Forum PROCEDURE EX LEGGE FALL. - CHIUSURA PROCEDURA

ART. 104 TER COMMA 8 ED ESECUZIONE FONDIARIA

  • Rosella De Santis

    BERGAMO
    04/03/2016 17:22

    ART. 104 TER COMMA 8 ED ESECUZIONE FONDIARIA

    In un fallimento di società di capitali l'attivo immobiliare è costituito da un immobile oggetto di esecuzione da parte del creditore fondiario (già insinuato al passivo fallimentare)nella quale il fallimento non è intervenuto.
    Poiché la liquidazione dell'attivo mobiliare è terminata e l'esito dell'esecuzione appare molto incerto (a tre anni dall'avvio non è ancora stata fissata alcuna vendita ed il valore di perizia è comunque alquanto inferiore al credito ipotecario) si chiede la vostra opinione in merito alla possibilità per il curatore di avvalersi dell'art. 104 ter c. 8 L.F. per la derelizione dall'attivo dell'immobile ed addivenire quindi alla chiusura del fallimento o se sia invece necessario attendere l'esito dell'esecuzione.
    Si chiede inoltre il vostro parere in merito al trattamento in entrambi i casi dell'ICI/IMU maturate in pendenza di fallimento. Preciso che al momento il Comune ha emesso solo degli avvisi di accertamento ma non si è insinuato.
    In attesa, ringrazio.
    • Zucchetti Software Giuridico srl

      Vicenza
      06/03/2016 14:27

      RE: ART. 104 TER COMMA 8 ED ESECUZIONE FONDIARIA

      Il fallimento potrebbe ricorrere alla procedura di cui all'ottavo comma dell'art. 104ter ritenendo non conveniente la liquidazione del bene immobile, posto che il presumibile ricavo, in base alle stime, sarà inferiore al credito fondiario che assorbirà, quindi l'intero realizzo. Tuttavia, in questo modo, espunto il bene dall'attivo, non potranno più essere recuperate sul ricavato le spese prededucibili (tra cui anche una quota del compenso del curatore) e la parte realizzata dalla vendita di detto bene non entra proprio nel monte attivo su cui calcolare il compenso del curatore. Di contro, il creditore fondiario, pur non avendo più l'onere dell'insinuazione per conservare in via definitiva quanto ricevuto nell'esecuzione individuale, può sempre insinuarsi, in via chirografaria, per far valere la differenza non ricuperata, posto che il fallito è sempre debitore.
      Per questi motivi noi sconsigliamo, come linea direttiva, di ricorrere alla restituzione della disponibilità dei beni in casi del genere.
      Quanto al pagamento ICI IMU, trasmettiamo il suo quesito alla sezione fiscale.
      Zucchetti SG srl
      • Stefano Andreani - Firenze
        Luca Corvi - Como

        18/04/2016 07:57

        RE: RE: ART. 104 TER COMMA 8 ED ESECUZIONE FONDIARIA

        Per quanto riguarda l'aspetto ICI e IMU, riteniamo che nel caso di abbandono tali tributi non gravino sulla procedura.

        Essi non sono infatti "spese relative all'immobile" le quali, se maturate in corso di procedura, sono a carico della stessa in prededuzione, bensì un tributo con sue specifiche regole di determinazione e riscossione.

        Ora:
        - da un lato il ben noto art. 10, VI comma, del D.Lgs. 504/1992 stabilisce che "il curatore o il commissario liquidatore ... sono ... tenuti al versamento dell'imposta dovuta per il periodo di durata dell'intera procedura concorsuale entro il termine di tre mesi dalla data del decreto di trasferimento degli immobili"; a stretto rigore letterale, non esistendo il decreto di trasferimento, tale obbligo non sussiste
        - dall'altro, e ben più esplicitamente, l'ordinanza di Cassazione 3845/2013 è chiara nell'affermare che "ove il fallimento o la liquidazione coatta vengano chiusi senza farsi luogo alla vendita ... la predetta obbligazione tributaria, quale progressivamente maturata, è posta a carico" del fallito che ne riacquisisce la disponibilità.

        La fattispecie di cui si occupa detta ordinanza è la chiusura della procedura con ritorno in bonis dell'imprenditore, ma ci pare che il principio enunciato sia applicabile anche alla diversa ipotesi di abbandono del bene da parte del Curatore.
      • Francesco Perini

        Verona
        12/10/2017 10:03

        RE: RE: ART. 104 TER COMMA 8 ED ESECUZIONE FONDIARIA

        La Seconda Sezione Civile del Tribunale di Verona, con nota del 23.06.2017, ha fornito indicazioni chiare in merito alla procedura di cui all'art.104 ter comma 8. In particolare ha ribadito "-d'intesa con i Giudici della Sezione - l'esigenza di un ricorso intensivo allo strumento acceleratorio di cui all'art.104 ter, comma 8, L.Fall. li dove si prevede che "il Curatore, ..., se l'attività di liquidazione appaia manifestamente non conveniente".

        Viene quindi indicato il criterio di valutazione, nel proseguo, precisando che "Il pensiero corre in special modo (ma non solo) agli immobili ipotecari appresi al fallimento, il cui valore "di mercato" risulti, di fatto, interamente assorbito dalla garanzia reale. La rinuncia alla liquidazione del bene (o, addirittura a monte, la rinuncia alla sua apprensione all'attivo) eviterà l'allungamento incontrollabile dei tempi del programma ex art. 104 ter cit., con intuibili vantaggi in termini di efficienza gestionale e risparmio di costi"

        Se l'istituto non è applicabile nel caso sopra indicato, quando lo sarebbe?

        Inoltre, è pur vero che la rinuncia comporterebbe la non partecipazione del ricavato alle spese del fallimento, ma va anche considerato che si ridurrebbe considerevolmente il compenso del curatore, quasi sicuramente diminuirebbero anche i costi della procedura, che risulterebbe più snella, e, infine, ulteriore vantaggio, l'imposizione sull'immobile graverebbe sull'immobile stesso e non sulla procedura.

        Non sarebbe utile consigliare sempre al curatore di produrre un prospetto di costi benefici, ai fini di una valutazione oggettiva e indipendente?

        Grazie, cordiali saluti.
        • Zucchetti Software Giuridico srl

          Vicenza
          12/10/2017 19:46

          RE: RE: RE: ART. 104 TER COMMA 8 ED ESECUZIONE FONDIARIA

          Sappiamo benissimo che esistono opinioni diverse da quelle da noi espresse, tant'è che ci siamo limitati a dire che "noi sconsigliamo, come linea direttiva, di ricorrere alla restituzione della disponibilità dei beni in casi del genere" per i motivi che avevamo in precedenza esposti, e non ad affermare quella rappresentata è il significato della norma.
          E pur rispettando tutte le opinioni, continuiamo a pensarla allo stesso modo perché ci sembra che indicazioni come quelle del tribunale di Verona e di altri uffici siano dettate dal pur lodevole scopo di velocizzare la procedura (come del resto esplicitato nel testo da lei riportato) cui viene sacrificata una rigorosa interpretazione della norma. A nostro parere, infatti, l'ottavo comma dell'art. 104ter, con il riferimento alla manifesta non convenienza della liquidazione che giustifica la non acquisizione o la derelictio, voglia limitare il campo di applicazione a quelle ipotesi in cui sia evidente che le spese di custodia e vendita del bene siano superiori al valore di realizzo, non ai casi in cui non convenga la liquidazione perché un creditore assorbe l'intero ricavato; vendere i beni e pagare i creditori nel rispetto delle prededuzioni e delle preferenze sono le finalità del fallimento, alle quali si può derogare quando il costo per perseguire supera il valore del ricavo del bene e ciò risulti peraltro evidente. Diversamente, considerato che, come l'esperienza di questi anni critichi ci ha insegnato, i creditori fondiari non riescono mai a recuperare il loro credito dall'esecuzione individuale, si dovrebbe sempre, o quasi sempre, abbandonare i beni ipotecati da un creditore fondiario che prosegue l'esecuzione in pendenza di fallimento, senza tener conto che l'assegnazione in sede esecutiva è soltanto provvisoria e che i conteggi del dare e avere finale si fanno in sede fallimentare, ove il creditore fondiario ha l'onere di insinuarsi.
          Lei dice che proprio il caso dell'esecuzione fondiaria è la fattispecie tipica della norma, escludendo che vi possano essere altre situazioni rilevanti, invece le situazioni che possono giustificare la non acquisizione o la derelictio sono tante; dal basso valore dei beni in relazione alle spese di custodia a quella che si sta dimostrando essere la causa più comune dell'abbandono, ossia la presenza di fattori inquinanti o di abusi vari ove la rimessione in regola richieda costi ingenti, creando peraltro non poche conseguenza.
          E' chiaro, tuttavia, che se la celerità è un imperativo categorico, la chiusura tempestiva dei fallimenti diventa il criterio interpretativo cui piegare ogni norma, e basti pensare, più che a quella in esame, al nuovo secondo comma dell'art. 118; noi pensiamo che non debba essere così, pur dovendo perseguirsi il fine di abbreviare la durata delle procedure, però nel pieno rispetto della legge.
          Zucchetti Sg srl