Forum PROCEDURE EX LEGGE FALL. - PASSIVO E RIVENDICHE

crediti da lavoro, ritenute sociali

  • Francesco Di Trapani

    Fabriano (AN)
    29/05/2010 11:22

    crediti da lavoro, ritenute sociali

    Sulla richiesta di ammissione al passivo di ex dipendenti della societa' fallita, il curatore ha proposto l'ammissione del netto in busta piu' le ritenute fiscali.
    con le osservazioni depositate dal Legale che assiste gli ex dipendenti, viene richiesta anche l'ammissione delle ritenute sociali (INPS e Cassa Edile) per la parte a carico degli ex dipendenti con lo stesso privilegio ex art. 2751/bis n. 1 supportando la richiesta con la produzione delle sentenze della Cassazione, sez. lavoro, n.ri 2347 del 17.08.1982, 13753 del 30.12.1992, 10270 del 16.10.1998, 10437 del 08.08.2000, 9198 dell'11.07.2000, 8800 del 04.04.2008 e 6448 del 17.03.2009 che richiamano l'applicazione della L. 04.04.1952 n. 218 artt. 19 e 23.
    il curatore insiste per l'esclusione delle ritenute sociali agli ex dipendenti in quanto cio' comporterebbe una duplicazione del debito giacche' gli Enti destinatari delle ritenute hanno legittimamente insinuato al passivo lo stesso credito che non puo' essere loro disconosciuto, peraltro con un grado di privilegio inferiore.
    se passasse la tesi degli ex dipendenti si verrebbe a verificare un ingiusto danno a carico della societa' fallita ed un arricchimento senza causa per gli ex dipendenti che si vedrebbero riconosciuti degli importi a cui altrimenti non avrebbero mai avuto diritto dovuto esclusivamente al comportamento omissivo del datore di lavoro.
    ci sono sentenze a favore della tesi del curatore? e comunque, quale e' il Vs. parere?
    ringrazio anticipatamente per la risposta.
    cordialit'
    francesco di trapani
    • Zucchetti Software Giuridico srl

      Vicenza
      29/05/2010 12:41

      RE: crediti da lavoro, ritenute sociali

      A nostro parere il curatore si è comportato correttamente e fa bene a insistere nella sua posizione di ammissione dei dipendenti al netto delle ritenute sociali, proprio in base all'applicazione della L. 04.04.1952 n. 218 artt. 19 e 23.
      Invero l'art. 19, primo comma, prevede che: "Il datore di lavoro è responsabile del pagamento dei contributi anche per la parte a carico del lavoratore; qualunque patto in contrario è nullo".
      Questo è il principio generale valido sempre, poi il secondo comma detta il meccanismo per il recupero da parte del datore di lavoro del contributo anticipato per conto del lavoratore, precisando che "Il contributo a carico del lavoratore è trattenuto dal datore di lavoro sulla retribuzione corrisposta al lavoratore stesso alla scadenza del periodo di paga cui il contributo si riferisce".
      Questa meccanismo opera, però, nell'ipotesi normale e fisiologica del pagamento della contribuzione alla scadenza del periodo di paga, per cui, fermo il principio che il datore di lavoro è responsabile del pagamento dei contributi. Quando si versa, come nella fattispecie, nell'ipotesi patologica dell'omissione del pagamento o dell'adempimento tardivo da parte del datore di lavoro, opera l'art. 23 per il quale il datore di lavoro resta "tenuto al pagamento dei contributi o delle parti di contributi non versate, tanto per la quota a proprio carico che per la quota a carico del lavoratore".
      Probabilmente il legale dei dipendenti ritiene che in questo caso il datore di lavoro possa egualmente ripetere quanto pagato esercitando la rivalsa nei confronti dei lavoratori, ma proprio la giurisprudenza da lei citata porta alla opposta conclusione.
      Ad esempio l'ultimo precedente richiamato (Cass. n. 6448/2009) recita "In tema di contributi previdenziali, il datore di lavoro che non abbia provveduto ai versamenti dovuti nei termini di legge resta obbligato, ai sensi dell'art. 23 l. 4 aprile 1952 n. 218, in via esclusiva per l'adempimento, con esclusione del diritto di rivalsa nei confronti del lavoratore per la quota a carico di quest'ultimo …". Ancor più chiara è Cass. 17 febbraio 2009, n. 3782, per la quale "La norma che consente al datore di lavoro di operare le ritenute contributive sulla retribuzione del lavoratore (art. 19 l. 4 aprile 1952 n. 218) è di stretta interpretazione e, limitando il diritto di ritenuta del datore di lavoro sulla retribuzione soltanto nel caso di tempestivo pagamento della contribuzione relativa al medesimo periodo, non consente detta forma di recupero ove i contributi siano pagati parzialmente o in ritardo, dovendosi ricomprendere in tale ultima ipotesi il caso (ricorrente nella specie) del ritardato pagamento della retribuzione unitamente ai contributi ad essa riferibili". E nello stesso senso è Cass. n. 8800/2008 (richiamata), per la quale "I contributi previdenziali sulla retribuzione arretrata spettante al lavoratore illegittimamente licenziato sono dovuti interamente dal datore di lavoro; deve essere escluso qualsiasi diritto di rivalsa per la quota a carico del dipendente, trovando applicazione l'art. 23, comma 1, della l. n. 218/52, che impone l'intero ammontare dei contributi al datore di lavoro che non ha provveduto al pagamento entro i limiti stabiliti".
      Quella proposta in queste decisioni è, peraltro, l'unica interpretazione che, realizzando una coerente simmetria tra diversità di presupposti e diversità di effetti, rende ragione della distinta individualità delle previsioni normative in relazione all'imputabilità (o antigiuridicità) del comportamento del datore di lavoro, che ne costituisce la ratio giustificatrice. Come, infatti dice la S.C., "la concentrazione in via definitiva del debito contributivo in capo al datore di lavoro appare l'evidente elemento distintivo delle situazioni tipizzate dal legislatore attraverso disposizioni che risulterebbero prive di alcuna concreta utilità normativa ove l'art. 23 si limitasse a confermare quanto già previsto nell'art 19, trascurando che l'art. 19 qualifica il datore di lavoro come "responsabile del pagamento" dei contributi contestualmente regolando il diritto di ritenzione a favore dello stesso, laddove l'art. 23 prevede che il datore di lavoro "è tenuto al pagamento" per l'intero, senza null'altro aggiungere".
      Posto che il datore di lavoro è tenuto al pagamento dei contributi sociali, anche per la parte dovuta dai dipendenti, tant'è che giustamente si è insinuata l'INPS anche per queste voci, e posto che il datore (o il suo fallimento) non può pretendere alcunché dai lavoratori per quanto pagato in ritardo all'INPS (o in sede di fallimento), si giustifica pienamente la posizione del curatore.
      Zucchetti SG Srl
      • Francesco Di Trapani

        Fabriano (AN)
        31/05/2010 10:52

        RE: RE: crediti da lavoro, ritenute sociali

        Come, infatti dice la S.C., "la concentrazione in via definitiva del debito contributivo in capo al datore di lavoro appare l'evidente elemento distintivo delle situazioni tipizzate dal legislatore attraverso disposizioni che risulterebbero prive di alcuna concreta utilità normativa ove l'art. 23 si limitasse a confermare quanto già previsto nell'art 19, trascurando che l'art. 19 qualifica il datore di lavoro come "responsabile del pagamento" dei contributi contestualmente regolando il diritto di ritenzione a favore dello stesso, laddove l'art. 23 prevede che il datore di lavoro "è tenuto al pagamento" per l'intero, senza null'altro aggiungere".
        mi potete comunicare il n. e data della senteza che afferma quanto sopra?
        ringrazio
        francesco di trapani
        • Francesco Di Trapani

          Fabriano (AN)
          31/05/2010 11:03

          RE: RE: RE: crediti da lavoro, ritenute sociali

          chiedo scusa se approfitto ancora della Vs. competenza e cortesia ma il legale di controparte basa la pretesa sul seguente assunto:
          "i crediti insinuati riguardano "retribuzioni" (e non contributi Inps) maturate dai lavoratori prima e non dopo l'apertura della procedura concorsuale, sulle quali non è possibile operare la rivalsa per la quota di contributi a carico del lavoratore a mente dell'art. 23; il credito retributivo ha natura privilegiata."
          cio' ha una logica giuridica?
          ringrazio ancora
          francesco di trapani
          • Zucchetti Software Giuridico srl

            Vicenza
            31/05/2010 18:16

            RE: RE: RE: RE: crediti da lavoro, ritenute sociali

            E' vero che il presunto credito vantato dai lavoratori riguarda retribuzioni, ma il fatto è che costoro, per il meccanismo legislativo già richiamato, non sono legittimati a chiederne il pagamento.
            Si tratta, infatti, della quota di retribuzione che non doveva essere corrisposta ai lavoratori bensì girata all'INPS in quanto il datore di lavoro operava come un sostituto (anche se il termine corretto è adiectus solutionis causae) provvedendo direttamente al pagamento della quota dei dipendenti, detraendola dalla retribuzione.
            Il datore di lavoro ha effettuato la detrazione ma non ha versato i contributi all'INPS e, quindi, a norma dell'art. 23 citato egli è unico responsabile nei confronti di tale ente, che, infatti, si è insinuato al passivo anche per la parte di contributi che competevano al lavoratore. I lavoratori non sono stati danneggiati da tale comportamento perché comunque avrebbero dovuto pagare la quota contributiva a loro carico e, come si è detto nella precedente risposta, il datore di lavoro, unico responsabile verso l'INPS, non ha azione di rivalsa nei confronti dei lavoratori. Questi, quindi, sono privi di un credito retributivo da azionare, ossia sono privi di legittimazione ad agire per quota in questione.
            Zucchetti Sg srl
        • Zucchetti Software Giuridico srl

          Vicenza
          31/05/2010 18:04

          RE: RE: RE: crediti da lavoro, ritenute sociali

          La parte riportata tra virgolette è presa dalla motivazione di una delle sentenze citate nella risposta, se non ricordiamo male da Cass. n. 6448/2009.
          Zucchetti Sg Srl
          • Francesco Di Trapani

            Fabriano (AN)
            31/05/2010 18:34

            RE: RE: RE: RE: crediti da lavoro, ritenute sociali

            Dopo una giornata di ricerche ho trovato solo due sentenze della Corte costituzionale concerneti i crediti di lavoro ed il fallimento, e percisamente la n. 220/02 e la n. 326/83 dalle quali traggo la convinzione che il credito in questione e' ammissibile, addirittura assistito dal privilegio ex art. 2751/bis, solo ed esclusivamente se conseguente il risarcimento di un danno subito dal dipendente.
            L'omesso pagamento dei contributi previdenziali ed assistenziali trattenuti al dipendente non comporta nessun danno per il dipendente stesso giacche' mi risulta che ne l'INPS ne la Casse Edile chieda il pagamento al dipendente ma si limitano ad insinuare il proprio credito al passivo.
            Quindi in assenza di danno dimostrato, nessuna ammissione.
            Gradirei un Vs. parere
            cordialita'
            francesco di trapani
            • Zucchetti Software Giuridico srl

              Vicenza
              01/06/2010 16:00

              RE: RE: RE: RE: RE: crediti da lavoro, ritenute sociali

              Esatto. E' quanto abbiamo detto nelle precedenti risposte.
              Zuccchetti Sg Srl
              • Bruno Sberna

                CITTA' DI CASTELLO (PG)
                13/09/2016 10:05

                RE: RE: RE: RE: RE: RE: crediti da lavoro, ritenute sociali

                BUONGIORNO, VORREI UN VOSTRO COMMENTO SULLA CASSAZIONE NR 12964 DEL 27-05-2010 LA CUI MASSIMA UFFICIALE COSI' DISPONE:

                "In caso di fallimento dell'azienda, il lavoratore, qualora il datore di lavoro non abbia pagato la retribuzione (o vi abbia provveduto in ritardo) ovvero non abbia effettuato i versamenti contributivi o, comunque, abbia operato ritenute non dovute, può chiedere direttamente - in via prudenziale o in caso di inerzia dell'INPS nell'esercizio dell'azione ex artt. 93 e 101 della legge fall. - l'ammissione al passivo, oltre che di quanto a lui spettante a titolo di retribuzione, anche della somma corrispondente alla quota dei contributi previdenziali posti a carico del medesimo, rispondendo tale soluzione al principio dell'integrità della retribuzione, che, altrimenti, resterebbe frustata senza giustificazione causale alcuna, dovendosi escludere che il curatore, ove l'INPS non si sia insinuato al passivo, possa trattenere dette somme mediante accantonamenti in prevenzione, neppure previsti dalla normativa vigente. Ne consegue che, qualora non vi sia stata insinuazione al passivo da parte dell'INPS, il curatore - su cui incombe l'onere di coordinare le richieste avanzate dall'Istituto previdenziale con quelle del lavoratore - non può portare in detrazione le trattenute per contributi previdenziali, ma deve riconoscere al lavoratore la retribuzione lorda, salva la possibilità del successivo esercizio del diritto di rivalsa onde evitare il duplice pagamento del medesimo credito."

                DA QUESTA SENTENZA SEMBRA CHE IN CASO DI INERZIA DELL'INPS/EQUITALIA, LE DOMANDE DI AMMISSIONE PER LE RETRIBUZIONI VADANO ACCOLTE AL LORDO SIA DELLE RITENUTE ERARIALI CHE DEI CONTRIBUTI PREVIDENZIALI A CARICO DEL LAVORATORE. QUINDI GLI EVENTUALI MOTIVI DI ESCLUSIONE DEI CONTRIBUTI PREVIDENZIALI NON SONO DA RIPORTARE TANTO ALL'APPLICAZIONE DELLA L. 04.04.1952 N. 218 ARTT. 19 E 23, MA ALLA INSINUAZIONE O MENO DELL'INPS ALLO STATO PASSIVO DELLA PROCEDURA.
                L'ACCOGLIMENTO DELLA DOMANDA DEI LAVORATORI IN TAL GUISA, DETERMINERA' POI, IN CAPO AL CURATORE/SOSTITUTO D'IMPOSTA, LA NECESSITA' DI TRATTENERE IN SEDE DI RIPARTO I CONTRIBUTI PREVIDENZIALI E DI RIVERSARLI POI ALL'INPS.
                GRAZIE
                • Zucchetti Software Giuridico srl

                  Vicenza
                  13/09/2016 20:15

                  RE: RE: RE: RE: RE: RE: RE: crediti da lavoro, ritenute sociali

                  Dissentiamo profondamente dalla decisione da lei riportata, che peraltro ci sembra essere l'unica in questi termini, in quanto l'ente previdenziale è l'unico soggetto legittimato attivamente alla riscossione dei contributi, non spettando al curatore la qualifica di sostituto per cui non è tenuto ad operare le ritenute contributive nel momento in cui procede alla ripartizione detrattivo fallimentare secondo l'ordine di privilegi. la corte aggira questo argomento sostenendo che il lavoratore, quando chiede che la retribuzione gli venga riconosciuta al lordo delle ritenute previdenziali, non fa valere un autonomo diritto al credito (nemmeno astrattamente configurabile) sulle voci relative ai versamenti contributivi non operati, bensì chiede il riconosciuto del suo diritto all'integrità di retribuzione; ma se è così, il fallimento dovrebbe riconoscere il privilegio di cui all'art. 2751 bis n. 1 c.c. anche sulla quota dei contributi (che entrano nella retribuzione) che va pagata al dipendente, nel mentre se l'insinuazione è fatta dall'Inps /Equitalia i privilegi riconoscibili sono quelli di cui agli art. 2753 e 2754 c.c., che occupano il primo e l'ottavo grado della graduatoria. la differenza con le ritenute fiscali- che la Corte equipara ai contributi previdenziali- è netta, perché perchè il lavoratore che si insinua al lordo delle ritenute fiscali ottiene dalla curatela il netto dovutogli e la ritenuta va versata all'Erario, essendo il curatore sostituo di imposta, nel mentre per i contributi previdenziali, non avendo questo ruolo, deve corrispondere al lavoratore l'intero importo insinuato. E se l'Inps si insinua successivamente all'insinuazione del dipendente o addirittura dopo un riparto il favore di questi?
                  Zucchetti Sg srl
                • Bruno Sberna

                  CITTA' DI CASTELLO (PG)
                  14/09/2016 10:09

                  RE: RE: RE: RE: RE: RE: RE: RE: crediti da lavoro, ritenute sociali

                  Sarebbe stata la mia successiva obiezione!!!
                  Sono comunque concorde con la vostra interpretazione.
                  Grazie