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Forum PROCEDURE EX LEGGE FALL. - PASSIVO E RIVENDICHE
insinuazione al passivo e giudizio pendente in Cassazione
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Maria Pia Del Vecchio
BENEVENTO20/05/2016 12:18insinuazione al passivo e giudizio pendente in Cassazione
Gentile redazione, vorrei porre alla Vs attenzione il seguente caso.
Un creditore (lavoratore) ha presentato istanza di ammissione al passivo producendo gli atti di un giudizio attualmente pendente in Cassazione.
Più precisamente, il lavoratore è stato, senza soluzione di continuità, alle dipendenze di una ditta individuale e della società attualmente fallita, entrambe esercenti la medesima attività cessata dalla ditta individuale e immediatamente iniziata dalla società nella medesima sede.
Inizialmente il lavoratore proponeva due distinti ricorsi per il riconoscimento delle differenze retributive derivanti dalla mancata contrattualizzazione di entrambe le posizioni lavorative.
Successivamente, il Tribunale di primo grado riuniva i giudizi per connessione oggettiva e soggettiva e accoglieva la domanda, condannando solidalmente la ditta individuale e la società al pagamento della somma richiesta.
La società ancora in bonis, oggi fallita, proponeva appello contro la ditta individuale (che rimaneva contumace)e il lavoratore e corrispondeva banco iudicis la somma di denaro dovuta dalla sola società e non anche quella dovuta dalla ditta individuale.
Avverso la sentenza della Corte d' Appello, che aveva ritenuto non provata la connessione, e quindi la solidarietà, il lavoratore presentava il ricorso che attualmente pende in Cassazione.
Può interrompersi il giudizio pendente in Cassazione?
Sarebbe opportuno ammettere con riserva la domanda, stante l'attuale opposizione alla sentenza di appello o andrebbe esclusa per potenziale estraneità alla massa fallimentare?-
Zucchetti Software Giuridico srl
Vicenza22/05/2016 18:57RE: insinuazione al passivo e giudizio pendente in Cassazione
La sentenza della Corte d'Appello, essendo stata impugnata in Cassazione prima della dichiarazione di fallimento di una parte, fa sì che quella sentenza non è passata in giudicato al momento della dichiarazione di fallimento, per cui la vicenda rientra nella previsione normativa dell'art. 96, co. 2 n. 3.
La peculiarità del caso non è tanto questa, quanto il dato che la sentenza d'appello è favorevole al fallito e negativa per il creditore, per cui si tratta di vedere se la norma cuitata dell'ammissione con riserva del definitivo giudicato, si applica, oltre che al caso tipico della sentenza favorevole al creditore, anche all'ipoptesi di sentenza a questi sfavorevole. In passato, nella vigenza dell'art. 95, co.3,- che è l'antecedente dell'attuale art. 896, co. 2 n. 3- si riteneva che la norma, seppur dettata per l'ipotesi di accoglimento della domanda del creditore, doveva essere interpretata estensivamente, nel senso di includervi anche il caso di sentenza, non ancora passata in giudicato, che avesse rigettato, in tutto o solo in parte, la domanda del creditore (tra le più recenti, Cass. 23.12.2010, n. 26041; Cass. 27.2.2008 n. 5113; Cass. 27.8. 2007 n. 18088; Cass 1.6.2005 n. 11692; Cass. 6.4.1998. n.3528; ecc.) e ciò in considerazione sia della sua ratio, consistente nell'evitare che la sentenza pronunciata prima della dichiarazione di fallimento diventasse irretrattabile per effetto della mancata impugnazione, sia di evidenti ragioni di economia processuale, le quali inducevano ad escludere la necessità che una causa già decisa nella sua sede naturale fosse posta nuovamente in discussione in un giudizio di primo grado, sia, infine, in ragione della illogicità del diverso regime processuale cui il medesimo credito sarebbe altrimenti rimasto assoggettato, rispettivamente, in caso di accoglimento o rigetto della domanda.
Ragioni tutte che ricorrono anche nell'attuale sistema dell'ammissione al passivo con riserva dei crediti accertati con sentenza non ancora passata in giudicato pronunziata prima della dichiarazione di fallimento, con la differenza, rispetto alla diversa ipotesi della sentenza favorevole al creditore, che è questi che ha interesse, per evitare gli effetti preclusivi derivanti dal passaggio in giudicato della sentenza a lui sfavorevole (in tutto o in parte), a proporre impugnazione in via ordinaria nei confronti del curatore del fallimento, che, come è legittimato a proporre l'impugnazione così lo è a subirla; fermo restando che quel creditore per far valere la sua pretesa nel concorso fallimentare deve procedere alla insinuazione al passivo del credito respinto, con le conseguente ammissione con riserva. In tal modo, la sentenza di accertamento del credito eventualmente emessa in riforma di quella di primo grado o, come nel caso, di secondo grado, è destinata a spiegare efficacia nei confronti del fallimento, allo stesso modo di quella di rigetto dell'impugnazione proposta o proseguita dal curatore in caso di accoglimento della domanda in primo grado.
Nel giudizio di cassazione, in considerazione della particolare struttura e della disciplina del procedimento di legittimità, non è applicabile l'istituto dell'interruzione del processo.
Zucchetti Sg srl
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