Forum PROCEDURE EX LEGGE FALL. - CONCORDATO

Mancata capienza immobili ipotecati

  • Cristina Odorizzi

    Cles (TN)
    08/09/2011 20:08

    Mancata capienza immobili ipotecati

    Si pone il caso di una domanda di concordato preventivo ex articolo 160, L:F. che prevede nell'ambito del ricorso presentato l'integrale soddisfacimento dei creditori ipotecari (ed in generale di tutti i privilegiati), ivi compresi i creditori aventi ipoteca giudiziale a prescindere dall'epoca di annotazione.



    La perizia svolta dall'estimatore nominato ex art. 172, l.F. ha evidenziato un valore degli immobili non tale da soddisfare i creditori ipotecari con conseguente irrealizzabilità della proposta di concordato come formulata. In questo caso quindi stante l'impostazione della domanda di concordato e l'assenza della relazione giurata ex art. 160,co. 2, L.F. non è possibile degradare a chirografi gli ipotecari insoddisfatti, né di ammetterli al voto, salvo loro rinuncia al titolo di prelazione ex art. 177, L.F. Di conseguenza il commissario giudiziale come deve considerare nella propria relazione ex art. 172 gli ipotecari non soddisfatti per incapienza, stante comunque l'obbligo di soddisfare integralmente gli stessi ? Non pare infatti possibile considerata l'impostazione della domanda di concordato, degradare gli stessi a chirografi né ammetterli al voto.

    Grazie della risposta.

    Cristina Odorizzi Trento

    • Zucchetti Software Giuridico srl

      Vicenza
      09/09/2011 16:23

      RE: Mancata capienza immobili ipotecati

      Il punto di partenza è che nel concordato non vige il principio secondo cui i creditori con prelazione speciale (ipoteca, pegno e privilegio speciale) vanno soddisfatti nei limiti del ricavato dei beni oggetto della prelazione. Il concordato è fondato su un accordo tra i creditori, per cui deve esesre corrisposto agli stessi quanto promesso e accettato.
      Con il decreto correttivo del 2007 è stata prevista la possibilità di soddisfare anche questa categoria di creditori parzialmente nei limiti del valore dei beni gravati, ma, come giustamente lei ricorda, allo scopo è necessaria, a norma del secondo comma dell'art. 160, che alla proposta sia allegata una relazione giurata di un professionista. Il debitore che non abbia fatto ricorso a questa possibilità ed abbia proposto di pagare gli ipotecari per intero, deve mantenere questa offerta, con la conseguenza che se non è allo scopo sufficienti il ricavato degli immobili ipotecati, il resto sarà preso dal residuo attivo anche mobilare, in danno dei creditori di grado successivo, e, in ultima analisi, dei creditori chirografari, prevedendo la proposta il pagamento per intero anche di tutti i privilegiati.
      Ovviamente il commissario deve dare atto di tanto nella relazione sia per esprimere un giudizio sulla fattibilità sia per mettere in condizione i creditori chirografari che votano di capire che la percentuale loro prospettata non potrà essere mantenuta.
      Zucchetti Sg

      • Andrea Peruffo

        Vicenza
        09/01/2014 20:37

        RE: RE: Mancata capienza immobili ipotecati

        Poiché non sono riuscito a trovare giurisprudenza in merito, ripresento un vecchio quesito già proposto da un collega nel 2010.

        Una proposta di concordato preventivo prevede il soddisfacimento dei creditori ipotecari nel limite del valore del bene oggetto del privilegio ipotecario, come identificato nella relazione giurata redatta ai sensi dell'art. 160, co. 2, l.fall., al netto delle spese di gestione e di quelle generali della procedura pro quota.
        Il perito stimatore nominato ai sensi dell'art. 170, co. 2, l. fall. ha attribuito al bene un valore di stima notevolmente inferiore a quello indicato nella proposta.
        Poiché l'articolo 160 prevede che i crediti muniti di diritto di prelazione di cui la proposta di concordato prevede la soddisfazione non integrale sono equiparati ai chirografari per la parte residua del credito, si chiede se, per la quota di cui non si prevede la soddisfazione in privilegio, tali crediti debbano essere ammessi alla votazione.
        In caso affermativo il conteggio del credito da ammettere va fatto con riferimento al valore indicato nella relazione giurata ex art. 160, co. 2, l.fall, o a quello attribuito dal perito nominato dal Giudice Delegato?
        E qualora l'effettivo realizzo fosse poi superiore, come verrebbe soddisfatto il credito per il quale il creditore ipotecario avesse eventualmente espresso il voto?
        • Zucchetti Software Giuridico srl

          Vicenza
          10/01/2014 19:52

          RE: RE: RE: Mancata capienza immobili ipotecati

          La sua domanda tocca alcuni degli aspetti più oscuri del nuovo concordato, sui quali non è agevole dare una risposta sicura per mancanza di precedenti.
          Per la verità siamo abbastanza certi che la perizia di stima effettuata in corso di procedura a norma dell'art. 172, co., 2 non abbia influenza sulla proposta; nel senso che prevale quest'ultima, che trova fondamento nella relazione di cui al secondo comma dell'art. 160, per cui la parte residua di credito incapiente sui beni gravati va determinata in base alla relazione presentata dal debitore. Le stime fatte dal perito della procedura, come tutte le altre considerazioni del commissario non possono modificare la proposta, ma costituiscono forme di chiarimento per i creditori i quali possono orientarsi nel voto alla luce di dette considerazioni e stime.
          Molto più incerta è, invece, la soluzione dell'ultimo suo quesito che, generalizzando, può riassumersi nel seguente: la soddisfazione dei creditori ipotecari è determinata dalla quota originariamente indicata dal debitore in base alla relazione di cui al secondo comma dell'art. 160, o è legata al ricavo dei beni gravati, per cui essi si avvantaggiano di una vendita a prezzo superiore e risentono di una vendita a prezzo inferiore a quello preventivato?
          Non siamo in grado di dare una risposta. Tendenzialmente, allo stato attuale, propenderemmo per la seconda soluzione perché ci sembra che il debitore proponendo il pagamento di una quota del debito non garantisca il pagamento di quella percentuale, ma questa sia solo indicativa del più probabile ricavo del bene, determinato secondo le modalità stabilite dalla legge. E' un criterio che risponde al mantenimento della relazione tra credito e garanzia specifica, che è tipica del fallimento, ove, il problema non sorge in quanto si procede al riparto dopo la liquidazione dei beni e la imputazione delle spese al ricavato, per cui si conosce, all'atto del riparto, la quota massima entro cui il creditore ipotecario può essere soddisfatto in via preferenziale; in sede concordataria questa operazione va anticipata al momento della presentazione della domanda perché in quel momento il debitore deve fare una proposta ai creditori, per cui si ricorre alla stima di cui al secondo comma dell'art. 160, che , in questa ottica, assume lo scopo di consentire al debitore di fare una offerta, ma non di garantire il pagamento dell'importo indicato. Questa soluzione non urta, inoltre, con il fatto che nel frattempo il creditore ha votato per una parte del credito (per quella incapiente passata al chirografo), perché nei concordati liquidatori non vi è corrispondenza tra credito ammesso al voto e credito effettivamente soddisfatto; si pensi ai chirografari i quali, non solo votano per l'intero nonostante sia previsto il pagamento di una percentuale, ma quel voto rimane valido anche se non si raggiunge la percentuale indicata nella proposta.
          Zucchetti Sg Srl
          • Camilla Zanichelli

            Parma
            03/04/2015 14:24

            RE: RE: RE: RE: Mancata capienza immobili ipotecati

            Buongiorno,
            mi collego alla presente discussione per porre un nuovo quesito.
            In caso di concordato preventivo liquidatorio (cessio bonorum) nel quale è presente un immobile il quale è stato oggetto di perizia di valutazione la quale riporta due valutazioni ovvero valore di mercato e valore in caso di vendita fallimentare (più baso del valore di mercato), posto che entrambe le valorizzazioni comportano un declassamento del creditore ipotecario, si chiede se è possibile assumere all'attivo concordatario il valore di mercato (valore più alto, dato che il presupposto del concordato è quello di evitare la procedura fallimentare e quindi pare corretto assumere il valore di mercato) e utilizzare come base per il declassamento il valore di vendita fallimentare (dato che varie interpretazioni fornite anche dal consiglio nazionale dei dottori commercialisti affermano che la base di valutazione ex.160 2° comma l.f. deve essere il valore in caso di liquidazione fallimentare).

            Grazie.
            • Zucchetti Software Giuridico srl

              Vicenza
              03/04/2015 19:58

              RE: RE: RE: RE: RE: Mancata capienza immobili ipotecati

              Il problema nasce dalla contorta formulazione del secondo comma dell'art. 160 che, da un lato stabilisce che la valutazione va commisurata "sul ricavato in caso di liquidazione" e, dall'altro, che bisogna avere riguardo "al valore di mercato attribuibile ai beni o diritti", che sono criteri in contraddizione tra loro, atteso che, in fatto, non esiste un "mercato delle liquidazioni". Semplicisticamente si potrebbe dire che poiché la norma richiede di stabilire il valore di mercato, lo stimatore deve individuare questo, ma questo dato, ammesso che ad esso sia possibile pervenire, sarebbe poco significativo in considerazione dell'ambito procedurale in cui si realizza e dello scopo cui tende la stima in questione, che è quello di
              offrire ai creditori prelatizi falcidiati un riparto non inferiore a quello che riceverebbero nel fallimento senza il concordato; bisogna quindi stabilire indirettamente la misura minima della percentuale di soddisfazione dei creditori prelatizi offerta con il concordato rispetto a quella che, gli stessi creditori prelatizi riceverebbero in mancanza di concordato, nel presumibile fallimento. Sicchè per dirla con le parole del Consiglio nazionale dell'Ordine dei commercialisti, che lei giustamente richiama, "il riferimento del legislatore al valore di mercato non vuole e non può riferirsi ad una valorizzazione che tenga conto del prezzo comunemente individuato da un indeterminato numero di liberi acquirenti e venditori quanto, piuttosto, semplicemente e coerentemente con la disciplina concorsuale, al valore di realizzo dei beni e dei diritti oggetto di prelazione".
              E questo, a nostro avviso, dovrebbe essere l'unico valore rilevante anche ai fini della determinazione dell'attivo concordatario.
              Zucchetti SG srl