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Forum PROCEDURE EX CCII - LIQUIDAZIONE GIUDIZIALE
Ammissibilità del credito derivante da fideiussione non escussa rilasciata da istituto di credito a garanzia del canone ...
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Massimo Battazza
Rimini03/07/2023 18:03Ammissibilità del credito derivante da fideiussione non escussa rilasciata da istituto di credito a garanzia del canone di locazione
Buonasera.
vorrei sottoporre alla Vostra attenzione il seguente caso.
La società Alfa (conduttrice) conclude un contratto di locazione di un immobile di proprietà del Sig. Beta (locatore). Contestualmente alla sottoscrizione del contratto la banca Gamma (su richiesta della società Alfa) rilascia una fideiussione a favore del Sig. Beta a garanzia dell'adempimento delle obbligazioni discendenti dal contratto di locazione ivi compresi i canoni.
Prima di fallire la società Alfa cede ex art.36 della L.392/1978 alla società Delta il ramo di azienda esercitato nell'immobile nonchè il contratto di locazione.
La società Alfa fallisce e la banca gamma (che non è ancora stata escussa dal locatore Sig. Beta), chiede di insinuarsi con riserva al passivo del fallimento per l'importo corrispondente alla garanzia rilasciata a favore del Sig. Beta.
Mi domando se sia corretto ammettere il credito con riserva, pur non essendo ancora stata escussa la garanzia.
Vi ringrazio anticipatamente.-
Zucchetti Software Giuridico srl
Vicenza04/07/2023 12:34RE: Ammissibilità del credito derivante da fideiussione non escussa rilasciata da istituto di credito a garanzia del canone di locazione
La sorte del credito di regresso del coobbligato solidale del fallito - e, in particolare, del fideiussore solidale - che non abbia ancora eseguito dei pagamenti costituisce il tema più dibattuto e controverso in materia di trattamento della solidarietà in quanto, in mancanza di una espressa disposizione normativa, si tratta di trovare un difficile equilibrio tra l'esigenza di tutelare il coobbligato che, al momento del pagamento volontario o coattivo, potrebbe trovare già distribuito l'attivo fallimentare del condebitore o, addirittura, chiuso il fallimento e, dall'altro, l'esigenza della massa di non veder partecipare al passivo un credito per un pagamento non ancora effettuato e che non si sa se verrà eseguito, nonché l'esigenza del creditore originario di non vedersi pregiudicato dalla partecipazione al passivo del debitore coobbligato.
In passato la S.C., muovendo dalla premessa che il fideiussore solidale (lo stesso vale per qualsiasi coobbligato) che abbia pagato integralmente il creditore dopo il fallimento del condebitore, essendo divenuto titolare di un credito reso certo, liquido ed esigibile solo in data posteriore alla dichiarazione di insolvenza, non avrebbe potuto insinuarsi al passivo, aveva affermato che egli avrebbe potuto far valere il proprio diritto di regresso solo sul presupposto che in precedenza, nella sede appropriata, il suo (futuro) credito fosse già stato ammesso con riserva (Cass. 12/07/1990, n. 7222; Cass. 03/05/2000, n. 5510; Cass. 27/06/1998, n. 6535; Cass. 05/07/1988, n. 4419; Cass. 13/06/1984, n. 3538,; ecc.). In sostanza, il principio di cristallizzazione della massa passiva di cui all'art. 52 non consente- affermava la Corte- l'ammissione del credito di regresso facente capo al fideiussore che ha pagato, ove tale credito non sia stato insinuato come credito condizionale ai sensi dell'art. 55, comma terzo, perché altrimenti la posizione creditoria del fideiussore, sorta con il pagamento successivo all'apertura del concorso, si troverebbe del tutto priva di tutela in sede fallimentare essendo il credito mancante del carattere della concorsualità; di modo che la prenotazione fatta con l'ammissione riservata diventava obbligatoria per il fideiussore che avesse pagato dopo la dichiarazione di fallimento per far valere il suo diritto di regresso maturato con il soddisfacimento del creditore garantito.
Questa tesi è stata sottoposta a serrate critiche da parte della dottrina e della giurisprudenza che, a partire dal 2008 (Cass. 17/01/2008, n. 903) seguita poi dalla giurisprudenza successiva (cfr. Cass. 11/01/2013, n. 9213) enunciano principi utilizzabili anche per la presente situazione. La S. Corte, cioè, ha posto in evidenza le contraddizioni in cui la tesi precedente cadeva, tra cui la disapplicazione del secondo comma dell'art. 61, che espressamente ammette il regresso fallimentare del coobbligato che abbia integralmente soddisfatto il creditore dopo la dichiarazione di fallimento, perché questo non potrebbe mai essere esercitato per il divieto posto dall'art. 52; e, per dare un significato coerente al secondo comma dell'art. 61, si è rifatta ad una visione meno rigida della concorsualità, ritenendo, cioè, che l'esigenza connessa alla cristallizzazione possa considerarsi realizzata quando il fatto genetico della situazione giuridica da cui deriva l'obbligazione si sia verificato in epoca anteriore alla dichiarazione di fallimento. Ed è questa la situazione che si verifica quando il fideiussore fa valere il suo credito di regresso verso il fallito, una volta che abbia soddisfatto il creditore dopo la dichiarazione di fallimento del debitore comune, in quanto la rivalsa del fideiussore, sebbene diventi praticabile soltanto dopo il pagamento, trova la sua origine nel momento in cui la garanzia è stata data in quanto questa già assoggetta il garante al potenziale pagamento. E la Corte, nell'affermare la possibilità che il fideiussore che abbia pagato integralmente il creditore dopo la dichiarazione di fallimento dell'obbligato principale può partecipare al fallimento, implicitamente ammette che condizione necessaria per tale partecipazione è l'avvenuta soddisfazione del creditore principale, per cui, secondo la più recente giurisprudenza non è ammissibile l'insinuazione del fideiussore non tanto prima dell'escussione, quanto prima del pagamento. Come detto in dottrina (Nigro-Vattermoli) il fideiussore che al momento della dichiarazione di fallimento non abbia ancora adempiuto e che vuole assicurarsi la tutela del suo eventuale diritto di rivalsa, non solo non può presentare una domanda di ammissione al passivo condizionata, ma non può proprio presentarla non avendo titolo per essere ammesso, né in via pura e semplice né con riserva, giacchè, prima del pagamento il fideiussore non ha alcun credito (se non eventuale) da far valere nei confronti del fallito debitore principale.
Noi saremmo meno drastici, nel senso che la Corte, in tutti i suoi interventi, dà per scontata l'insinuazione del creditore principale, la cui presenza rafforza la tesi di cui sopra non potendo il fallimento rispondere due volte dello stesso debito, per cui rimane, a nostro avviso il problema quando il creditore principale non si sia insinuato, che sembra essere la situazione rappresentata. Se è così, quell'equilibrio di cui si è detto all'inizio va ricercato, a nostro avviso, nell'ammissione del fideiussore riservata alla doppia condizione: che non si insinui il creditore principale e che il fideiussore paghi integralmente costui. Tuttavia è una tesi diretta a salvaguardare gli interessi di tutti, ma, seguendo la linea prevalente, può anche escludere il credito non essendo stato il fideiussore ancora escusso né avendo egli ancora adempiuto alla sua obbligazione.
Zucchetti SG srl-
Paola Muscolino
Bolzano (BZ)03/01/2025 12:13RE: RE: Ammissibilità del credito derivante da fideiussione non escussa rilasciata da istituto di credito a garanzia del canone di locazione
Vorrei chiederVi una precisazione, anche se mi parrebbe ovvio : il fideiussore che venisse escusso e pagasse dopo l'apertura del fallimento/ liquidazione giudiziale e si insinuasse poi entro i 60 giorni previsti dal CCII per non risultare ultratardivo sarebbe ritenuto solamente tardivo in quanto prima , secondo la tesi maggioritaria, non avrebbe potuto insinuarsi.. corretto? Cordialmente -
Zucchetti Software Giuridico srl
Vicenza04/01/2025 09:50RE: RE: RE: Ammissibilità del credito derivante da fideiussione non escussa rilasciata da istituto di credito a garanzia del canone di locazione
E' bene ricordare che, a norma dell'art. 208 c.c.i.i.:
a-le domande presentate fino a trenta giorni prima dell'udienza di verifica sono tempestive;
b-le domande presentate dopo il termine di cui sopra e non oltre il termine di sei (prorogabile fino a dodici) dal deposito del decreto di esecutività dello stato passivo sono tardive, con gli effetti di cui all'art.225;
c-le domande presentate oltre il termine di sei mesi (o di dodici, in caso di proroga) dal deposito del decreto di esecutività dello stato passivo, sono qualificate nella prassi come super tardive o ultra tardive e per essere esaminate devono superare il vaglio di ammissibilità, che richiede che l'istante fornisca la prova che il ritardo è dipeso da causa a lui non imputabile e che la domanda sia stata trasmessa al curatore entro "non oltre sessanta giorni dal momento in cui è cessata la causa che ne ha impedito il deposito tempestivo". Queste domande possono essere presentate fino all'esaurimento delle operazioni del riparto finale.
Come si vede da questa sintesi la tardività o ultra tardività è data esclusivamente dal tempo in cui la domanda è presentata con la trasmissione al curatore. Se questa è presentata oltre i sei mesi dalla dichiarazione di esecutività dello stato passivo, la domanda va qualificata come ultra tardiva e va assoggettata al vaglio di ammissibilità , come detto, richiede, oltre alla prova della non imputabilità del ritardo al richiedente, che la stessa sia stata trasmessa al curatore entro "non oltre sessanta giorni dal momento in cui è cessata la causa che ne ha impedito il deposito tempestivo". Poiché il fideiussore non può agire in regresso prima di essere stato escusso e aver pagato, il pagamento segna il momento dal quale egli poteva insinuarsi e quindi il momento da cui inizia a decorrere il termine di 60 giorni per trasmettere la domanda al curatore e ritenere, di conseguenza, se quella domanda ultra tradiva sia stata presentata nel termine di legge.
Zucchetti SG srl
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