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Forum FISCALE - AREA FISCALE E TRIBUTARIA
dichiarazione dei redditi società di persone fallita
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Vittorio Sarto
Cesena (FC)14/06/2018 16:38dichiarazione dei redditi società di persone fallita
Buongiorno,
una società di persone è stata dichiarata fallita in seguito a concordato preventivo non omologato. Il curatore deve predisporre la dichiarazione per il periodo 01-01 a data del fallimento nel quale la società era in concordato. In tal caso riterrei di dovere presentare la dichiarazione o ritenete invece che per il principio della unicità delle procedure concorsuali debba essere fatto ricadere all'interno del maxi periodo fallimentare?
Il curatore dovrà infine rilasciare a ciascun socio il quadro h affinché i singoli soci possano dichiarare il loro reddito di partecipazione in sede di presentazione della loro dichiarazione. In tal caso i singoli soci non dovranno versare eventuali imposte in quanto falliti personalmente suppongo. L'Agenzia Entrate potrà quindi insinuarsi al passivo? e in tale circostanza essendo un periodo ricadente nella fase in cui la società si trovava in concordato preventivo potrà vantare i crediti in prededuzione?
grazie-
Annalisa Gattinoni
Como28/06/2018 10:00RE: dichiarazione dei redditi società di persone fallita
Ho un problema simile: dichiarazione redditi ante fallimento di una sas. Dalla dichiarazione esce un debito per IRAP e un reddito da imputare ai soci (accomandatario fallito personalmente e accomandante non fallito).
I soci devono inserire il reddito nella loro dichiarazione personale, ma devono entrambi pagare l'IRPEF? O l'IRPEF ante fallimento per il socio fallito rientra nei debiti da insinuare al passivo?
E il fallimento deve pagare l'IRAP?
Grazie-
Stefano Andreani - Firenze
Luca Corvi - Como30/06/2018 20:19RE: RE: dichiarazione dei redditi società di persone fallita
L'IRAP maturata nel periodo ante procedura è sicuramente debito concorsuale della società. Come tutti i debiti concorsuali dovrà essere pagata solo a seguito di istanza di ammissione al passivo da parte dell'Erario.
Per quanto riguarda il socio non fallito, egli dovrà includere il redditi da partecipazione nella sua dichiarazione personale, pagando le imposte che da essa deriveranno.
Decisamente più delicata è la posizione del socio fallito, atteso che, come abbiamo scritto in risposta ad altro quesito sempre su questo Forum:
- per parte dei redditi parrebbe facile individuare l'imponibile sorto prima da quello sorto dopo (il reddito di partecipazione è tutto ante, il reddito da fabbricati individuale in base alla durata del periodo di possesso) ma per altri ciò, se parrebbe essere concettualmente facile, non è certo di altrettanto facile applicazione (p.es. per il reddito da lavoro autonomo ci si dovrebbe basare sulla tempistica di incassi e pagamenti, spesso di non facile individuazione)
- ma il meccanismo di progressività dell'imposta, la complessità nel calcolo delle detrazioni, e l'assenza di procedure specifiche che permettano l'Agenzia delle Entrate di acquisire i dati per fare i conteggi rendono pressochè imposibile passare dalla suddivisione degli imponibili alla distinzione fra "imposte ante" (debito concorsuasle da ammettere al passivo) e "imposte post" fallimento (debito personale del socio, escluso dal passivo e non certo debito della massa)
A tutto ciò si aggiunga, ed è cosa non certo di minore importanza, che il primo periodo dell'art. 7 del T.U.I.R. stabilisce che "L'imposta è dovuta per anni solari, a ciascuno dei quali corrisponde un'obbligazione tributaria autonoma"; non dice che l'obbligazione è "inscindibile", ma che all'interno di un anno solare si possa dividere tale obbligazione tributaria autonoma in due importi distinti, con una esigibilità completamente diversa, non ci pare certo pacifico.
Come abbiamo scritto nell'altra risposta, per quanto riguarda la posizione del Curatore non possiamo che proporre una soluzione assolutamente "pratica":
- in sede dichiarativa, rispettare gli obblighi stabiliti dalla Legge (presetnazione della dichiarazione della società e trasmissione delle certificazioni ai soci)
- in sede di esame dell'eventuale (e ci sentiamo di dire, decisamente remota) presentazione dell'istanza di ammissione al passivo da parte dell'Agenzia delle Entrate, esaminarne il contenuto e le motivazioni con grande attenzione e rispetto dei principi generali.
Infine, se ci poniamo nell'ottica del fallito (e del suo consulente) la questione dell'obbligo di pagamento dell'imposta ci pare risolta proprio dal fallimento dato che, salvo casi particolarissimi, per definizione egli non avrà comunque le disponibilità per poterlo fare.
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Stefano Andreani - Firenze
Luca Corvi - Como30/06/2018 20:17RE: dichiarazione dei redditi società di persone fallita
Durante il concordato l'imposizione diretta in capo alla società, e ai suoi soci nel caso di società di persone, prosegue normalmente, non applicandosi la disposizione sul c.d. "maxi-periodo fallimentare" di cui all'art. 183, II comma, TUIR.
Di conseguenza nel caso in esame il Curatore dovrà presentare la dichiarazione relativa alla società per il periodo dal 1/1 dell'anno in cui è stato dichiarato il fallimento alla data del fallimento stesso.
In base alle regole ordinarie dovrà trasmettere ai soci la certificazione delle loro quote di reddito e gli stessi dovranno includere tale reddito di partecipazione nella loro dichiarazione dei redditi personale.
Che da tale dichiarazione derivi reddito imponibile è decisamente inusuale, e non ci risultano prese di posizione ufficiali sulla sorte delle imposte conseguentemente dovute; e la risposta non è facile.
Per quanto riguarda le imposte a carico del socio relative agli anni prima di quello del fallimento, è indubbio che siano debito concorsuale, mentre quelle relative agli anni successivi sono debito personale del socio, escluso dal passivo e non certo debito della massa.
Ma il problema serio - ripetiamo: mai affrontato da fonti ufficiali - nasce relativamente all'anno nel quale è dichiarato il fallimento:
- per parte dei redditi parrebbe facile individuare l'imponibile sorto prima da quello sorto dopo (il reddito di partecipazione è tutto ante, il reddito da fabbricati individuale in base alla durata del periodo di possesso) ma per altri ciò, se parrebbe essere concettualmente facile, non è certo di altrettanto semplice applicazione (p.es. per il reddito da lavoro autonomo ci si dovrebbe basare sulla tempistica di incassi e pagamenti, spesso di non facile individuazione)
- ma il meccanismo di progressività dell'imposta, la complessità nel calcolo delle detrazioni, e l'assenza di procedure specifiche che permettano l'Agenzia delle Entrate di acquisire i dati per fare i conteggi rendono pressochè imposibile passare dalla suddivisione degli imponibili alla distinzione fra "imposte ante" e "imposte post" fallimento.
A tutto ciò si aggiunga, ed è cosa non certo di minore importanza, che il primo periodo dell'art. 7 del T.U.I.R. stabilisce che "L'imposta è dovuta per anni solari, a ciascuno dei quali corrisponde un'obbligazione tributaria autonoma"; non dice che l'obbligazione è "inscindibile", ma che all'interno di un anno solare si possa dividere tale obbligazione tributaria autonoma in due importi distinti, con una esigibilità completamente diversa, non ci pare certo pacifico.
E allora come comportarsi?
Sinceramente non siamo in grado di dare una risposta certa, nè ci pare che una delle possibili soluzioni possa essere ritenuta preferibile; non possiamo che affrontare la cosa sotto il profilo pratico:
- in primo luogo, sottolineiamo che si tratta fortunatamente di ipotesi molto remote
- secondariamente, in sede dichiarativa vanno rispettati gli obblighi stabiliti dalla Legge (presentazione della dichiarazione della società e trasmissione delle certificazioni ai soci)
- in sede di esame dell'eventuale (e ci sentiamo di dire, ancor più remota) presentazione dell'istanza di ammissione al passivo da parte dell'Agenzia delle Entrate, esaminarne il contenuto e le motivazioni con grande attenzione e rispetto dei principi generali.
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