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Forum PROCEDURE EX LEGGE FALL. - VARIE
Smaltimento rifiuti speciali
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Laura Zagarella
Perugia05/05/2022 18:29Smaltimento rifiuti speciali
Buonasera, ho un quesito relativo allo SMALTIMENTO RIFIUTI SPECIALI prodotti da una società ante fallimento; ho letto un Forum a riguardo ma il caso di specie è differente. Nel fallimento di cui sono Curatore, al di fuori di un capannone (già sede della società fallita, ma NON DI PROPRIETA' della medesima) vi sono rifiuti - scarti della lavorazione di metallo, oltre ad altri di materiale vario - prodotti dalla società in bonis e - ovviamente - "abbandonati" a loro stessi. Ho contattato tre società specializzate in smaltimento rifiuti speciali al fine di ottenere dei preventivi; inutile dire che i costi di smaltimento prospettati siano elevatissimi, ma allo stesso tempo non quantificabili e non prevedibili, in considerazione, ad esempio, delle analisi che dovranno essere effettuate sui liquidi di diversa natura e del peso non stimabile dei vari rifiuti (le società hanno infatti sostanzialmente proposto dei preventivi a "peso"). Ad oggi la procedura ha incassato modeste somme rivenienti dalla liquidazione di beni mobili di sua proprietà e probabilmente questo sarà l'unico attivo di cui disporrà. La procedura è obbligatoriamente tenuta a smaltire detti rifiuti, prodotti ante fallimento, posto che parte dell'attivo realizzato dovrebbe essere impiegato a tal fine, A DANNO DEI CREDITORI? C'è un'alternativa per il Curatore? Qualora l'Ente comunale si occupasse dell'incombente (come ho letto nell'altro Forum), con quale privilegio potrebbe insinuarsi nella procedura? Vorrei trovare la soluzione più vantaggiosa per il fallimento, ma allo stesso tempo comprendo la particolarità della problematica, anche dal punto di vista etico. Grazie in anticipo per il Vs. contributo. -
Zucchetti Software Giuridico srl
Vicenza06/05/2022 20:17RE: Smaltimento rifiuti speciali
La sentenza del Consiglio di Stato in adunanza plenaria n. 3 del 26.01.2021 ha definitivamente chiarito che ricade sulla curatela fallimentare l'onere di ripristino e di smaltimento dei rifiuti di cui all'art. 192 d.lgs. n. 152-2006 e i relativi costi gravano sulla massa fallimentare; ciò in quanto il curatore attraverso l'inventariazione dei beni dell'impresa, acquista la detenzione dell'immobile su cui si trovano i rifiuti nocivi e quindi diventa legittimato passivo dell'ordine di rimozione.
Posto che, come lei dice, il valore dell'immobile e il suo possibile ricavo sono. inferiori alla spesa dello smaltimento, potrebbe pensare alla derelizione dello stesso attraverso la procedura di cui all'ottavo comma dell'art. 104ter l. fall.. Eticamente non è una soluzione apprezzabile perché scarica il problema sul fallito, che non potrà mai procedere alla bonifica e quindi alla fine il tutto si riversa sulla collettività, ma giuridicamente è possibile e lei deve pensare alla convenienza per i creditori.
La sentenza citata del Cons. di Stato stranamente non prende in considerazione tale possibilità, nel mentre raffigura l'ipotesi dei beni sopravvenuti, per i quali l'art. 42 co. 3, l. fall. prevede che il curatore possa rinunciare ad acquisirli "qualora i costi da sostenere per il loro acquisto e la loro conservazione risultino superiori al presumibile valore di realizzo dei beni stessi". E su questo punto, il Cons. di Stato ha precisato che "l'evenienza prevista da tale art. 42, comma 3, costituisce una mera eventualità di fatto, riguardante la gestione della procedura fallimentare e il ventaglio di scelte accordate dal legislatore al curatore e non incide sul rapporto amministrativo e sui principi in materia di bonifica come sopra rappresentati", il che significa che una cosa è la scelta lasciata al curatore di acquisire i beni sopravvenuti in base alle valutazioni previste dalla norma fallimentare, ma una volta acquisiti i beni, il curatore resta soggetto agli obblighi in materia di bonifica; discorso che evidentemente può essere pari pari esteso alla previsione dell'abbandono dei beni non convenienti.
In sostanza, sotto il profilo giuridico, la sentenza del Cons. di Stato non preclude il ricorso alla procedura di abbandono perché la curatela è tenuta sì agli obblighi di smaltimento rifiuti, ma in quanto custode e detentore dei beni da smaltire e dei beni su cui essi gravano; con la derelictio la curatela si priva proprio della custodia e detenzione dei beni, restituendoli al fallito.
Rimane il dato, messo anche questo in evidenza dal Consiglio che, in tal modo, i costi della bonifica finiscono per ricadere sulla collettività incolpevole, "in antitesi non solo con il principio comunitario chi inquina paga, ma anche in contrasto con la realtà economica sottesa alla relazione che intercorre tra il patrimonio dell'imprenditore e la massa fallimentare di cui il curatore ha la responsabilità che, sotto il profilo economico, si pone in continuità con detto patrimonio". Tuttavia questa considerazione, in casi come quello in esame in cui il fallimento non dispone di fondi per provvedere alla bonifica e il costo della stessa è superiore al possibile realizzo del bene bonificato, perde consistenza, perché, se il curatore non dismette il bene, in mancanza di risorse, il Consiglio prospetta il necessario intervento del Comune, nell'esercizio delle funzioni inerenti all'eliminazione del pericolo ambientale, salvo poi ad insinuare in prededuzione le spese sostenute per gli interventi nel fallimento, che non consentirà il rimborso dato il valore del bene.
Zucchetti SG srl-
Laura Zagarella
Perugia09/05/2022 11:16Smaltimento rifiuti speciali
Vi ringrazio per il prezioso apporto. Pur tuttavia NON essendo il fallimento PROPRIETARIO del fabbricato e del terreno su cui insistono i beni da smaltire e pertanto non beneficiando del ricavato della vendita dei beni immobili, mi chiedo se sia ancora più "iniquo" per la procedura sopportare, a livello economico con fondi limitati, le conseguenze della gestione della società in bonis (rifiuti speciali non smaltiti ante fallimento), e se risulti comunque valida anche nel caso di specie la prospettata procedura di derelictio. Grazie.
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Zucchetti Software Giuridico srl
Vicenza11/05/2022 13:20RE: Smaltimento rifiuti speciali
Il Consiglio di Stato nella sentenza citata ha fissato principio di diritto secondo cui "ricade sulla curatela fallimentare l'onere di ripristino e di smaltimento dei rifiuti di cui all'art. 192 d.lgs. n. 152/2006 e i relativi costi gravano sulla massa fallimentare" e dalla categoricità di tale statuizione sembrerebbe che essa imponga, sempre e comunque, al curatore, per il fatto in sé di essere tale, di ripristinare i luoghi e di smaltire qualunque tipologia di rifiuto, facendo gravare i relativi costi sulla massa.
Questo perché, secondo il Cons. di Stato in capo al curatore sussiste un l'obbligo di gestione dei rifiuti che non deriva né da un fenomeno successorio, ne dà un "acquisto" a titolo originario, susseguente ad una condotta propria del curatore, ma dalla stessa facoltà di gestione e di disposizione del patrimonio del fallito che la legge fallimentare attribuisce al curatore, alla quale si accompagna la correlativa perdita di tale facoltà da parte del fallito. In sostanza, sempre secondo il Cons. Stato, l'obbligo in questione già esisteva in capo al fallito prima della dichiarazione di fallimento e tale obbligo passa al curatore, di modo che è la facoltà di gestione di tale patrimonio che comporta in automatico che il curatore, in quanto gestore di quel patrimonio, debba eseguire l'obbligo di gestione dei rifiuti con quel patrimonio.
Tutto cio, che si condivida o meno, è abbastanza lineare nel caso il bene inquinato o su cui esistono i rifiuti sia stato acquisito all'attivo, nel mentre diventa più sfumato nel caso il curatore non abbia acquisito tali beni perché non di proprietà del fallito, perché in tal caso l'obbligo di disinquinare potrebbe derivare solo da quel fenomeno successorio che lo stesso Consiglio esclude si verifichi.
Noi ci eravamo fermati a queste considerazioni nella precedente risposta, ma Il dubbio da lei sollevato pertanto è legittimo; tuttavia un altro passo della sentenza sembra far propendere per la tesi della mancanza di tale obbligo per il curatore quando i beni non vengono acquisiti all'attivo, lì dove, si dice che "Ritiene l'Adunanza che la presenza dei rifiuti in un sito industriale e la posizione di detentore degli stessi, acquisita dal curatore dal momento della dichiarazione del fallimento dell'impresa, tramite l'inventario dei beni dell'impresa medesima ex artt. 87 ss. L.fall., comportino la sua legittimazione passiva all'ordine di rimozione. Nella predetta situazione, infatti, la responsabilità alla rimozione è connessa alla qualifica di detentore acquisita dal curatore fallimentare non in riferimento ai rifiuti (che sotto il profilo economico a seconda dei casi talvolta si possono considerare 'beni negativi'), ma in virtù della detenzione del bene immobile inquinato (normalmente un fondo già di proprietà dell'imprenditore) su cui i rifiuti insistono e che, per esigenze di tutela ambientale e di rispetto della normativa nazionale e comunitaria, devono essere smaltiti)".
L'obbligo dello smaltimento deriverebbe, quindi, dalla qualità di detentore dei beni si cui insistono i rifiuti, sicchè il curatore ove non abbia inventariato detti beni, non sarebbe tenuto allo smaltimento; in questo modo, però, rimarrebbe comunque l'obbligo della rimessa in pristino nei confronti del proprietario dell'immobile ove l'inquinamento o i rifiuti siano stati prodotti dall'attività del fallito.
La questione non è semplice, come vede, e sono ancora molti i punti lasciati oscuri dall'intervento dell'Assemblea Plenaria del Consiglio di Stato.
Zucchetti SG srl-
Laura Zagarella
Perugia11/05/2022 16:16Smaltimento rifiuti speciali
La questione è molto complessa e non pacifica, certamente il Vs. contributo è stato come sempre prezioso e illuminante.
Grazie.
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