Forum PROCEDURE EX LEGGE FALL. - LA LEGGE FALLIMENTARE

Contratto di affitto di azienda

  • Flavia Morazzi

    Pontelongo (PD)
    03/06/2016 16:07

    Contratto di affitto di azienda

    Buongiorno,
    una società in epoca anteriore alla data di fallimento aveva stipulato un contratto di affitto di azienda nel quale era stabilito il diritto di opzione per il conduttore. Dal corrispettivo fissato in € 100.000, è previsto nell'atto che debbano essere dedotti tutti i canoni di affitto del ramo di azienda già pagati dal conduttore. Al momento della dichiarazione di fallimento risulta che il conduttore ha già pagato tutti i canoni di affitto anche non scaduti sino a concorrenza dell'importo di € 100.000 indicato quale prezzo di opzione per l'acquisto.
    Ai sensi dell'art. 79 L.F. il curatore potrebbe recedere entro 60 giorni e tale circostanza dovrebbe essere valutata anche alla luce dei pagamenti già intervenuti per i quali a mio parere il conduttore in caso di recesso da parte del curatore avrebbe un diritto di credito da insinuare al fallimento solo in via chirografaria. In ipotesi di recesso, vi sarebbe la retrocessione di tutti i contratti compreso quello di locazione dell'immobile in capo alla procedura? Se alcuni beni strumentali oggetto del contratto non dovessero essere a norma attualmente oppure non lo fossero stati già al momento di stipula del contratto di affitto di azienda quali sarebbero le conseguenze in capo al curatore? Il Dlgs 81/08 al riguardo vieta l'alienazione di macchinari non conformi.
    Ringrazio per la collaborazione porgo distinti saluti.
    • Zucchetti Software Giuridico srl

      Vicenza
      03/06/2016 19:36

      RE: Contratto di affitto di azienda

      E' chiaro che nella specie si stipulato un contratto di affitto di azienda , che la funzione di cui all'ultimo comma della'rt. 1526 c.c., ossia di consentire all'affittuario di acquistare l'azienda con il pagamento dell'ultimo canone, visto che la durata del contratto di affitto e l'importo dei canoni è tale che alla scadenza i canoni coprono l'intero prezzo. Tanto potrebbe essere importante circa gli effetti dello scioglimento, perché, se si rimane nell'ambito dell'affitto di azienda, trova applicazione l'art. 79, che consente il recesso con pagamento di un equo indennizzo, nel mentre sostenendo l'ipotesi dell'affitto finalizzato all'acquisto, il curatore potrebbe sciogliersi senza il vincolo dell'equo indennizzo, ma con le conseguenze di cui all'art. 1526 c.c.. Si tratterà di fare un po' di conti per vedere quale ipotesi è più fattibile, tenendo conto che quella dell'affitto è la più lineare, nel mentre quella da noi prospettata è più irta di difficoltà probatorie.
      Ad ogni modo, nella situazione esposta, il non subentro nel contratto diventa quasi obbligatorio perché solo sciogliendosi o recedendo dal contratto di affitto si neutralizza la clausola di opzione di acquisto; se, infatti, il curatore subentra nel contratto di affitto, questo opera con tutte le sue clausole, compresa l'opzione, che consentirebbe all'affittuario di acquisire l'azienda senza sborsare alcun prezzo, in quanto questo sarebbe già integralmente pagato con i canoni corrisposti, sicchè il godimento e l'utilizzo dell'azienda nel frattempo sarebbe a titolo gratuito, a meno che non si faccia ricorso a qualche altro istituto civilistico per "eliminare" il contratto (rescissione, nullità, ecc.). Non subentrando, invece, il contratto di affitto viene meno e, con esso, la clausola di opzione di acquisto, e i canoni già pagati sarebbero il corrispettivo dell'affitto goduto nel frattempo; di conseguenza l'affittuario dovrebbe retrocedere alla curatela l'azienda data in affitto. Se tra questa rientri anche l'immobile ove l'attività viene svolta, dipende da come è stato o sono stati stipulati i contratti, e, cioè, se affitto di azienda e locazione di immobile possono essere, per i collegamenti tra loro, riportati all'unitario intento di dare in gestione l'azienda, ovvero se sono stati fatti contratti non solo distinti formalmente, ma anche funzionalmente, nel qual caso l'affitto di azienda sarebbe soggetto all'art. 79 e la locazione di immobile all'art. 80 l.f..
      A questa problematica, già di per sé non semplice, si aggiunge quella della non conformità di alcuni macchinari alle disposizioni antinfortunistiche di cui al d.lgs n. 81 del 2008 (ed a questo dato ci riferivamo quando abbiamo accennato all'ipotesi della nullità del contratto di affitto, sempre che l'irregolarità già sussistesse all'epoca dell'affitto). Il problema, retrocessi i beni alla curatela nelle condizioni in cui si trovavano alla consegna iniziale all'affittuario, è stabilire se detti beni sono commerciabili.
      Il comma primo dell'art. 23 del Dlgs n. 81 del 2008 stabilisce che "sono vietati la fabbricazione, la vendita, il noleggio e la concessione in uso di attrezzature di lavoro, dispositivi di protezione individuali ed impianti non rispondenti alle disposizioni legislative e regolamentari vigenti in materia di salute e sicurezza sul lavoro".
      Tale norma, parlando di vendita in genere, non limita il proprio ambito di applicazione ai soli trasferimenti volontari e contrattuali, né sono previste eccezioni in caso di vendite fallimentari, come ad esempio fa l'art. 46, D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia che ha riprodotto in parte gli artt. 17 e 40 legge n. 47/1985). Del resto è difficile ipotizzare che il divieto normativo non sia applicabile anche al curatore perché, se così fosse, si potrebbe realizzare proprio il pericolo che il legislatore tende ad evitare in quanto i macchinari non a norma, eventualmente usciti dal ciclo produttivo, come è facile trovare nei fallimenti, verrebbero rimessi in circolazione ritornando ad essere fonte di pericolo per la salute dei lavoratori. E, se è così, la situazione diventa pericolosa per il curatore in quanto l'art. 57, comma 2, dello stesso decreto legislativo prevede l'arresto da tre a sei mesi ed ammende da € 10.000 ad € 40.000 per chi commercializza beni non in regola.
      Che può fare allora il curatore che si trovi beni in queste condizioni? Se non dispone delle liquidità necessarie per la messa in regola ha due alternative:
      a-rinuncia all'acquisizione o alla vendita dei beni se ritiene che la liquidazione non sia conveniente, a norma del settimo comma dell'art. 104ter;
      b-procede egualmente alla vendita, ma non basta dire nel bando di gara che i beni non sono a regola, dovendosi assicurare il curatore che siano messi in regola. Ciò può essere fatto ad esempio inglobando nel prezzo di vendita il costo per la regolarizzazione da pagarsi prima della consegna dei beni che avverrà dopo la loro sistemazione.
      Si può anche stabilire il prezzo netto effettivo dei beni allo stato in cui si trovano, con impegno dell'acquirente a sostenere il costo della regolarizzazione indicando il soggetto che provvederà, al quale il curatore consegna i beni a questo fine e dopo la sistemazione darà luogo al trasferimento in favore dell'aggiudicatario che pagherà il prezzo concordato.
      In sostanza, ciò che importa è che siano attuate situazioni di salvaguardia che consentano il ripristino a carico dell'acquirente, seguito e poi certificato dai tecnici incaricati dalla procedura.
      Zucchetti Sg srl