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Forum PROCEDURE EX LEGGE FALL. - LA LEGGE FALLIMENTARE
competenza revocatoria Fallimentare
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Chiara Fabbroni
AREZZO05/03/2017 18:09competenza revocatoria Fallimentare
RingraziandoVi anticipatamente per la Vostra attenzione, sono a sottoporre i seguenti quesiti.
In qualità di legale di una Curatela, sto predisponendo una azione revocatoria Fallimentare ex articolo 67 I comma n.1) e/o n. 2) di un atto di cessione delle quote azionarie di altra Società (S.P.A.) detenute da quella Fallita (EGUALMENTE società DI CAPITALI) e cedute per l'appunto ante fallimento alla prima; con richiesta in via subordinata di azione di risoluzione per inadempimento del prezzo.
1) Il primo quesito attiene alla corretta individuazione del Tribunale, ovverosia se possa individuarsi in quello Fallimentare in virtù dell'articolo 24 L.f. ovvero nel diverso Tribunale delle Imprese vertendosi di quote azionarie (invero ho trovato sentenze di merito sia in un senso che nell'altro).
2) Il secondo quesito, nel caso di risoluzione per inadempimento del prezzo, attiene alla corretta quantificazione dell'ulteriore risarcimento del danno. Partendo invero dalla circostanza fattuale che nel caso di specie il prezzo di cessione è da ritenersi notevolmente sproporzionato e per di più regolato per il quasi 90% del corrispettivo con compensazione, mi pare limitativo individuare la quantificazione del danno al mero mancato introito del residuo del prezzo da corrispondersi in denaro e non versato. Quali criteri di quantificazione, vertendosi in un caso di cessione di quote potrebbero venire in rilievo?
Distinti saluti.
Chiara Fabbroni
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Zucchetti Software Giuridico srl
Vicenza06/03/2017 19:32RE: competenza revocatoria Fallimentare
Effettivamente sulla competenza si ritrovano decisioni di segno differente. A nostro avviso è da preferire l'interpretazione che concentra avanti al tribunale fallimentare l'azione revocatoria avente ad oggetto la cessione di quote azionarie, che è la tesi prevalente in giurisprudenza. Ciò non perché sia l'indirizzo più seguito, ma perché l'azione revocatoria tende ad ottenere l'inefficacia di un atto, per cui il riferimento al negozio che ha ad oggetto le partecipazioni sociali è del tutto indiretto, posto che oggetto della domanda revocatoria non è il bene in sé, ma la reintegrazione della generica garanzia patrimoniale dei creditori mediante l'assoggettabilità ad esecuzione e, quindi, la liquidazione di un bene che, rispetto all'interesse dei creditori, viene in considerazione soltanto per il suo valore (Trib. Avellino 13.10.2015; Trib. Venezia 25.11.2015; Trib. Arezzo 18.11.2015). E' quindi corretto dire, sul piano generale, che ogni procedimento riferibile a negozi aventi ad oggetto le partecipazioni sociali è devoluto alla competenza del Tribunale delle Imprese, ma quando il curatore di un fallimento instaura una controversia che, pur collegandosi al trasferimento di partecipazioni sociali, trae origine e fondamento dal fallimento o, secondo una visione più ampia, rientra nel novero delle azioni tendenti alla ricostituzione del patrimonio del fallito, deve ritenersi prevalente la competenza del Tribunale fallimentare ex art. 24 l.f.
Sulla proposizione dell'azione di risoluzione, seppur in via subordinata, è il caso di fare qualche riflessione in più, perché lei propone due azioni basate su fatti tra loro contraddittori. Con la revocatoria, infatti, lei dà per scontato che il contratto di cessione abbia avuto esecuzione, tanto da volere eliminare gli effetti dello stesso, con la restituzione delle partecipazioni da parte del cessionario, che si dovrebbe insinuare al passivo per il prezzo pagato, seppur ridotto rispetto al valore; con la risoluzione per inadempimento lei prospetta l'inadempimento da parte del cessionario, tanto da chiedere la risoluzione del contratto per questo motivo. L'azione principale e quella subordinata devono essere tra loro compatibili, e la compatibilità mancha ove un'azione si basa sull'adempimento e l'altra sull'inadempimento.
Se si supera questa obiezione, si arriva alla risoluzione una volta respinta la revocatoria, per cui il contratto è valido ed efficace; di conseguenza, quando, dichiarata la risoluzione, si passa al danno, questo va determinato in base a ciò che l'inadempimento di quel contratto ha determinato, ossia, in primo luogo il danno è costituito dal pregiudizio che il fallito ha subito dall'inadempimento e, tenendo conto che le partecipazioni oggetto del contratto rientrano nella sua disponibilità, tale pregiudizio sarebbe dato dalla differenza tra il prezzo pattuito e quello minore che riuscirebbe a spuntare, oltre il rimborso delle spese vive sostenute inutilmente. Ma- e qui riemerge la contraddizione con l'azione principale- se lei a ha sostenuto nella revocatoria che il prezzo della vendita era basso, l'inadempimento non produrrebbe alcun pregiudizio in quanto il recupero delle azioni le consente la vendita delle stesse ad un prezzo superiore.
Zucchetti SG srl
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