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Forum PROCEDURE EX LEGGE FALL. - PASSIVO E RIVENDICHE
Vendita con riserva di proprietà - art. 73 L.F.
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Fabio Gobbi
Ancona29/01/2011 13:15Vendita con riserva di proprietà - art. 73 L.F.
Sono curatore fallimentare di una società che, prima del fallimento, ha sottoscritto un contratto di acquisto di un macchinario con riserva di proprietà ai sensi della L. n. 1329/65, c.d. Legge Sabatini.
Con provvedimento del Giudice Delegato (non era all'epoca costituito il comitato dei creditori) sono stato autorizzato a sciogliermi dal contratto, a restituire il bene (cosa avvenuta) e a richiedere al venditore le rate di prezzo pagate fino alla data del fallimento.
Con il medesimo provvedimento il Giudice Delegato ha determinato l'equo compenso per l'uso della cosa, come prescritto dall'art. 73, comma 1, L.F.
Oggi il fornitore del macchinario si insinua tardivamente chiedendo di essere ammesso per le rate non pagate dalla società fallita fino alla data di fallimento, che sono state richieste dalla Banca che ha scontato le cambiali al venditore stesso (il quale ha documentato l'avvenuto pagamento). Nessuna istanza è fino ad oggi pervenuta relativamente alle rate maturate successivamente alla dichiarazione di fallimento.
Sono dell'opinione che l'importo di cui all'istanza debba essere escluso in quanto nulla prevede in proposito l'art. 73 L.F., a carico della curatela, oltre alla riconsegna del bene ed al riconoscimento dell'equo compenso.
Chiedo il Vostro parere in merito e se la questione possa in qualche modo essere trattata alla stregua di quanto previsto dall'art. 72 quater per i contratti di locazione finanziaria (anche alla luce della recente sentenza della Cassazione n. 4862 dell'1/3/2010).
Il creditore istante ha altresì contestato la competenza del Giudice Delegato a determinare l'equo compenso (e la sua eventuale reclamabilità ai sensi dell'art. 26 L.F.) che spetterebbe, a suo parere, al Giudice Ordinario.
Infine contesta che il provvedimento del giudice gli è stato notificato dal curatore (integralmente e con raccomandata a.r.) trascorsi i 90 giorni dal deposito nella cancelleria fallimentare, essendogli preclusa in tal modo la possibilità di proporre reclamo ex art. 26 L.F.
Personalmente ritengo che in ogni caso il termine per proporre reclamo ex art. 26 L.F. sia di 10 giorni decorrente dalla notifica del provvedimento (o da quando se ne è comunque avuta notizia), non potendo il venditore avere conoscenza del provvedimento prima che gli fosse stato notificato dal Curatore.
Anche su quest'ultimo aspetto gradirei avere un Vostro parere.
Grazie.
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Zucchetti Software Giuridico srl
Vicenza29/01/2011 17:16RE: Vendita con riserva di proprietà - art. 73 L.F.
Le sue domande sono molto complesse e richiedono risposte elaborate.
Sulla prima questione da lei prospettata, riteniamo che sia applicabile l'art. 73, che regola specificatamente gli effetti del fallimento sul contratto di vendita con riserva di proprietà, e non l'art. 72 quater, che riguarda il contratto di leasing, per il quale ultimo il legislatore ha dettata una innovativa disciplina.
Per il contratto con riservato dominio, in gran parte, invece, il nuovo art. 73 ripropone la disposizione dell'art. 1526 c.c., con la precisazione che, in caso di scioglimento da parte del curatore del fallimento dell'acquirente "il venditore deve restituire le rate di prezzo già riscosse, salvo il diritto all'equo compenso per l'uso della cosa", escludendo, implicitamente, la possibilità che il venditore possa chiedere il risarcimento del danno.
Si tratta di una soluzione logica in quanto lo scioglimento del contratto di vendita con riserva di proprietà comporta la restituzione delle prestazioni già eseguite e, quindi, il venditore ha diritto al recupero della piena disponibilità del bene, di cui ha conservato la proprietà, e l'acquirente ha diritto alla restituzione delle rate corrisposte. L'equilibrio degli interessi delle parti contrattuali che il legislatore ha inteso tutelare con la vendita riservata, si attua, al momento della risoluzione- oltre che con le limitazioni di cui all'art. 1525 c.c.- attribuendo al venditore il diritto all'equo compenso per l'uso della cosa, oltre al risarcimento del danno; risarcimento che, appunto, la nuova normativa fallimentare esclude.
Stante questo meccanismo il venditore non può chiedere il pagamento delle ulteriori rate non pagate perché, se queste fossero state pagate, avrebbe dovuto restituire quanto riscosso. Il mancato pagamento delle ulteriori rate non incide, peraltro, sulla determinazione dell'equo compenso perché questo funziona da correttivo dell'azzeramento delle posizioni dei contraenti rappresentando la contropartita dell'uso e del naturale deterioramento della cosa dipendente dal tempo trascorso.
Né ci sembra che possa influire sulla questione in esame l'eventuale clausola contrattuale che prevedesse il mantenimento in favore del venditore delle somme già incassate (ipotesi regolata dal secondo comma dell'art. 1526 c.c.) perché: (i) è da vedere se la nuova regolamentazione contenuta nell'art. 73 consenta ancora l'applicazione del secondo comma dell'art. 1526 c.c. in caso di fallimento del compratore e non è agevole sostenere la tesi positiva perché la nuova norma- a differenza di quella precedente che non conteneva una esplicita regola per il caso dello scioglimento del contratto da parte del curatore del fallimento del compratore, per cui doveva farsi necessariamente riferimento alla norma codicistica- contiene una autonoma regolamentazione della fattispecie prevedendo, come già detto, soltanto la restituzione e l'equo compenso, come uniche conseguenze dello scioglimento; (ii) il venditore, nel caso, non chiede di trattenere le somme con eventuale riduzione, come disposto dal sec. comma dell'art. 1526 c.c., ma impugna la legittimazione alla determinazione dell'equo compenso e l'entità dello stesso; (iii) in ogni caso, nella specie il venditore non vuole trattenere somme che ha incassato, ma pretende il pagamento di rate che non sono state pagate e che, quindi, sono assorbite dalla valutazione dell'equo compenso.
Sui termini per il reclamo al collegio ex art. 26 la regolamentazione contenuta nella nuova versione di tale norma è talmente dettagliata e univoca che non può lasciare dubbi. I termini per il controinteressato sono due in alternativa tra loro. Ossia, se il provvedimento da impugnare è stato notificato o comunicato (alla notifica è equiparata la comunicazione del provvedimento integrale a mezzo lettera raccomandata del curatore (comma quarto) il termine è di dieci giorni dalla comunicazione o dalla notifica (comma terzo); se il provvedimento non è stato notificato né comunicato, l'impugnazione va proposta nel termine di giorni 90 dal deposito del provvedimento in cancelleria (comma quinto).
Attenzione però che il problema non è finito anche se l'impugnazione sia fuori termine, perché secondo una certa giurisprudenza "nel caso di fallimento, prima dell'integrale pagamento del prezzo, dell'acquirente dei beni con patto di riservato dominio, la determinazione dell'equo compenso, di cui all'art. 1526 c.c., deve essere richiesta dal fallimento al giudice ordinario, non rientrando detta determinazione tra i poteri che l'art. 25 l. fall. attribuisce al giudice delegato; ne consegue che il provvedimento, adottato dal giudice delegato e confermato dal tribunale, con il quale detti organi hanno fissato l'equo compenso, sono giuridicamente inesistenti, perché adottati in materia sottratta al giudice fallimentare" (Cass. 08/10/1993, n. 9974)
Questo orientamento, a nostro parere esce rafforzato dalla nuova disciplina in quanto in altre norme, ad esempio nell'art. 80, il legislatore ha precisato che l'equo indennizzo sia stabilito dal giudice delegato, per cui si può, ancor più che nel passato, sostenere che nell'art. 73, non essendo attribuito al giudice lo stesso potere, questo spetti al giudice ordinario, come in ogni caso di conflitto.
Se prevale questa tesi, pur se inammissibile il reclamo ex art. 26 per tardività, il venditore potrebbe rivolgersi al giudice ordinario per chiedere la fissazione dell'equo compenso stante inesistenza del provvedimento del giudice delegato.
Ovviamente il venditore, a nostro parere, potrebbe chiedere soltanto la rideterminazione dell'equo compenso, ma non certo il pagamento delle rate non pagate.
Zucchetti Sg Srl
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Fabio Gobbi
Ancona30/01/2011 15:26RE: RE: Vendita con riserva di proprietà - art. 73 L.F.
E' corretto quindi ritenere che, se il provvedimento emesso dal Giudice Delegato viene notificato dal curatore al controinteressato quando sono già trascorsi 90 giorni dal deposito in cancelleria del provvedimento stesso (senza che, pertanto, il controinteressato ne abbia nel frattempo avuto notizia), deve comunque ritenersi ammissibile il reclamo avverso il provvedimento entro 10 giorni dalla sua notifica, ai sensi del comma 3 dell'art. 26 L.F., non potendosi pregiudicare una garanzia costituzionalmente tutelata, quiale il diritto alla impugnazione?
Grazie.-
Zucchetti Software Giuridico srl
Vicenza31/01/2011 19:00RE: RE: RE: Vendita con riserva di proprietà - art. 73 L.F.
Per la verità non siamo molto convinti della soluzione da lei prospettata. Secondo noi il decorso del termine dei novanta giorni (così come quello generale di un anno posto dall'art. 327 c.p.c.) dal deposito del provvedimento comporta la decadenza irrimediabile dal diritto all'impugnazione; non a caso il termine (come tutti quelli di impugnazione) è definito espressamente come perentorio e la notifica del provvedimento dopo questo termine decadenziale non può servire a rimettere in termini il controinteressato. Il termine di dieci giorni dalla notifica vale, quindi, se la notifica interviene prima dei novanta giorni,; decorso questo tempo, si legge nel quinto comma dell'art. 26, "indipendentemente dalla previsione del terzo comma" il reclamo non può più proporsi.
Zucchetti SG Srl
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