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Forum PROCEDURE EX LEGGE FALL. - PASSIVO E RIVENDICHE
AMMINISTRAZIONE STRAORDINARIA - Requisiti ex art. 2 D.Lgs. 270/1999
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Fabrizio Donato
Messina13/02/2020 11:01AMMINISTRAZIONE STRAORDINARIA - Requisiti ex art. 2 D.Lgs. 270/1999
Buongiorno,
ho le necessità di approfondire il tema dei requisti x art. 2 D.Lgs. 270/1999 per l'accesso alla procedura di amministrazione straordinaria.
In particolare mi servirebbe che mi venisse indicato il miglior metodo per accertare il requisito dei duecento dipendenti "da almeno un anno" e il periodo di tempo da prendere a riferimento.
Rimango in attesa del Vs. contributo sul tema.
Grazie
Avv. F. Donato
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Zucchetti Software Giuridico srl
Vicenza14/02/2020 20:12RE: AMMINISTRAZIONE STRAORDINARIA - Requisiti ex art. 2 D.Lgs. 270/1999
I commenti all'art. 2 del dlgs n. 270 del 1999 sono innumerevoli; preferiamo riportare integralmente il commento di Lunella Caradonna e Ivana Vassallo all'art. 2 per la parte su cui lei ha focalizzato il suo interesse in quanto ci sembra che abbia il pregio di fornire una esposizione completa delle varie problematiche e delle soluzioni fornite dalla giurisprudenza.
"L'art. 1 della l. n. 95/1979 (la cosiddetta legge «Prodi») parlava di addetti (che dovevano essere di numero non inferiore a trecento) termine che aveva creato non pochi problemi e che aveva portato gli interpreti a ricomprendere nel novero anche gli agenti e i lavoratori autonomi stabilmente collaboranti.
La nuova terminologia va preferita rispetto alla precedente in quanto la dizione «lavoratori subordinati» deve reputarsi dotata di maggiore tecnicismo.
Tra questi vanno ricompresi anche i lavoratori non assunti regolarmente, purché abbiano ottenuto una sentenza che accerti l'esistenza della natura subordinata del rapporto di lavoro.
Dette sentenze debbono essere state già emesse all'atto della domanda di accesso alla procedura di amministrazione straordinaria e ciò all'evidente fine di evitare strumentalizzazioni finalizzate all'accesso della procedura concorsuale.
Anche il socio lavoratore delle società cooperative di produzione e lavoro va qualificato come lavoratore subordinato.
Sul punto va infatti evidenziato l'orientamento interpretativo della giurisprudenza di legittimità, cui sopra si è accennato, secondo il quale «...La controversia fra il socio e la cooperativa di produzione e lavoro, attinente a prestazioni lavorative comprese fra quelle che il patto sociale pone a carico dei soci per il conseguimento dei fini istituzionali, rientra nella competenza del giudice del lavoro, in quanto il rapporto da cui trae origine, pur da qualificare come associativo invece che di lavoro subordinato, è comunque equiparabile - al pari di quelli relativi all'impresa familiare - ai vari rapporti previsti dall'art. 409 c.p.c. in considerazione della progressiva estensione operata dal legislatore di istituti e discipline propri dei lavoratori subordinati (da ultimo ai fini della procedura dell'intervento straordinario di integrazione salariale e di quella di mobilità ex art. 8 d.l. 20 maggio 1993 n. 148, convertito. in l. 19 luglio 1993 n. 236), dovendo alla graduale applicazione al socio cooperatore della tutela sostanziale propria del lavoratore subordinato corrispondere un'analoga estensione della tutela processuale...» (cfr. Cass.S.U., n. 10906/1998).
Il riferimento temporale per il decorso dell'anno (il requisito dimensionale deve esistere da almeno un anno) è il deposito della sentenza che accerta lo stato di insolvenza e non anche l'emissione del decreto di apertura dell'amministrazione straordinaria.
Va, infatti, condiviso l'indirizzo ermeneutico della giurisprudenza di merito che ha così argomentato: «... La legge in esame non prevede esplicitamente quale sia il dies a quo per calcolare a ritroso il termine di almeno un anno e, dall'altro canto, nell'applicazione della legge fallimentare ai fini della verifica dei presupposti della dichiarazione di fallimento si fa sempre riferimento al momento della decisione del Tribunale e non a quello della presentazione dell'istanza; pertanto, può concludersi che il termine di un anno, stabilito dall'art. 2 del d.lgs. n. 270/1999, va conteggiato a partire dalla data della decisione del Tribunale e non dalla data della presentazione del ricorso...» (cfr. Trib. Trapani, 12 settembre 2003).
Nella giurisprudenza di merito il requisito dimensionale è stato oggetto di interpretazioni dirette ad allargare ovvero a restringere l'ambito applicativo della norma.
E così si sono stati considerati nel calcolo del requisito dimensionale i lavoratori di tutte le imprese del gruppo e che fanno capo ad una medesima holding in presenza di direzione unitaria (Tribunale Cuneo, 11 febbraio 2000, in Giur. it. 2000, 773) oppure si sono considerati nel numero i lavoratori distaccati presso altre imprese del gruppo o i lavoratori part time (ma conteggiando le frazioni di orario sino a raggiungere l'orario stabilito per i lavoratori ordinari).
I giudici di merito hanno, inoltre, specificato che «l'impresa priva, da sola, dei requisiti dimensionali di ammissione di cui all'art. 1 lett. a) del d.l. 23 dicembre 2003 n. 347 (conv. con modif. nella l. 18 febbraio 2004 n. 39), in tanto può essere ammessa alla procedura di amministrazione straordinaria disciplinata da tale decreto in quanto la stessa appartenga ad un gruppo di imprese, complessivamente in possesso dei requisiti dimensionali richiesti, costituito da almeno un anno» (Trib. Varese, 27 agosto 2014).
È stato, poi, applicato il principio del computo medio nei casi in cui nel corso dell'anno il numero dei dipendenti era sceso sotto i duecento (Trib. Torre Annunziata, 14 novembre 2001, Fall. 2002, 1099).
Di contro altri giudici di merito hanno considerato nel numero solo i lavoratori della singola società (Trib. Perugia, 1 marzo 2000, Fall. 2000, 575).
La Cassazione ha seguito un criterio diretto a non estendere l'ambito applicativo della norma e ha escluso che fossero computabili i dipendenti dell'azienda data in affitto quando fossero stati trasferiti all'affittuario.
In particolare, la Corte di Cassazione, nella sentenza del 26 febbraio 2000 n. 218, ha evidenziato che «... In tema di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi (in fattispecie anteriore all'entrata in vigore del d.lgs. n. 270/1999), nel momento stesso in cui la norma di cui all'art. 1 della cosiddetta «legge Prodi» (sussistenza del cosiddetto «requisito dimensionale» per beneficiare della conversione della procedura fallimentare in amministrazione straordinaria) condiziona al solo rapporto di gruppo tra imprese l'effetto estensivo della previa ammissione alla procedura madre, resta indiscutibile che i requisiti dimensionali di ammissione devono esistere solo in capo all'impresa ammessa a tale procedura, e non anche a quelle beneficiarie dell'ammissione in estensione. Resta altresì indiscusso che, nell'intento legislativo, l'effetto estensivo del requisito deve ritenersi di tipo unidirezionale, essendo impensabile che quella stessa previsione esplicita di comunicazione degli effetti del requisito ne celi altra, implicita, per la quale, ad integrare il suddetto requisito in capo all'impresa ammessa alla amministrazione straordinaria (o procedura madre), siano computabili anche gli addetti delle imprese del gruppo»).
Inoltre, i giudici di legittimità hanno precisato che «In tema di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi, deve ritenersi reclamabile avanti alla corte di appello il decreto con cui sia ritenuta inammissibile, per difetto dei requisiti indicati dall'art. 2, lettere a) e b), del d.lgs. n. 270/1999, , la domanda di dichiarazione dello stato di insolvenza senza la contestuale dichiarazione di fallimento della stessa impresa, riconoscendo la legittimazione a proporlo a quest'ultima, e precisando, altresì, che il requisito dimensionale indicato nell'art. 2, lettera a), del citato decreto va accertato con riferimento alla singola impresa richiedente e non con riguardo al gruppo del quale essa eventualmente faccia parte, escludendosi, inoltre, dal computo dei dipendenti occupati nell'ultimo anno quelli che lavorano nelle aziende cedute in affitto a terzi» (cfr. Cass. I, n. 6648/2013).
Il criterio dell'accorpamento degli imprenditori tra tutte le società del gruppo, tuttavia, ha trovato un avallo normativo con il decreto l. n. 119 del 2004, che ha modificato la l. n. 347 del 2003 in tema di amministrazione straordinaria delle grandissime imprese, affermando che i 500 dipendenti devono essere intesi come facenti parte di tutte le imprese del gruppo e ciò per consentire alla compagnia aerea Volaweb di potere avere accesso alla procedura concorsuale.
Sempre con riguardo ai criteri di individuazione del numero dei dipendenti, la giurisprudenza di legittimità ha avuto altresì modo di precisare che «... il requisito dimensionale, in riferimento al numero dei lavoratori subordinati, va determinato, ex art. 6 del d.lgs. n. 61 del 2006, nel testo anteriore alla modifica introdotta dall'art. 1 del d.lgs. n. 100 del 2001, computando i lavoratori a tempo parziale nel numero complessivo dei dipendenti in proporzione all'orario svolto riferito alle ore lavorative ordinarie effettuate in azienda con arrotondamento all'unità della frazione di orario superiore alla metà di quello normale e, quindi, calcolando il lavoratore a tempo parziale come una unità, qualora l'orario di lavoro sia superiore alla metà di quello osservato dal lavoratore a tempo pieno, risultando questa interpretazione conforme alla Direttiva 97/81/CE e dovendo altresì ritenersi che l'art. 1 del d.lgs. n. 100 del 2001 - in virtù del quale i lavoratori a tempo parziale sono computati nel complesso del numero dei lavoratori dipendenti in proporzione all'orario svolto e l'arrotondamento del tempo parziale opera per le frazioni di orario eccedenti la somma degli orari individuati a tempo parziale corrispondente a unità intere di orario a tempo pieno - non ha natura interpretativa e, conseguentemente, non è applicabile alle fattispecie perfezionatesi anteriormente alla sua entrata in vigore (cfr. Cass. I, n. 18620/2003)"
Zucchetti SG srl
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