Forum PROCEDURE EX LEGGE FALL. - PASSIVO E RIVENDICHE

ISTANZA DI AMMISSIONE AL PASSIVO DEL CTU

  • UGO MARIA FANTINI

    MORROVALLE (MC)
    07/07/2014 20:01

    ISTANZA DI AMMISSIONE AL PASSIVO DEL CTU

    Buonasera,

    L'ex affittuaria della fallita (contratto di affitto di azienda sciolto su impulso del curatore ai sensi dell'art. 79 L. Fall.) promuove, durante la procedura fallimentare, giudizio civile per Accertamento Tecnico Preventivo finalizzato alla determinazione del valore delle rimanenze di magazzino (sull'errato presupposto che le rimanenze fossero già del fallimento) oggetto di sequestro conservativo eseguito dal fallimento, a seguito di provvedimento del Giudice che concedeva la misura cautelare a favore del richiedente fallimento a causa dell'ingente danno subito per colpe dell'ex affittuaria.
    Pochi giorni fa il CTU, che ha stimato le rimanenze, chiedeva l'ammissione al passivo del compenso liquidato dal Giudice ai sensi dell'art. 93 L. Fall. e con preferenza ai sensi dell'art. 111, comma 2, L. Fall. (asserendo che la prestazione è stata di interesse per il fallimento) o, in subordine, che lo stesso sia ammesso in via privilegiata ai sensi dell'art. 2751 bis c.c..
    Il termine per la presentazione delle istanze tardive è abbondantemente scaduto.
    Il provvedimento di liquidazione è stato depositato il 28.03.2013 (poco più di un mese prima della scadenza di presentazione delle tardive) e pone il compenso a carico dell'ex affittuaria.
    Nell'istanza il CTU sostiene di aver fatto notevoli sforzi per recuperare il credito e che oggi tale recupero "appare improbabile", senza (però) allegare alcun documento probatorio dell'azione esercitata nei confronti del debitore (anch'esso recentemente dichiarato fallito). Pertanto, in virtù dell'invocato principio della solidarietà tra le parti, il CTU oggi chiede il pagamento al fallimento.
    Ritengo che l'istanza non possa essere accolta per almeno le seguenti ragioni:
    1. le rimanenze sono state acquisite all'attivo del fallimento in quanto si trovavano nei locali di proprietà del fallimento e nessuna rivendica è giunta alla procedura fallimentare; il valore ricavato è irrisorio e, comunque, non tiene in alcun conto della stima effettuata in sede di ATP (peraltro il valore realizzato è irrisorio e neanche confrontabile rispetto a quello stimato)
    2. tardività dell'istanza;
    3. il decreto di liquidazione allegato alla PEC dell'istanza, non ha la formula esecutiva;
    4. nessun interesse per la massa dei creditori; semmai l'interesse per la massa si ravvisa nell'attività prestata dal custode nominato dall'Ufficiale Giudiziario in sede di sequestro conservativo dei beni, tanto è vero che il Giudice del sequestro ha liquidato il compenso del custode ponendolo a carico del fallimento;
    5. la parte non ha dimostrato quale sia stata (in concreto) l'attività di recupero nei confronti del debitore; sul punto occorre evidenziare che la sentenza n. 25179 dell'8.11.2013 ha stabilito che l'unico rimedio riconosciuto al consulente tecnico è quello di attivare il decreto di liquidazione quale titolo esecutivo nei confronti della parte ivi indicata. Tale regola è stata armonizzata con il principio dell'obbligazione solidale delle spese di ctu rilevando che le parti in causa sono solidalmente responsabili del pagamento delle competenze del tecnico e, quindi, il consulente tecnico può attivarsi in via ordinaria o monitoria per il recupero del proprio credito soltanto qualora la parte indicata nel decreto di liquidazione sia rimasta inadempiente.
    In sintesi, secondo al citata sentenza (se ho ben interpretato) il CTU deve, a prescindere dalla pendenza del processo (nel caso in esame l'ATP si è concluso in quanto il Giudice ha stabilito la restituzione dei beni agli aventi diritto ed ha liquidato, appunto, il compenso al CTU) e dalle eventuali disposizioni in ordine al riparto delle spese contenute nella sentenza, preliminarmente attivare il decreto di liquidazione in formula esecutiva nei confronti della parte ivi indicata e soltanto sussidiariamente, in caso di inadempienza, attivarsi in via ordinaria nei confronti dell'altra parte.
    Quali condizioni, secondo il Vostro giudizio, se corrette, ricorrono nel caso appena prospettato tra quelle sopra individuate?
    Grazie.
    Ugo Maria Fantini
    • Zucchetti Software Giuridico srl

      Vicenza
      08/07/2014 20:17

      RE: ISTANZA DI AMMISSIONE AL PASSIVO DEL CTU

      Classificazione: PREDEDUZIONI / ALTRO
      Effettivamente la Cassazione, con la sentenza 08/11/2013, n. 25179 ha statuito che "La prestazione del consulente tecnico d'ufficio è effettuata in funzione di un interesse comune delle parti del giudizio, le quali sono solidalmente responsabili del pagamento delle relative competenze anche dopo che la controversia nella quale il consulente ha prestato la sua opera sia stata decisa con sentenza passata in giudicato, indipendentemente dalla ripartizione in essa operata dell'onere delle spese processuali". Peraltro non si tratta di una decisione isolata in quanto la Corte aveva già in precedenza affermato che in ogni caso le parti sono solidalmente tenute al pagamento delle spese di CTU, nonostante ogni diversa disposizione della sentenza - pur se passata in giudicato - che, risolvendo la controversia, abbia posto le spese processuali, ivi incluse quelle di CTU, a carico di una sola parte (cfr. Cass. 8 luglio 1996 n. 6199; Cass. 7 dicembre 2004 n. 22962; Cass. 15 settembre 2008 n. 23586), in quanto la consulenza tecnica d'ufficio è strutturata, essenzialmente, quale ausilio fornito al giudice, piuttosto che quale mezzo di prova in senso proprio e, così, costituisce un atto necessario del processo che l'ausiliare compie nell'interesse generale superiore della giustizia e, correlativamente, nell'interesse comune delle parti. Per prescindere dalla disciplina sul regolamento finale delle spese tra le stesse contenuto nella sentenza, si è detto che "al consulente d'ufficio non e opponibile la pronuncia sulle spese contenuta nella sentenza che abbia definito il giudizio nel quale aveva esercitato la sua funzione, perchè il principio della soccombenza attiene soltanto al rapporto tra le parti e non opera nei confronti dell'ausiliare; le parti di quel giudizio sono obbligate, in solido, nei confronti dell'ausiliare al pagamento del suo compenso; e, per ottenere detto pagamento, l'ausiliare può anche far ricorso al procedimento monitorio ex art. 633 c.p.c. e, addirittura, può adire il giudice civile con una domanda autonoma ed indipendente dal processo in cui ha espletato l'incarico" (in termini, Cass. n. 6199/1996, citando come precedenti Cass. 2 febbraio 1994 n. 1022, Cass. 2 marzo 1973 n. 573 e Cass. 9 febbraio 1963 n. 245).
      Ovviamente, intervenuto il fallimento di uno dei debitori la forma per far valere i propri crediti è quella della domanda di insinuazione al passivo.
      Tanto premesso, rimane il dubbio se la giurisprudenza riportata e dettata per il recupero del compenso del CTU sia applicabile anche al Consulente dell'Accertamento tecnico preventivo, ma crediamo che la risposta debba essere positiva perché anche l'attività di costui, seppur finalizzata a fotografare la situazione nell'interesse di chi la richiede in vista delle future istanze, può considerarsi espletata nell'interesse comune di entrambe le parti del giudizio, giacchè sapere come è la situazione in un determinato momento, prima che avvengano modifiche, è la base per l'espletamento della futura consulenza tecnica. E questa valutazione va fatta in astratto, indipendentemente, cioè, dal fatto che nel singolo caso concreto la prestazione sia stata o non utile alla parte che poi è tenuta solidarmente al pagamento, per cui le argomentazioni da lei esposte sub 1 e 4, crediamo che non possano risultare determinanti.
      Per quanto riguarda la tardività della domanda è difficile dare un giudizio non conoscendo le date precise della esecutività dello stato passivo e della presentazione della domanda, ma va ricordato che il creditore può comunque presentare una domanda supertardiva dimostrando che il ritardo non è dovuto a causa a lui imputabile e, sotto questo profilo, il momento della liquidazione del compenso diventa rilevante.
      Quanto al merito delle attività svolte, fa stato la liquidazione fatta dal giudice della causa nella quale la prestazione dell'ausiliario è stata effettuata, a meno che il Consulenta non chieda qualcosa di ulteriore aquanto già liquidato, che dovrebbe dimostrare di aver eseguito.
      Zucchetti SG srl.