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Forum PROCEDURE EX LEGGE FALL. - PASSIVO E RIVENDICHE
valenza verbale di conciliazione in sede giudiziale e natura del credito
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Salvatore Carratu'
Cava De' Tirreni (SA)21/03/2022 21:29valenza verbale di conciliazione in sede giudiziale e natura del credito
Il dipendente di una società fallita ha proposto domanda di ammissione allo stato passivo sulla scorta di un verbale di conciliazione giudiziale esecutivo del Tribunale-Sez. Lavoro. Il credito richiesto ha ad oggetto -essenzialmente- le penali pattuite per il mancato pagamento dei ratei alle scadenze previste, in quanto la sorta capitale (rappresentata da retribuzioni) è stata già liquidata dal datore di lavoro (ancorchè al di fuori dei termini dell'accoro), oltre interessi e riv. (sulla sorta capitale suddetta). La Curatela ha escluso il credito insinuato a titolo di penali basandosi sul principio di non vincolatività delle determinazioni raggiunte inter alias rispetto al Fallimento nel verbale di conciliazione (richiamando una sentenza della Suprema Corte -la n. 4564.2014- che però fa riferimento all'esecuzione forzata di obblighi di fare o di non fare, ma nulla chiarisce per le obbligazioni pecuniarie), ammettendo ed in via chirografaria quello per interessi e rivalutazione sulle retribuzioni. Per cui le domande che pongo sono le seguenti: 1) innanzitutto, quale è che valenza ha un verbale di conciliazione giudiziale rispetto al Fallimento (è parificabile ad una sentenza passata in giudicato???); 2) in presenza di un verbale di conciliazione giudiziale, il Giudice delegato è nella facoltà di diminuire l'importo della penale ex art. 1384 c.c., ricorrendone i presupposti???; 3) il credito richiesto a titolo di penali scaturente dall'accordo giudiziale ha natura privilegiata ex art. 2571 bis n. 1 ovvero (come ritengo) chirografaria??? -
Zucchetti Software Giuridico srl
Vicenza22/03/2022 18:48RE: valenza verbale di conciliazione in sede giudiziale e natura del credito
Diamo per scontato che la conciliazione giudiziale di cui parla sia intervenuta prima della dichiarazione di fallimento del datore di lavoro, altrimenti la stessa sarebbe inopponibile alla massa.
Orbene, la conciliazione giudiziale prevista dall'art. 185 cpc in linea generale e dall'art. 420 cpc con riferimento alle cause di lavoro- seppur non sempre assimilabile ad una transazione per mancanza di reciproche concessioni e rinunce- è comunque un negozio di diritto privato in quanto frutto dell'incontro della volontà delle parti (come precisa anche Cass. 26/02/2014, n.4564 da lei richiamata), che si caratterizza per il fatto di intervenire avanti al giudice e con la sua mediazione e di determinare, rispettata la forma prevista dall'art. 88 disp. att. cpc, da un lato, l'effetto processuale di chiusura del procedimento e, dall'altro, la formazione di un titolo esecutivo.
Intervenuto il fallimento del datore di lavoro, il lavoratore non può più far valere il titolo esecutivo per agire in via esecutiva per il divieto di cui all'art. 51 l. fall., ma rimane l'accordo intervenuto- comunque lo si qualifichi- che, fin quando non viene in qualche modo eliminato (e sembra difficile una revocatoria) mantiene il suo valore pattizio che, avendo data certa anteriore al fallimento (visto che è stato redatto un apposito verbale in sede giudiziale) è opponibile alla massa. Trattandosi, infatti di atto stipulato dal fallito, il principio della "non vincolatività delle determinazioni raggiunte inter alias rispetto al Fallimento" non è pertinente, se non nei limiti di cui all'art. 2704 c.c. e, quindi della certezza della data (e non ci pare che la decisione da lei richiamata contraddica questo principio).
Venendo a questo punto alle sue domande specifiche:
1)- quale è che valenza ha un verbale di conciliazione giudiziale rispetto al Fallimento (è parificabile ad una sentenza passata in giudicato?). Ha la valenza di un accordo negoziale che vincola le parti e, quindi anche il fallimento al quale è opponibile essendo fornito di data certa anteriore al fallimento.
2) in presenza di un verbale di conciliazione giudiziale, il Giudice delegato è nella facoltà di diminuire l'importo della penale ex art. 1384 c.c., ricorrendone i presupposti? Il giudice delegato in sede di verifica del passivo, come qualsiasi giudice, può, in forza dell'art. 1384 c.c. procedere alla riduzione per ammontare manifestamente eccessivo della penale.
Non ci è chiaro, tuttavia, il contenuto della vertenza giudiziaria e dell'accordo conciliativo.
Se, infatti con questo sono stati concordati gli effetti di un inadempimento già verificatosi, avremmo qualche perplessità sul concreto esercizio della facoltà riduttiva da parte del giudice. La clausola penale, invero, svolgendo la funzione di risarcimento forfettario di un danno presunto, è intesa a rafforzare il vincolo contrattuale e a stabilire preventivamente la prestazione cui è tenuto uno dei contraenti qualora si renda inadempiente, con l'effetto di limitare a tale prestazione il risarcimento, indipendentemente dalla prova dell'esistenza e dell'entità del pregiudizio effettivamente sofferto (salvo che sia convenuta la risarcibilità del danno ulteriore, nel qual caso la clausola costituisce solo una liquidazione anticipata del danno); se nel caso, a fronte di un inadempimento verificatosi, le parti hanno convenzionalmente stabilito il risarcimento conseguente a tale inadempimento, e non quello presunto fofettizzato nella penale, crediamo che tale accordo non sa modificabile.
Qualora, invece le parti abbiano con il verbale di conciliazione risolto le loro vertenze prevedendo una penale in caso di inadempimento, allora torna applicabile la possibilità di riduzione da parte del giudice ex art. 1384 c.c..
3) il credito richiesto a titolo di penali scaturente dall'accordo giudiziale ha natura privilegiata ex art. 2571 bis n. 1 ovvero (come ritengo) chirografaria? Su questo punto siamo d'accordo con lei. Come si è detto, la penale costituisce una forma di risarcimento danno preventivato e l'art. 2751bis n. 1 c.c., qualifica come privilegiati "le retribuzioni dovute, sotto qualsiasi forma, ai prestatori di lavoro subordinato e tutte le indennità dovute per effetto della cessazione del rapporto di lavoro, nonché il credito del lavoratore per i danni conseguenti alla mancata corresponsione, da parte del datore di lavoro, dei contributi previdenziali ed assicurativi obbligatori ed il credito per il risarcimento del danno subito per effetto di un licenziamento inefficace, nullo o annullabile"; come si vede il risarcimento del danno è considerato dalla norma , ma solo quale forma di ristoro di specifiche inadempienza (mancata corresponsione dei contributi previdenziali ed assicurativi obbligatori; licenziamento inefficace, nullo o annullabile).
Zucchetti Sg srl
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