Forum PROCEDURE EX LEGGE FALL. - LA LEGGE FALLIMENTARE

Problematiche iscrizione ufficio del lavoro per il soggetto fallito in proprio

  • Giuseppe Caniggia

    Tortona (AL)
    29/07/2016 11:37

    Problematiche iscrizione ufficio del lavoro per il soggetto fallito in proprio

    Chiedo la vostra opinione su quanto di seguito, con particolare riguardo alle modalità operative per la risoluzione del problema:

    Gli effetti del fallimento per il fallito sono come noto regolati (principalmente) dagli artt. 42-51 Legge Fallimentare. Essenzialmente tali norme comportano lo spossessamento, regolano l'incapacità di stare in giudizio relativamente a rapporti di diritto patrimoniale del fallito compresi nel fallimento e gli obblighi del fallito. L'abrogazione dell'art. 50 "pubblico registro dei falliti" introdotta dalla riforma del 2006 ha inteso eliminare le incapacità e le forme di pubblicità del fallimento togliendo il carattere sanzionatorio, circoscrivendo la portata del fallimento alle vicende economico finanziarie delle imprese (fatti salve ovviamente le disposizioni penali previste dal titolo VI della legge fallimentare)

    L'art. 46 della Legge fallimentare prevede specifiche tutele a favore del fallito. In questa sede consideriamo "gli assegni aventi carattere alimentare, gli stipendi, pensioni, i salari e ciò che il fallito guadagna con la sua attività entro i limiti di quanto occorre per il mantenimento suo e della famiglia".

    Questa problematica è molto frequente nel caso del soggetto che fallisce in proprio o del socio illimitatamente responsabile che fallisce per estensione. Si tratta nella maggior parte dei casi di piccoli imprenditori artigiani e commercianti per i quali le repentine mutazioni del sistema economico non hanno più consentito alle stesse imprese di rimanere sul mercato. Tali soggetti spesso sono dotati anche di discrete professionalità; in tal caso spesso riescono durante la procedura fallimentare a trovare occupazione.

    Il problema sembra sorgere per i soggetti che legittimamente intendono iscriversi "all'ufficio del lavoro". E' stato spesso riferito da tali soggetti che sembra che non le sia consentita l'iscrizione in quanto "hanno la partita IVA aperta."
    Certamente tali soggetti avranno la partita IVA aperta finchè la procedura fallimentare sarà aperta ed aggiungo per quanto si possa procedere speditamente l'iter del fallimento non è idoneo ad essere concluso in tempi compatibili con le esigenze del lavoratore. In questi casi in qualità di curatore ho prodotto documentazione "al fallito" affinchè lo stesso portasse elementi di valutazioni idonei a considerare l'apertura di tale partita IVA quale inidonea a soddisfare le esigenze lavorative del fallito; a titolo di esempio copia estratto sentenza dichiarativa di fallimento, visura dalla quale si evincesse il fallimento e la nomina di curatore fallimentare. Anche tali integrazioni corredate da idonea comunicazione del curatore non ostativa all'iscrizione non sembrano secondo quanto riferito dai "falliti" aver prodotto effetti.

    Personalmente ritengo che non consentire l'iscrizione all'Ufficio del Lavoro porti alla violazione di un diritto costituzionalmente garantito e ben noto a tutti, ritenendo che l'unico sindacato di merito vada svolto per quanto di competenza dagli organi della Procedura fallimentare "gli stipendi o salari che il fallito guadagna con la sua attività entro i limiti di quanto occorre per il mantenimento suo e della sua famiglia".
    • Zucchetti Software Giuridico srl

      Vicenza
      29/07/2016 18:50

      RE: Problematiche iscrizione ufficio del lavoro per il soggetto fallito in proprio

      La sua ricostruzione e le sue considerazioni non fanno una piega. Non vi è dubbio che oggi la legge consente all'imprenditore fallito di svolgere un'attività lavorativa durante il fallimento (in forma subordinata o autonoma, continuativa o saltuaria), che può consistere sia nella continuazione della stessa attività che, come affermato anche dalla Cassazione (Cass. 1/3/2006 n. 9812) in una nuova impresa commerciale autonoma e distinta da quella fallita e compiere tutti gli atti necessari alla sua gestione e amministrazione purché per far ciò non sottragga beni o liquidità già acquisiti alla procedura fallimentare, ricorrendo a forme di finanziamento alternative, e purchè trattenga solo i proventi della nuova attività lavorativa necessari al mantenimento suo e della sua famiglia, nel limite fissato dal giudice delegato a norma dell'art. 46.
      Per quanto riguarda le modalità pratiche dell'esercizio dell'attività e, in particolare per il problema della partita IVA, senza inviare la sua domanda ai nostri esperti fiscali, , le segnaliamo una risposta da essi data nel luglio del 2014. Per sua comodità le trascriviamo qui di seguito le parti attinenti al problema della partita Iva.
      " Non essendo possibile aprire una seconda partita IVA in capo al medesimo soggetto, riteniamo non si possa che seguire (se necessario adattandole alla fattispecie) le disposizioni dell'art. 36 del D.P.R. 633/72, a norma del quale: "Nei confronti dei soggetti che esercitano più attività l'imposta si applica unitariamente e cumulativamente per tutte le attività, con riferimento al volume di affari complessivo, salvo quanto stabilito nei successivi commi ...
      I soggetti che esercitano più imprese o più attività nell'ambito della stessa impresa ... hanno facoltà di optare per l'applicazione separata dell'imposta relativamente ad alcune delle attività esercitate, dandone comunicazione all'ufficio nella dichiarazione relativa all'anno precedente o nella dichiarazione di inizio dell'attività ...
      La dichiarazione annuale deve essere presentata su un unico modello per tutte le attività ... e i versamenti di cui agli artt. 27, 30 e 33 devono essere eseguiti per l'ammontare complessivo dovuto, al netto delle eccedenze detraibili".
      Poichè a differenza di quanto previsto dal citato art. 36 non è il medesimo soggetto a gestire entrambe le attività, deve essere scelto chi funge da "capofila", questione non certo semplice, nella totale assenza di indicazioni. Personalmente propendiamo per il Curatore, sia per una sorta di "gerarchia" fra i soggetti, sia perchè in tal modo egli può meglio svolgere l'attività di controllo che gli compete.
      Operata questa scelta, il comportamento da seguire potrebbe essere il seguente:
      - il Curatore esercita le opzioni ed effettua le comunicazioni di cui al citato art. 36 del D.P.R. 633/72
      - il Curatore e il fallito terranno due contabilità separate (compresa ovviamente una diversa numerazione delle fatture emesse); gli oneri e i costi della contabilità del fallito graveranno su di lui e non sulla procedura
      - Curatore e fallito effettueranno necessariamente, a uso interno, due liquidazioni IVA separate, e il fallito rimetterà al Curatore l'importo che dovesse risultare dovuto nelle liquidazioni periodiche relative alla propria attività
      - il Curatore sommerà algebricamente, come stabilito dall'art. 36, l'IVA a credito e/o a debito delle due liquidazioni periodiche e verserà l'importo eventualmente dovuto risultante dall'unica liquidazione periodica che, sempre a norma dell'art. 36, dovrà essere effettuata (e riportata nella dichiarazione annuale)
      - il Curatore predisporrà e presenterà la dichiarazione annuale.
      Qualora l'attività con rilevanza IVA svolta dal Curatore termini prima della chiusura del fallimento (sappiamo infatti che la posizione IVA può ben essere chiusa prima della chiusura del fallimento), mentre l'attività svolta dal fallito prosegua, il Curatore comunicherà all'Agenzia delle Entrate che delle due attività "parallele" ne sopravvive solo una, e tutti gli adempimenti faranno capo al solo fallito".
      Zucchetti SG srl
      • Giuseppe Caniggia

        Tortona (AL)
        01/08/2016 08:37

        RE: RE: Problematiche iscrizione ufficio del lavoro per il soggetto fallito in proprio

        Grazie per l'ottima motivata ed esauriente risposta che affronta la contestuale possibilità di esercitare lavoro autonomo.
        Chiedo peraltro ulteriormente se è accettabile che alcuni uffici del lavoro possano negare l'iscrizione alle loro liste (ex collocamento) sulla base della motivazione che il fallito ha la partita iva aperta e si noti per partita iva intendono quella della società di persone o ditta individuale fallita.
        Grazie un ulteriore riscontro
        • Stefano Andreani - Firenze
          Luca Corvi - Como

          24/08/2016 20:01

          RE: RE: RE: Problematiche iscrizione ufficio del lavoro per il soggetto fallito in proprio

          Non ci risulta che l'avere una partita IVA aperta osti all'iscrizione al centro per l'impiego.

          Lo stesso Modello DID non menziona assolutamente l'esercizio o il mancato esercizio di altre attività.

          Non possiamo che suggerire di farsi chiarire dal centro dell'impiego la motivazione giuridica di tale rifiuto: se tale fonte esiste, Le saremo grati se ce ne desse notizia su questo Forum, nell'interesse di tutti i colleghi.