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Forum PROCEDURE EX LEGGE FALL. - ATTIVO E CONTABILITà
Conto corrente cointestato con il fallito alimentato da somme esclusivamente estranee
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Rosolino Fabrizio Giambona
Palermo30/10/2015 11:01Conto corrente cointestato con il fallito alimentato da somme esclusivamente estranee
Salve,
sono curatore di un fallimento di una ditta individuale il cui titolare risulta intestatario, unitamente all'anziana nonna, di un conto corrente postale su cui confluiscono (anche in epoca successiva al fallimento) unicamente gli emolumenti percepiti dal soggetto non fallito a titolo di pensione.
L'analisi degli estratti conto è al riguardo inequivocabile, rinvenendosi solo accrediti discendenti dall'ente previdenziale.
Mi chiedo quale sia il percorso processuale da seguire tenuto conto che è chiaro e provato che le somme esistenti e confluite in epoca successiva la sentenza di fallimento non sono riconducibili al fallito bensì all'altro cointestatario, e che:
1) ai sensi dell'art 1292c.c posso ritenere acquisito all'attivo il 50% del saldo alla data di fallimento (a cui dovrà essere formulata istanza di rivendica da parte del soggetto cointestatario non fallito). Ciò in considerazione dell'unitarietà del rapporto, e dovendosi presumere per legge la paritetica l'eguaglianza delle quote dei cointestatari, salvo prova contraria;
2)ai sensi dell'art 78 LF il contratto può già ritenersi sciolto al momento del fallimento, anche se lo stesso è cointestato;
3) dovrei richiedere ai sensi dell'art 44 LF la restituzione alla massa di tutte le somme accreditate (non più quindi il solo 50%) successivamente la declaratoria di fallimento nella consapevolezza che sarò tenuto alla restituzione delle somme a seguito di istanza di rivendica formulata dal cointestatario.
Mi chiedo infine formulando istanza ai sensi dell'art 46 LF posso evitare tutti gli adempimenti di cui sopra tenuto conto che di fatto mi risulta provata la provenienza estranea al fallimento delle somme in questione.
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Zucchetti Software Giuridico srl
Vicenza02/11/2015 19:11RE: Conto corrente cointestato con il fallito alimentato da somme esclusivamente estranee
Il problema di fondo da risolvere è la sorte del contratto di conto corrente cointestato, o meglio capire se l'effetto dello scioglimento automatico comminato dall'art. 78 l.f., investe tutti i cointestatari o soltanto quello fallito, con conseguenze di non poco conto.
In un risalente intervento la Cassazione (Cass. n. 2096 del 1977) aveva optato per lo scioglimento parziale, ove però, vi fosse la facoltà per i cointestatari di compiere le operazioni anche separatamente (in tal senso anche Trib. Napoli 26.5.2005). Anche a noi questa sembra la soluzione preferibile, per cui, se nel suo caso ricorre questa condizione, premesso che il curatore del fallimento di uno dei cointestatari ha diritto ad ottenere soltanto la metà delle liquidità risultanti dal conto al momento della dichiarazione di fallimento per le ragioni da lei ricordate, lei può prelevare la metà o farsi accreditare la metà dell'importo indicato e, con contestuale dichiarazione sua e della nonna del fallito, autorizzare la continuazione del conto a nome esclusivo della signora. In questo caso non sorge il problema degli accrediti sul conto successivi alla dichiarazione di fallimento perché il conto si è estinto per il fallito e continua solo con la nonna dello stesso, per cui se sulle somme pervenute sul conto dopo il fallimento il curatore non vanta alcuna pretesa (come nel caso in quanto sono state accreditate solo le pensioni della nonna) il discorso è chiuso. Se, invece, non ricorre la citata condizione o, comunque, si ritiene che il conto si sia estinto nella sua integrità, la banca deve accreditarle l'intero importo e l'altro cointestatario avrà diritto ad ottenere la restituzione della metà. In questo secondo caso diventa conseguenziale anche l'applicazione dell'art. 44 l.f., per cui anche le somme accreditate dopo il fallimento vanno acquisite all'attivo e l'altro cointestatrio dovrà insinuarsi al passivo per ottenere la restituzione della metà o dell'intero (non è agevole stabilirlo) dimostrandosi che i versamenti effettuati erano i ratei della sua pensione.
Visto però che si sta parlando di importi di modesta entità e di pensioni, il fallito potrebbe anche chiedere di trattenere personalmente (ossia di non acquisire all'attivo) quanto meno le somme accreditate successivamente alla dichiarazione di fallimento in quanto, benchè non sia la sua pensione, costituiscono comunque l'unico reddito suo e della nonna convivente (dovrebbe essere). Se il giudice delegato accoglie detta istanza, l'attribuzione copre anche il tempo antecedente l'autorizzazione stessa giusto il dettato della Cassazione (Cass. 08/04/2015, n. 6999), per la quale "L'inefficacia per i creditori, ex art. 44, comma 2, l.f. dei pagamenti ricevuti dal fallito dopo la sentenza dichiarativa di fallimento a titolo di stipendi, pensioni, salari ed altri emolumenti di cui all'art. 46, comma 1, n. 2 l.f., riguarda solo gli importi eccedenti i limiti di quanto necessario al mantenimento suo e della sua famiglia", per cui, gli importi non eccedenti detti limiti, anche se percepiti prima del provvedimento, possono essere trattenuti dal fallito.
Zucchetti SG srl
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