Forum PROCEDURE EX LEGGE FALL. - VARIE

Dichiarazione dei redditi e iva periodo ante fallimento

  • Gianluca Rosina

    PARMA
    13/09/2011 10:25

    Dichiarazione dei redditi e iva periodo ante fallimento

    In caso di mancanza totale delle scritture contabili ma in presenza di verbali della Guardia di Finanza che hanno riscontrato evasioni di iva e imposte, sulla base di fatture non registrate e presumibilmente emesse per operazioni inesistenti, come mi devo comportare per la compilazione delle dichiarazioni redditi e iva? Devo presentare le dichiarazioni in bianco, mancando la contabilità o mi devo basare sulle risultanze della GdF?
    • Stefano Andreani - Firenze
      Luca Corvi - Como

      25/09/2011 22:27

      RE: Dichiarazione dei redditi e iva periodo ante fallimento

      Il quesito riguarda le tre (ovvero quattro) dichiarazioni che il Curatore deve presentare relativamente ai periodi ante fallimento:
      a) la dichiarazione dei redditi per il periodo fra l'inizio dell'esercizio e il fallimento
      b) la dichiarazione IVA per l'anno antecedente quello del fallimento, nel caso esso avvenga prima del 30 settembre e la relativa dichiarazione non sia stata presentata dal fallito
      c/1) la dichiarazione ex art. 74-bis, relativa alle operazioni fra l'inizio dell'anno e la data dal fallimento
      c/2) la dichiarazione IVA per l'anno nel quale è stato dichiarato il fallimento (il problema si pone per l'intercalare relativo al periodo ante fallimento, e quindi sostanzialmente i medesimi dati di cui alla dichiarazione 74-bis).


      Ai fini dell'IVA, in dichiarazione (v. istruzioni alla dichiarazione IVA 2011, pag. 32, ultimo periodo) debbono essere indicati "gli importi delle operazioni imponibili, distinti per aliquota d'imposta, per le quali si sia verificata l'esigibilità dell'imposta nell'anno 2010 annotate o da annotare nel registro delle fatture emesse".
      Analoga esplicita disposizione non è contenuta nelle istruzioni alla compilazione del modello 74-bis (molto più sintetiche) ma riteniamo che si tratti di un principio di portata generale e quindi valido anche per tale particolare dichiarazione.
      Da ciò desumiamo quindi che in assenza di contabilità, qualora il Curatore sia a conoscenza di fatture emesse (p.es., come nel caso in esame, perchè ciò risulti da un verbale della G.d.F.) e che quindi avrebbero dovuto essere annotate nel relativo registro, il loro importo debba essere inserito nella dichiarazione IVA relativa al periodo nel quale è avvenuta tale emissione.
      Il fatto che si possa trattare di fatture per operazioni inesistenti non modifica tale affermazione, atteso che a norma dell'art. 21, comma 7, del D.P.R. 633/72, "Se viene emessa fattura per operazioni inesistenti, ovvero se nella fattura i corrispettivi delle operazioni o le imposte relativi sono indicate in misura superiore a quella reale, l'imposta e' dovuta per l'intero ammontare indicato o corrispondente alle indicazioni della fattura".

      Delicata è la questione relativa alle eventuali fatture di acquisto che risultassero dal medesimo verbale (o comunque della quali il Curatore fosse a conoscenza), perchè:
      - a norma dell'art. 25, I comma, del D.P.R. 633/72, le fatture di acquisto debbono essere registrate "anteriormente alla liquidazione periodica, ovvero alla dichiarazione annuale, nella quale è esercitato il diritto alla detrazione"; ciò non è avvenuto nel periodo ante fallimento e quindi non possono essere considerate nelle dichiarazioni relative a periodi ante falimento;
      - a norma dell'art. 19, I comma, del medesimo D.P.R. 633/72, il diritto alla detrazione "sorge nel momento in cui l'imposta diviene esigibile e può essere esercitato, al più tardi, con la dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui il diritto alla detrazione è sorto".
      Di conseguenza, le fatture di acquisto possono essere registrate fino a tale ampio termine, e se nel frattempo è intervenuto il fallimento:
      - la relativa IVA diviene IVA a credito endoconsorsuale
      - tali fatture non rilevano ai fini della dichiarazione ex art. 74-bis.

      Da tutto quanto qui sopra esposto deriva che:
      - le dichiarazioni di cui alle lettere "b" e "c/1", nonchè la dichiarazione sub "c/2" limitatamente al periodo ante fallimento, esporranno la sola IVA a debito risultante dalle fatture emesse (anche per operazioni inesistenti) ante fallimento
      - le fatture di acquisto che non sono state registrate anteriormente al fallimento e per le quali non è decorso il termine di cui all'art. 19, I comma, D.P.R. 633/72 potranno esere registrate dal Curatore e genereranno IVA a credito endoconcosruale; ci pare che la lettera della norma non consenta una procedura diversa.
      Sempre relativamente alle fatture di acquisto, qualora vi sia il sospetto che anch'esse siano state emesse per operazioni inesistenti o comunque che la relativa IVA non sia stata regolarmente versata, si raccomanda una attenta valutazione, stanti le recenti pronunce giurisprudenziali in merito (cfr p.es. Cass. Trib. 19/5/2011 n. 19330, depositata il 22/9/2011).


      Ancora più delicata è la questione della dichiarazione ai fini delle imposte dirette, in assenza di una norma specifica quale il citato art. 21, comma 7, del D.P.R. 633/72 e nell'impossibilità a nostro avviso (anche se parte della dotttrina la dà invece per pacifica) di una automatica interpretazione estensiva di tale articolo anche al di fuori dell'IVA.
      Il minore rigore formale della metodologia di determinazione del reddito imponibile, rispetto a quella per la determinazione dell'IVA da versare, rende infatti necessario ricercare, in un certo senso, "più la sostanza che la forma"; le risultanze del verbale della G.d.F. dovranno quindi, a nostro avviso, essere tenute in considerazione in sede di redazione della dichiarazione dei redditi relativa al periodo fino alla data del fallimento, come peraltro tutti gli altri elementi dei quali il Curatore sia venuto a conoscenza, p.es. in sede di inventario, ovvero di esame delle istanze di ammissione al passivo.

      Estrema attenzione deve poi essere posta nel caso in cui costi e/o ricavi derivino da fatture emesse o ricevute per operazioni soggettivamente od oggettivamente inesistenti, come pare essere nel caso in esame.
      Le numerose sentenze di legittimità che hanno nel tempo affrontato la questione della determinazione del reddito di soggetti emittenti fatture inesistenti hanno infatti stabilito principi generali ma non paiono aver fugato tutti i dubbi.
      Non potendo certo affrontare in questa risposta un argomento così complesso ci limitiamo a segnalare che il punto di partenza è l'art. 14, comma 4, della Legge 24/12/93 n. 537, in forza del quale sono asoggettati a tassazione anche i proventi da attività illecita (quale appunto è l'emissione di fatture per operazioni inesistenti), da cui pacificamente deriva che anche il reddito derivante dall'attività di emissione di fatture inesistenti è reddito imponibile.
      Il problema è individuare (e quindi, nel caso in esame, dichiarare) tale reddito, atteso che, trattandosi appunto di operazioni inesistenti, il reddito effettivo dell'emittente non è quello che deriva dalla contrapposizione di tali fatture di acquisto e vendita, ma "frutto di tali accordi, naturalmente, è un corrispettivo, 'controprestazione' per il conseguimento dell'illecito vantaggio fiscale (ottenuto dall'utilizzatore delle fatture false). Ed è tale corrispettivo che l'Agenzia (sotto forma di provento illecito) ha legittimamente il diritto di sottoporre a tassazione" (Palumbo, in FiscoOggi 2/11/2010).
      Il principio è chiaro e condivisibile, ma l'applicazione pratica dello stesso non è certamente facile nè evidentemente, per il caso in esame, può essere effettuata in questa sede.