Forum PROCEDURE EX LEGGE FALL. - LA LEGGE FALLIMENTARE

Estensione fallimento ad ex socio accomandatario

  • Luca Perin

    Conegliano (TV)
    08/01/2015 17:00

    Estensione fallimento ad ex socio accomandatario

    Si chiede in merito all'istanza per l'estensione del fallimento al socio, che ha cambiato la propria veste da accomandatario ad accomandante entro il termine di un anno dalla sentenza di fallimento, ex art. 147, comma 2 L.F. se debba essere presentata con il patrocinio di un legale. Tale richiesta discende dalla recente Sentenza della Cassazione (sez. I Civile n. 12947/14) che sembra contrastare con quanto affermato dalla Corte d'Appello di Milano (sez. IV civile n. 2699/2013; chiedo cortesemente vostro parere.
    • Zucchetti Software Giuridico srl

      Vicenza
      09/01/2015 19:51

      RE: Estensione fallimento ad ex socio accomandatario

      Per la verità la Cassazione, con la sentenza 9 giugno 2014, n. 12947, non si è pronunciata espressamente sulla necessità o meno dell'assistenza tecnica al curatore , ma ha affrontato il tema della legittimazione del curatore a chiedere l'estensione del fallimento ai sensi dell'art. 147 co.4 senza l'autorizzazione del giudice delegato ex art. 25, co. 1, n. 6. La Corte, dopo aver rilevato che nella specie l'autorizzazione, seppur non in modo sacramentale, era stata data, afferma, in via di diritto, che comunque per promuovere il procedimento di cui alla L.F., articolo 147, comma 4, il curatore non e' obbligato a munirsi dell'autorizzazione del giudice delegato.
      "Va, in proposito, in primo luogo osservato- spiega la Corte- come, a seguito del notevole ridimensionamento del ruolo del giudice delegato operato dal Decreto Legislativo di riforma n. 5 del 2006, la decisione di agire o di resistere in giudizio non puo' piu' configurarsi come frutto di una scelta sostanzialmente a questi spettante, ma deve, al contrario, ritenersi una scelta del curatore, rispetto alla quale l'autorizzazione del giudice testimonia l'avvenuto controllo della legittimita' (e non anche del merito) dell'iniziativa, evidentemente non necessario allorche' (come nell'ipotesi disciplinata dall'articolo 147, comma 4 cit.) detta iniziativa sia doverosa e la legittimazione del curatore sia gia' espressamente prevista dalla legge.
      Tuttavia, cio' che maggiormente convince della superfluita' dell'autorizzazione- continua la Corte- e' che essa, ai sensi della L.F., articolo 25, n. 6), e' richiesta allorche' il curatore debba stare in giudizio "come attore o convenuto". E, ancorche' l'iniziativa per la dichiarazione di fallimento non possa piu' essere assunta dal giudice d'ufficio, il relativo procedimento non appare riducibile ad un processo fra parti contrapposte, in cui l'istante assume la veste di attore ed il fallendo quella di convenuto, vuoi perche' il legittimato all'azione non e' titolare di un diritto soggettivo al fallimento del debitore, vuoi perche' l'accoglimento della domanda e' idoneo a dar luogo ad un accertamento costitutivo valevole erga omnes".
      Non si è quindi pronuunciata sla Cassazione sull'assitenza del legale, tuttavia queste ultime considerazioni fanno intendere che essa non sia necessaria perché l'autorizzazione e' necessaria unicamente nei giudizi in cui occorre il ministero di un difensore, per cui non essendo necessaria l'autorizzazione non è richiesta neanche la rappresentanza tecnica.
      La Corte d'Appello di Milano, con la sentenza 3 luglio 2013 n. 2699, è invece, pervenuta a conclusioni completamente contrarie sulla necessità dell'autorizzazione, sostenendone la necessità anche per il procedimento di estensione del fallimento ex art. 147 e dando atto che nella specie la stessa, anche se tardivamente, era stata rilasciata con effetti sananti. Tuttavia ha ritenuto la nullità della domanda di estensione del fallimento e degli atti conseguenti per il fatto che la stessa era stata proposta dal curatore senza l'assistenza di un legale. In proposito la Corte milanese ha sottolineato come il processo prefallimentare di cui all'art. 15- richiamato dall'art. 147- sia regolamentato in modo dettagliato nelle diverse fasi in cui si articola, con la possibilità di deposito di memorie, l'articolazione di mezzi istruttori, il rispetto di termini preordinati a garantire il diritto di difesa e il contraddittorio tra le parti, anche in considerazione degli oneri probatorl gravanti su queste ultime, diversamente che per il passato, quando l'istanza del Curatore era finalizzata a sollecitare l'esercizio dei poteri ufficiosi da parte del Tribunale; ha precisato come tale procedimento, seppur modificato dalla riforma, "è configurato, sia che lo si ritenga appartenere ai procedimenti a cognizione camerate-sommaria, ovvero ai procedimenti contenziosi a cognizione piena, come un procedimento con partì contrapposte in posizione antagonista che trae origine da una vera e propria domanda analoga a quella prevista dall'art. 6 l. fall., e destinato a concludersi con un provvedimento (sentenza) idoneo ad incidere su diritti fondamentali della persona"; ha ricordato che "la S.C., in più occasioni, ha statuito che nei procedimenti camerati che risolvono una controversia su dir itti o su status con un provvedimento quindi di carattere decisorio e suscettibile di passare in giudicato, sussiste l'eadem ratio della necessità inderogabile della rappresentanza tecnica, che sta alla base dell'art. 82, comma 3 cod. proc. civ..
      Queste sono le due tesi, per la verità non nuove che si contendono il campo. Noi, seppur ci rendiamo conto che il sistema scelto dalla cassazione sia più agevole emeno dispendioso, riteniamo che le conciderazioni esposte dalla Corte milanese siano difficilmente superabili. Tuttavia, poiché l'ultimo giudice della controversie è la Cassazione, è probabile che la tesi di questa possa prevalere.
      Zucchetti SG Srl