Forum PROCEDURE EX LEGGE FALL. - RIPARTI

conversione da Amm.Straordinaria in Fallimento - crediti prededucibili

  • Marco Imparato

    Roma
    26/11/2010 10:45

    conversione da Amm.Straordinaria in Fallimento - crediti prededucibili

    Una Amministrazione straordinaria, dopo un anno di attività (con dipendenti, professionisti, fornitori vari), è stata convertita in fallimento in quanto non vi erano le condizioni per una utile prosecuzione.
    Nel periodo della AS sono maturati debiti a vario titolo di privilegio non ancora soddisfatti al momento della conversione in fallimento.
    Premesso che durante la procedura di AS tutti i crediti sono in prededuzione, come devono essere trattati in relazione ai crediti che sorgeranno per la gestione della procedura fallimentare anch'essi in prededuzione?
    Vi è una differenziazione dei 2 periodi di prededuzione (As e Fallimento) e quindi una diversa applicazione dell'art. 111bis?
    Grazie
    • Zucchetti Software Giuridico srl

      Vicenza
      26/11/2010 18:00

      RE: conversione da Amm.Straordinaria in Fallimento - crediti prededucibili

      Per il combinato disposto degli artt. 20e 52 del Dlgs n. 270/99 i crediti sorti per la continuazione dell'esercizio dell'impresa e la gestione del patrimonio del debitore nel corso della prima fase e della procedura di a.s. vanno soddisfatti in prededuzione a norma dell'art. 111 n. 1 l.fall. "anche nel fallimento successivo alla procedura di amministrazione straordinaria", per cui non vi è bisogno di ricorrere a quell'interpretazione ricostruttiva giurisprudenziale del fenomeno della consecuzione tra amministrazione controllata e fallimento, che proprio in questa materia aveva trovato primario motivo di esprimersi.
      Bene ha fatto, in particolare, il legislatore a delimitare la prededucibilità alle circoscritte ipotesi dei crediti sorti per la continuazione dell'esercizio dell'impresa e la gestione del patrimonio e ad abrogare quel coacervo di norme che nella originaria legge Prodi avevano di molto vanificato la tutela di parte del ceto creditorio attraverso lo strumento della trasformazione in prededucibili dei crediti concorsuali facenti capo a chi aveva contribuito alla sopravvivenza di quell'organismo, con prestazioni di lavoro o con somministrazioni di alcune merci, ed a quei creditori le cui prestazioni erano ancora necessarie all'attività o le cui azioni potevano pregiudicare la continuazione dell'attività stessa.
      Ciò detto non esistono differenza di trattamento tra le prededuzioni sorte nel corso dell'a.s. convertita poi in fallimento e quelle sorte in questa seconda procedura, giacchè si tratta sempre di debiti di massa che vanno soddisfatti in prededuzione, ossia prima degli altri- con le limitazioni poste dall'attuale secondo comma dell'art. 111bis- e non secondo un ordine soltanto cronologico o secondo la procedura in cui sono venuti in essere.
      Differenze possono nascere nella pratica per il fatto che, presumibilmente, i crediti sorti nel fallimento siano meno contestati di quelli nati nella precedente procedura, con la conseguenza che questi ultimi devono essere insinuati e inseriti in un riparto, nel mentre quelli su cui non vi è contestazione sull'ammontare e sulla collocazione possono essere soddisfatti via via che maturano, sempre che l'attivo sia presumibilmente sufficiente a soddisfare tutte le prededuzioni, ecc. ; ma si ripete, si tratta di differenze contingenti dovute alla certezza del dell'ammontare e della collocazione del credito, che refluendo sulle modalità di accertamento si riflette anche sulle modalità di riparto, tuttavia, i crediti in questione, siano essi nati nella prima o nella seconda procedura, ove non siano contestati nell'ammontare o nella collocazione (o siano entrambi contestati), vanno equiparati nel trattamento.
      Zucchetti Sg Srl

      • Marco Imparato

        Roma
        02/02/2011 19:39

        RE: RE: conversione da Amm.Straordinaria in Fallimento - crediti prededucibili

        Facendo seguito alla discussione sulla prededuzione dei crediti durante l'amministrazione straordianria, nel caso di lavoratori dipendenti che hanno continuato a lavorare anche durante l'AS senza interrompere il rapporto, il TFR che andranno a chiedere come dovrà essere considerato?
        Premesso che il momento che legittima il lavoratore a riscuotere il tfr è quello della cessazione del rapporto di lavoro (avvenuta durante l'AS), la competenza del TFR è sicuramente relativa sia al periodo in bonis (per il quale dovrebbe fare istanza tardiva, visto che la verifica si è già chiusa) sia al periodo della procedura (per il quale la quota parte di TFR dovrebbe essere ammessa al riparto dei crediti in prededuzione senza doverlo inserire in uno stato passivo da sottoporre al provvedimento del GD ).
        Se così fosse, per il lavoratore si porrebbe un altro problema pratico legato alla possibilità di accedere al fondo di garanzia dell'INPS per riscuotere anticipatamente il suo TFR: l'inps richiede, tra i documenti da esibire, il provvedimento di ammissione allo stato passivo della procedura con espressa indicazione del credito relativo al TFR.
        La soluzione potrebbe essere di predisporre, esclusivamente per i lavoratori dipendenti, uno stato passivo da sottoporre al GD.
        Grazie
        • Zucchetti Software Giuridico srl

          Vicenza
          04/02/2011 00:32

          RE: RE: RE: conversione da Amm.Straordinaria in Fallimento - crediti prededucibili

          L'art. 4 comma 1 d.l. 31 luglio 1981 n. 414, convertito in l. 2 ottobre 1981 n. 544, stabiliva che le indennità di anzianità dovute ai dipendenti delle imprese sottoposte ad amministrazione straordinaria, il cui rapporto di lavoro sia cessato dopo l'emanazione del provvedimento di continuazione dell'esercizio dell'impresa da parte del commissario, sono considerate, per il loro intero importo, come debiti contratti per la continuazione dell'esercizio dell'impresa, agli effetti dell'art. 111 n. 1 della l. fall. (principio poi esteso dal d.l. 9 aprile 1984 n. 62, convertito in l. 8 giugno 1984 n. 212, alle indennità dovute per i rapporti di lavoro cessati nei due anni antecedenti al suddetto provvedimento).
          Queste disposizioni sono state abrogate, per cui opera la normativa richiamata nella precednete risposta secondo cui i crediti sorti per la continuazione dell'impresa vanno considerati in prededuzione sia nel corso dell'a.s. che nell'eventuale successivo fallimento. Di sicuro, quindi, la quota del TFR maturata nel corso dell'a.s. va considerata in prededuzione, il problema è se della prededuzione gode solo questa quota o l'intero credito per TFR.
          Prima della abrogazione della sopra richiamata normativa, la Cassazione riteneva che, grazie al carattere di credito di massa attribuito dal legislatore all'indennità di TFR maturata dai dipendenti d'imprese sottoposte ad amministrazione straordinaria, il diritto al TFR spettante a tali dipendenti è tutelato diversamente rispetto all'analogo diritto dei dipendenti d'imprese sottoposte a fallimento, concordato preventivo o liquidazione coatta amministrativa, ma non in modo assolutamente deteriore in quanto "a differenza dei dipendenti da imprese sottoposte alle procedure da ultimo ricordate, per i quali l'importo del TFR corrispondente all'anzianità maturata sino alla sentenza di fallimento (o provvedimento equiparato ex art. 2 L. n. 297-1982) resta cristallizzato nella somma dovuta a tale momento e non è suscettibile di rivalutazione monetaria, i dipendenti d'imprese sottoposte ad amministrazione straordinaria hanno diritto, in quanto titolari di un credito verso la massa, alla rivalutazione monetaria sull'intero ammontare del proprio credito di TFR (Cass. 09/06/1988 n. 3894, ma costante nella giurisprudenza, cfr. anche 29/07/1985 n. 4378, che richiama il principio in origine affermato da Cass. 27/10/1966 n. 2637; Cass. 02/08/1977 n. 3421 ecc.)
          Ijn sostanza, secondo questo orientamento, con riferimento alla vecchia indennità di anzianità, la parte di questa maturata prima della dichiarazione di fallimento andava considerata, in applicazione del principio regolatore del concorso, colpita dalla cristallizzazione delle posizioni creditorie con titolo anteriore, di guisa che il pagamento in prededuzione poteva riguardare soltanto la parte corrispondente al servizio prestato dopo l'apertura della procedura concorsuale, mentre, per la quota afferente alla prestazione resa prima del fallimento, il credito restava assorbito dal privilegio generale di cui all'art. 2751 bis n. 1 c.c.. Lo stesso discorso dovrebbe valere ora per l'a.s., una volta abrogata la normativa che attribuiva all'interso TFR la prededuzione.
          Questa scissione del TFR tra prima e dopo l'inizio della procedura lascia molti dubbi derivanti dalla non frazionabilità del TFR; ed, infatti, la Corte, anche di recente (cfr. Cass. 18/02/2010 n. 3894) ha ribadito che "il diritto al trattamento di fine rapporto sorge, a norma dell'art. 2120 c.c., comma 1, (come sostituito dalla L. 29 maggio 1982, n. 297, art. 1 recante la disciplina del trattamento di fine rapporto) e per come previsto dalla lettera della legge, al momento della cessazione del rapporto di lavoro ed in conseguenza di essa. Ed invero l'uso del termine "quota" con riferimento all'importo della retribuzione annuale "dovuta", lungi dal dare l'idea del frazionamento annuale e dell'acquisizione periodica del diritto, richiama, invece, solo una modalita' del calcolo dell'unico diritto al trattamento di fine rapporto, da adoperarsi al momento in cui questo sorge, con la cessazione del rapporto, al fine di determinarne, mediante l'utilizzazione degli altri coefficienti previsti, applicati con riferimento a tutta la durata del rapporto stesso, l'entita' complessiva che e' solo ed esclusivamente quella finale".
          Queste perplessità sono ribattute dalla tesi che divide i periodi ante e post procedura sostenendo che il principio della non frazionabilità del TFR non spiega i suoi effetti nei confronti dell'amministrazione fallimentare, essendo questa regolata da una disciplina particolare connessa alle peculiari finalità dell'istituto, in quanto, diversamente, si sarebbe creata una disparità di trattamento ingiustificata tra i lavoratori che avessero continuato a prestare la loro opera alle dipendenze dell'amministrazione fallimentare per un qualsiasi periodo di tempo, anche brevissimo, e quelli licenziati, eventualmente, il giorno prima del fallimento. Argomento, per la verità, non del tutto convincente, tanto più che nella nuova legge è stato posto nel fallimento il principio di cui all'art. 74, valevole, però, esclusivamente nel caso di fallimento del contraente che nell'esecuzione di un contratto di durata sia tenuto a corrispondere il prezzo per la fornitura di beni o la erogazione di servizi, secondo cui, in questi casi se il curatore subentra deve pagare il prezzo anche delle consegne già avvenute o dei servizi erogati. E' anche vero, però, che in caso di fallimento, qualora vi sia esercizio provvisorio- che richiede evidentemente la continuazione dei rapporti di lavoro, almeno in parte- valgono le regole dettate dall'art. 104, che sembrano in parte presupporre una distinta collocazione.
          Noi optiamo per questa seconda soluzione alla luce della regolamentazione del TFR, attuata con la legge 29 maggio 1982 n. 297, che, ci sembra abbia, almeno nell'ambito fallimentare, optato per la frazionabilità del TFR maturato prima della dichiarazione di fallimento del datore di lavoro, quando, con l'art. 2 ha previsto l'istituzione del Fondo di garanzia "con lo scopo di sostituirsi al datore di lavoro in caso di insolvenza del medesimo del trattamento di fine rapporto".
          Tale istituto trova, infatti, applicazione non solo nel caso (ovvio) della cessazione del rapporto di lavoro, ma anche qualora il rapporto sia continuato con la curatela e solo per la quota di TFR maturata prima della dichiarazione di fallimento. Quest'ultimo assunto trova riscontro sia nel riferimento alla sostituzione "al datore di lavoro" e non agli organi concorsuali (comma 1°), sia nella necessità che il credito del lavoratore risulti dallo stato passivo definitivo per essere anticipato dal Fondo (comma 2°) e sia, principalmente, nella previsione della surroga al lavoratore "nel privilegio spettante sul patrimonio dei datori di lavoro ai sensi degli artt. 2751 bis e 2777 del codice civile per le somme da esso pagate" (comma 7°). Questi elementi fanno capire che il lavoratore può beneficiare dell'intervento del Fondo solo per la quota di TFR maturata prima del fallimento e, quindi, che il legislatore ha ritenuto frazionabile il relativo trattamento in caso di fallimento.
          Anche scegliendo questa strada- prededuzione solo per la quota del TFR maturata dopo l'apertura della procedura - non vediamo i problemi procedurali da lei rappresentati perché il credito va comunque insinuato al passivo nel suo intero, salvo a fare la citata differenziazione (anche i crediti prededucibili vanno insinuati, quanto vi è un contrasto sull'importo o sulla collocazione giusto il disposto dell'art. 111bis) e l'INPS anticiperà la quota ammessa in privilegio, e non quella in prededuzione, essendo quest'ultima già tutelata appunto con il riconoscimento della prededuzione.
          Zucchetti SG Srl