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Forum PROCEDURE EX LEGGE FALL. - LA LEGGE FALLIMENTARE
RECLAMO AVVERSO SENTENZA DI FALLIMENTO - SPESE DI LITE CASSAZIONE
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Elisa Zotti
Padova28/09/2017 09:57RECLAMO AVVERSO SENTENZA DI FALLIMENTO - SPESE DI LITE CASSAZIONE
Buongiorno, il caso che vorrei sottoporvi è il seguente:
L'amministratore unico della fallita ha presentato reclamo ex art. 18 LF alla sentenza di fallimento, in detto procedimento la Curatela non si è costituita per ragioni di economicità, mentre il dipendente (che aveva proposta istanza di fallimento) si è costituito parte civile. La Corte di Appello ha rigettato il reclamo, condannando la reclamante alla refusione delle spese legali. Il dipendente si è quindi insinuato al passivo del Fallimento per le spese legali, ed il G.D. ha disposto l'ammissione con privilegio ex art. 2755 c.c.. La sentenza di rigetto del reclamo è stata quindi impugnata in Cassazione, e anche in detto giudizio si è costituito il dipendente (che aveva proposto istanza di fallimento), mentre la Curatela non si è costituita. Anche la Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando pertanto la dichiarazione di fallimento, e condannando il ricorrente al pagamento delle spese legali. Ricevo quindi domanda di insinuazione al passivo ultratardiva per l'ammissione delle spese legali liquidate in sentenza, con richiesta di ammissione in prededuzione ovvero in privilegio ex 2755 cc. Mi chiedo se sia corretto che anche tali spese siano sostenute dal fallimento (nello stesso grado di quelle relative al giudizi di appello), considerando anche in tal caso la natura "conservativa" della spesa.-
Zucchetti Software Giuridico srl
Vicenza28/09/2017 18:44RE: RECLAMO AVVERSO SENTENZA DI FALLIMENTO - SPESE DI LITE CASSAZIONE
E' bene premettere che, nel caso, il fatto che a proporre il reclamo avverso la sentenza dichiarativa di fallimento sia stato l'amministratore della società fallita è del tutto irrilevante perché il primo aveva la rappresentanza in giudizio della società, per cui il reclamo è rapportabile alla società fallita e questa è stata condannata al pagamento delle spese in favore del dipendente creditore istante del fallimento.
E' pacifico, quindi, che al pagamento di dette spese, sia per la fase avanti alla Corte d'Appello che alla Cassazione, è tenuta la società fallita, ma si tratta di stabilire: (i) se il credito per le stesse abbia natura concorsuale o non e, (ii) in caso negativo, se siano spese da considerare come dovute direttamente dalla società fallita o da pagare in prededuzione a carico della massa.
Sul primo punto dottrina e giurisprudenza hanno ormai convenuto che non può attribuirsi alle spese sostenute dal creditore istante del fallimento, convenuto nel reclamo avverso la sentenza di fallimento proposta dal fallito, natura concorsuale (come in un passato meno recente aveva sostenuto la Cassazione) posto che le spese del giudizio di opposizione /reclamo trovano la loro genesi non già nella dichiarazione di fallimento (cioè nell'atto di pignoramento generale) ma nella pronuncia di condanna del giudice del reclamo, che ha carattere costitutivo, frutto della soccombenza processuale del fallito (art. 91 c.p.c.).
Se è la soccombenza del fallito nel giudizio di opposizione la causa unica del credito di rimborso del creditore istante, deve necessariamente concludersi che il credito per le spese sostenute da costui, convenuto nel giudizio di opposizione, non può avere natura concorsuale, ma, a questo punto, le soluzioni possono essere due: o si ritiene che il credito in questione, in quanto successivo al fallimento, è inopponibile alla massa, per cui deve essere sopportato dall'opponente fallito, ovvero che tale credito è stato sostenuto nell'interesse della massa, per cui va soddisfatto in prededuzione.
Cassazione risalente (Cass., 7 febbraio 1961, n. 249; Cass., 23 febbraio 1966. n. 567; Cass. 13 luglio 1968, n. 2502; Cass. 22 dicembre 1972, n. 3659) e una parte minoritaria della giurisprudenza di merito (Trib. Perugia 12 febbraio 1990; C. App. Catania, 19 aprile 1990; Trib. Arezzo, 11 marzo 1999; nello stesso filone si inseriscono con distinguo, sui cui infra: Trib. Bologna, 4 febbraio 1992; Trib. Messina, 13 marzo 2000; Trib. Padova 21 gennaio 2003) hanno optato per la natura prededucibile delle spese in discussione, sulla considerazione che la partecipazione del creditore al giudizio di opposizione /reclamo è obbligatorio, in quanto litisconsorte necessario, per cui la sua partecipazione al giudizio è stata ritenuta dal legislatore indispensabile per coadiuvare ed integrare l'attività difensiva del curatore e, quindi, è stata richiesta nell'interesse collettivo del ceto creditorio.
La natura postconcorsuale e pertanto l'inopponibilità al fallimento delle spese in questione è stata, invece, accolta dalla prevalente giurisprudenza di merito, anche molto recente, che ha spiegato che dette spese "non danno luogo né a un debito di massa, pagabile in prededuzione né possono essere riconosciute in privilegio o in chirografo "essendo successive all'apertura del concorso e, comunque non destinate alla conservazione dei beni del debitore perché già vincolati all'esecuzione concorsuale" (Trib. Milano 4 maggio 2017, n. 4970; Trib. Roma 9 maggio 2007; Trib. Roma 8 marzo 2006; Trib. Bergamo 5 maggio 2003; Trib. Saluzzo 19 settembre 2002; Trib. Brindisi 9 settembre 2002; Trib. Napoli, 31 ottobre 2000; Trib. Torino 11 luglio 2000; Trib. Monza, 11 marzo 1999; Trib. Milano, 5 marzo 1998; Trib. Milano, 24 ottobre 1996; Trib. Napoli, 17 luglio 1996; ecc.
Entrambe queste soluzioni confliggono con la soluzione adottata nella fattispecie sulla prima domanda del dipendente. Questo non esclude che sulla seconda domanda possa essere presa una decisione che si ricolleghi ad uno dei due indirizzi esposti, ma è evidente che si avrebbe un contrasto tra decisioni per nulla apprezzabile, visto che quale già presa non può essere modificata essendo stato dichiarato esecutivo lo stato passivo e non sussistendo elementi per impugnare o revocare il credito ammesso.
In sostanza la via è obbligata nel senso di ripetere l'ammissione già effettuata, a nulla rilevando il fatto che la nuova domanda sia stata proposta in via supertardiva, dato che il ritardo è dovuto alla al fatto che il credito nasce, come detto, dalla decisione della cassazione, per cui sicuramente non è imputabile al creditore che si insinua.
Zucchetti Sg srl
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