Forum PROCEDURE EX LEGGE FALL. - CHIUSURA PROCEDURA

chiusura della procedura con giudizio pendente

  • Alessandro Civati

    Milano
    11/05/2016 10:47

    chiusura della procedura con giudizio pendente

    la fattispecie è questa. il fallimento intraprende un giudizio per un recupero crediti, giudizio pendente.
    esaurita la liquidazione dei beni mobili (con ricavo modestissimo, nemmeno sufficiente a coprire integralmente le spese in prededuzione) è possibile addivenire alle operazioni di chiusura ex art. 118 2° comma l.f., pendendo tale giudizio?
    in realtà sembrerebbe di no, poiché la norma prevede la chiusura anticipata solo nell'ipotesi di cui al n. 3 dell'art. 118, 1° comma l.f.
    In ogni caso, dal punto di vista pratico immagino che il curatore debba presentare il conto della gestione e compiere le consuete attività per addivenire alla chiusura.
    Ringrazio anticipatamente per la risposta.
    • Zucchetti Software Giuridico srl

      Vicenza
      12/05/2016 19:35

      RE: chiusura della procedura con giudizio pendente

      Il nuovo secondo comma dell'art. 118 l.f. prevede la possibilità di chiudere il fallimento in pendenza dio giudizi in corso solo nel caso che la chiusura del fallimento avvenga ai sensi del n. 3 del comma precedente, quando, cioè, è compiuta la ripartizione finale dell'attivo senza che i creditori siano stati integralmente soddisfatti, per cui si pone il problema di stabilire se nel caso come il suo- in cui al momento nulla è distribuibile ai creditori ma è prospettabile ancora un attivo derivante dall'azione in corso che potrebbe essere distribuito ai creditori- si versa nell'ipotesi di cui al n. 3 del primo comma dell'art. 118 (per cui la chiusura anticipata sarebbe possibile) ovvero nell'ipotesi di cui al n. 4 della stessa norma (per cui la chiusura anticipata sarebbe esclusa).
      In altre precedenti risposte noi abbiamo optato per la prima soluzione. "Come giustamente è stato immediatamente evidenziato dalla dottrina (Montanari)- abbiamo scritto- il legislatore avrebbe dovuto ritoccare l'art. 116 (o, tutt'al più, il successivo art. 117, formalmente intitolato proprio alla ripartizione finale) nei termini in cui ha messo mano al successivo art. 118, evitando così la contraddizione di dire che per procedere alla ripartizione finale, propedeutica alla chiusura, deve essere «compiuta», vale a dire si sia esaurita, la liquidazione dell'attivo e contestualmente ammettere la chiusura del fallimento in pendenza di cause, che costituiscono una forma di liquidazione dell'attivo. Evidentemente il legislatore ha voluto dire che la liquidazione può reputarsi «compiuta» senza bisogno che si siano esauriti quei giudizi, «rispetto ai quali il curatore può mantenere la legittimazione processuale, anche nei successivi stati e gradi del giudizio, ai sensi dell'articolo 43»; ossia può chiudere il fallimento anche in prospettiva che pervenga un attivo in futuro da distribuire ai creditori, per cui, anche se in precedenza nulla è stato distribuito, si versa, a nostro avviso nell'ipotesi di chiusura di cui al n. 3 dell'art. 118".
      Abbiamo notato, con piacere, che per una interpretazione non strettamente letterale della norma si è espresso in dottrina Ceccherini, ( "La chiusura del fallimento non è impedita dalla pendenza di giudizi", IlFallimentarista, 17.2.2016) il quale ha sostenuto che "la condizione per poter chiudere la procedura fallimentare, in pendenza di giudizi, è quella prevista al punto 3 dell'art. 118 l. fall., ossia che "sia stata compiuta la ripartizione dell'attivo". La norma prevede, dunque, quale unica condizione, che il curatore abbia compiuto la ripartizione finale dell'attivo, escludendo per conseguenza le procedure fallimentari, con giudizi pendenti, prive di liquidità da assegnare ai creditori. Una simile circostanza appare discriminante per tutte quelle procedure che non hanno attivo da distribuire, ma che, avendo di giudizi pendenti, ne ricaveranno, molto probabilmente, all'esito degli stessi".
      Nello stesso senso abbiamo rilevato Trib. Forlì 3.2.2016 , che ha così statuito: "Può procedersi fin da subito alla chiusura del fallimento, ai sensi del novellato art. 118 l. fall., secondo comma, terzo periodo, in pendenza di giudizi per il recupero dei crediti della massa, malgrado non vi sia stata la possibilità di procedere ad alcuna ripartizione dell'attivo, ciò nonostante il disposto della novella del citato articolo si riferisca espressamente al caso di cui al n.3 dell'art. 118, primo comma, l. fall. (prevedente appunto la chiusura del fallimento "quando è compiuta la ripartizione finale dell'attivo")". La ratio della norma verrebbe infatti svilita da un'interpretazione strettamente letterale che imponga la continuazione della procedura in caso di mancanza attuale di attivo, con un'evidente ingiustificata disparità di trattamento rispetto ai fallimenti che siano invece in grado di ripartire anche solo pochi spiccioli ai propri creditori. Per non mortificare la finalità concreta perseguita dal legislatore - la cui portata sulle procedure concorsuali pendenti sarebbe significativamente ridotta da un'interpretazione strettamente letterale - il rinvio al disposto dell'art. 118 l. fall., primo comma, n.3, deve essere intesa come riferito alla natura, attuale o potenziale, della procedura piuttosto che al mero dato contabile dell'avvenuta esecuzione di un riparto di qualsiasi consistenza a seguito degli accantonamenti effettuati. Invero, il fallimento privo di attuali disponibilità liquide da ripartire, ma con cause in corso, vantando future possibilità di ripartizioni, non può essere considerato ad oggi una procedura la cui prosecuzione non consentirà di soddisfare, neppure in parte, i creditori concorsuali, nel senso espressamente previsto dal n.4 del primo comma della medesima norma (c.d. fallimento a zero)".
      Contestualmnete rileviamo, però che in alcune delle circolari emanate dai giudici per dare direttive a come comportarsi a fronte di queste novità, la chiusura anticipata viene limitata all'ipotesi della chiusura ai sensi del n. 3 del primo comma dell'art. 118.
      Zucchetti SG srl .
      • Alessandro Civati

        Milano
        24/05/2016 16:53

        RE: RE: chiusura della procedura con giudizio pendente

        ringrazio per la risposta.
        facendo qualche ricerca mi sono imbattuto in una circolare del Tribunale di Bergamo che nega la possibilità di addivenire alla chiusura anticipata ove non sia stato eseguito il riparto finale.
        La circolare, peraltro, precisa che nel caso in cui il giudizio pendente all'atto della chiusura anticipata del fallimento dovesse comportare l'incameramento di un ulteriore attivo, il curatore avrebbe diritto ad un supplemento di compenso, sulla base di quanto dispone il DM contenente le relative tariffe.
        Mi chiedo, tuttavia, come potrebbe questo "supplemento" essere concretamente liquidato, posto che l'art. 39 l.f. demanda al Tribunale Fallimentare questa incombenza, mentre l'art. 118 l.f. e l'art. 120 stabiliscono che rimangano in carica unicamente il giudice delegato ed il curatore (non quindi il Tribunale), e solamente ai fini del giudizio pendente.
        Inoltre, sempre pensando al caso concreto che vi ho esposto, mi chiedo anche cosa potrebbe accadere nel caso in cui una sentenza di primo grado favorevole al fallimento dovesse essere impugnata dalla controparte soccombente: in questa ipotesi, secondo le regole generali, il curatore dovrebbe chiedere al GD l'autorizzazione a stare in giudizio anche nei gradi successivi (ex art. 25 l.f.), ma tale autorizzazione rientra nei poteri ancora esercitabili dal GD, posto che l'art. 118 parla solamente di transazione o rinuncia alle liti?
        Ed ancora: supponendo una sentenza favorevole al Fallimento, a fronte del mancato spontaneo pagamento da parte del soccombente, potrebbe il curatore chiedere al GD l'autorizzazione ad intraprendere un giudizio di natura esecutiva? (verrebbe da ipotizzare una risposta positiva, stante l'assurdità del caso contrario, ma la legge non lo dice espressamente).
        E, infine, se nel corso del giudizio di cognizione si rendesse necessario richiedere una misura cautelare (es. un sequestro preventivo)? oppure sopravvenisse una richiesta di rinvio a giudizio del medesimo soggetto nei confronti del quale è stato intrapreso il giudizio civile di risarcimento, con possibilità per la procedura di costituirsi parte civile nel processo penale ed ivi esercitare le relative pretese?
        Mi pare che la norma sia stata scritta male e frettolosamente, senza tenere conto di tutta una serie di difficoltà di ordine pratico e giuridico, per le quali non è stata individuata una soluzione.
        • Zucchetti Software Giuridico srl

          Vicenza
          24/05/2016 19:05

          RE: RE: RE: chiusura della procedura con giudizio pendente

          Sicuramente la norma in questione è stata scritta male altrimenti non sarebbero sorti i tantissimi dubbi e contrasti interpretativi cui stiamo assistendo in questi mesi di vigenza. Noi stessi, nella precedente risposta, pur avendo optato per una soluzione, cercando di fornire una motivazione, avevamo comunque precisato che "rileviamo, però che in alcune delle circolari emanate dai giudici per dare direttive a come comportarsi a fronte di queste novità, la chiusura anticipata viene limitata all'ipotesi della chiusura ai sensi del n. 3 del primo comma dell'art. 118".
          Venendo alle questioni da lei oggi poste:
          a-liquidazione compenso ulteriore. Il problema da lei posto sussite, tant'è che alcuni tribunale, nel caso chiusura anticipata, dispongono già che il curatore avrà diritto ad un ulteriore compenso calcolato sull'attivo acquisito che si somma al precedente, demandando al giudice delegato la liquidazione sulla pase delle percentuali già utilizzate nella liquidazione del tribunale; in tal modo il giudice delegato dovrà semplicemente fare un calcolo matematico, essendo i criteri già precisati.
          in mancanza di un tale provvedimento, pensiamo che comunque debba provvedere il giudice delegato avendo il tribunale cessato le sue funzioni.
          b- sentenza di primo grado favorevole al fallimento impugnata. Posto che alcuni organi fallimentari sono rimasti per la pendenza di giudizi, è chiaro che questi, salvo rinunce o transazioni che vanno autorizzate dal giudice delegato, debbono essere portati a termine, fino ad una sentenza defintiva; del resto lo stesso art. 118 prevede espressamente che la chiusura del fallimento non è "impedita dalla pendenza di giudizi, rispetto ai quali il curatore può mantenere la legittimazione processuale, anche nei successivi stati e gradi del giudizio….". Nonostante questa previsione generale è necessaria una nuova autorizzazione del giudice delegato per stare in giudizio come convenuto appellato? pensiamo di si, dato che l'art. 25, co. 1 n. 6, dispone che "l'autorizzazione deve essere sempre data per atti determinati e per i giudizi deve essere rilasciata per ogni grado di essi"; poiché anche il giudice delegato rimane in carica, non vediamo ostacoli alla richiesta di nuova autorizzazione .
          c- sentenza favorevole al Fallimento e azione esecutiva. La corretta risposta positiva l'ha data lei, rilevando giustamente l'assurdità di un sistema che consentisse al fallimento di continuare il giudizio di cognizione ma di non poter agire in via esecutiva per l'effettivo ricupero.
          d- misura cautelare nel corso del giudizio di cognizione. Non vi sono ostacoli a richiedere una tale misura, che attiene alla tattica processuale che si inserisce nel processo che continua. Egualmente non vediamo ostacoli a spostare in sede penale la pretesa risarcitoria già azionata in sede civile, in qaunto la costituzione di parte civile, a seguito del rinvio a giudizio dell'originario convenuto, costituisce la continuazione del precedente giudizio.
          Zucchetti SG srl