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restituzione somme residue agli esecutati

  • Elena Pompeo

    Salerno
    31/07/2024 19:20

    restituzione somme residue agli esecutati

    Una procedura esecutiva è stata estinta ex art. 164 bis cpc. Ho incassato una caparra che è rimasta sul conto corrente e credo vada restituita agli esecutati che sono 3 e sono proprietari del compendio immobiliare per quote diverse (4/6, 1/6 e 1/6). La somma residua deve dividersi pro quota secondo le quote di proprietà o va divisa in parti uguali? grazie
    • Zucchetti SG

      01/08/2024 09:25

      RE: restituzione somme residue agli esecutati

      Per spiegare le ragioni del nostro convincimento riteniamo necessario indagare la ratio della così detta "chiusura anticipata per antieconomicità" della procedura.
      Come noto, l'art. 19, comma 2, lett. b) del d.l. 12 settembre 2014, n. 132, convertito con l. 10 novembre 2014, n. 162 ha introdotto nel codice di rito l'art. 164-bis delle disposizione di attuazione, il quale dispone che "Quando risulta che non è più possibile conseguire un ragionevole soddisfacimento delle pretese dei creditori, anche tenuto conto dei costi necessari per la prosecuzione della procedura, delle probabilità di liquidazione del bene e del presumibile valore di realizzo, è disposta la chiusura anticipata del processo esecutivo" (l'istituto si applica anche alle procedure pendenti alla data di entrata in vigore della norma, in forza del comma 6-bis del medesimo art. 19)
      La norma costituisce la declinazione di una netta presa di posizione rispetto al tema, assai sentito, del limite entro il quale sia "ragionevole" proseguire con le operazioni di vendita allorquando, le possibilità di realizzo si diradano oltremisura, ed una risposta alla posizione della giurisprudenza di legittimità che, registrato un vuoto normativo sul punto, aveva escluso la possibilità che lo stallo della procedura, o l'antieconomicità della stessa, potesse giustificare l'adozione di un provvedimento di chiusura atipica (Cass. civ., sez. III, 19 dicembre 2006, n. 27148).
      Dalla relazione relativa al disegno di legge di conversione del d.l. 132/2014, si legge chiaramente che la norma è stata coniata allo scopo di evitare "che vadano avanti (con probabili pregiudizi erariali anche a seguito di azioni risarcitorie per danno da irragionevole durata del processo) procedimenti di esecuzione forzata pregiudizievoli per il debitore ma manifestamente non idonei a produrre il soddisfacimento degli interessi dei creditori in quanto generatori di costi processuali più elevati del concreto valore di realizzo degli asset patrimoniali pignorati", aggiungendo che l'ordinanza di chiusura anticipata per infruttuosità sarà impugnabile nelle forme dell'opposizione agli atti esecutivi.
      Da tali indicazioni la più avveduta dottrina ha tratto la condivisibile affermazione per cui la norma non è strumento di contemperamento tra il diritto dei creditori alla tutela del credito e l'interesse del debitore a non vedere "svenduto" il bene, bensì mezzo di tutela dell'interesse, proprio dell'amministrazione della giustizia, ad evitare che proseguano sine die procedure esecutive inidonee a consentire il soddisfacimento delle pretese creditorie, con inutile dispendio di risorse.
      La lettera della norma induce a ritenere che la infruttuosità dell'esecuzione si atteggi a causa di estinzione atipica della procedura, con tutte le conseguenze che questo determina (ad esempio in punto di effetti sulla prescrizione e sul regime di impugnazione del provvedimento).
      La cornice applicativa dell'art. 164-bis è stata recentemente tracciata da Cass., sez. III, 10 giugno 2020, n. 11116, la quale ha osservato che "in tema di espropriazione immobiliare, la peculiare ipotesi di chiusura anticipata della procedura ai sensi dell'art. 164 bis disp. att. cod. proc. civ. ricorre e va disposta ove, invano applicati o tentati ovvero motivatamente esclusi tutti gli istituti processuali tesi alla massima possibile fruttuosità della vendita del bene pignorato, risulti, in base ad un giudizio prognostico basato su dati obiettivi anche come raccolti nell'andamento pregresso del processo, che il bene sia in concreto invendibile o che la somma ricavabile nei successivi sviluppi della procedura possa dar luogo ad un soddisfacimento soltanto irrisorio dei crediti azionati ed a maggior ragione se possa consentire soltanto la copertura dei successivi costi di esecuzione".
      La cornice normativa appena ricostruita consente di rispondere alla domanda formulata.
      Va detto che l'art. 164-bis disp. att. c.p.c. non affronta il caso prospettato. Del resto, è ben difficile che una procedura varchi la soglia della infruttuosità pur avendo un attivo.
      Secondo una prima opzione esegetica si potrebbe ritenere di restituire il ricavato al debitore, in applicazione della regola generale di cui al secondo comma dell'art 632 c.p.c., il quale appunto prevede che, nel dichiarare l'estinzione della procedura, il giudice restituisca la debitore queste somme.
      Si tratta tuttavia di una soluzione che non ci sentiamo di patrocinare. Invero, la previsione di cui all'art. 632 c.p.c. nasce quale disciplina degli effetti dell'estinzione tipica della procedura (per rinuncia, inattività delle parti e mancata comparizione delle stesse all'udienza) sicché la sua operatività nei casi di estinzione "atipica", non può sottrarsi ad un vaglio di compatibilità, tanto più che, ad esempio, l'art. 187-bis disp. att. c.p.c., nell'estendere la portata dell'art. 632 ai casi di estinzione atipica, non afferma tout court l'applicabilità di questa norma alle ipotesi di estinzione atipica, ma compie una operazione di ritaglio, limitandosi ad affermare la stabilità dell'aggiudicazione o dell'assegnazione.
      Con riferimento all'estinzione per infruttuosità va allora osservato che se essa è dichiarata dopo che comunque un attivo è stato conseguito non v'è ragione di escludere che la procedura possa procedere a distribuirlo. L'applicazione dell'art. 632 nella parte in cui prevede la restituzione in capo al debitore del ricavato dalla vendita si tradurrebbe in un inutile sacrificio delle ragioni creditorie, il quale si troverebbe ingiustificatamente esposto a dover sopportare i costi della procedura, senza poter beneficiare degli utili che (per quanto modesti) essa ha comunque conseguito.
      Ad ogni buon conto, ove si ritenesse di dover patrocinare l'idea secondo cui la somma va restituita ai debitori, occorrerà ripartirla tra gli esecutati in proporzione alle rispettive quote.