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Forum PROCEDURE EX LEGGE FALL. - LA LEGGE FALLIMENTARE
contenzioso tributario
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Paola Matrundola
Roma26/07/2011 10:54contenzioso tributario
La società fallita è parte di diversi giudizi pendenti davanti alla commissione tributaria provinciale. A prescindere dalla ammissione del credito vantato da Equitalia ed in parte oggetto del predetto contenzioso (proble a risolto e superato nell'ambito del fallimento), Vi chiedo se anche tali giudizi si interrompono per effetto della dichiarazione di fallimento ex art. 43, ult. com. l.f. oppure, qualora il curatore non abbia interesse a proseguirli, gli stessi procedono in costanza di fallimento.
In tale ultima ipotesi, qualora l'amministrazione finanziaria ottenesse una sentenza a sè favorevole, il titolo sarebbe opponibile alla massa?
Grazie.
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Zucchetti Software Giuridico srl
Vicenza26/07/2011 16:04RE: contenzioso tributario
A nostro parere l'art. 43 ha una portata generale che riguarda tutti i diritti e rapporti giuridici compresi nel fallimento e, quindi, anche i giudizi tributari.
A differenza, però, dei giudizi ordinari che non possono essere proseguiti dal fallito (a meno che non si tratti di rapporti personali o esclusi dall'attivo fallimentare), in quelli tributari è stata riconosciuta la legittimazione processuale del fallito e del curatore, sul presupposto che il contribuente, che rimane il soggetto passivo del rapporto tributario, resta esposto alle conseguenze, anche di carattere sanzionatorio che discendono dalla definizione dell'atto impositivo.
A parte questa particolarità, che riguarda marginalmente il curatore, la materia è regolata dal d.lgs. 26 febbraio 1999 n. 46, che, all'art. 87, prevede che se il debitore è dichiarato fallito, ovvero sottoposto a liquidazione coatta amministrativa, il concessionario può insinuarsi in base al ruolo emesso ai sensi degli artt. 12 e segg., e, all'art. 88 regola il rapporto tra ammissione e contestazione innanzi alle Commissioni tributarie, stabilendo che "se sulle somme iscritte a ruolo sorgono contestazioni, il credito è ammesso al passivo con riserva", che rientra nella categoria della riserva condizionale di cui all'art. 96, comma secondo, n. 1 l.f..
Di conseguenza, il curatore, ove ritenga che la pretesa tributaria non sia fondata, deve proseguire il contenzioso tributario, perché per esso non si applica il principio della esclusività e, se Equitalia si insinua, il suo credito va ammesso con riserva; qualora, invece, il curatore sia d'accordo, non ha bisogno di riprendere il procedimento tributario e può ammettere Equitalia in via pura e semplice. Per rispondere, quindi alla sua domanda finale, se il giudizio tributario è continuato dal curatore (o contro di lui, ma è difficile che prenda l'iniziativa Equitalia, che non vi ha interesse) la decisione opera nel fallimento, ove quel credito è stato ammesso con riserva; se invece è stato il fallito a continuare il giudizio, l'esito dello stesso non è opponibile alla massa.
Zucchetti Sg Srl
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Massimiliano Benvenuti
Avio (TN)30/11/2016 19:25RE: RE: contenzioso tributario
La risposta che precede (rispetto al tema posto) mi trova parzialmente in disaccordo perché non distingue il piano dell'evento interuttivo da quello dei suoi effetti.
In caso di dichiarazione di fallimento del contribuente mentre è in corso un giudizio tributario relativo all'impugnazione di un atto impositivo, qualora tale evento interruttivo non sia stato dichiarato nel corso del giudizio ai sensi degli artt. 40, 41 D.Lgs 546/92, il processo (fatalmente) prosegue fra le parti originarie, e l'Amministrazione finanziaria potrà richiedere l'ammissione al passivo fallimentare del credito tributario sulla base del solo ruolo, senza potersi avvalere del giudicato, in quanto la sentenza emessa è da considerarsi inopponibile alla procedura fallimentare.
L'art 43 L.F. è si norma di portata generale, ma deve necessariamente coordinarsi con le specifiche disposizioni del processo tributario e con le esigenze di conoscibilità della parte interessata alla riassunzione (art. 305 cpc). Dunque, seppur l'evento interruttivo coincida con la dichiarazione di fallimento, il combinato disposto delle norme citate porta a ritenere che gli effetti dell'interruzione processuale conseguano solo in esito alla dichiarazione del presidente con decreto o della commisisone con ordinanza (art. 41 D.Lgs 546/92). Dalla dichiarazione e non dall'evento dipendono gli effetti processuali (la riassunzione entro sei mesi dalla dichiarazione ex art. 43 D.Lgs 546/92 o l'estinzione ex art. 45 D.Lgs 546/92) e sostanziali (effetto del giudicato fra le parti gli eredi e gli aventi causa).
Massimiliano Benvenuti
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Zucchetti Software Giuridico srl
Vicenza01/12/2016 19:16RE: RE: RE: contenzioso tributario
L'art. 43 l.f. trova applicazione, giusta la disposizione di cui al primo comma, in tutte in tutte le "controversie, anche in corso, relative a rapporti di diritto patrimoniale del fallito compresi nel fallimento", per le quali sta in giudizio il curatore, e non può negarsi che in questa categoria rientrino anche le controversie tributarie, visto che, da un lato, il titolare del credito tributario o il delegato alla riscossione per partecipare alla ripartizione fallimentare devono insinuarsi al passivo e, dall'altro, è il curatore che ha la capacità processuale di continuare il giudizio tributario.
Sembra pertanto a noi che in ogni tipo di processo che coinvolga diritti patrimoniali ove una parte fallisca trova applicazione l'art. 43 l.f. che ha inteso appunto dettare una norma che chiarisce le conseguenze del fallimento di una parte sul processo in corso. Di modo che, l'ult. comma dell'art. 43, lì dove stabilisce che "l'apertura del fallimento determina l'interruzione del processo" detta una disciplina speciale riguardante il fallimento che ha introdotto nell'ordinamento una ulteriore ipotesi di interruzione automatica del giudizio, che si verifica cioè senza la necessità di alcuna dichiarazione o presa d'atto non appena viene dichiarato il fallimento di una delle parti (cfr. Corte Cost. 21/01/2010, n. 17; Cass., sez. un., 20/03/2008, n. 7443). Stante la portata generale della disposizione di cui all'ultimo comma dell'art. 43, essa è applicabile anche al processo tributario qualora nel corso di questo si verifica l'evento fallimento. (così come del resto è pacifica l'applicazione nel processo amministrativo; cfr, tra le tante Cons. Stato, 12/06/2014, n. 3019).
E' vero che se nelle more del giudizio tributario interviene il fallimento del contribuente e il curatore non si costituisce in giudizio né il contribuente ha chiesto la interruzione del giudizio ex art. 40 d.lgs n. 546 del 1992, il giudizio va avanti e si conclude con una sentenza che non è opponibile alla curatela, ma questa è la medesima situazione che si verifica nel processo civile ordinario. Ed, infatti, la Cassazione per giustificare la conclusione appena riportata ha richiamato in materia tributaria gli stessi principi dettati in tema di processo civile; Cass..09/03/2011, n. 5571, ha invero statuito che "E' stato ripetutamente affermato da questa Corte, che la perdita della capacità processuale del fallito conseguente alla dichiarazione di fallimento relativamente ai rapporti di pertinenza fallimentare, essendo posta a tutela della massa dei creditori, ha carattere relativo e puo' essere eccepita dal solo curatore, con la conseguenza che ove il curatore rimanga inerte ed il fallito agisca per conto proprio, la controparte non e' legittimata a proporre l'eccezione ne' il giudice puo' rilevare d'ufficio il difetto di capacita' Il difetto di legittimazione processuale del fallito assume, infatti, carattere assoluto ed e', pertanto, opponibile da chiunque oltre che rilevabile anche d'ufficio solo nel caso in cui la curatela abbia dimostrato il suo interesse per il rapporto dedotto in lite" (cfr. anche Cass. 28/10/2014, n. 22809; Cass. nn. 6085 e 20370 del 2001; Cass. n. 5202 del 2003; Cass. sez. un. 21/07/o 1998, n. 7132).
Per quanto riguarda poi la decorrenza degli effetti dell'interruzione del processo civile, secondo l'interpretazione costituzionalmente orientata dell'art. 305 c.p.c. (cfr. Corte Cost. 21/01/2010, n. 17), il termine per la riassunzione del processo interrotto a causa dell'apertura del fallimento di una delle parti decorre non dalla data del fallimento ma dalla data della conoscenza effettiva e legale che dell'evento interruttivo ha avuto la parte interessata alla prosecuzione: ne consegue che per il curatore - del soggetto il cui fallimento ha determinato l'interruzione del processo - il termine per la riassunzione decorre dalla data, necessariamente successiva a quella della pubblicazione della sentenza dichiarativa del fallimento, in cui il curatore medesimo ha avuto la conoscenza legale della pendenza dello specifico processo. Crediamo che eguale principio debba applicarsi al processo tributario.
Zucchetti SG srl
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