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Forum PROCEDURE EX LEGGE FALL. - LA LEGGE FALLIMENTARE
Compensazione- art. 232 l.f.-caparra contratto di locazione immobile
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Francesca Crivellari
roma18/01/2017 18:08Compensazione- art. 232 l.f.-caparra contratto di locazione immobile
La società in bonis ha versato una caparra contestualmente alla stipula di un contratto di locazione di immobile. Nel corso del rapporto la società è rimasta morosa rispetto al pagamento di alcuni canoni di locazione e il locatore si è insinuato al passivo sulla base di un decreto ingiuntivo ottenuto a fronte del credito derivante dai canoni non pagati. Il contratto si è risolto prima della dichiarazione di fallimento.
Il locatore si è quindi insinuato al passivo sulla base del predetto decreto ingiuntivo e nella domanda di ammissione non ha fatto presente l'acquisizione della caparra, né il curatore lo ha eccepito in compensazione, per cui il credito è stato ammesso per l'intero.
Successivamente il curatore ha ottenuto decreto ingiuntivo per la restituzione della caparra e il locatore ha proposto opposizione, eccependo la compensazione tra il credito ammesso al passivo per i canoni non pagati e la caparra il cui pagamento è stato ingiunto con il decreto opposto, di cui ha chiesto la revoca.
A questo punto mi chiedo se la curatela possa eccepire che il creditore ha ormai rinunciato alla compensazione, non avendola fatta valere in sede di ammissione al passivo, ove ha chiesto il riconoscimento dell'intero credito senza decurtare le somme già incamerate a titolo di caparra. Ed ancora, mi chiedo se ricorrano i presupposti di cui all'art. 232 l.f. poiché il creditore, di fatto, ha simulato, almeno in parte, il credito ammesso al passivo in quanto non ha evidenziato l'avvenuto incameramento della caparra chiedendo l'ammissione dell'intero credito.
Grazie per il vostro prezioso contributo
Saluti
Francesca Crivellari
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Zucchetti Software Giuridico srl
Vicenza19/01/2017 19:43RE: Compensazione- art. 232 l.f.-caparra contratto di locazione immobile
Come lei ha giustamente intuito si tratta di stabilire se il comportamento del creditore che non si è giovato della compensazione in sede fallimentare possa essere inteso come una rinuncia tacita a farla valere successivamente; fermo restando che la rinuncia tacita deve consistere in un comportamento inequivocabilmente incompatibile con la volontà di valersi di un diritto.
In linea di diritto, si può dire che, posto che l'art. 52 l.f. non dispone che, nella domanda di insinuazione, debba essere richiesta la compensazione, nè formulata riserva di compensazione, la non menzione del controcredito al momento dell'insinuazione corrisponde al non esercizio di un diritto in sede di verifica, che è cosa ben diversa dalla rinuncia; altrimenti l'art. 56- che non fissa alcun termine entro il quale la compensazione deve essere opposta- dovrebbe intendersi come impositivo di un dovere, e non di una facoltà, ad effettuare la compensazione. Ed infatti, si ammette che, ove il curatore agisca in giudizio per il pagamento di un credito del fallito, il convenuto, titolare di un credito già ammesso in via definitiva al passivo fallimentare, "possa opporre in compensazione, fino a concorrenza, il proprio credito, senza che gli si possa eccepire la rinuncia tacita alla compensazione, quale automatica conseguenza della domanda di ammissione al passivo, o l'efficacia preclusiva del provvedimento di ammissione al passivo in via definitiva" (Cass. 31/08/2010, n. 18915), ed è pacifico che possa la compensazione essere dichiarata in quel giudizio ordinario.
Non pensiamo che la fattispecie possa rientrare nella previsione dell'art. 232 l.f, in quanto questa norma, per la parte che qui interessa, punisce la condotta criminosa del creditore che contestualmente o precedentemente alla presentazione della domanda di insinuazione predisponga artifici o raggiri idoeni a far apparire come reale un credito fittizio, tanto che il reato in questione viene considerata una forma di truffa processuale. Nulla di tutto questo è ravvisabile nella condotta del creditore che ha chiesto ed ottenuto l'ammissione la passivo di un suo credito, senza effettuare la compensazione con un suo debito, che, per la verità, era più di competenza del curatore eccepire all'atto della verifica.
Zucchetti Sg srl
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Francesca Crivellari
roma20/01/2017 13:50RE: RE: Compensazione- art. 232 l.f.-caparra contratto di locazione immobile
Vi ringrazio per il pronto riscontro. Rimango tuttavia perplessa poiché mi sembra che la giurisprudenza da Voi citata sia piuttosto attinente ai casi in cui il credito ammesso al passivo e quello opposto in compensazione in altra sede, siano rinvenienti da titoli diversi. Nel nostro caso invece, il debito (per restituzione del deposito cauzionale) e il credito (canoni di locazione), derivano da un unico rapporto e, in sede di opposizione al decreto ingiuntivo ottenuto dalla curatela, la locatrice ha dichiarato di aver portato il deposito a decurtazione dei canoni. Dunque, mi sembra che la giurispeunza richiamata sia piuttosto rivolta ai casi in cui il creditore venga ammesso per un credito X e poi, ove aggredito dal curatore per un credito del fallimento vantato nei suoi confronti, opponga un controcredito Y. Quest'ultimo, non ha quindi non è stato affatto oggetto di valutazione da parte del GD quando ha ammesso il credito X.
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Zucchetti Software Giuridico srl
Vicenza20/01/2017 20:50RE: RE: RE: Compensazione- art. 232 l.f.-caparra contratto di locazione immobile
A nostro parere, il credito per canoni e il controcredito per restituzione deposito, pur derivante dalla stessa fonte contrattuale, sono ascrivibili a titoli e causa diversi che rendono possibile compensazione in senso proprio, non riducendosi il tutto al mero calcolo delle somme a credito o a debito, come in un contratto di conto corrente.
Ad ogni modo, anche se si trattasse di una compensazione impropria, la questione ci sembra irrilevante ai fini in discussione, perché la natura impropria comporta la inapplicabilità di alcune norme che regolano la compensazione (ad esempio la non rilevabilità d'ufficio, i limiti di cui all'art. 1246 c.c., ecc.), ma non impediscono al soggetto, al momento in cui i rispettivi crediti e debiti sono scaduti, entrambi ante fallimento, di fare le relative operazioni di dare e avere, se non si vogliono chiamare di compensazione; e ci sembra che, anche in questo caso, anzi a maggior ragione in tal caso, l'aver chiesto l'intero non equivalga a voler rinunciare a ridurre il credito ove venga eccepita l'esistenza di altra voce di segno contrario.
Zucchetti Sg srl
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