Menu
Forum PROCEDURE EX LEGGE FALL. - ATTIVO E CONTABILITà
Riassunzione cause attive pendenti
-
Mattia Callegari
Venezia28/07/2016 12:16Riassunzione cause attive pendenti
Buongiorno,
in un fallimento societario dichiarato il 10.06.2016 erano pendenti alcune cause attive per anatocismo nei confronti di più banche. Ora come curatore sto valutando se riassumere il processo o meno. Qual è l'iter corretto da seguire per un'eventuale riassunzione, considerando che affiderei tutte le cause ad un nuovo difensore rispetto a quello attuale? Per le cause da riassumere io opterei per questa strada: 1) chiedere autorizzazione al G.D. di stare in giudizio ex art. 25 c. 1 n. 6 l.f.; 2) Revocare l'incarico all'attuale difensore; 3) nominare il nuovo difensore. Per le cause da NON riassumere opterei per chiedere autorizzazione al Comitato dei Creditori ex art. 35 l.f. Giusto?
Per una di queste l'attuale difensore ha rinunciato all'incarico e la prossima udienza è fissata per ottobre. Per far presentare all'udienza il nuovo legale seguirei i punti 1 e 2 precedentemente esposti.
In ultima, mi pare di aver capito che per la riassunzione della causa avrei 3 mesi di tempo dalla sua conoscenza legale: da quando decorre tale conoscenza considerato che ad oggi ci sono solo degli scambi di mail (non p.e.c.) con i legali e praticamente non ho alcuna documentazione utile per prendere una decisione di convenienza definitiva? Il fatto di subentrare o meno in questo tipo di cause comporta un'analisi legale documentale e dei calcoli finanziari che richiedono un certo tempo.
Vi ringrazio in anticipo per la risposta.-
Zucchetti Software Giuridico srl
Vicenza28/07/2016 18:56RE: Riassunzione cause attive pendenti
L'iter da descritto che intende seguire è corretto. Confermiamo che il termine per la riassunzione è di tre mesi e non più di sei in quanto l'art. 305 cpc è stato in tal senso modificato con l'art. 46 legge n. 69 del 2009, che, per espressa disposizione dell'art. 58, si applica ai giudizi instaurati dopo la data della sua entrata in vigore (avvenuta il 4 luglio 2009).
Tanto premesso, possiamo venire alla sua domanda che tocca aspetti ormai pacifici e altri più controversi. E' pacifico, ad esempio, che l'ult. comma dell'art. 43 l.f. ha introdotto una ipotesi di interruzione di diritto dei processi riguardanti il soggetto dichiarato fallito (in tal senso giurisprudenza unanime, tra cui Cass. ss.uu. n. 7443 del 2008, Corte Cost. n. 17 del 2010). Conseguenza dell'automatismo dell'effetto interruttivo è la preclusione di ogni ulteriore attività processuale che, se compiuta, sarà causa di nullità degli atti successivi e della sentenza, ma esso non implica anche, necessariamente, la decorrenza del dies a quo del termine per la riassunzione dalla data del verificarsi dell'evento. E su questo punto si sono aperte più interpretazioni. In realtà tutte fanno riferimento ai principi costituzionali ripetutamente affermati (Corte Cost. n. 139 del 1967, n. 178 del 1970, n. 159 del 1971, n. 36 del 1976 e n. 17 del 2010) secondo cui, al fine di individuare il momento preciso dell'inizio della decorrenza del termine per la riassunzione previsto dall'art. 305, bisogna tener conto della esigenza di garantire l'adeguatezza del diritto di difesa in particolare sotto il profilo della effettività del contraddittorio, di modo che una lettura costituzionalmente orientata della norma impone che "il termine per la riassunzione o per la prosecuzione del processo civile interrotto decorra dalla data di effettiva conoscenza dell'evento interruttivo" in quanto, "il diritto di difesa deve essere assicurato in modo effettivo ed adeguato, nel rispetto della esigenza di non rendere impossibile il contraddittorio che non si può svolgere senza la conoscenza delle situazioni di fatto oggettive e soggettive cui la legge collega il concreto esercizio di quel diritto".
Alla luce di questi principi si è detto che in caso di fallimento la conoscenza da parte del curatore è data dal momento della dichiarazione di fallimento o quanto meno dalla data della sua accettazione, che lo immette nelle funzioni tra cui anche l'obbligo di prendere visione delle pendenze giudiziarie. Questa tesi è stata però respinta dalla Cassazione che, con la sentenza 07/03/2013 n. 5650 (che si consiglia di leggere per esteso per la completezza delle argomentazioni e i richiami), ha statuito che "con riferimento alla ipotesi dell'interruzione del processo determinata dall'apertura del fallimento ai sensi della L. Fall., art. 43, u.c., al fine del decorso del termine di riassunzione, non è sufficiente la sola conoscenza da parte del curatore dell'evento interruttivo rappresentato dalla dichiarazione di fallimento ma è necessaria anche la conoscenza dello specifico giudizio sul quale il detto effetto interruttivo è in concreto destinato ad operare. La conoscenza deve inoltre essere "legale" nel senso sopra chiarito dalla giurisprudenza di questa Corte; deve cioè essere acquisita non in via di mero fatto ma per il tramite di una dichiarazione, notificazione o certificazione rappresentativa dell'evento che determina l'interruzione del processo, assistita da fede privilegiata. Tale soluzione risulta quella più idonea a garantire le esigenza di tutela del diritto di difesa e di effettività del contraddittorio evitando che, come paventato dai giudici costituzionali nelle sentenze sopra richiamate, la parte colpita dall'evento e cioè nel caso di specie la società poi dichiarata fallita e per essa la Curatela, possa essere esposta al pericolo del maturare di preclusioni a suo danno, in base ad una conoscenza acquisita non per il tramite di atti assistiti da fede privilegiata, gli unici idonei ad offrire compiuta certezza dell'evento (e del processo sul quale esso è destinato a spiegare l'effetto interruttivo). La necessità di garantire l'effettività del diritto di difesa risulta ancor più avvertita se si considerano le esigenze che la procedura fallimentare è preordinata ad assicurare nonchè la particolare posizione del curatore quale portatore di un interesse che non coincide con quello del fallito e che nel procedimento di verifica gli fa assumere una posizione di terzietà, quale espressione dell'interesse della massa alla conservazione del patrimonio fallimentare, sia nei confronti dei creditori concorsuali sia nei confronti del medesimo fallito (ex plurimis: Cass. nn. 5494 del 2012, 24693 del 2010, 5582 del 2005)". Aggiungiamo che l'esigenza garantista evidenziata dallaCorte è anor più impellente dopo l'accennata abbreviazione del termine per la riassunzione.
Zucchetti SG srl
-
Mattia Callegari
Venezia29/07/2016 09:41RE: RE: Riassunzione cause attive pendenti
Grazie per la celere risposta.
per la riassunzione della causa vale il periodo di sospensione feriale dei termini? Essendo un termine processuale, la risposta dovrebbe essere affermativa.-
Zucchetti Software Giuridico srl
Vicenza29/07/2016 18:49RE: RE: RE: Riassunzione cause attive pendenti
Certamente sì. In termini Cass. 03/03/2004, n. 4297, per la quale "La sospensione dei termini processuali, prevista dall'1 agosto al 15 settembre di ogni anno dall'art. 1 l. 7 agosto 1969 n. 742, non riguarda soltanto i termini scadenti nel periodo della sospensione, ma tutti indistintamente i termini processuali, che riprendono a decorrere dalla fine del detto periodo, e si applica, pertanto, anche al termine perentorio di sei mesi di cui all'art. 305 c.p.c., relativo al processo interrotto. Ai fini della tempestività della riassunzione occorre fare riferimento, ai sensi del combinato disposto degli art. 303 e 305 c.p.c., alla data di deposito del ricorso presso la cancelleria del giudice precedentemente adito".
Ovviamente ora la durata della sospensione feriale va dall'1 al 31 agosto e il termine per la riassunzione di cui all'art. 305 cpc è di tre mesi.
Zucchetti Sg srl
-
-
-