Forum PROCEDURE EX LEGGE FALL. - AVVIO P.C.T. - 30 GIUGNO 2014

Insinuazione al passivo per crediti lavoro dipendente della moglie del socio di s.n.c.

  • Paolo Carobbio

    Alzano Lombardo (BG)
    18/05/2016 12:44

    Insinuazione al passivo per crediti lavoro dipendente della moglie del socio di s.n.c.

    Buongiorno, la moglie del socio e amministratore di S.N.C. dichiarato fallito unitamente alla società, chiede l'isinuazione al passivo per crediti di lavoro dipendente in quanto assunta dalla società. Il credito è documentato allegando all'insinuazione i soli cedolini paga. La situazione è la seguente: i crediti si riferiscono a 6 mensilità del 2013, a 6 mensilità del 2014, a 7 mensilità del 2015 e alle ultime tre mensilità del 2016 prima della dichiarazione di fallimento di marzo, oltre al TFR maturato. Preciso che lo scrivente non ha rinvenuto la contabilità e quindi non può effettivamente verificare la correttezza del credito vantato dalla moglie e che la società non versava i contribti e le ritenute sui salari sopra indicati. Non è possibile invocare la presunzione di gratuità del lavoro prestato dalla moglie del socio e amministratore di S.N.C. come stabilito in alcune sentenze dalla Cassazione e dall'INPS (circolare 8.8.1989 n. 179) in ambito non fallimentare e quindi escludere il credito dal passivo? Oppure il credito va considerato maturato e ammesso al passivo con il relativo privilegio.


    • Zucchetti Software Giuridico srl

      Vicenza
      18/05/2016 20:15

      RE: Insinuazione al passivo per crediti lavoro dipendente della moglie del socio di s.n.c.

      Il credito del coniuge dell'amministratore, come ogni altro credito insinuato al passivo, va ammesso ove risulti documentato e provato; ovviamente nel caso del coniuge la verifica deve essere ancor più rigorosa per la possibilità che il vincolo solidale e paritario nascente dal matrimonio abbia dato luogo ad una collaborazione a titolo gratuito, da cui nasce la presunzione di gratuità. Orbene, nel caso da lei prospettato, ci sembra che il creditore coniuge non abbia fornito una prova idonea all'ammissione vista la mancanza di contributi e l'effettuazione di ritenute, che lasciano prensare all'assenza di un rapporto di lavoro o alla presenza di un rapporto di lavoro in nero; in entrambi i casi è il creditore che deve fornire la prova del rapportto intercorso.
      Zucchetti SG srl
      • Paolo Carobbio

        Alzano Lombardo (BG)
        24/05/2016 23:41

        RE: RE: Insinuazione al passivo per crediti lavoro dipendente della moglie del socio di s.n.c.

        Preciso che la moglie risulta assunta dalla SNC e iscritta a libro paga e ha prodotto i cedolini paga a prova del proprio credito. Resta però il fatto che la società SNC fallita non versava i contributi e le ritenute sui salari corrisposti, che le mensilità non pagate sono molte. Chi ha redatto insinuazione per conto della moglie del fallito sostiene che se il dipendente è iscritto a libro paga e riceveva il proprio cedolino paga, ha dimostrato il proprio credito e quindi va ammesso.
        Cosa dite?
        Saluti

        • Zucchetti Software Giuridico srl

          Vicenza
          26/05/2016 19:11

          RE: RE: RE: Insinuazione al passivo per crediti lavoro dipendente della moglie del socio di s.n.c.

          Come abbiamo già accennato nella precedente risposta, le prestazioni lavorative rese tra familiari- intendendosi per tali quelle prestazioni svolte in favore del coniuge o del convivente more uxorio e dei parenti ed affini conviventi-, aventi ad oggetto qualsiasi attività che faccia capo al coniuge o familiare in favore del quale la prestazione viene resa, si presumono gratuite e non ricollegabili ad alcun rapporto di lavoro, trovando esse causa nei vincoli di affetto e solidarietà che caratterizzano il contesto familiare. Tanto comporta che il familiare- coniuge nel caso- che chiede il pagamento di retribuzioni debba fornire la prova rigorosa, idonea cioè a vincere tale presunzione, che sia intercorso tra le parti un rapporto di lavoro e che questo sia stato a titolo oneroso.
          Nel caso, alla luce delle precisazioni fornite, l'unico elemento a favore del coniuge è dato dall'iscrizione della ricorrente al libro paga, che non è di grande spessore se non accompagnato da altri elementi probatori.
          I cedolini hanno un ruolo ambivalente, a seconda dell'uso probatorio che se ne fa. Va premesso in proposito che il datore di lavoro è tenuto per legge (art. 1 legge 5 gennaio 1953, n. 4) a consegnare ogni mese al lavoratore un prospetto paga indicante tutti gli elementi della retribuzione che gli compete, le varie trattenute fiscali e previdenziali, l'importo della retribuzione lorda e netta che gli dovrà pagare, in modo da consentire al lavoratore di conoscere esattamente le diverse componenti del suo stipendio e di controllare la correttezza dei conteggi e dei pagamenti aziendali che lo riguardano. Detto obbligo, però, attiene all'aspetto pubblicistico del rapporto di lavoro, in funzione di controllo della regolarità degli adempimenti fiscali e contributivi connessi con il rapporto medesimo, mentre la disciplina del pagamento e della prova dello stesso riguarda i profili privatistici del rapporto, tant'è che anche la sottoscrizione del cedolino non costituisce prova dell'avvenuto pagamento, ma solo della consegna dello stesso, a meno che la sottoscrizione non sia espressamente qualificata per quietanza.
          Ecco allora che se l'istante produce cedolini riferiti a periodi per i quali ha ricevuto la retribuzione per dimostrare che esisteva un rapporto di lavoro retribuito, tali documenti sono a sostegno della tesi della stessa perché costituiscono un forte elemento a favore della onerosità del rapporto, dato che se l'interessata ammette di essere stata pagata per alcuni periodi, come da biste paga, si può ritenere che il rapporto fosse oneroso. Se invece, l'istante produce, come lei dice, i cedolini a prova del credito, dando atto cioè di aver ricevuto per alcuni mesi (quelli per i quali chiede la retribuzione) le buste paga senza però il pagamento, è chiaro che tali documenti non provano nulla; anzi, possono essere utilizzati in senso contrario a quello voluto dalla ricorrente per dire che presumibilmente per quei mesi è stata pagata.
          Se a questo si aggiunge che la fallita non ha versato i contributi né le ritenute sui salari corrisposti e che le mensilità non pagate sono molte, ci pare proprio che la ricorrente non abbia superato la presunzione di gratuità. Molto significativo è quest'ultimo elemento della entità delle mensilità non pagate, che è un dato non conciliabile con un rapporto di lavoro dipendente, ove il lavoratore non attende mesi per pretendere quanto dovuto, anzi non aspetta il fallimento per far valere le sue pretese creditorie di mesi e mesi di arretrati.
          Zucchetti Sg srl