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Forum PROCEDURE EX LEGGE FALL. - ATTIVO E CONTABILITà
RINUNCIA A LIQUIDARE I BENI DEL FALLITO
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Michele Codispoti
STRONGOLI (KR)15/10/2013 16:25RINUNCIA A LIQUIDARE I BENI DEL FALLITO
Salve,
con la presente chiedo chiarimenti in merito ai presenti quesiti:
Avendo già ottenuto l'autorizzazione da parte del GD per la rinuncia a non liquidare alcuni beni mobili del fallito, aquisiti precedentemente nella massa attiva dietro trascrizione al PRA, quali sono gli adempimenti da fare per rimettere i beni nella disponibilità del fallito ?
Prima ed oltre la comunicazioni da fare ai creditori insinuatosi secondo la deroga all'art. 51 dell LF. c'è qualche altro adempimento da fare presso il PRA per rimettere i beni al fallito?
Per caso andrebbe fatta la cancellazione della trascrione della sentenza del fallimenton per rimettere i beni al fallito, anche se la procedura non è ancora terminata?
Anticipatamente ringrazio.
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Zucchetti SG
Vicenza15/10/2013 20:03RE: RINUNCIA A LIQUIDARE I BENI DEL FALLITO
La trascrizione dell'estratto della sentenza di fallimento presso il PRA è lo strumento attraverso cui ha acquisito all'attivo fallimentare gli automezzi allo scopo di procedere alla loro liquidazione per ripartirne il ricavato ai creditori, per cui, nel momento in cui viene autorizzato dal comitato dei creditori a non liquidare detti beni, che ritornano quindi nella disponibilità del fallito uscendo dall'attivo fallimentare, deve provvedere alla cancellazione della trascrizione effettuata, in modo che, in caso di vendita coattiva in danno del fallito, chi acquista gli automezzi li acquista liberi.
Per la cancellazione della trascrizione della sentenza dovrebbe essere sufficiente il provvedimento di di autorizzazione del comitato ex art. 104ter comma settimo, ma è probabile che il Pra non si accontenti di questo atto, nel qual caso potrebbe provvedere il giudice delegato, applicando in via analogica l'art. 108.
Zucchetti Sg Srl
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Antonio Fusella
Torrevecchia Teatina (CH)11/03/2014 20:20RE: RE: RINUNCIA A LIQUIDARE I BENI DEL FALLITO
nel caso fosse stato abbandonato ai sensi del 104 ter comma sette lf un immobile che era stato già inventariato e sul quale era stata trascritta sentenza di fallimento presso la conservatoria, una volta avvisati i creditori dell'abbandono affinché essi possano aggredire il bene rientrato nel possesso del fallito, esistono dei termini (anche per prassi) entro i quali cancellare la trascrizione? oppure si può pensare anche di non cancellarla per evitare i costi?.
Inoltre volevo chiedere, immaginando che si tratta del fallimento di una persona fisica e che l'immobile abbandonato quindi torni nel suo possesso, le tasse sullo stesso (ad esempio l'imu, nonché le spese varie di gestione dello stesso) a chi spetta pagarle?. Sono comunque aspetti che rientrano nella sfera patrimoniale del fallito ma sarebbe illogico che la procedura abbandoni il bene per poi continuare a dover sopportare, anche mediante istanze di insinuazioni con richiesta di prededuzione, i costi di gestione relativi allo stesso.-
Zucchetti SG
Vicenza12/03/2014 19:47RE: RE: RE: RINUNCIA A LIQUIDARE I BENI DEL FALLITO
Classificazione: ATTIVO / BENI NON CONVENIENTI (104 TER co 7)La derelictio ai sensi dell'art. 104ter, co.7, di un bene immobile inventariato consiste sostanzialmente in un atto contrario all'acquisizione, per cui come con la trascrizione della sentenza di fallimento la curatela ha acquisito la disponibilità del bene all'attivo, nel momento in cui ritiene di non liquidarlo e restituirne la disponibilità al fallito, deve eliminare la trascrizione della sentenza, richiedendo al giudice l'emissione di un provvedimento di cancellazione di detta trascrizione, in applicazione analogica del secondo comma dell'art. 108.. Non vi è quindi un termine fissato dalla legge per la cancellazione, ma è evidente che tale atto, prima si fa e meglio è per le ricadute che ne derivano; fin quando, infatti, non si cancella la trascrizione il bene fa parte dell'attivo, con la conseguenza che i creditori non possono escuterlo per il divieto di cui all'art. 51 e la curatela è tenuta al pagamento delle spese relative cui lei accenna; una volta effettuata la cancellazione della trascrizione della sentenza di fallimento, il bene, da quel momento, non fa più parte dell'attivo fallimentare e, quindi, i creditori possono aggredirlo per la espressa disposizione di cui all'art. 104ter (che è una ovvia conseguenza del fatto che quel bene non facendo più parte del patrimonio fallimentare, non è soggetto al divieto di cui all'art. 51) e la massa non risponde più delle spese relative.
Zucchetti SG Srl
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Luciano Rossini
Como25/01/2016 17:20RE: RE: RE: RE: RINUNCIA A LIQUIDARE I BENI DEL FALLITO
Buonasera.
Relativamente al successivo abbandono, ex art. 107ter co. 7, di un immobile acquisito al fallimento con trascrizione della sentenza, non concordo sull'assunto che il versamento di Ici/Imu per il periodo di possesso siano a carico del fallimento. In primo luogo perché l'abbandono del bene immobile non porta alcun introito al quale attingere il pagamento dell'imposta; in secondo luogo perché l'art. 10 co. 6 del D.Lgs.504/1992 dispone: "il curatore è tenuto al versamento dell'imposta entro il termine di tre mesi dalla data del decreto di trasferimento". Orbene, l'abbandono del bene non implica alcun decreto di trasferimento e conseguentemente vengono meno i presupposti impositivi.
Esaminando l'ordinanza Corte di Cassazione n. 3845 del 15/2/2013 si potrebbe dedurre che "tenuti al versamento dell'imposta siano i soggetti (massa dei creditori??) a cui vengono restituiti i beni.
Ringrazio per vs. osservazioni-
Stefano Andreani - Firenze
Luca Corvi - Como27/01/2016 16:49RE: RE: RE: RE: RE: RINUNCIA A LIQUIDARE I BENI DEL FALLITO
Pur se con motivazioni leggermente diverse, concordiamo con la conclusione che nel caso di abbandono ICI e IMU non gravino sulla procedura.
Detti tributi non sono infatti "spese relative all'immobile" le quali, se maturate in corso di procedura, sono a carico della stessa in prededuzione, bensì un tributo con sue specifiche regole di determinazione e riscossione.
Ora, l'ordinanza 3845/2013 citata nel precedente intervento è chiara nell'affermare che "ove il fallimento o la liquidazione coatta vengano chiusi senza farsi luogo alla vendita ... la predetta obbligazione tributaria, quale progressivamente maturata, è posta a carico" del fallito che ne riacquisisce la disponibilità.
La fattispecie di cui si occupa detta ordinanza è la chiusura della procedura con ritorno in bonis dell'imprenditore, ma ci pare che il principio enunciato sia applicabile anche alla diversa ipotesi di abbandono del bene da parte del Curatore.-
Enrico Zuccato
Verona17/11/2016 14:11RE: RE: RE: RE: RE: RE: RINUNCIA A LIQUIDARE I BENI DEL FALLITO
Sempre in tema di rinuncia alla liquidazione di un bene immobile, quando deve ritenersi perfezionata la rinuncia nei confronti del fallito?
Il caso è il seguente: per una articolata serie di motivi un bene immobile è ritenuto invendibile e come tale foriero solo di spese a carico della massa. Ne viene quindi autorizzata la rinuncia alla liquidazione con conforme decreto del G.D..
La trascrizione della sentenza dichiarativa di fallimento non è stata ancora cancellata.
Trattandosi dell'unico asset all'attivo del fallimento il Curatore procede con le operazioni di chiusura del fallimento senza attivo.
Viene depositato ed approvato il rendiconto.
In istante prima del deposito dell'istanza di chiusura del fallimento sopravviene una insperata possibilità di vendita (proposta irrevocabile di acquisto cauzionata).
Il Curatore può ritenere non perfezionatasi la fattispecie (a formazione progressiva?) della rinuncia alla liquidazione e procedere al bando di una competizione sull'offerta ricevuta? Il fallito potrebbe dolersene?
Ovvero esiste la possibilità di una decreto "riappropriativo"?
Mi rendo conto che siamo nell'ambito della sperimentazione.
Attendo comunque vostri suggerimenti o suggestioni.
Grazie e cordialità.
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Zucchetti SG
Vicenza17/11/2016 18:58RE: RE: RE: RE: RE: RE: RE: RINUNCIA A LIQUIDARE I BENI DEL FALLITO
Il suo riferimento alla sperimentazione è quanto mai appropriato perché non abbiamo trovato alcun riferimento, né dottrinario né giurisprudenziale, rapportabile alla fattispecie da lei rappresentata. Il curatore , a norma dell'oyttavo comma dell'art. 104ter l.f.. può rinunciare alla liquidazione dei beni acquisiti all'attivo, previa autorizzazione del comitato dei creditori, senza necessità che intervenga il giudice delegato, se non per disporre la cancellazione della sentenza di fallimento. La rinuncia del curatore, a nostro avviso, può avere effetto nei confronti del fallito dal momento della comunicazione allo stesso (anche se non prevista dalla norma) e nei confronti dei creditori dalla comunicazione di cui parla la norma. prima di tali atti, riteniamo che il curatore possa revocare la sua rinuncia in quanto non ancora portata a conoscenza degli interessati che avrebbero potuto impugnarla ai sensi dell'art. 36 l.f..
Se le comunicazioni siano già avvenute, non vedremmo ostacoli ad una successiva acquisizione del bene derelitto, attraverso nuova inventariazione e supplemento del programma di liquidazione, spiegando ovviamente le ragioni per cui si è cambiato idea, sempre che il fallito non abbuia nel frattempo disposto del bene che era nella sua disponibilità o i creditori non abbiano iniziato azioni esecutive sullo stesso, anzi, è necessario che le abbiano concluse, altrimenti riscatterebbe il divieto dell'art. 51 (accenni in tal senso D'Attorre).
In ogni caso, sarebbe opportuno contattare il fallito per farsi dare il suo consenso alla riacquisizione del bene, facendogli capire come sia anche nel suo interesse liquidare il bene e pagare in parte i creditori in modo da poter ottenere la esdebitazione.
Zucchetti SG srl
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Orietta Baroni
MONTE SAN SAVINO (AR)08/07/2020 12:19RE: RE: RE: RE: RE: RE: RE: RE: RINUNCIA A LIQUIDARE I BENI DEL FALLITO
Buongiorno,
avrei bisogno di un chiarimento su un tema simile a a quello affrontato con il quesito precedente.
In un fallimento sono stata autorizzata (dal GD in funzione del CdC) a rinunciare alla liquidazione di una partecipazione X in quanto ritenuta manifestamente non conveniente ex art. 104-ter l.f.; sulla quota non ho annotato la sentenza di fallimento ai sensi dell'art. 88, c. 2 l.f. in quanto la rinuncia è avvenuta a seguito della sua inventariazione.
In data 14.01.2020 ho informato i Creditori circa l'abbandono dei beni e li ho avvisato che sugli stessi era possibile intraprendere azioni esecutive individuali ai sensi dell'art. 51 l.f.
Recentemente (giugno 2020) ho ricevuto notizia che altri soci della Società X hanno ricevuto offerta di acquisto per le loro quote e mi hanno chiesto di esercitare il diritto di prelazione.
Il Comitato dei Creditori che nel frattempo si è costituito, ha richiesto al Curatore di esercitare il diritto di prelazione, nonostante sia stato ragguagliato circa l'abbandono della partecipazione.
A mio avviso, con il provvedimento di autorizzazione, la comunicazione ai creditori ed il decorso del termine per il reclamo ex art. 36 l.f., la rinuncia alla liquidazione del bene e l'esercizio dei diritti ad essa connessa è divenuta definitiva e, dunque, non è possibile esercitare il diritto di prelazione.
A questo punto depositerei istanza al GD in questo senso, purtroppo, però, non riesco a trovare alcun conforto giurisprudenziale.
Concordate sull'interpretazione e sul procedimento che dovrei seguire? Conoscete qualche approfondimento sull'argomento?
Vi ringrazio molto. -
Zucchetti SG
Vicenza08/07/2020 19:00RE: RE: RE: RE: RE: RE: RE: RE: RE: RINUNCIA A LIQUIDARE I BENI DEL FALLITO
In linea generale, la rinuncia del curatore di cui al comma ottavo dell'art. 104ter l. fall. può avere effetto nei confronti del fallito dal momento della comunicazione allo stesso (anche se non prevista dalla norma) e nei confronti dei creditori dalla comunicazione di cui parla la norma. Quando l'acquisizione e, di conseguenza, la dismissione, del bene richiede una pubblicità, come la quota di partecipazione in una srl che, a norma dell'art. 2471 c.c. può formare oggetto di espropriazione e il pignoramento si esegue "mediante notificazione al debitore e alla società e successiva iscrizione nel registro delle imprese", si pone il problema degli effetti di tale iscrizione o mancata iscrizione, rispetto all'atto di acquisizione o di abbandono.
Premesso che non abbiamo trovato giurisprudenza specifica sugli effetti della mancata trascrizione con riferimento al fallimento del socio di una srl, a nostro avviso, l'iscrizione nel registro delle imprese non è elemento costituivo del pignoramento, nonostante la lettera della norma, in considerazione della finalità della iscrizione al registro imprese. Questa, infatti, ha lo scopo, come ogni trascrizione (cui è equiparabile l'iscrizione in questione, Trib. Milano 22/01/2020), di risolvere, il conflitto tra il creditore pignorante e l'acquirente della partecipazione stessa in applicazione dell'art. 2914, n. 1, c.c., con la conseguenza che non hanno effetto in pregiudizio del primo le alienazioni che siano state iscritte nel registro delle imprese successivamente all'iscrizione del pignoramento (Cass. 18/08/2017, n.20170). Orbene un tale conflitto, in caso di fallimento del socio non è ipotizzabile in quanto la vendita da parte del fallito della quota sarebbe comunque inefficace ai sensi della legge fallimentare (art. 44) e comunque non riguarda l'aspetto dei diritti collegati alla quota, quale il voto, il cui esercizio discende dalla legale disponibilità della quota, che fin dal fallimento compete al curatore.
Pertanto, seppur permangono non pochi dubbi, riterremmo che la dismissione della quota è già avvenuta con l'iter da lei descritto e la comunicazione ai creditori, per cui il diritto di prelazione compete al fallito, al quale è ritornata la disponibilità della quota dismessa.
Zucchetti SG srl
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Silvia Pirini
SAN LAZZARO DI SAVENA (BO)19/01/2023 09:47RE: RE: RE: RINUNCIA A LIQUIDARE I BENI DEL FALLITO (autovettura)
Buongiorno,
in sede di programma di liquidazione il Giudice Delegato mi ha autorizzata a non acquisire all'attivo dei veicoli di risalente immatricolazione, non procedendo alla trascrizione al PRA della sentenza di fallimento ed effettuata la comunicazione a tutti i creditori ex art. 140-ter ottavo comma.
L'Ente per la riscossione mi notifica le cartelle di pagamento relativamente alla tassa automobilistica post fallimento. Per quanto detto, ritengo non possa essere un onere a carico della massa dei creditori ex art. 111 l.f. né del curatore, è corretto?
é sufficiente che comunichi tutto questo all'Ente della riscossione per far si che si rivalgano unicamente sul fallito personalmente, oppure dovrei porre in essere altri adempimenti a vostro parere?
Anticipatamente ringrazio.-
Stefano Andreani - Firenze
Luca Corvi - Como30/01/2023 08:18RE: RE: RE: RE: RINUNCIA A LIQUIDARE I BENI DEL FALLITO (autovettura)
Certamente, trattandosi di beni mai entrati a far parte dell'attivo fallimentare, i costi a essi relativi maturati successivamente all'apertura della procedura non fanno carico a essa.
Non ci risulta esista una procedura specifica per render noto al PRA o chi per esso tale situazione, quindi riteniamo che la procedura corretta non possa essere che:
- comunicare all'Ente impositore (non all'ente incaricato della riscossione, che non entra nel merito delle pertite affidategli) che i beni non sono mai entrati a far parte dell'attivo fallimentare e che pertanto la richiesta dovrà essere trasmessa all'impresa e non alla procedura, chiedendo quindi lo sgravio della partita assegnata all'ente per la riscossione
- per correttezza (ed evitare future perdite di tempo a tutti i soggetti coinvolti) inviare per conoscenza tale comunicazione anche all'ente per la riscossione, per evitare che nelle more dell'emissione del provvedimento di sgravio essa prosegua l'attività di riscossione nei confronti della procedura, con inutile sostenimento di spese.
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Francesca Boschi
Arezzo19/06/2017 16:06RE: RE: RINUNCIA A LIQUIDARE I BENI DEL FALLITO
Mi inserisco nella discussione al fine di capire se nel caso in cui non sia stata ancora effettuata la trascrizione della sentenza di fallimento, ma la vendita di determinati beni immobili (piccoli tratti di strade private ad uso pubblico in comproprietà con terzi soggetti) appaia manifestamente antieconomica, la procedura da seguire sia comunque quella di cui all'art. 104ter l.f. e se debbano essere fatte comunicazioni ai comproprietari.
Si ringrazia per l'attenzione.-
Zucchetti SG
Vicenza20/06/2017 18:56RE: RE: RE: RINUNCIA A LIQUIDARE I BENI DEL FALLITO
Se non ha ancora effettuato la trascrizione della sentenza, i beni in questione non sono stati acquisiti all'attivo fallimentare e lei, ove la conservazione e la vendita di tali beni sia antieconomica, può non acquisirli all'attivo, seguendo la procedura di cui all'art. 104ter, co. 8, l.fall., senza alcun obbligo di comunicazione ai comproprietari, visto che il bene non entra proprio a far parte del fallimento. Ad ogni modo, poiché i comproprietari, a conoscenza del fallimento, penseranno che anche questi beni di cui parla siano stati acquisiti all'attivo, sarebbe opportuno, anche se non dovuto, avvertili della non acquisizione in modo che sappiano che per qualsiasi cosa inerente detti beni debbono rivolgersi al fallito e non a lei.
Zucchetti Sg srl
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Silvia Pecora Polese
RE: RINUNCIA A LIQUIDARE I BENI DEL FALLITO
Ho rinunciato con autorizzazione del GD alla liquidazione dei beni con comunicazione ai creditori
Non ho chiari degli aspetti
deve seguire alla rinuncia della liquidazione la chiusura della procedura ?
con la rinuncia alla liquidazione i beni ritornano nella disponibilità della società fallita, nel mio caso srl che potrebbe disporne anche privatamente la vendita?
Ma se la procedura non viene chiusa la società non è libera di agire perché non ancora in bonis .
Con la comunicazione in corservatoria l'immobile risulta libero ma se nessun creditore intraprende azioni potrebbe essere anche questo venduto privatamente?
Se la società non è ancora in bonis le azioni esecutive dei singoli creditori a chi devono essere rivolte alla Curatela? ed il ricavato deve confluire nell'attivo?
per le spese dell'immobile dopo la rinuncia che ne deve rispondere?
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Zucchetti SG
Vicenza03/08/2020 10:05RE: RE: RINUNCIA A LIQUIDARE I BENI DEL FALLITO
Con la dichiarazione di fallimento il fallito perde la disponibilità dei propri beni e questi possono essere appesi all'attivo fallimentare con le modalità previste per ciascuna categoria di beni. Se il curatore ritiene di non acquisire all'attivo alcuni beni perché la loro liquidazione e conservazione non è conveniente oppure, una volta acquisiti, ritiene per gli stessi motivi di rinunciare alla loro liquidazione, segue la procedura di cui all'art. 104ter l fall, attraverso la quale quei beni non entrano a far parte dell'attivo fallimentare oppure ne escono e la loro disponibilità ritorna al fallito. Di questi beni, quindi, il curatore non deve più' interessarsi in quanto non fanno parte o non fanno più parte del patrimonio fallimentare. Ritornati nella disponibilità del fallito, questi, benché ancora fallito, può liberamente disporne, come se fossero suoi beni personali, e i creditori che fin quando quei beni facevano parte dell'attivo fallimentare non potevano aggredirli per il divieto di cui all'art. 51, ora sono liberi di soddisfarsi su quei beni senza che la curatela abbia nulla a pretendere.
Se la curatela voleva trarne una utilità da quei benipteva mantenerli all'attivo, avendo rinunciato a questa possibilità, è ormai estranea alla sorte degli stessi.
Zucchetti Sg srl-
Silvia Pecora Polese
Salerno08/09/2020 11:47RE: RE: RE: RINUNCIA A LIQUIDARE I BENI DEL FALLITO
Vi ringrazio per la risposta nessuna azione è stata intrapresa dai singoli creditori perché non interessati, ma non mi sono chiari gli aspetti procedurali che seguono
se la società volesse vendere i beni al miglior offerente sul mercato, come fa ad emettere fattura?
ed in caso di vendita di immobili come deve essere fatta la compravendita? al rogito deve comparire l'amministratore? dalla visura cciaa è presente ancora la procedura-
Zucchetti SG
Vicenza08/09/2020 19:28RE: RE: RE: RE: RINUNCIA A LIQUIDARE I BENI DEL FALLITO
Abbiamo più volte detto nel corso di questi anni che il legislatore, nel dettare la norma di cui all'attuale comma ottavo dell'art. 104ter l.fall., non ha valutato tutte le possibili implicazioni, a cominciare dall'addossare al fallito problemi di sanità pubblica (si pensi alla non acquisizione o restituzione di beni inquinati) per finire a problemi fiscali quali quelli cui lei allude, senza neanche tenere conto che, qualora il fallimento investa una società, con la chiusura del fallimento ai sensi di cui ai nn. 3 e 4 dell'art. 118, si arriva alla cancellazione della società dal registro delle imprese.
Tuttavia, la norma di cui all'ottavo comma dell'art. 104ter esiste e, in mancanza di limitazioni, è applicabile ad ogni categoria di beni, compresi gli immobili. Il dato sicuro è, come già detto nella precedente risposta, che a seguito dell'applicazione di tale norma, il bene che ne è oggetto ritorna nel patrimonio personale del fallito (e va disposta la cancellazione della trascrizione della sentenza di fallimento, ove effettuata), tanto che, non facendo più parte dell'attivo fallimentare, sullo stesso i creditori possono agire in via esecutiva; cosa che non avrebbero potuto fare ove il bene fosse rimasto acquisito al fallimento per il divieto di cui all'art. 51.
Il fatto che si tratti di bene personale del fallito non acquisito o dismesso dall'attivo fallimentare, comporta che il fallito possa disporre dello stesso come crede e, trattandosi di un suo bene personale, non è tenuto al rispetto delle regole fallimentari per la vendita, nel senso che l'eventuale vendita avviene con le modalità e forme del negozio privato di compravendita richieste per la natura dell'atto, per cui, senza attività competitiva gare o altro, ma, se si tratta di immobile attraverso atto pubblico o scrittura di vendita autenticata.
A questo punto sorgono i problemi pratici cui lei fa riferimento. Se la fallita è una società, fina quando la stessa non è cancellata dal registro delle imprese, alla vendita partecipa il legale rappresentante della stessa; se la società è estinta, in applicazione del principio dettato dalla S. Corte, secondo cui i beni non liquidati da una società che cessa, si trasferiscono ai soci in comunione indivisa, la vendita dovrebbe essere effettuata da tutti i soci, o da un loro delegato.
Quanto alla problematica fiscale, bisogna considerare che la vendita del bene dismesso non rientra più nell'esercizio dell'attività di impresa, ormai cessata, ma, come detto, è una vendita negoziale privata, per cui trova applicazione la relativa normativa. Comunque se ha bisogno di approofondire questo aspetto, lo dica e passeremo il quesito alla sezione fiscale.
Zucchetti SG srl-
Silvia Pecora Polese
Salerno08/09/2020 22:29RE: RE: RE: RE: RE: RINUNCIA A LIQUIDARE I BENI DEL FALLITO
Vi ringrazio per la risposta
"va disposta la cancellazione della trascrizione della sentenza di fallimento" il fallimento è ancora aperto in questo caso come e a chi devo fare la comunicazione?
sono stata contattata dal notaio che deve occuparsi del rogito immobile comunica che la normativa non è ben chiara e che sino a quando in CCIAA sarà presente la procedura il notaio non può effettuare l'atto.
in questo caso si tratta di srl i beni non sarebbero personali
Vi chiedo per cortesia spiegazioni in merito-
Zucchetti SG
Vicenza10/09/2020 12:34RE: RE: RE: RE: RE: RE: RINUNCIA A LIQUIDARE I BENI DEL FALLITO
Quando il bene immobile è stato acquisito all'attivo lei ha provveduto alla trascrizione della sentenza di fallimento presso la Conservatoria dei RRII, ora che restituisce il bene deve chiedere al giudice il decreto di cancellazione della trascrizione effettuata in applicazione analogica del secondo comma dell'art. 108 l. fall., proprio perché quel bene non fa più parte dell'attivo fallimentare.
L'unica comunicazione che deve fare ai creditori è quella della dismissione dei beni, così come previsto dall'ottavo comma dell'art. 104ter, in modo che essi sappiano che il bene non fa più parte dell'attivo fallimentare per cui posso agire esecutivamente sullo stesso.
Non tutti i notai conoscono a fondo il meccanismo della dismisisone di cui all'ottavo comma dell'art. 104ter l. fall. per cui, considerta eanche le sanzioni previste per atti nulli , mostrano resistenza a stipulare atti con parte un fallito; tuttavia se nell'atto si premette che la parte venditrice è dichiarata fallita, che il bene era stato acquisito all'attivo fallimentare ma dismesso ai sensi dell'art. 104 ter, co. 8 l.fall, allegando il provvedimento, a nostro avviso il notaio può stipulare senza problemi. Ci rendiamo conto, comunque delle remore.
Quanto alla questione fiscale, rimettiamo la questione alla sezione fiscale.
Zucchetti SG srl-
Stefano Andreani - Firenze
Luca Corvi - Como21/09/2020 18:34RE: RE: RE: RE: RE: RE: RE: RINUNCIA A LIQUIDARE I BENI DEL FALLITO
Nonostante il bene non venga acquisito alla procedura è fuor di dubbio che:
- esso rimanga di proprietà della S.r.l. fallita
- la cessione venga effettuata dalla società stessa (anche se dal legale rappresentante e non dal Curatore).
Di conseguenza, se la posizione IVA della società è ancora aperta, tale cessione ci pare indubbiamente soggetta a IVA.
Si pone quindi il problema di come gestire, proceduralmente e finanziariamente, tale fatturazione (nel totale silenzio di normativa, prassi e dottrina sul punto).
Partendo dal principio che:
- l'operazione deve essere fatturata,
- l'IVA verrà riscossa dal legale rappresentante unitamente al prezzo,
- e non è possibile scindere la posizione IVA gestita dalla procedura da quella gestita dal legale rappresentante,
ci pare ragionevole il seguente iter:
- al momento dell'abbandono o della cessione (e se non l'ha fatto all'epoca potrà farlo successivamente, purché prima della cessione del bene) il Curatore, come avvisa i creditori che possono aggredire il bene, dovrebbe avvisare il legale rappresentante che in caso alienasse il bene dovrà rispettare gli obblighi di fatturazione (elettronica) e trasmettere al Curatore sia copia della fattura emessa, che l'importo dell'IVA riscossa
- se il legale rappresentante della società non è in grado di gestire la fatturazione, riteniamo possa occuparsene il Curatore, sempre a condizione di ricevere l'importo dell'IVA riscossa
- il Curatore registrerà la fattura in questione e ne terrà conto nella liquidazione periodica e nella dichiarazione annuale
- se dalla liquidazione ovvero dichiarazione emergerà un debito, verserà l'IVA dovuta, utilizzando quanto ricevuto dal legale rappresentante
- se non sarà dovuto alcun versamento, l'IVA riscossa costituirà una entrata straordinaria del fallimento (o più precisamente, la riscossione anticipata di parte del credito IVA della società). -
Liliana Rebora
Boissano (SV)15/11/2024 12:56RE: RE: RE: RE: RE: RE: RE: RE: RINUNCIA A LIQUIDARE I BENI DEL FALLITO
Buongiorno,
sono curatore nella L.G. di una concessionaria di auto usate e sono stata autorizzata a non acquisire all'attivo ex art. 142 comma 3 CCII numerosi autoveicoli in buona parte non rinvenuti in quanto consegnati agli acquirenti dalla società in bonis ma, senza il completamento dei passaggi di proprietà.
Nel caso in cui la società, in persona del liquidatore nella liquidazione volontaria, completasse i passaggi di proprietà e dovesse emettere le relative fatture possiamo attenerci, dal punto di vista della fatturazione, a quanto indicato nella precedente risposta del 21/9/2020 oppure avete notizia di nuove indicazioni normative, di prassi o dottrina sul punto?
Grazie
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Silvia Pecora Polese
Salerno20/10/2020 18:49RE: RE: RE: RE: RE: RE: RE: RINUNCIA A LIQUIDARE I BENI DEL FALLITO
Non ho ancora disposto la cancellazione presso la Conservatoria, ma ne ho dato comunicazione ai creditori.
Senza il mio atto i creditori ,con la sola comunicazione a loro ed autorizzazione del GD possono intraprendere le azioni? e il fallito può disporre dei beni?
è condizione vincolante la comunicazione della procedura alla conservatoria?
grazie
spp -
Zucchetti SG
Vicenza21/10/2020 18:26RE: RE: RE: RE: RE: RE: RE: RE: RINUNCIA A LIQUIDARE I BENI DEL FALLITO
Si, perché fin quando non procede alla cancellazione della trascrizione della sentenza di fallimento, il bene, nei confronti dei terzi, figura ancora nella disponibilità del fallimento e in caso di vendita dello stesso- sia volontaria da parte del fallito, sia coattiva su iniziativa di un creditore- risulterebbe una trascrizione non più attuale il capo al fallimento che non è il soggetto che vende il bene, che impedirebbe la nuova trascrizione afavore dell'acquirente.
Zucchetti SG srl
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Silvia Pecora Polese
Salerno05/02/2021 19:47RE: RE: RE: RE: RE: RE: RE: RINUNCIA A LIQUIDARE I BENI DEL FALLITO
Gent.mi
ritorno nuovamente sull'argomento, il fallimento non è ancora chiuso ma i beni abbandonati, è chiaro l'aspetto del ritorno della disponibilità di essi alla società fallita.
La società vuole vendere con compravendita i beni , sono stata contatta dal Notaio che mi chiede di presenziare e firmare l'atto, perché anche se i beni sono in disponibilità della società a parer suo, il potere di firma è del Cf
Vi chiedo cortesemente se potete illustrare gli aspetti normativi di questo profilo , perchè la maggior parte dei notai non conosce a fondo la normativa.
-se i beni sono abbandonati dalla pf , la società può disporne in atto pubblico? il lrpt della società in bonis può stipulare e siglare l'atto?
grazie
spp -
Zucchetti SG
Vicenza08/02/2021 18:57RE: RE: RE: RE: RE: RE: RE: RE: RINUNCIA A LIQUIDARE I BENI DEL FALLITO
Il comma ottavo dell'art. 104ter l. fall. stabilisce che "Il curatore, previa autorizzazione del comitato dei creditori, può non acquisire all'attivo o rinunciare a liquidare uno o più beni, se l'attività di liquidazione appaia manifestamente non conveniente. In questo caso, il curatore ne dà comunicazione ai creditori i quali, in deroga a quanto previsto nell'art. 51, possono iniziare azioni esecutive o cautelari sui beni rimessi nella disponibilità del debitore". Come si vede, muovendo dal principio secondo cui è il curatore a valutare, caso per caso, l'effettiva convenienza per la massa di procedere alla liquidazione di alcuni beni, ha lasciato al curatore due opzioni, tra loro equivalenti negli effetti, e cioè:
a- non acquisire all'attivo il bene ritenuto manifestamente non conveniente, nel qual caso detto bene non entra proprio nell'attivo fallimentare, come se fosse un bene personale impignorabile, per cui sullo stesso il fallito conserva, oltre alla proprietà che non perde comunque, anche la disponibilità;
b- restituire al fallito la disponibilità del bene ritenuto manifestamente non conveniente che il curatore aveva acquisito a seguito dell'inventariazione. In tal caso la derelictio fa uscire dal patrimonio fallimentare il bene che vi era entrato, con effetto dal momento del provvedimento, per cui, a differenza del caso precedente in cui la disponibilità del bene non era mai stata acquisita dalla massa, in questo, per un certo periodo, il bene è stato nella disponibilità del curatore, che con la dismissione se ne è privato, e viene ripresa dal fallito proprietario, che riunisce la pienezza dei poteri della disponibilità e del godimento. Di conseguenza, il curatore può e deve chiedere al giudice delegato l'emissione del decreto di cancellazione della trascrizione della sentenza di fallimento, rendendo noto, anche nei confronti dei terzi, che il bene in questione non fa più oggetto dell'espropriazione collettiva.
La prova di tanto è data dal fatto che la norma stessa prevede che i creditori, che già partecipano al fallimento, al cui passivo potrebbero essere ammessi, "possono iniziare azioni esecutive o cautelari sui beni rimessi nella disponibilità del debitore", il che dimostra che il bene derelitto è uscito dal fallimento, altrimenti sullo stesso concorrerebbe l'esecuzione collettiva fallimentare e quella individuale. E se i creditori possono escutere il bene in quanto nella piena disponibilità del fallito, è chiaro che questi può disporre del bene come crede, vendendolo, dandolo in locazione, distruggendolo, ecc., dal momento che la sorte dello stesso non interessa più il fallimento. Pertanto, in caso di vendita del bene derelitto da parte del fallito, il curatore fallimentare non ha alcun titolo per parteciparvi.
Ed, infatti, in tali casi nella prassi si ritiene che l'IMU sia a carico del fallito. Invero, il comma 768 dell'art. 1 l. 160/2019 "Per gli immobili compresi nel fallimento o nella liquidazione coatta amministrativa, il curatore o il commissario liquidatore sono tenuti al versamento della tassa dovuta per il periodo di durata dell'intera procedura concorsuale entro il termine di tre mesi dalla data del decreto di trasferimento degli immobili", dal che si deduce che solo con il trasferimento del bene in favore dell'aggiudicatario (o con altre forme di vendita coattiva) il fallimento diviene soggetto passivo dell'obbligazione tributaria, che altrimenti rimane a carico del fallito.
Zucchetti SG srl -
Silvia Pecora Polese
Salerno08/02/2021 19:51RE: RE: RE: RE: RE: RE: RE: RE: RE: RINUNCIA A LIQUIDARE I BENI DEL FALLITO
Vi ringrazio per la risposta, quindi il rogito può essere sottoscritto e presenziato dal lrtp della società anche in fallimento?
l'accordo di mediazione deve essere notificato anche al lrpt vero?
grazie
spp -
Zucchetti SG
Vicenza09/02/2021 18:58RE: RE: RE: RE: RE: RE: RE: RE: RE: RE: RINUNCIA A LIQUIDARE I BENI DEL FALLITO
Si, tutto ciò che riguarda la disponibilità del bene non facente più parte dell'attivo fallimentare, una volta cancellata anche la trascrizione della sentenza di fallimento, interessa soltanto il fallito e non la massa fallimentare, per cui ogni atto relativo a quel bene va trattato e, ove necessaria una sottoscrizione, va sottoscritto dal fallito o, se questo è una società, dal suo legale rappresentante.
Zucchetti Sg srl
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Silvia Pecora Polese
RE: RE: RE: RE: RE: RINUNCIA A LIQUIDARE I BENI DEL FALLITO
devono essere precedute da decreto ingiuntivo oppure già il credito posto nello stato passivo è sufficiente per avviare le azioni esecutive ?
grazie
spp
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Zucchetti SG
Vicenza07/10/2020 20:15RE: RE: RE: RE: RE: RE: RINUNCIA A LIQUIDARE I BENI DEL FALLITO
Dopo la rinuncia della liquidaz dei beni, Le azioni esecutive mosse dai creditori chirografari devono essere notificate all'amministratore unico della società anche se non ancora in bonis? oppure al curatore?
devono essere precedute da decreto ingiuntivo oppure già il credito posto nello stato passivo è sufficiente per avviare le azioni esecutive ?
grazie
spp
A seguito della dismissione di un bene ai sensi del comma ottavo dell'art. 104ter l. fall., il bene in questione fuoriesce dall'attivo fallimentare per cui le vicende successive non interessano più la curatela. Il creditore che intende agire in via esecutiva su tale bene, deve promuovere una ordinaria azione esecutiva individuale in danno del debitore fallito e deve essere fornito di titolo esecutivo. L'ammissione al passivo del credito non conferisce la provvisoria esecutorietà né ne determina il giudicato in quanto l'esecutività dello stato passivo non ha effetto extrafallimentare, per cui il creditore deve munirsi di uno dei titoli di cui all'art. 474 cpc.
Zucchetti SG srl-
Silvia Pecora Polese
Salerno08/10/2020 10:28RE: RE: RE: RE: RE: RE: RE: RINUNCIA A LIQUIDARE I BENI DEL FALLITO
pertanto le notifiche arrivate alla procedura sono da ritenersi nulle?
i creditori insinuati con titoli devono provvedere a rinnovare i precetti ?
grazie
spp -
Zucchetti SG
Vicenza08/10/2020 19:37RE: RE: RE: RE: RE: RE: RE: RE: RINUNCIA A LIQUIDARE I BENI DEL FALLITO
Esatto.
Zucchetti SG srl
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Silvia Pecora Polese
RE: RE: RINUNCIA A LIQUIDARE I BENI DEL FALLITO
attivo fallimentare esiguo
visto la rinuncia alla liquidazione dei beni da parte della procedura, con dovute comunicazioni, potrebbe un creditore insinuato nell'attivo con privilegio ed ipoteca immob, chiedere l'assegnazione del bene? è necessaria azione esecutiva?
oppure in questo caso potrebbe accordarsi con l'amministratore e fare un atto notarile per acquisire il bene in virtù del proprio credito ma di atto si tratterebbe in questo caso ?
se così fosse dovrei eliminare il credito dall'attivo il creditore ?
grazie
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Zucchetti SG
Vicenza25/09/2020 19:37RE: RE: RE: RINUNCIA A LIQUIDARE I BENI DEL FALLITO
Con la dismissione dei beni acquisiti all'attivo, i beni oggetto della dismissione ritornano nella disponibilità del fallito, per cui nell'abito del concorso fallimentare i creditori, ipotecari o non, non possono più vantare pretese sui beni dismessi perché, appunto essi non fanno più parte dell'attivo fallimentare.
L'art. 104ter, co. 8, l.fall. prevede che "il curatore ne dà comunicazione (della autorizzata dismissione) ai creditori i quali, in deroga a quanto previsto nell'art. 51, possono iniziare azioni esecutive o cautelari sui beni rimessi nella disponibilità del debitore". Tanto comporta che i creditori che vogliono vantare pretese su questi beni possono, nonostante il fallimento, agire anche in via esecutiva nei confronti del fallito e, nell'ambito dell'esecuzione, potranno chiedere l'assegnazione del bene, come previsto dal codice di procedura.
Nel caso un creditore eserciti detta azione e venga soddisfatto in via esecutiva, egli dovrà rinunciare all'ammissione per la parte di credito che gli è stata pagata e s enon lo fa di sua spontanea volontà, il curatore deve promuovere una azione di revocazione del credito ammesso ex art. 98, co. 4, l. fall, per fatto sopravvenuto.
Per la verità tutto ciò sembra abbastanza irreale se si considera che, a norma del citato comma ottavo dell'art. 104ter, il curatore può "rinunciare a liquidare uno o più beni, se l'attività di liquidazione appaia manifestamente non conveniente", sicchè salvo casi eccezionali, è da ritenere che anche fuori del fallimento la liquidazione non debba essere conveniente.
Zucchetti SG srl
Silvia Pecora Polese
RE: RINUNCIA A LIQUIDARE I BENI DEL FALLITO
Il ricavato della vendita come dove essere incassato e gestito visto che la società è in fallimento e non ha cc accessibili?
In questo caso la vendita deve essere fatto davanti il notaio oppure si può chiedere trasferimento dal GD?
grazie
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Zucchetti SG
Vicenza28/09/2020 20:16RE: RE: RINUNCIA A LIQUIDARE I BENI DEL FALLITO
La dismissione dei beni ex art. 104ter, co. 8, l. fall, come abbiamo detto ripetutamente in questo Forum, determina una serie di conseguenze di cui il legislatore non si è fatto carico. Di sicuro, la dismissione determina la ripresa della disponibilità dei bei dismessi da parte del fallito- sia esso imprenditore individuale che collettivo- che non ne aveva mai perso la proprietà, per cui questi può disporre dei propri beni- che non fanno più parte dell'attivo fallimentare- come meglio crede.
Il legislatore non si è posto il problema della alienazione dei beni dismessi probabilmente perché, potendo il curatore "non acquisire all'attivo o rinunciare a liquidare uno o più beni, se l'attività di liquidazione appaia manifestamente non conveniente", ha ritenuto che l'oggetto di tale attività siano beni di scarso o nullo valore; anche perché, ove si riscontri un errore di valutazione evidenziato dall'interesse di qualcuno all'acquisto, il curatore potrebbe chiedere la revoca della dismissione e "riacquisire" i beni all'attivo fallimentare, che è operazione non prevista dalla norma, ma neanche vietata e, a nostro avviso possibile.
Ove ciò non avvenga, realizzare la vendita da parte del soggetto fallito non è agevole perché si presentano i problemi cui lei accenna, cui è da aggiungere la difficoltà a trovare un notaio che proceda alla redazione di un atto di vendita o alla sola autentica di una scrittura privata di cui sia parte un fallito. Il ricorso al notaio è richiesto per gli atti che per legge lo prevedono nelle trattazioni tra privati, tale dovendosi intendere il fallito, che vende un bene "personale" e il notaio dovrebbe adeguarsi all'idea che con l'avvenuta dismissione (di cui si può dare atto nelle premesse), il fallito ha recuperato la disponibilità piena del bene e può quindi legittimamente trasferirlo a terzi.
Eguale discorso dovrebbe esesre fatto con la banca, che ben può aprire un conto al fallito, il quale potrebbe anche svolgere una attività sia di lavoratore dipendente che autonomo, con possibilità di trattenere il ricavato nei limiti di cui all'art. 46 l.fall. da versare su un conto.
Quanto all'IVA il discorso è più complesso; dovrebbe essere riaperta la posizione IVA, visto che l'Agenzia delle Entrate sostiene che la posizione IVA può essere chiusa solo dopo l'ultimazione di tutte le operazioni attive. Il problema è chi debba farlo. l'art. 74-bis, II comma, del D.P.R. 633/72 dispone che "Per le operazioni effettuate successivamente all'apertura del fallimento o all'inizio della liquidazione coatta amministrativa gli adempimenti previsti dal presente decreto, anche se e' stato disposto l'esercizio provvisorio, devono essere eseguiti dal curatore o dal commissario liquidatore". Si può ritenere che, poiché la norma non fa riferimento alle "operazioni da lui effettuate", anche la riapertura, come la fatturazione e il versamento dell'imposta competano al Curatore.
Zucchetti SG srl
Matteo Ladogana
RE: RINUNCIA A LIQUIDARE I BENI DEL FALLITO
ringraziando anticipatamente porgo un ulteriore quesito sul tema.
Sono stato autorizzato ad abbandonare ex art. 104 L.F. degli arredi presenti nell'immobile condotto in locazione dalla fallita e nei prossimi giorni procederò alla restituzione dell'immobile al proprietario.
Se non erro la comunicazione dell'autorizzazione al fallito non è prevista da alcuna norma ma, in ogni caso, provvederò ad informare il liquidatore della fallita.
Posto che non grava più sul Curatore l'obbligo di liberare l'immobile dai beni, il proprietario potrebbe agire nei confronti del legale rappresentante della fallita (una srl in liquidazione) con un'azione di risarcimento danni in caso di ritardo nell'asporto?
Riuscire a far leva su tale profilo mi servirebbe per chiudere una transazione con il proprietario che vanta crediti per canoni (anche in prededuzione) nei confronti della società fallita.
Cordiali saluti
Matteo Ladogana
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Zucchetti SG
Vicenza03/11/2021 20:14RE: RE: RINUNCIA A LIQUIDARE I BENI DEL FALLITO
E' vero che il comma ottavo dell'art. 104-ter l. fall. prevede la comunicazione della non acquisizione o della derelizione del bene ai soli creditori, allo scopo di notiziarli che su quel bene possono esercitare azione esecutiva, non facendo lo stesso più parte dell'attivo fallimentare. Non è prevista la comunicazione al fallito in quanto è implicito che questi debba essere coinvolto dal momento che il bene non inventariato resta nella disponibilità del fallito e il bene acquisito all'attivo e poi abbandonato torna nella disponibilità del fallito, per cui è connaturato al meccanismo che il fallito sia messo a conoscenza di quanto accaduto in quanto mantiene o deve ricevere anche materialmente il bene non acquisito all'attivo o derelitto.
E' chiaro, quindi, che lei deve restotuire gli arredi che ha abbandonato a norma del comma ottavo dell'art. 104ter, al legale rappresentante della società fallita, ma questo non ha nulla a che fare con il rapporto di locazione dell'immobile ove si trovano gli arredi.
A norma del terzo comma dell'art. 80 l. fall., invero, il contratto di locazione di immobile in corso continua salva possibilità del curatore di recedere in qualunque tempo dal contratto, corrispondendo al locatore un equo indennizzo per l'anticipato recesso. Questa situazione comporta che, fino al recesso, il curatore subentra nella posizione del conduttore, per cui anche alla fine del rapporto- ossia quando restituisce l'immobile al locatore- ha gli stessi obblighi che aveva l'originario conduttore, tra cui quello di restituire l'immobile libero da cose e persone o comunque nelle condizioni in cui si trovava all'inizio della locazione, salvo il deterioramento per il normale uso. Ne consegue che il locatore può rivolgersi alla società fallita per ottenere lo sg9ombro dei locali restituiti per liberalo degli arredi che il fallimento non ha voluto, ma può rivolgersi anche direttamente al fallimento per pretendere che l'immobile gli sia consegnato libero degli arredi.
Zucchetti SG srl
Angelo Berti
RE: RINUNCIA A LIQUIDARE I BENI DEL FALLITO
Sono curatore di una piccola srls che aveva al suo attivo arredi e mobili d'ufficio ubicati al piano terra di un immobile condotto in locazione.
Oltre agli arredi, la fallita aveva anche fatto installare a sue spese l'impianto di condizionamento (fissato all'immobile) ed anche alcune parteti attrezzate con porte che suddividevano in più uffici l'unico grande locale che, come detto, era condotto in affitto.
Alle operazioni d'inventario ha partecipato anche il locatore che è stato nominato custode dei beni anche in considerazione del fatto che, in quell'occasione, il sottoscritto ha consegnato una raccomandata comunicando di non voler subentrare nel contratto di locazione reimmettendo la proprietà nel possesso.
Considerato che la vendita dei beni (già di scarsissimo valore commerciale) avrebbe comportato costi non indifferenti sono stato quindi autorizzato alla derelizione dei beni ed ho comunicato ai creditori la deroga all'art. 54 lf per cui, teoricamente, ciascun creditore può agire esecutivamente sui beni derelitti.
La liquidità del fallimento (dichiarato da pochi mesi) è frutto di recupero di piccoli crediti ed oggi, pagate le spese di giustizia, il saldo del c/c è pari a circa 500 euro che non basteranno a saldare nemmeno l'onorario minimo dovuto al curatore per legge oltre alle spese già anticipate
Per quanto spora, contavo di avviare subito la fase finale della procedura e chiederne la chiusura ex 118 n. 4 lf.
Oggi il legale del locatore-custode dei beni, mi chiede "l'espressa autorizzazione in capo al custode allo smaltimento ovvero il potere di poterne disporre liberamente con esonero da ogni responsabilità".
Vi chiedo: come uscire da questo ginepraio?
Grazie molte per il grande aiuto che ci date
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Zucchetti SG
Vicenza01/03/2023 19:52RE: RE: RINUNCIA A LIQUIDARE I BENI DEL FALLITO
Avendo la curatela derelitto i beni mobili in questione, il curatore non è più legittimato a dare l'autorizzazione richiesta dal locatore /custode a disporre degli stessi beni, nel mentre legittimato è il legale rappresentante della società fallita che, a seguito del provvedimento ex art. 104ter, co, 8, l. fall., ha ora, oltre, alla proprietà che non ha mai perso, anche la piena disponibilità che ha recuperato con la derelictio. In realtà, con questa operazione è venuta meno anche la custodia, per cui il custode agisce quale proprietario dei locali che dovrebbero essere liberati.
Sarebbe opportuno pertanto, visto il ruolo che ha avuto la curatela nella vicenda, che lei si adoperasse par farsi rilasciare dal legale rappresentante della società fallita l'autorizzazione richiesta e la consegnasse al proprietario dei locali, insieme ad una sua autorizzazione, per quel che serve.
Zucchetti SG srl
Alberto Ravetta
RE: RINUNCIA A LIQUIDARE I BENI DEL FALLITO
ringrazio anticipatamente per la risposta che vorrete dare al mio quesito.
Sono Curatore di un fallimento che aveva un immobile in leasing, già restituito alla proprietaria. La società (srl), negli anni precedenti il fallimento, aveva fatto installare sul terreno della confinante (di proprietà di parenti dell'amministratore che ne avevano dato tacito consenso) alcuni impianti di depurazione di acque e fanghi. Tali impianti hanno un valore pari a 0 (vasche e silos di immagazzinamento scorie) ed anzi un ingente costo di rimozione.
Ho già provveduto alla rimozione dei fanghi e delle scorie residue. La mia intenzione è però quella, vista la non economicità dell'acquisizione, di abbandonare i beni privi di valore.
Se non erro tali beni rientrerebbero quindi nella disponibilità della fallita srl ovvero sarebbe l'amministratore a risponderne.
I proprietari del fondo confinante mi hanno già intimato la rimozione (ribadisco che il costo sarebbe notevole e intaccherebbe di molto le attuali disponibilità del fallimento).
Se dovessi invece "abbandonare" tali beni ai sensi dell'art. 104 ter L.F. dovrei comunque risponderne per la rimozione - o tale incombenza, con i relativi costi, verrebbe trasferita all'amministratore della fallita e non più al Curatore?
Ringrazio sentitamente
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Zucchetti SG
Vicenza29/05/2023 12:26RE: RE: RINUNCIA A LIQUIDARE I BENI DEL FALLITO
Allo stato non può "abbandonare" le vasche e gli altri manufatti perché non si trovano nella sua disponibilità né in quella del fallito, al quale, non inventariando tali manufatti o dismettendoli dopo l'inventario ai sensi del comma ottavo dell'art. 104ter l. fall. dovrebbe essere lasciata o restituita detta disponibilità. Queste vasche si trovano infatti su terreno altrui, ivi collocate con il loro consenso, per cui prima bisogna definire questo rapporto e, quindi liberare il terreno vicino, come i proprietari chiedono, e poi pensare a che fare di dette vasche. Certo la rimozione ha un costo, ma i proprietari del terreno- salvo che non esista un diverso accordo, che pare non esserci- hanno diritto ad ottenere la rimozione dal loro terreno ed a questo non può che provvedere il curatore del fallimento.
Zucchetti SG srl
Mariano Di Pino
RE: RINUNCIA A LIQUIDARE I BENI DEL FALLITO
sono un curatore di una procedura fallimentare si una srl chiusa con giudizi pendenti ex art. 118 co.2) L:F. La società è rimasta aperta al registro imprese e agenzia entrate così come disposto dal decreto di chiusura sino alla definizione dei giudizi.
Nel corso della procedura fallimentare il fallimento era titolare di una quota di partecipazione pari al 50% di altra s.r.l. sulla quale quota aveva trascritto la sentenza di fallimento. In seguito la partecipazione è stata abbandonata in quanto non conveniente la sua liquidazione con autorizzazione del G.D. ed in virtu' di cio' ho provveduto all'epoca alla cancellazione sulla quota della trascrizione del fallimento.
Da premettere che la società era partecipata da altra procedura fallimentare per il 48% che anch'essa ha abbandonato la quota ed una persona fisica titolare del 2%.
La società di cui possedevo la partecipazione oggi mi chiede di comunicare al registro delle imprese competente l'abbandono della quota per l'iscrizione di un socio unico persona fisica titolare del 2%.
Mi domando e gradirei avere un vostro supporto:
- l'abbandono consiste nella rinuncia a liquidare la quota o con l'abbandono si perde anche la titolarità/proprietà della stessa?
- è possibile a seguito rinuncia/abbandono che un terzo acquisisca la titolarità della quota abbandonata?
- Io curatore in carica solo per i giudizi pendenti sono tenuto a comunicare al registro imprese cos' come oggi mi si chiede l'abbandono/rinuncia della quota atteso che quanto previsto dalla legge ho iscritto all'epoca la sentenza di fallimento sulla quota e poi ho cancellato l'iscrizione con la rinuncia alla liquidazione del bene?
Anticipatamente ringrazio
Mariano Di Pino
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Zucchetti SG
Vicenza13/09/2024 19:35RE: RE: RINUNCIA A LIQUIDARE I BENI DEL FALLITO
Con la dichiarazione di fallimento la disponibilità dei beni, materiali e immateriali, mobili e immobili, passa al curatore, fermo restando che la proprietà rimane in capo al fallito, sicchè quando il curatore, dopo aver appreso un bene all'attivo fallimentare, vi rinuncia ex art. 104ter, comma 8, l. fall., non fa altro che restituire al fallito quella disponibilità che del bene aveva ricevuto al momento dell'apertura del fallimento, con la conseguenza che il fallito riunisce al diritto di proprietà che non aveva perso, anche la disponibilità del bene dismesso e, quindi, è il fallito che di questo bene può farne ciò che crede, anche venderlo se trova un acquirente. Il fato che il bene sia stato dismesso e sia quindi uscito dall'attivo fallimentare fa si che su di esso non esiste più il divieto delle azioni esecutive, per cui i creditori possono espropriare detti beni, e per questo motivo è previsto che dell'abbandono sia data comunicazione ai creditori.
Chiuso il fallimento, seppur in via anticipata ex art. 118, comma 2 l. fall. il curatore non avrebbe più titolo per attuare la comunicazione richiesta, rimanendo in carica soltanto per seguire le cause pendenti e operare sulle relative conseguenze, ma poiché l'oggetto dell'apprensione poi della dismissione è una quota societaria, sarebbe opportuna, seppur non obbligatoriamente dovuto, la comunicazione al registro imprese.
Zucchetti SG srl