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Forum PROCEDURE EX LEGGE FALL. - PASSIVO E RIVENDICHE
Domanda di insinuazione e factoring
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Achille De Caro
SALERNO26/04/2016 16:41Domanda di insinuazione e factoring
Buonasera,
necessiterei di alcune indicazioni in merito all'esame di una domanda di insinuazione da parte di una società di factoring. Cercherò di riassumere i fatti.
La curatela veniva citata in giudizio da una terza società al fine di accertare l'esatta quantificazione del credito (vantato dalla curatela nei confronti dell'attrice del giudizio) ed al fine di accertare chi fosse il creditore legittimato a ricevere il pagamento di cui al precedente punto precedente ( la società fallita o la società di factoring cui i crediti sono stati ceduti? ). E' proprio questo il nodo della questione: la curatela si è costituita nel giudizio di cui sopra evidenziando una serie di anomalie circa l'esatta quantificazione del credito oggetto del giudizio ed altre problematiche. Il predetto giudizio è in fase preliminare. Nelle more del giudizio perviene domanda di insinuazione da parte della società di factoring che chiede di essere ammessa al passivo, intercorrendo con la fallita un rapporto di factoring con cessione dei crediti pro solvendo, adducendo di avere titolo per la richiesta di ammissione ai sensi degli art. 96 e 55 3° comma L.F.I quesiti sono questi: laddove il contratto di factoring fosse opponibile al fallimento, sarebbe corretto ammettere la richiesta della società di factoring con riserva, ai sensi degli art. 96 e 55 3° comma L.F., all'esito del giudizio pendente? l'eventuale ammissione con riserva escluderebbe la possibilità di agire in revocatoria per veder dichiarato inefficace, laddove ce ne fossero i requisiti, il contratto di factoring?
Grazie-
Zucchetti Software Giuridico srl
Vicenza27/04/2016 19:57RE: Domanda di insinuazione e factoring
La fattispecie è regolata dalla legge n. 52 del 1991. Ai sensi dell'art. 5 di tale legge, qualora il cessionario (società di factoring) abbia pagato in tutto o in parte (al cedente, nel caso fallito) il corrispettivo della cessione ed il pagamento abbia data certa, la cessione è opponibile al fallimento del cedente dichiarato dopo la data del pagamento, salvo quanto disposto dalla stessa legge all'art. 7, comma 1; detta norma dispone che "l'efficacia della cessione verso i terzi prevista dall'art. 5, comma 1, non è opponibile al fallimento del cedente, se il curatore prova che il cessionario conosceva lo stato di insolvenza del cedente quando ha eseguito il pagamento e sempre che il pagamento del cessionario al cedente sia stato eseguito nell'anno anteriore alla sentenza dichiarativa di fallimento e prima della scadenza del credito ceduto".
Questa disciplina si inserisce nell'ambito del disposto dell'art. 67 l.f., per cui, come afferma la Cassazione, "la cessione dei crediti, a norma degli artt. 5 e 7 della legge 21 febbraio 1991, n. 52, è revocabile ai sensi dell'art. 67 legge fall. ove ricorrano i presupposti dell'esecuzione del pagamento nell'anno anteriore al fallimento e prima della scadenza del credito ceduto, nonché della conoscenza dello stato di insolvenza del cedente, della cui dimostrazione è onerato il curatore" (tra le ult. Cass. 23/06/2015, n. 12994; Cass. 05/07/2013, n. 16828).
Se, quindi, ricorrono le condizioni per la revocatoria fallimentare, che interessa, per quanto detto, non già il singolo pagamento, ma l'intero accordo in base al quale i crediti vengono ceduti, divengono prive di effetto le cessioni di credito che ne sono state o ne potranno essere esecuzione; se, invece, non ricorrono le predette condizioni, la cessione dei crediti del fallito è opponibile al fallimento, con la conseguenza che il credito è regolarmente uscito dal patrimonio del creditore cedente poi fallito e il debitore ceduto deve pagare il cessionario. E', infatti, prevalente la giurisprudenza che ritiene che la qualificazione giuridica del "factoring", nel suo momento genetico originario e nello sviluppo attuativo del rapporto che da esso trae origine, ben lungi dal potersi inquadrare in un mandato, si traduce in una pluralità di negozi traslativi della titolarità dei crediti in forza dei quali il "factor" assume la legittimazione ad esigerne e riceverne l'adempimento "iure proprio" e non per conto di altri ed i versamenti da lui effettuati al cedente costituiscono atti di pagamento parziale anticipato del corrispettivo delle cessioni.
Essendo stata la cessione effettuata pro solvendo, il cessionario, ove non venga pagato dal debitore ceduto, può rivolgersi al cedente chiedendo a costui il pagamento del credito ceduto, ma può chiedere solo questo e non anche il rimborso delle somme anticipate, perché quello costituiva il prezzo della cessione che è avvenuta e di cui il factor si serve facendo valere la responsabilità sussidia del cedente insita nella cessione pro solvendo.
Essendo il cedente fallito, il creditore factor può far valere il suo credito soltanto a mezzo della insinuazione al passivo e nel caso ricorre la fattispecie dell'ammissione con riserva di cui al n. 1 del secondo comma dell'art. 96, che consente l'ammissione riservata per i crediti condizionati e quelli indicati nell'ultimo comma dell'art. 55, che fa riferimento, appunto, ai crediti che non possono farsi valere contro il fallito, se non previa escussione di un obbligato principale.
nel caso, quindi, ove non si ritenga di impugnare l'operazione di factoring con revocatoria, il credito della società di factoring può essere ammesso con riserva, non perché il cessionario contesta (anche se non ci è chiaro esattamente cosa9, quanto per la ragione detta; ovviamente l'ammissione al passivo, anche se con riserva, preclude l'esercizio della revocatoria perché con l'ammissione il fallimento riconsoce l'opponibilità e l'efficacia della cessione in factoring.
Zucchetti Sg srl
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