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Quota debitore esecutato

  • Carmela d'Angelo

    AVERSA (CE)
    30/05/2019 19:43

    Quota debitore esecutato

    Buonasera, Vi sottopongo il seguente caso: è stata pignorata la quota di un immobile, occupato in virtù di contratto opponibile. A seguito dell'intervento della Custodia Giudiziaria, l'occupante ha versato l'1/3 del canone in favore della procedura esecutiva immobiliare fino ad una dato periodo. Successivamente non ha più versato alcunchè alla procedura esecutiva nonostante i solleciti inoltrati dal Custode Giudiziario.
    Vi chiedo come deve comportarsi il Custode Giudiziario in questo caso, trattandosi solo di 1/3. Grazie
    • Zucchetti SG

      03/06/2019 07:20

      RE: Quota debitore esecutato

      La risposta all'interrogativo posto richiede lo svolgimento di alcune premesse normative di fondo.
      Ai sensi dell'art. 1103 c.c., ciascun comproprietario della cosa comune può disporre del suo diritto e cedere ad altri il godimento della cosa nei limiti della sua quota.
      Ogni comproprietario, dunque, può concludere negozi giuridici che abbiano ad oggetto la quota di sua appartenenza, purché questi negozi non incidano sull'uso della cosa comune da parte degli altri comproprietari (art. 1102 c.c.).
      L'amministrazione della cosa comune è poi regolata dall'art. 1105 e ss c.c.
      In particolare, a mente dell'art. 1105 c.c. tutti i partecipanti hanno diritto di concorrere nell'amministrazione della cosa in comproprietà, e le decisioni che concernono l'ordinaria amministrazione della stessa vengono prese a maggioranza dei comproprietari, calcolate secondo il valore delle rispettive quote, con deliberazioni che sono valide se tutti i partecipanti sono stati preventivamente informati sull'oggetto della deliberazione.
      L'ultimo comma del citato articolo dispone poi che se le decisioni necessarie all'amministrazione della cosa comune non vengono assunte (oppure non si forma o non è formabile una maggioranza, come ad esempio accade quando due comproprietari sono titolari, ciascuno, del 50% dell'intero) o non vengono eseguite, ogni partecipante può promuovere un ricorso all'autorità giudiziaria che decide in luogo della maggioranza dei comproprietari, e se ritenuto può nominare un amministratore affinchè le decisioni assunte siano concretamente attuate.
      Va ancora considerato l'art. 1106 c.c., a mente del quale la maggioranza dei comproprietari può anche approvare un regolamento che disciplini l'uso della cosa comune e la sua ordinaria amministrazione, delegandola eventualmente ad uno o più comproprietari ovvero ad un terzo estraneo.
      Ciò premesso, quando la quota di comproprietà sia fatto oggetto di pignoramento, il debitore esecutato ne diviene custode ex lege (art. 559 c.p.c.) fino a quando il giudice (normalmente con la pronuncia dell'ordinanza di cui all'art. 569 c.p.c.) non sostituisca nella custodia del cespite il professionista delegato per le operazioni di vendita, oppure l'IVG competente per il circondario.
      La disciplina della locazione dell'immobile pignorato è contenuta nell'art. 560 c.p.c., recentemente riscritto dall'art. 4, comma 2, d.l. 14/12/2018, n. 135, convertito dalla legge 11/2/2019, n. 12, pubblicata sulla Gazz. Uff. n. 36 del 12/2/2019, che per effetto della previsione di cui al successivo comma 4 si applicherà alle procedure esecutive iniziate a partire dal 13 febbraio 2019.
      Per quanto qui interessa, mentre il previgente art. 560 genericamente prevedeva che al custode fosse vietato concedere in locazione l'immobile senza l'autorizzazione del giudice dell'esecuzione, il novellato comma settimo della disposizione in parola dispone che "Al debitore è fatto divieto di dare in locazione l'immobile pignorato se non è autorizzato dal giudice dell'esecuzione".
      I commentatori della disposizione sono tuttavia concordi nel ritenere che, a dispetto del dato letterale, una lettura sistematica della norma imponga di ritenere che la legittimazione del debitore (che potrebbe anche non essere più custode, ove nella custodia fosse stato sostituito da altri con provvedimento del giudice dell'esecuzione) alla stipula dei contratti di locazione vada circoscritta alle sole ipotesi in cui egli, abitando l'immobile unitamente al suo nucleo familiare, non ne abbia perso la disponibilità, secondo quanto prescritto dal terzo comma del novellato art. 560, del quale costituisce quindi un corollario, non potendosi ragionevolmente ammettersi che sia impedito al custode la stipula di contratti di locazione aventi ad oggetto l'immobile non occupato dal debitore e dalla sua famiglia o comunque da essi già liberato.
      Conseguentemente, quando l'immobile non è abitato dal debitore con la sua famiglia, il custode, previa autorizzazione del giudice (cui spetta il potere di governare l'esecuzione in forza dell'art. 484 c.p.c.) potrà stipulare o risolvere contratti di locazione.
      Così ricostruito il quadro normativo di riferimento osserviamo che per assumere le determinazioni del caso il custode dovrà, in primo luogo, prendere visione del contratto di locazione e verificare se esso abbia avuto ad oggetto l'intero o la singola quota.
      Ove il contratto abbia avuto ad oggetto la quota egli, previa autorizzazione del giudice, potrà agire per la riscossione dei canoni e per la intimazione di uno sfratto per morosità.
      Se invece il contratto abbia avuto ad oggetto l'intero dovrà procedersi ad una sua interpretazione e verificare se ciascun comproprietario abbia concesso in locazione la propria quota (cosa che legittimerà il custode ad agire come se la locazione avesse avuto ad oggetto la singola quota) ovvero (cosa più probabile) se il contratto abbia avuto ad oggetto la locazione dell'intero, senza distinzione alcuna.
      In quest'ultimo caso, il comportamento da serbare deve partire dalla considerazione per cui la locazione della cosa comune si qualifica, secondo la giurisprudenza, come atto di ordinaria amministrazione. Si è detto, infatti, che "Con riguardo ad un procedimento di sfratto per finita locazione relativo ad un immobile in comproprietà, ciascun comproprietario - quale titolare del diritto di concorrere alla gestione ordinaria del bene, con il solo limite del rispetto della volontà della maggioranza - è legittimato ad agire in giudizio, nella presunzione del consenso degli altri alla proposizione dell'azione, salva la possibilità per i comproprietari che rappresentino una quota maggioritaria di opporsi all'azione medesima. Nel caso in cui siano i comproprietari rappresentanti una quota maggioritaria ad agire in giudizio, un eventuale loro interesse personale al rilascio dell'immobile (nella specie, ai fini dell'utilizzazione di esso in proprio) non vale a trasformare la domanda giudiziale in un atto eccedente l'ordinaria amministrazione, atteso che il suddetto interesse non "qualifica" l'atto di gestione, inerendo alla successiva utilizzazione del bene, peraltro rimessa alla determinazione anche degli altri comproprietari e comunque non realizzabile senza un corrispondente vantaggio di tutti" (Cass. Sez. III, 5 aprile 1995, n. 4005).
      Ed allora, a nostro avviso, occorrerà procedere nei termini che seguono.
      In primo luogo occorrerà relazionare al giudice chiedendo di essere autorizzato ad agire per la risoluzione del contratto, previa acquisizione del consenso della maggioranza dei comproprietari.
      Ottenuta detta autorizzazione, converrà comunicare formalmente ai comproprietari l'intenzione di agire per la risoluzione del contratto concedendo loro un congruo termine per esplicitare il proprio dissenso, avvertendoli che in difetto il loro silenzio sarà considerato tacito assenso.
      Ove la maggioranza dei condomini dovesse ritenere di non recidere il sinallagma si dovrà chiedere, eventualmente anche per il tramite di un ricorso all'autorità giudiziaria ex art. 1106, comma secondo, c.c. , che si agisca giudizialmente per ottenere la condanna del conduttore al pagamento della quota parte dei canoni non versati, i quali costituiscono frutti civili della cosa pignorata, come tali assoggettati ad esecuzione ex art. 2912 c.c..
      • Carmela d'Angelo

        AVERSA (CE)
        03/06/2019 19:56

        RE: RE: Quota debitore esecutato

        Buonasera, grazie della riposta; qualora il contratto di locazione sia scaduto l'iter da seguire per il recupero dei canoni è sempre lo stesso?
        • Zucchetti SG

          06/06/2019 16:13

          RE: RE: RE: Quota debitore esecutato

          Certamente.
          In termini della questione, sotto il profilo della legittimazione processuale, non cambiano seconda che si agisca per la risoluzione del contratto o per l'adempimento.
          • Carmela d'Angelo

            AVERSA (CE)
            10/06/2019 19:13

            RE: RE: RE: RE: Quota debitore esecutato

            Buonasera, grazie per la Vs risposta; preciso che il recupero forzoso dei canoni in virtù di contratto in essere è possibile ricorrendo al decreto ingiuntivo ex art.633 e ss. c.p.c.; laddove, invece, il recupero forzoso dei canoni è in virtù di contratto scaduto si dovrebbe agire ex art.447 bis e ss.c.p.c. E' giusto tanto? Grazie
            • Zucchetti SG

              12/06/2019 18:17

              RE: RE: RE: RE: RE: Quota debitore esecutato

              Non condividiamo la prospettazione.
              Gli artt. 633 e ss c.p.c. regolano il procedimento di ingiunzione, richiedendo presupposti tra i quali non può essere annoverata la esistenza o meno del contratto costituente fonte dell'obbligazione pecuniaria per la quale si agisce.
              Ergo, anche se il contratto si è risolto, la sussistenza dei presupposti di cui all'art. 633 legittima il deposito di un ricorso per decreto ingiuntivo.
              Se poi il debitore (conduttore) dovesse promuovere opposizione, la stessa seguirà il rito c.d. locatizio, secondo quanto previsto dall'art. 447 bis c.p.c.