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Forum PROCEDURE EX LEGGE FALL. - LA LEGGE FALLIMENTARE
rendiconto ex art. 116 l.f.
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Alessandro Rimato
roma28/06/2023 11:20rendiconto ex art. 116 l.f.
buon giorno, depositato il rendiconto, un creditore l'ha contestato in quanto le spese sopportate per il pagamento dei professionisti non erano specificate per ogni singolo procedimento. In udienza stante la mancata notifica ad un creditore ( ne sono più di 400 e la procedura è del 2003 ) la procedura è stata rinviata per consentire la notifica al creditore pretermesso. Nelle more ho integrato il rendiconto ( con tanto di specifica ben dettagliata ) e lo stesso creditore contestante nella successiva udienza ha eccepito l'inammissibilità dell'integrazione. Siamo nella fase precontenziosa e non credo affatto che mi sia precluso di integrare il rendiconto. Integrazione resasi necessaria proprio allo scopo di controdedurre alle osservazioni poste dal creditore.
grazie
alessandro-
Alessandro Rimato
roma28/06/2023 18:50RE: rendiconto ex art. 116 l.f.
un ulteriore quesito : se nella fase precontenziosa il creditore ha chiesto esclusivamente la non approvazione del conto deducendo anche una pretesa responsabilità del curatore. Una eventuale domanda di danni va posta già nella fase precontenziosa, oppure per la priva volta davanti al collegio ?
grazie -
Zucchetti Software Giuridico srl
Vicenza04/07/2023 08:24RE: rendiconto ex art. 116 l.f.
Certamente l'integrazione è possibile proprio per far fronte ad eventuali osservazioni o contestazioni degli aventi diritto. Il fatto è che, giusto il disposto dell'ult. comma dell'art. 116 l. fall., se all'udienza fissata per discutere del c9onto non si raggiunge un accordo che permetta al giudice di approvare il conto, questi deve necessariamente aprire la fase contenziosa, con la conseguenza che qualora non apra il giudizio contenzioso ma proceda ugualmente all'approvazione del conto, quest'ultimo provvedimento potrà essere oggetto di reclamo ex art. 26 l.fall.
Quanto alla precisazione richiesta va ricordato che il rendiconto del curatore assolve ad una duplice finalità: in primo luogo quella di assicurare il necessario controllo contabile e, in secondo luogo, quella di consentire la valutazione della correttezza dell'operato del curatore, non diversamente da quanto accade in ogni ipotesi di gestione di interessi altrui. Invero Cass. n. 16019/2008, (parzialmente ribadita da Cass. n. 21653/2010) si è così espressa: "Se si ha riguardo alla prima funzione, è evidente che la valutazione delle eventuali conseguenze dannose dell'operato del curatore non rileva, perchè si tratta essenzialmente di fotografare la situazione contabile per come essa si presenta, indipendentemente dalle ragioni che la hanno determinata e dal fatto che, magari, essa avrebbe potuto esser diversa qualora il curatore avesse meglio operato. Se si pone mente alla funzione, però, la conclusione è opposta. La verifica dell'operato del curatore, della sua corrispondenza ai precetti legali ed ai canoni di diligenza professionale richiesti per l'esercizio della carica, e degli esiti che ne sono conseguiti, per farne discendere la decisione se approvare o meno il conto da lui reso, si giustifica ed assume concreto significato solo a condizione di avere sullo sfondo il tema dell'eventuale responsabilità del curatore medesimo. Ciò non vuoi dire che il giudizio di rendiconto debba coincidere con l'esercizio di un'azione di risarcimento dei danni per responsabilità, ma il legame logico tra i due momenti è incontestabile, per le medesime ragioni per le quali anche nel linguaggio comune il "render conto" a qualcuno di una propria azione equivale ad assumersene la responsabilità. Ed in tal senso è anche significativo, sul piano sistematico, l'espresso richiamo che la L. fall., art. 38, u.c., in tema di responsabilità del curatore, opera alla disciplina del rendiconto dettata dal successivo art. 116. Ma colui che contesta - per ragioni non solo contabili, bensì di correttezza di gestione - l'operato del curatore, facendo sì che il procedimento di rendiconto assuma il carattere contenzioso previsto dal citato art. 116, u.c. non diversamente da chiunque promuova un'azione giudiziaria, deve avervi interesse, come richiede l'art. 100 c.p.c., e deve trattarsi di un interesse attuale e concreto. La contestazione del conto, che prelude alla sua mancata approvazione, non potrebbe esser giustificata dal solo intento d'infliggere al curatore disonesto, negligente o incapace una sanzione di ordine morale: occorre che essa metta capo, invece, ad un accertamento idoneo a dar vita ad un (eventualmente successivo) giudizio di responsabilità, finalizzato al risarcimento del danno in favore dell'avente diritto. Se un danno non fosse neppure configurabile, e quindi se non ne fosse allegata e dimostrata almeno l'esistenza potenziale (potendosene poi dimostrare la precisa consistenza nell'eventuale successiva causa di responsabilità), l'impugnazione del conto non si giustificherebbe, perché difetterebbe la prova dell'interesse a dar vita al giudizio che ne consegue".
giudizio che ne consegue".
In sostanza, giudizio di rendiconto ed azione di responsabilità formano oggetto di cause distinte, ma per legami logici tra essi esistenti, se si vuol far valere la responsabilità del curatore è necessario che nel giudizio di rendiconto siano dedotti i motivi della responsabilità del curatore con accuse non generiche e che sia dimostrata la potenzialità dannosa dei fatti di mala gestio imputati al curatore, in termini sostanzialmente non dissimili da quel che si richiede per una pronuncia di condanna generica.
Zucchetti SG srl-
Giulia Rugolo
Messina02/03/2024 16:35RE: RE: rendiconto ex art. 116 l.f.
Mi inserisco nella discussione ponendo il seguente quesito:
il decreto collegiale di non approvazione del conto di gestione del curatore presentato dal curatore revocato, fa stato nel successivo giudizio di responsabilità ex art. 38 l.f. promosso dal nuovo curatore in sostituzione, con la conseguenza che questi non deve riprovare le condotte di mala gestio, ma solo il danno?
Grazie. Giulia Rugolo-
Alessandro Rimato
roma02/03/2024 17:10RE: RE: RE: rendiconto ex art. 116 l.f.
Dunque nella vicenda, il curatore è stato già revocato. Cessato il rapporto ha presentato il conto che non è stato approvato. Bisognerebbe capire i motivi che hanno indotto il Tribunale a non approvare il conto, e chi l'ha promosso; certo in tesi non vi è rapporto diretto tra la non approvazione del conto ed il danno. Oltretutto l'azione di responsabilità va incardinata nelle forme del giudizio ordinario di cognizione, mentre il giudizio ex art. 116 l.f. segue le forme del camerale/contenzioso.
Al momento, questo è il mio pensiero.
Buon proseguimento.
Alessandro RIMATO-
Giulia Rugolo
Messina02/03/2024 17:46RE: RE: RE: RE: rendiconto ex art. 116 l.f.
Intanto grazie per la risposta.
Allora il curatore è stato revocato per mancata liquidazione: non ha depositato il PDL; non ha receduto dal contratto di affitto di azienda in essere alla data del fallimento nonostante la affittuaria fosse inadempiente all'obbligazione di pagare i canoni; non ha recuperato i canoni dell'azienda affidata né l'azienda stessa; ha promosso un'azione revocatoria ex art. 2901 cc avverso il predetto contratto di affitto che, sebbene abbia avuto esito positivo, si è rivelata inutile perché, nel momento in cui è intervenuta la sentenza, la affittuaria era diventata insolvente e l'azienda affittata andata irrimediabilmente dispersa.
Intervenuta la revoca, ha presentato il conto di gestione, che, in seguito alle osservazioni formulate dal nuovo curatore, non è stato approvato dal tribunale in sede collegiale.
Il nuovo curatore vuole agire quindi per il risarcimento del danno ex art. 38 lf. Quindi mi chiedo se l'accertamento di responsabilità da mala gestio compiuto dal tribunale in occasione del giudizio contenzioso sul rendiconto fa stato nel giudizio ex art. 38 lf o se invece in detto ultimo giudizio deve essere riprovata la mala gestio.-
Alessandro Rimato
roma02/03/2024 18:08RE: RE: RE: RE: RE: rendiconto ex art. 116 l.f.
Non vorrei suscitare degli affidamenti . Al di là del fatto che non comprendo ".... per mancata liquidazione, non ha depositato il PDL ( ? mi sfugge il significato dell'acronimo ). Al di là di tutto ciò, mi pare che il tutto ruoti attorno alla " gestione " dell'azienda affittata e, se ho ben compreso, non mi pare proprio che possa ragionarsi in termini di responsabilità del curatore, in quanto le sorti dell'affittuaria esulavano dal suo controllo. Forse avrebbe dovuto nell'immediatezza attivare un rimedio cautelare, ma qui il discorso è diverso.
Ripeto, nel concreto la vicenda va adeguatamente approfondita e, come Le ho scritto, non intendo suscitare degli affidamenti.
Buona serata
a.r.-
Giulia Rugolo
Messina02/03/2024 18:21RE: RE: RE: RE: RE: RE: rendiconto ex art. 116 l.f.
PDL= programma di liquidazione.
Il precedente curatore ha ricoperto l'incarico per dieci anni. Quando è stato dichiarato il fallimento la affittuaria era solvibile e l'azienda affittata dotata di valore economico.
In tutto il tempo in cui il curatore è stato inerte, l'azienda si è dispersa e la affittuaria è entrata in liquidazione.
Se il curatore avesse agito subito per il recupero dei canoni di affitto scaduti e non pagati, il risarcimento del danno da inadempimento, avrebbe potuto soddisfarsi sul patrimonio della affittuaria. Al contempo, se avesse provveduto a liquidare l'azienda affittata (senza lasciarla alla sua naturale obsolescenza) avrebbe ricavato attivo da distribuire alla massa. Inoltre, se avesse ben valutato, non avrebbe agito ex art. 2901 cc quando la affittuaria era già stata posta in liquidazione e l'azienda venuta meno.-
Zucchetti Software Giuridico srl
Vicenza04/03/2024 19:27RE: RE: RE: RE: RE: RE: RE: rendiconto ex art. 116 l.f.
La questione, a quanto abbiamo capito, riguarda il caso di un curatore che, per dieci anni è rimasto inerte procurando danni alla massa, per cui è stato revocato; il conto della gestione da lui presentato non è stato approvato ed ora il nuovo curatore intende esercitare azione di responsabilità nei suoi confronti e chiede che efficacia abbia in questo giudizio la mancata approvazione del conto.
Dobbiamo necessariamente ripartire da quanto detto nella risposta che precede in quanto la questione, abbastanza oscura e controversa in passata, è stata messa a fuoco da Cass. 13/06/2008, n.16019 (ripresa poi da altre) di cui abbiamo parlato in precedenza. Con tale intervento, la Corte ha chiarito che "Il giudizio di approvazione del rendiconto presentato dal curatore ha ad oggetto, oltre alla verifica contabile (per assicurare la necessaria continuità, nei casi in cui la gestione è destinata a proseguire, come nella specie, essendo stato il curatore revocato dalla carica), anche l'effettivo controllo di gestione, cioè la valutazione della correttezza dell'operato del curatore, della sua corrispondenza a precetti legali e ai canoni di diligenza professionale richiesta per l'esercizio della carica e degli esiti che ne sono conseguiti, la cui contestazione esige la deduzione e la dimostrazione dell'esistenza di pregiudizio almeno potenziale recato al patrimonio del fallito o agli interessi dei creditori, difettando altrimenti un interesse idoneo a giustificare l'impugnazione del conto stesso, mentre non occorre che già in tale giudizio sia fornita la prova del danno effettivamente concretizzatosi a seguito della mala gestio del curatore".
"Se si ha riguardo alla prima funzione- spiega la Corte- è evidente che la valutazione delle eventuali conseguenze dannose dell'operato del curatore non rileva, perchè si tratta essenzialmente di fotografare la situazione contabile per come essa si presenta, indipendentemente dalle ragioni che la hanno determinata e dal fatto che, magari, essa avrebbe potuto esser diversa qualora il curatore avesse meglio operato. Se si pone mente alla seconda funzione, però, la conclusione è opposta. La verifica dell'operato del curatore, della sua corrispondenza ai precetti legali ed ai canoni di diligenza professionale richiesti per l'esercizio della carica, e degli esiti che ne sono conseguiti, per farne discendere la decisione se approvare o meno il conto da lui reso, si giustifica ed assume concreto significato solo a condizione di avere sullo sfondo il tema dell'eventuale responsabilità del curatore medesimo. ….. La contestazione del conto, che prelude alla sua mancata approvazione, non potrebbe esser giustificata dal solo intento d'infliggere al curatore disonesto, negligente o incapace una sanzione di ordine morale: occorre che essa inetta capo, invece, ad un accertamento idoneo a dar vita ad un (eventualmente successivo) giudizio di responsabilità, finalizzato al risarcimento del danno in favore dell'avente diritto. Se un danno non fosse neppure configurabile, e quindi se non ne fosse allegata e dimostrata almeno l'esistenza potenziale (potendosene poi dimostrare la precisa consistenza nell'eventuale successiva causa di responsabilità), l'impugnazione del conto non si giustificherebbe, perchè difetterebbe la prova dell'interesse a dar vita al giudizio che ne consegue".
In sostanza, se nell'ambito del giudizio di rendiconto è prospettato un danno conseguente alla mancata diligenza del curatore è sufficiente che venga dedotta e dimostrata la potenzialità dannosa dei fatti di mala gestio imputati al curatore, in termini sostanzialmente non dissimili da quel che si richiede per una pronuncia di condanna generica, per cui il giudizio risarcitorio ha ad oggetto soltanto la quantificazione del danno.
Tuttavia, se si ammette- come ammette Cass. 14/01/2016,n. 529- che la curatela possa contestare il conto della gestione presentato dal curatore cessato per negligenza nella conduzione della procedura, senza, tuttavia, chiedere la sua condanna al risarcimento dello specifico danno così cagionato alla massa, " il relativo giudizio, riguardando la sola domanda di non approvazione del rendiconto, non si pone in rapporto di pregiudizialità logico-giuridica, ex art. 295 c.p.c., rispetto all'azione di responsabilità autonomamente proposta nei confronti del medesimo curatore, atteso che il giudice del rendiconto valuta la sussistenza della contestata negligenza in via meramente incidentale e senza efficacia di giudicato, ai fini di quanto richiestogli, sicché l'eventuale sentenza di approvazione del rendiconto (come era avvenuto nella fattispecie esaminata) non preclude uno specifico autonomo accertamento da parte del giudice investito dell'azione di responsabilità". Secondo quest'ultimo orientamento, sul giudizio di rendiconto può innestarsi quello di responsabilità del curatore, senza che ci sia richiesta di risarcimento danni, per cui la mancata approvazione del rendiconto non comporta l'automatica responsabilità del curatore, ed al contrario l'eventuale approvazione del rendiconto non comporta l'automatica liberazione del soggetto che lo ha reso, per cui la prova dell'an e del quantum dovrà essere data nel giudizio di responsabilità
Zucchetti SG srl -
Alessandro Rimato
roma06/03/2024 09:29RE: RE: RE: RE: RE: RE: RE: RE: rendiconto ex art. 116 l.f.
Buon giorno, sì, tutto si risolve se è stata o meno posta domanda di danni. Ampio lo spettro dell'indagine. Dando per scontato che il procedimento di contestazione del conto ex art. 116 l.f. abbia seguito le forme del cameral/contenzioso [ ( procedura aperta prima della riforma del 2006 ) dico questo perchè in proposito vige il principio dell'apparenza dunque la tutela dell'affidamento in relazione al rito concretamente adottato che si riflette sul regime dell'impugnabilità ( cfr. cass. 2948/2015 ed altre richiamate da cass. 18226/2017 Relatore FERRO, Pres. DIDONE ) ] definito il procedimento con sentenza ( di rigetto, dunque che ha approvato il conto ) la stessa è impugnabile esclusivamente col rimedio endoconcorsuale di cui all'art. 26 l.f. ( i dieci giorni sono scaduti ) e non già con l'appello ancorchè definita con sentenza. Sebbene la decisione della S.C. n.18226/17 sia chiara in proposito gradirei una conferma da parte Vs. . E' pur vero che la procedura ora si indirizzerà verso la chiusura ( attesa l'esecutività della sentenza di approvazione del conto ), il cui piano di riparto comunque non inciderà sui crediti dei contestanti ( chirografari ). grazie
Alessandro RIMATO
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Zucchetti Software Giuridico srl
Vicenza10/03/2024 12:41RE: RE: RE: RE: RE: RE: RE: RE: RE: rendiconto ex art. 116 l.f.
Il procedimento con rito camerale si conclude in fase decisoria con un decreto, che può essere, come è accaduto nel suo caso, di approvazione, cioè di accertamento dell'infondatezza degli addebiti al conto. Tale decreto è suscettibile di essere impugnato dinanzi alla corte d'appello ai sensi dell'art. 26 l. fall. come chiaramente statuito da Cass. n. 18226 del 2017, che, a fronte di un ricorso diretta alla Corete di Cassazione del provvedimento del tribunale di approvato del conto, ha statuito che "la correlata decisione finale divenne assoggettabile agli ordinari mezzi d'impugnazione ai sensi della L. Fall., art. 26, comma 1, dunque reclamabile avanti alla corte d'appello e non già ricorribile direttamente avanti a questa Corte; vige invero in tema il principio , qui ribadito anche per i rimedi endoconcorsuali, per cui la "l'identificazione del mezzo di impugnazione esperibile contro un provvedimento giurisdizionale va operata, a tutela dell'affidamento della parte e quindi in ossequio al principio dell'apparenza, con riferimento esclusivo a quanto previsto dalla legge per le decisioni emesse secondo il rito in concreto adottato in relazione alla qualificazione dell'azione (giusta od errata che sia) effettuata dal giudice." (Cass. 2948/2015; conf. 21520/2015, 12872/2016); a tale approdo convince, nel caso concreto, anche la constatazione che, nella disciplina concorsuale, l'unico grado di merito a cognizione piena risulta da configurazioni normative espresse, com'è ad esempio per le impugnazioni avverso le pronunce assunte dal tribunale in punto di accertamento dello stato passivo, vigendo per la generalità delle altre statuizioni interne il doppio parallelo regime della riesaminabilità, rispettivamente, da parte del tribunale ovvero della corte d'appello, ai sensi della citata disposizione di chiusura del sistema".
E quella del tribunale è la prima decisione sull'approvazione del rendiconto, come tale assoggettabile a reclamo, posto che il giudice delegato, a fronte di contestazioni non componibili con un accordo, si limita a fissare "l'udienza innanzi al collegio che provvede in camera di consiglio"; ovviamente i richiamo all'art. 26 l. fall. o 124 CCII comporta anche il rispetto dei termini per l'impugnazione da tali articoli previsti.
Tale decisione è stata ripresa più recentemente da Cass. 20/06/2022, n.19889. che si è limitata a riaffermare il principio ricopiando alcuni passi del precedente citato.
Zucchetti SG srl -
Alessandro Rimato
roma10/03/2024 13:11RE: RE: RE: RE: RE: RE: RE: RE: RE: RE: rendiconto ex art. 116 l.f.
grazie, nel mio caso, poichè la procedura è sorta nel 2003, dunque prima delle riforme, il procedimento è stato trattato col rito camerale, ma ( è quì sta l'apparente problema ) è stata definita con sentenza ( anzichè con decreto ) in quanto all'epoca le modalità di svolgimento della procedura erano quelle del contenzioso ordinario ( recitava il secondo cpv dell'art. 116 " altrimenti provvede a norma dell'art. 189 cpc.... " ). ho usato il sintagma " apparente problema " perchè, come statuito da Cass. 18226/2017 a seguito dell'adozione di un rito, ancorchè errato, si genera un affidamento che va tutelato, dunque non rileva la forma adottata a definizione del procedimento. solo formalmente si legge sentenza, in realtà abbiamo a che fare con un decreto che segue in punto di reclamabilità le regole dell'art. 26 L.F.
Gradire una conferma della mia ratio.
grazie
a.r. -
Zucchetti Software Giuridico srl
Vicenza11/03/2024 19:55RE: RE: RE: RE: RE: RE: RE: RE: RE: RE: RE: rendiconto ex art. 116 l.f.
Anche nel caso esaminato dalla S. Corte n. 18226/2017 il fallimento era stato dichiarato 2003 ma il tribunale aveva deciso con decreto, tanto che il primo motivo del ricorso era fondato proprio sulla lamentela del mancato "rispetto della L. Fall., art. 116 e art. 189 c.p.c., per avere il tribunale applicato la disciplina di cui al D.Lgs. n. 5 del 2006, benchè il fallimento fosse stato dichiarato nel 2003 e dunque rientrasse nel regime anteriore, non potendosi perciò decidere con decreto, bensì con sentenza appellabile e previa adeguata istruzione".
La Corte ha ritenuto che, in tal modo, a prescindere dalla esattezza dell'iter istruttorio perseguito dal tribunale, di apparente adesione alla riconformata procedura di cui al novellato L. Fall., art. 116 e nonostante il fallimento fosse stato dichiarato prima della novella del D.Lgs. n. 5 del 2006, la correlata decisione finale divenne assoggettabile agli ordinari mezzi d'impugnazione ai sensi della L. Fall., art. 26, comma 1, dunque reclamabile avanti alla corte d'appello e non già ricorribile direttamente avanti a questa Corte. A questo fine, la Corte precisa che "l'identificazione del mezzo di impugnazione esperibile contro un provvedimento giurisdizionale va operata, a tutela dell'affidamento della parte e quindi in ossequio al principio dell'apparenza, con riferimento esclusivo a quanto previsto dalla legge per le decisioni emesse secondo il rito in concreto adottato in relazione alla qualificazione dell'azione (giusta od errata che sia) effettuata dal giudice."
Allora la questione dell'impugnazione si riduce a stabilire con quale mezzo ha provveduto il tribunale cui la questione è stata rimessa dal giudice delegato a seguito delle contestazioni non risolte. Se il tribunale ha seguito la corretta regola secondo cui, trattandosi di un fallimento aperto nel 2003, trovava applicazione l'art. 116 l.fall. nella sua originaria formulazione, per cui si è svolto un ordinario giudizio di cognizione conclusosi con sentenza, questa è impugnabile secondo le regole ordinarie; se invece il tribunale ha seguito il rito dei procedimenti in camera di consiglio definendo la questione con decreto (come nel caso esaminato dalla sentenza della Corte), valgono le regole endofallimentari di cui si è detto nella precedente risposta sulla base di quanto affermato dalla Corte citata.
Zucchetti SG srl
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