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ALTRO - Revocatorie
Revocatoria
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Francesco Maria Pecora
Cosenza13/01/2015 18:55Revocatoria
Il legale rappresentante della società di cui sono stato nominato curatore durante l'audizione mi comunica che esisteva un solo creditore della società che è stato però chiuso recentemente con una cessione del credito pro soluto. Mi spiego meglio, a fronte di un credito di € 200.000 circa la società cede il suo credito per € 50.000 circa riuscendo cosi a pagare dipendenti, contributi Inps per la parte a carico dei dipendenti, alcune fatture del commercialista e due cedolini compenso amministratore.
Potrebbe essere soggetta a revocatoria l'intera cessione del credito? Oppure devo valutare i singoli pagamenti fatti dopo la cessione?-
Zucchetti Software Giuridico srl
Vicenza15/01/2015 19:53RE: Revocatoria
Il curatore può scegliere a chi rivolgersi. La cessione del credito quando, come nella specie, ha funzione solutoria e non è attuata nell'ambito della disciplina della cessione dei crediti di impresa, di cui alla legge 21 febbraio 1991, n. 52, integra gli estremi di un mezzo anormale di pagamento, indipendentemente dalla certezza di esazione del credito ceduto, per cui, se tale cessione è intervenuta entro l'anno dalla dichiarazione di fallimento, conviene per il curatore del cedente cercare di revocare tale cessione godendo del vantaggio della presunzione della conoscenza dello stato di insolvenza in capo al cessionario (art. 67. comma 1, n. 2 l.f.), piuttosto che andare a toccare i singoli pagamenti che rientrano nella previsione del secondo comma dell'art. 67. Questo sotto il profilo teorico perché bisogna poi valutare la situazione concreta; ossia la revoca della cessione determina la inefficacia della stessa, ma se nel frattempo il debitore ceduto ha pagato, ed ha pagato bene al cessionario prima dell'inizio della revocatoria, la inefficacia della cessione diventa sostanzialmente inutile o comunque, se si ritiene che gli effetti si riversano sul cessionario va valutata la capacità di questi di adempiere. peggio ancora è se nel frattempo il debitore ceduto non ha pagato e non ha i mezzi per farlo, giacchè in tal caso il fallimento si troverebbe a poter azione il credito che era stato ceduto ma nei confronti di un soggetto inadempiente; e così via. Potrebbe, quindi convenire, in base alla situazione di fatto, azionare la revocatoria dei pagamenti effettuati con il ricavato dalla cessione.
Detto questo, infine, va anche valutata la situazione generale e, in particolare se esistono altri crediti da soddisfare perché lei parla di un solo creditore (il cessionario che è stato pagato con la cessione del credito) e di altri crediti estinti col ricavato dalla cessione.
Zucchetti Sg srl
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Francesco Maria Pecora
Cosenza24/01/2015 17:15RE: RE: Revocatoria
Analizzando meglio la situazione ricorrerò alla revocatoria solo di alcune operazioni. Inoltre dopo aver controllato il libro giornale del 2013 mi sono accorto che la cassa abbastanza alta è stata ridotta con operazioni di storno assolutamente errate pertanto volevo richiedere il versamento delle somme all'amministratore. Prima di fare ciò conviene prima evidenziare tutte le irregolarità al giudice con la prima relazione o posso procedere visto che devo richiedere anche il versamento dei decimi residui di capitale sociale? Grazie -
Zucchetti Software Giuridico srl
Vicenza26/01/2015 20:59RE: RE: RE: Revocatoria
Per inviare lettere e solleciti di pagamento non deve attendere nessuno né deve avere autorizzazioni; se intende agire in giudizio, deve presentare prima- a meno che non vi siano uregenze che non lo permettano- il programma di liquidazione, in cui deve indicare, come prescrive la lett. c) del secondo comma dell'art. 104ter l.fall. "le azioni risarcitorie, recuperatorie o revocatorie da esercitare ed il loro possibile esito" e deve comunque avere l'autorizzazione del giudice delegato, a norma del combinato disposto degli artt. 25, co. 1, n. 6 e 31, co. 1 l.fall.
Ovviamene deve indicare le azioni da promuovere anche nella relazione ex art. 33, ma la presentazione di questa non condiziona l'esercizio delle azioni stesse.
Zucchetti SG srl
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Francesco Maria Pecora
Cosenza09/02/2015 17:50RE: RE: RE: RE: Revocatoria
Il legale rappresentante può rivendicare usucapione su un fabbricato posseduto dalla società e utilizzato quale abitazione principale? Oppure con il fallimento non è più possibile? -
Zucchetti Software Giuridico srl
Vicenza09/02/2015 20:17RE: RE: RE: RE: RE: Revocatoria
In linea generale "è proponibile la domanda di acquisto della proprietà immobiliare per usucapione nei confronti della curatela fallimentare, atteso il carattere di acquisto a titolo originario che, con essa, si intende far verificare, ed a ciò non risultando di ostacolo gli art. 42 e 45 l. fall. La prima delle due disposizioni, infatti, limitandosi a porre il vincolo di indisponibilità sui beni del fallito - con equiparazione del fallimento al pignoramento - non può essere riferita a "fatti" acquisitivi di diritti reali tipici (che si assumono) già compiuti e produttivi di effetti in capo al fallito. La seconda, a sua volta, avendo riguardo espressamente - in applicazione della stessa regola posta, per l'esecuzione individuale, dall'art. 2914 c.c. - alle condizioni di opponibilità, al fallimento, di "atti", si rivela del tutto estranea all'ipotesi in esame, non essendo configurabile, a carico di chi agisca per conseguire l'accertamento dell'usucapione, alcun onere di pubblicità, posto che l'art. 2651 c.c. si limita a disporre al riguardo una forma di "trascrizione" (della sentenza e non anche della domanda) la quale è priva di effetti sostanziali e limitata a rendere più efficiente il sistema pubblicitario". (Cass. 26/11/1999 n. 13184).
Questa affermazione non risolve il problema perché bisogna poi vedere in concreto se esistono i requisiti per l'usucapione e cioè il pacifico il possesso ultraventennale non clandestino e l'animus possidendi, che consiste nell'intenzione di comportarsi come proprietario, esercitando corrispondenti facoltà.
Orbene, la fattispecie prospettata ha contorni troppo generici per dare una risposta, anzi ci riesce difficile anche ricostruirla perché non si capisce chi0 sia fallito, chi sia il proprietario dell'immobile che si intende usucapire, a che titolo l'amministratore ha avuto il possesso, con quali modalità lo abbia esercitato e per quanto tempo, se il ventennio è maturato prima della dichiarazione di fallimento, se il possesso è stato mai contestato, ecc.; che sono tutti dati essenziali.
Noi ci siamo immaginati che sia fallita una società proprietaria di un immobile dato in uso abitativo all'amministratore, probabilmente quale benefit. Se è così manca l'animus possidendi perché l'amministratore ha esercitato il possesso dell'immobile con la consapevolezza di non essere il proprietario e in forza di un titolo di godimento gratuito(una specie di comodato); poi bisognerevve vedere se ha maturato i venti anni di possesso pacifico prima del fallimento, perché con questoil bene è stato acquisito all'attivo fallimentare e il possesso non è più pacifico, ecc. ecc.
Zucchetti Sg srl.
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Francesco Maria Pecora
Cosenza10/02/2015 12:14RE: RE: RE: RE: RE: RE: Revocatoria
La società fallita è proprietaria dell'immobile industriale e dell'immobile accatastato A3 utilizzato come abitazione principale dall'amministratore e dalla sua famiglia da sempre e quindi da più di vent'anni. L'amministratore non ha mai fatto richiesta di usucapione ma vorrebbe farla ora.
Ci sono molti elementi ed anche testimonianze che possono provare il possesso da più di vent'anni. Cosa potrebbe fare?-
Zucchetti Software Giuridico srl
Vicenza12/02/2015 20:42RE: RE: RE: RE: RE: RE: RE: Revocatoria
Avevamo immaginato bene la fattispecie, per cui non possiamo che ribadire quanto in precedenza detto. Lei dice che l'amministratore ha posseduto pacificamente l'immobile adibito a casa di abitazione da oltre venti anni, ma, come abbiamo spiegato in precedenza questo non basta in quanto occorre anche aver posseduto animo domini. Nella specie il rapporto dell'amministratore con l'immobile è iniziato, a quanto è dato capire, come una forma di detenzione, per il fatto che egli ne aveva la disponibilità in quanto amministratore della società proprietaria di cui era amministratore, il che significa che all'origine vi era una detenzione titolata da un rapporto di comodato. Questo significa che l'amministratore per far valere l'usucapione deve dimostrare la c.d. interversione del possesso, ossia che da un certo momento anteriore agli ultimi venti anni egli ha posseduto l'immobile non più quale detentore comodatario in quanto amministratore del diritto a disporre della casa di abitazione, ma quale proprietario. Per la trasformazione della detenzione in possesso occorre, però a norma dell'art. 1141 c.c., un mutamento del titolo che non può avere luogo mediante un mero atto di volizione interna, ma deve risultare dal compimento di idonee attività materiali di specifica opposizione al proprietario-possessore (su quest'ultimo punto, da ult. Cass. 03/09/2013, n. 20145).
L'amministratore deve inoltre fare tutto ciò in sede fallimentare dato che ora anche le pretese immobiliari vanno coinvogliate nel rito dell'accertamento del passivo; ovviamente lei come curatore proporrà il rigetto della domanda per mancanza di prova sull'animus e sulla interversio possessionis (se non è sicuro che il rapporto col bene sia durato da oltre venti anni, anche per mancanza del dato obiettivo del possesso ventennale); se il g.d. rigetta, a sua volta la domanda, l'interessato dovrà proporre opposizione e in quella sede si svilupperà l'istruttoria per la dimostrazione dell'esistenza dei resquisiti per affermare che si era verificata l'usucapione prima della dichiarazione di fallimento.
Zucchetti SG srl
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