Forum PROCEDURE EX LEGGE FALL. - LA LEGGE FALLIMENTARE

rivendica di beni e prededuzione canoni di leasing post fallimento

  • Nicola Pepe

    Angri (SA)
    01/10/2020 20:58

    rivendica di beni e prededuzione canoni di leasing post fallimento

    Gentilissimi,
    ho ricevuto domanda di insinuazione al passivo e contestuale istanza di rivendica da parte di una società di leasing, in un fallimento di cui sono curatore.
    I beni oggetto della locazione finanziaria avrebbero dovuto far parte del contratto di fitto d'azienda stipulato con la locataria, dalla società poi fallita, più di un anno prima del fallimento. Gli organi della procedura avevano determinato la prosecuzione del contratto di fitto d'azienda.
    I beni, in sede di inventario, venivano rinvenuti, ma dichiarati beni in leasing, e quindi non contemplati come beni della procedura (in considerazione del normale subentro che locataria e locatrice avrebbero dovuto perfezionare).

    La procedura non è quindi subentrata al contratto, da considerarsi sciolto stante la mancanza di volontà espressa per la prosecuzione.

    La società di leasing, tardivamente, si è insinuata al passivo, con contestuale istanza di rivendica, con:

    • la richiesta di ammissione al passivo, in chirografo, del credito per canoni scaduti ante dichiarazione di fallimento;

    • la richiesta di ammissione al passivo, IN PREDEDUZIONE, dei canoni successivi alla data del fallimento.


    Il bene oggetto della locazione è ancora nella disponibilità della procedura.

    Ritengo di proporre in sede di esame di stato passivo:

    1. l'accoglimento della domanda di rivendica;

    2. l'ammissione, come richiesto dal creditore, in chirografo del credito per canoni scaduti ante procedura;

    3. di proporre, alla luce del disposto dell'art 72 quater l.f., e delle statuizioni della Sentenza della Corte di Cassazione n. 18543 del 10.07.2019, il rigetto della domanda di ammissione al passivo del credito, quantificato con l'ammontare dei canoni successivi alla data del fallimento, ammettendo al passivo, IN CHIROGRAFO, la differenza data dal valore di mercato determinato con perizia di stima (già redatta dallo stimatore nominato dalla procedura, ovvero da redigersi da altro stimatore su nomina del Giudice delegato) e l'ammontare dei canoni successivi alla data del fallimento, ovvero per la differenza tra il prezzo ricavato dalla vendita ( a cura della procedura o del creditore stesso) e l'ammontare dei canoni successivi al fallimento.

    Si ritengono condivisibili le determinazioni?
    • Zucchetti Software Giuridico srl

      Vicenza
      02/10/2020 20:18

      RE: rivendica di beni e prededuzione canoni di leasing post fallimento

      Ci sono alcuni punti che non riusciamo a capire della sua domanda, il cui chiarimento è determinante per la risposta.
      In particolare non riusciamo a capire se i beni oggetto del contratto di leasing siano stati compresi nell'azienda data in affitto al terzo. Sembrerebbe di no perché lei dice che "il bene oggetto della locazione è ancora nella disponibilità della procedura", ma dice anche che "i beni, in sede di inventario, venivano rinvenuti, ma dichiarati beni in leasing, e quindi non contemplati come beni della procedura (in considerazione del normale subentro che locataria e locatrice avrebbero dovuto perfezionare)". Peraltro, a norma dell' art. 2558 c.c. l'affittuario subentra nei contratti stipulati per l'esercizio dell'azienda, salva diversa pattuizione, e lei non accenna ad alcun accordo di esclusione dei beni in questione..
      Questo aspetto è importante perché la curatela, se ha trasmesso il contratto di leasing all'affittuario o comunque ha conteggiato i beni oggetto di quel contratto tra quelli facenti parte dell'azienda data in affitto, è subentrata nel contratto di leasing- che probabilmente è la tesi della società creditrice dal momento che chiede il pagamento dei canoni maturati dopo il fallimento in prededuzione-; viceversa se questi eventi non si sono verificati, il curatore ha scelto, o è ancora nella facoltà di scegliere, di sciogliersi dal contratto, con conseguenze ben diverse che possono essere quelle da lei prospettate.
      Chiarisca per favore meglio cosa è accaduto. Grazie.
      Zucchetti SG srl
      • Nicola Pepe

        Angri (SA)
        02/10/2020 21:14

        RE: RE: rivendica di beni e prededuzione canoni di leasing post fallimento

        Gentilissimi buonasera,
        chiedo scusa per l'approssimazione e fornisco di seguito le informazioni mancanti.
        Il contratto di fitto d'azienda prevede, espressamente, il subentro nei contratti di leasing in corso. L'inventario dei beni rinvenuti nell'azienda (condotta dalla locataria) ha dato evidenza dell'esistenza dei beni e, pertanto, sono stati comunque inventariati (e stimati) dalla curatela come, appunto, beni in leasing compresi nella locazione dell'azienda. Il problema che si posto è rappresentato dal mancato perfezionamento del subentro della locataria nel contratto di leasing per, l'asserito e non documentato, diniego espresso dalla società di leasing.
        Quanto allo scioglimento del contratto, riterrei che la curatela, non avendo espressamente manifestato la volontà di subentrare nel contratto, possa ritenersi sciolta dallo stesso.
        Mi scuso ancora per le approssimazioni e resto pronto a provvedere ad ulteriori precisazioni che si rendessero necessarie.
        Grazie. Nicola Pepe
        • Zucchetti Software Giuridico srl

          Vicenza
          06/10/2020 13:07

          RE: RE: RE: rivendica di beni e prededuzione canoni di leasing post fallimento

          L'art. 2558 c.c.- in deroga ai principi generali secondo i quali il contratto produce effetti solo tra le parti (art. 1372 c.c.) e la cessione del contratto non può avere luogo senza il consenso del contraente ceduto (art. 1406 c.c.)- dispone che la cessione, l'usufrutto o l'affitto dell'azienda, in mancanza di patto contrario, dà luogo ad un'automatica successione del cessionario, dell'usufruttuario o dell'affittuario nei contratti stipulati per l'esercizio dell'azienda, senza che il terzo contraente possa recedere se non per giusta causa. Invero, dalla lettera del primo comma dell'art. 2558, che non subordina la successione ad alcun particolare adempimento, nonché dal disposto del secondo comma, che non attribuisce ai terzi il diritto d'impedire detta successione, ma solo quello di recedere dai contratti in questione per giusta causa (ed il recesso presuppone la già avvenuta successione), si deduce che la successione in detti contratti viene a costituire effetto naturale del contratto di cessione, di usufrutto e di affitto dell'azienda.
          Nel caso, non solo non vi è stata l'esclusione del contratto di leasing di beni commerciali (utili evidentemente all'esercizio dell'impresa) dall'affitto di azienda ma la espressa volontà in senso contrario, per cui è pacifico che il contratto di leasing in questione è stato trasferito all'affittuario dell'azienda.
          Questo trasferimento, come si evince dalla norma citata, non abbisognava del consenso della società di leasing, che aveva solo un diritto di recesso per giusta causa, da un lato limitato nel tempo di tre mesi, decorrenti dalla "notizia del trasferimento", cui si aggiunge una responsabilità dell'alienante riferita ai suoi rapporti con il contraente ceduto (la società di leasing, nel caso) e inerente alla compromissione del diritto di questi alla regolare esecuzione dei contratti, in conseguenza della cessione o dell'usufrutto o dell'affitto dell'azienda ad un soggetto inidoneo a garantirla. Ovviamente la possibilità del recesso del contraente ceduto è legata alla notizia dell'avvenuto contratto di vendita, di usufrutto o di affitto, ma l'onere di dare tale comunicazione, ha il solo fine di dare inizio al decorso del termine di tre mesi per l'eventuale recesso, restando in difetto l'acquirente, l'usufruttuario o l'affittuario permanentemente esposto al recesso e l'alienante (e i soggetti a lui equiparati) alla suddetta responsabilità.
          Questo è l'assetto normativo che regola la fattispecie, nell'ambito della quale vanno valutati i comportamenti tenuti dalle parti coinvolte come da lei descritti. La società di leasing lei dice che non ha dato il consenso al trasferimento del contratto di leasing all'affittuaria dell'azienda, ma come visto, tale consenso nella fattispecie della cessione del contratto inserito nel contesto della cessione o affitto o usufrutto di azienda non è richiesto dall'art. 2558 c.c.; l'unica cosa che la società di leasing avrebbe potuto fare era recedere dal contratto di leasing, ma non pare che abbia manifestato una intenzione del genere, né può equipararsi al recesso il rifiuto a consentire il subentro dell'affittuario perché, in tal caso, il contratto di leasing rimane in piedi e il diniego- in deroga alle regole generali- è irrilevante. Il rifiuto al subentro dimostra soltanto che la società di leasing era, quanto meno da quel momento, a conoscenza dell'avvenuta cessione del contratto.
          Da parte sua il curatore del fallimento, a quanto abbiamo capito, non ha preso alcuna iniziativa e il contratto di affitto di azienda è continuato e, con esso, il trasferimento del contratto di leasing all'affittuario, tanto che i beni oggetto di questo contratto sono sttai rinvenuti ed inventariati presso l'affittuario quali beni in leasing.
          Lei ritiene che, non avendo il curatore espressamente manifestato la volontà di subentrare nel contratto di leasing, questo debba ritenersi sciolto; secondo noi non è proprio così.
          In realtà il contratto di leasing è un rapporto pendente soggetto alla determinazione del curatore dii subentrarvi o di sciogliersi a norma dell'art. 72 l.fall, ed è indubbio che una tale manifestazione non debba essere consacrata in formule sacramentali, ma possa anche derivare da comportamenti taciti che inequivocabilmente siano indici di una volontà chiara in un senso o nell'altro. Orbene il fatto che il curatore abbia accettato il contratto di affitto di azienda senza chiedere il recesso ex art. 79 l. fall., permettendo così all'affittuario di continuare ad utilizzare i beni oggetto del contratto di leasing; il fatto che nessuna posizione abbia assunto in ordine a questi beni e al relativo contratto inventariandoli e mantenendoli nel godimento dell'affittuario, crediamo che potranno essere intesi come espressione della volontà di subentrare nel contratto di leasing e non di sciogliersi. Anche perché, essendo il contratto di leasing trasferito pe ril perido dell'affitto di azienda all'affittuario, lo scioglimento dal leasing avrebbe comportato l'obbligo di restituzione alla società di leasing dei beni oggetto del contratto di leasing che erano, invece, nella disponibilità dell'affittuario dell'azienda legittimamente fin quando non cessava il contratto di affitto.
          Da un lato, quindi la società di leasing non è receduta dal contratto di leasing e dall'altro il curatore è subentrato nello stesso o, comunque, non si è sciolto da esso; se il contratto di leasing non si è cessato, nè per iniziativa del curatore né del concedente, ne segue che la società di leasing non può chiedere al fallimento la restituzione dei beni, fin quando non faccia valere la risoluzione del contratto per inadempimento. La stessa società non può neanche chiedere al fallimento il pagamento dei canoni successivi all'affitto di azienda, che comportato la cessione del contratto di leasing all'affittuario, essendo, come detto, la sostituzione nel contratto divenuta efficace dal momento della stipula dell'affitto di azienda, né risulta alcuna dichiarazione del contraente ceduto (società di leasing) di non voler liberare il cedente, in forza della quale , a norma dell'art. 1408 c.c., la società di leasing avrebbe potuto pretendere il pagamento dei canoni dal fallimento del cedente qualora il cessionario non avesse adempiuto.
          In conclusione, seguendo questa linea ricostruttiva (per noi convincente, ma che potrebbe anche essere contraddetta da una diversa valutazione dei fatti e, di conseguenza delle norme applicabili), la società di leasing può insinuare nel fallimento soltanto il credito per i canoni scaduti anteriormente alla stipula del contratto di affitto e non pagati. Per il resto deve vedersela nei confronti dell0'affittuario dell'azienda, cessionario del contratto di leasing.
          Zucchetti SG srl