautimento delle rate vi era da pagare il prezzo del riscatto, che, essendo, come lei dice, modesto rispetto al valore del bene, sarebbe stato opportuno che avesse pagato, se ne aveva i mezzi, diventando così proprietario del macchinario oggetto del leasing e chiudendo ogni questione con la società concedente. Non aver pagato il riscatto al momento della scadenza contrattuale, ha fatto si che il bene restasse nella proprietà della società di leasing, che infatti aveva presentato domanda di rivendica. Quella era un'altra occasione in cui il fallimento poteva respingere la domanda dichiarando di subentrare nel contratto e pagare il prezzo del riscatto; invece ha accolto la domanda di rivendica, rinviando la consegna del bene alla fine dell'esercizio provvisorio, con ciò implicitamente accettando lo scioglimento.
      Buon per lei che la società di leasing l'ha messo in mora per optare se subentrare o sciogliersi, e che tale provvedimento, che già segnava la cessazione del contratto, sia stato revocato (non si capisce bene come); si è arrivati così alla fine dell'esercizio provvisorio con il contratto di leasing del quale sono stati pagati tutti i canoni ma non ancora è stato esercitato il riscatto, per cui lo stesso è da considerare ancora pendente, sia perché tale ritenuto dal contraente in bonis, sia perché il provvedimento che accoglieva la domanda di rivendica era stato revocato sia perché la richiesta di messa in mora dobbiamo presumere sia rimasta senza esito, altrimenti se fosse stato assegnato il termine di cui all'art. 72, co. 2, il contratto nel silenzio del curatore si sarebbe sciolto. Tuttavia, il subentro come lo scioglimento in un contratto non abbisognano di formule sacramentali potendo la volontà del curatore desumersi anche dal comportamento dello stesso, il quale, se nella fase dell'esercizio provvisorio poteva utilizzare il macchinario perché per legge il contratto continuava, alla cessazione dello stesso, doveva scegliere se subentrare o meno, sicchè se ha continuato in qualche modo ad utilizzare il macchinario, implicitamente ha dimostrato di voler subentrare nel contratto. In sostanza oggi dipende dal comportamento del curatore dire se questi è ancora in tempo per sciogliersi o subentrare oppure sia già subentarto nel contratto di leasing.
      Sia che sia già subentrato, sia che opti ora per il subentro, il curatore è tenuto al pagamento del prezzo del riscatto in prededuzione; con tale pagamento la curatela acquisisce la proprietà del bene, ma ciò avviene dal momento del pagamento, per cui la curatela deve qualcosa alla società di leasing per l'utilizzo del macchinario per il il periodo successivo a quello dell'esaurimento dei canoni contrattuali e fino all'acquisizione della proprietà. E qui può diventare rilevante la circostanza del momento del subentro, perché se questo avviene ora, il quid dovuto si sostanzia in un danno risarcibile per utilizzo del macchinario altrui, per cui quel danno potrebbe essere determinato in una somma pari ai canoni maturati nel periodo indicato. Qualora, invece, potesse dirsi che la curatela non subentra adesso nel contratto, ma lo abbia già fatto, seppur tacitamente, in precedenza, l'inadempimento è solo nel pagamento del prezzo di riscatto, per cui il danno potrebbe essere determinato nel ritardo nel pagamento del riscatto, che la società di leasing deve dimostrare di aver subito e che, dato il modesto importo del riscatto, sarebbe ben più limitato del pagamento dei canoni di cui al acso precedente.
      Sono situazioni difficili da sbrogliare, per cui non è agevole dare una risposta più precisa.
      Zucchetti SG srl
      • Saudo Maistri

        ROVERETO (TN)
        17/12/2014 14:34

        RE: RE: Leasing inoptato fallimento con esercizio provvisorio

        Ringrazio per la tempestiva risposta che in parte condivido. Alcune conclusioni potranno essere secondo me rivalutate con una maggiore specificazione dei fatti avvenuti, non ben spiegati nel mio precedente post.
        Cerco di ricostruire con le date precise gli avvenimenti che potrebbero portare ad una diversa conclusione.
        - Ottobre 2012: conclusione del pagamento dei canoni del contratto di leasing da parte della società in bonis; non veniva pagato il prezzo di riscatto. La società di leasing nulla diceva e nulla sollecitava circa il riscatto del bene. La società continuava ad utilizzare il bene, fino alla sentenza di fallimento.

        - Maggio 2013: sentenza di fallimento con disposizione dell'esercizio provvisorio. Il curatore continuava ad utilizzare il bene per l'esercizio provvisorio. Non pagava canoni in quanto il piano del leasing era concluso mancando solo il riscatto, e considerando che del contratto mancava solo la scelta di riscattare o restituire il bene. Tale diritto, però, risultava, secondo il sottoscritto, rinviato alla data di conclusione dell'esercizio provvisorio.

        - Settembre 2013: la società di leasing formula istanza di rivendica del bene, nulla chiedendo circa il periodo di utilizzo da parte della società in bonis da ottobre 2012 a maggio 2013, e nemmeno chiedendo nulla per l'utilizzo in capo al fallimento. Il curatore nel progetto di stato passivo così proponeva:
        "La richiesta viene respinta in quanto l'amministratore ha dichiarato di avere effettuato un versamento in data 26/03/2013 a saldo e stralcio per il riscatto del macchinario come da accordi con la stessa".
        La società di leasing formulava le proprie osservazioni, richiedendo l'accoglimento della domanda di rivendica:
        "La società in bonis non ha esercitato nelle forme contrattuali pattuite il diritto di opzione, ma non ha, in ogni caso, corrisposto il relativo prezzo; né la procedura fallimentare ha richiesto di poter riscattare il bene.
        Ne consegue che il bene oggetto del contratto di leasing è rimasto in proprietà della società di leasing che pertanto ha diritto ad ottenerne la riconsegna, essendo il contratto di leasing rimasto inoptato"
        Il Giudice assumeva il seguente provvedimento:
        "A seguito delle osservazioni del 15 ottobre, viene riconosciuta la proprietà in capo al creditore istante, non si dispone la riconsegna dello stesso in forza dell'esercizio provvisorio così come disposto dal Tribunale di Rovereto. Come indicato dal creditore nelle proprie osservazioni il Curatore non ha comunicato l'intenzione di sospendere l'esecuzione del contratto o scioglierlo ai sensi del combinato disposto degli artt. 104 e 72 quater L.F.. Ogni decisione in tal senso viene rinviata al termine dell'esercizio provvisorio così come l'eventuale esercizio del riscatto"

        - In data 27 novembre 2013 la società di leasing formulava istanza al Giudice circa la messa in mora del curatore per la decisione se esercitare il riscatto oppure se restituire il bene. Il Giudice stabiliva il termine di 60 giorni al curatore per assumere tale decisione. Il sottoscritto formulava le proprie osservazioni con cui segnalava al Giudice come il provvedimento assunto non fosse in conformità con il combinato disposto dell'art. 72 – quater e dell'articolo 104 comma 10 L.F.. Il Giudice, concordando con la posizione del sottoscritto, revocava il decreto con il quale assegnava al sottoscritto il termine di 60 giorni per dichiarare se subentrare o meno nel contratto di leasing.

        - In data 31 luglio 2014 si concludeva l'esercizio provvisorio. Il sottoscritto intendeva formulare richiesta di riscatto del bene di leasing in oggetto, al comitato dei creditori, in quanto conveniente in un'ottica di vendita dei beni aziendali, ed anche considerando l'esiguità dell'importo richiesto. Nel frattempo, però, la società di leasing inviava al sottoscritto comunicazione con cui chiedeva al sottoscritto di decidere fra subentrare nel contratto di leasing oppure sciogliersi dallo stesso, precisando che, in ogni caso, secondo loro erano dovuti i canoni di leasing in prededuzione (relativi al periodo di esercizio provvisorio) e ciò in forza dell'art. 104 comma 8 L.F..

        Alla luce dei fatti così come sopra esposti, il sottoscritto cerca di riformulare i quesiti e le osservazioni esposte.
        1. Alla data del fallimento cosa si può dire dello stato del contratto di leasing? Sicuramente, ai sensi di legge, pur mancando solo il riscatto, il contratto è da ritenersi pendente. Si avrebbe la sospensione dello stesso, ma la disposizione dell'esercizio provvisorio comporta la continuazione dello stesso. Ma cosa comporta tale continuazione? Quali diritti sono in capo al curatore e quali in capo alla società di leasing?
        2. Durante il fallimento non sono stati pagati canoni in quanto il contratto era concluso, si è utilizzato il bene, in attesa che, alla conclusione dell'esercizio provvisorio, il curatore assumesse la decisione se subentrare o meno nel contratto. Tale comportamento era stato adottato anche in forza di una ipotesi di affitto o cessione di azienda che avrebbe comportato il subentro nei contratti di leasing da parte del nuovo imprenditore.
        3. Al termine dell'esercizio provvisorio il curatore può ancora decidere cosa fare o di fatto deve per forza subentrare? Ma se ciò fosse a quale titolo dovrebbe riconoscere i canoni richiesti in prededuzione dalla società di leasing? Potrebbe invece restituire il bene al leasing e verificare, in base alla regola prevista dall'art. 72 quater, quanto dovrà restituire la società di leasing? Infatti considerando che il contratto risulta interamente pagato (salvo il riscatto) ogni somma che il leasing dovesse incamerare dalla cessione del bene restituito dovrebbe essere riversata al fallimento.
        Questa integrazione e maggiore dettaglio della questione vi fa intravvedere una soluzione diversa da quella precedentemente prospettata?
        • Zucchetti Software Giuridico srl

          Vicenza
          17/12/2014 19:11

          RE: RE: RE: Leasing inoptato fallimento con esercizio provvisorio

          La nuova esposizione della cronologia dei fatti chiarisce alcuni dubbi, ma non modifica nella sostanza quanto abbiamo detto. Invero, la norma sull'esercizio provvisorio impone come regola che quella dell'automatica prosecuzione dei rapporti pendenti, sul presupposto che gli stessi siano indispensabili per la continuazione dell'attività di impresa o per la funzionalità dei complessi produttivi, tant'è che è fatta salva la facoltà per l'organo gestore della procedura di sciogliersi allorquando nel caso concreto un determinato rapporto non sia necessario. In altri termini la deviazione dalla comune disciplina del rapporto rispetto al fallimento ove non si sia esercizio provvisorio è ravvisabile nel fatto che i contratti non entrano in una fase di quiescenza per permettere al curatore se subentrare o meno, ma proseguono automaticamente, salva la facoltà del curatore di sciogliersi ove non quel contratto utile per la gestione dell'esercizio provvisorio, mentre nessuna variazione è prevista per quanto attiene alla ordinaria durata contrattuale o legale, così che, quando al termine dell'esercizio provvisorio, ricomincia ad applicarsi la disciplina sui contratti pendenti, l'organo della procedura può subentrare o sciogliersi solo in relazione ad un contratto ancora in vita tra le parti.
          Orbene, nella fattispecie, l'utilizzatore aveva pagato l'ultimo canone nell'ottobre 2012 e non aveva esercitato il diritto di riscatto prima della dichiarazione di fallimento, avvenuta nel maggio 2013, per cui a questa data il termine per l'esercizio della facoltà di riscatto era già scaduto, con la conseguenza che il bene era definitivamente rimasto nella proprietà della società di leasing per cui il relativo contratto non poteva tecnicamente dirsi pendente all'atto del fallimento. Ad ogni modo, neanche il curatore aveva esercitato il diritto di riscatto, per cui giustamente la società di leasing aveva presentato domanda di rivendica, che, sempre a stretto rigore, seguendo il ragionamento di cui sopra, doveva essere accolta essendosi ormai il contratto definito con il mancato riscatto nel termine contrattualmente stabilito; ed in realtà la proprietà della società di leasing è stata riconosciuta nello stato passivo, ma è stato ritenuto che il curatore potesse ancora subentrare o sciogliersi dal contratto e la decisione sul sul punto è stata rinviata al termine dell'esercizio provvisorio.
          E' un provvedimento di non facile comprensione perché se si riconosce la proprietà del concedente sul bene oggetto del leasing, dopo che pacificamente erano state pagate tutte le rate ed era scaduto il termine per il riscatto non esercitato, il fallimento dell'utilizzatore non avrebbe potuto più utilizzare il bene stesso e, tanto meno, avrebbe potuto avere la opzione di scelta al termine dell'esercizio provvisorio, come se il contratto fosse ancora pendente; e per questo avevamo detto nella presedente risposta che sarebbe stato tanto meglio se la curatela avesse, pur se scaduto il termine, pagato il riscatto e chiusa ogni vertenza.
          Comunque tutto questo è superato dal fatto che la stessa società di leasing ha accettato in qualche modo il provvedimento del giudice; in primo luogo non proponendo opposizione allo stato passivo e poi adeguandosi allo stesso presentando, in un primo momento, una istanza durante l'esercizio provvisorio al giudice per la fissazione di un termine entro cui il curatore avrebbe dovuto optare per lo scioglimento o la prosecuzione del rapporto (comunque inaccoglibile sia per il provvedimento di stato passivo sia per l'art. 104) e poi, al termine dell'esercizio provvisorio in data 31 luglio 2014, inviando al curatore comunicazione con cui chiedeva allo stesso di decidere fra subentrare nel contratto di leasing oppure sciogliersi dallo stesso, precisando che, in ogni caso, erano dovuti i canoni di leasing in prededuzione (relativi al periodo di esercizio provvisorio) e ciò in forza dell'art. 104 comma 8 L.F..
          Fermo restando che viene riaperta la possibilità per il curatore di subentro o scioglimento- che è una valutazione che il curatore deve svolgere in base alla convenienza per i creditori dell'una o l'altra opzione- è chiaro, che la domanda di pagamento dei canoni non potrà essere accolta in questi termini dato che i canoni sono stati interamente già pagati, ma è altrettanto chiaro che è ingiustificato che il fallimento, che non ha riscattato il bene ma ha usato il bene altrui, non paghi nulla per tale utilizzo. Da qui le due alternative che proponevamo alla fine della precedente risposta e che confermiamo come soluzione.
          Zucchetti SG Srl