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Riparto finale con Agenti con cessata attività

  • Giuliano Cesarini

    Fossombrone (PU)
    10/07/2025 19:08

    Riparto finale con Agenti con cessata attività

    In un Concordato Preventivo devo pagare in Riparto finale alcuni agenti di commercio, alcuni dei quali hanno cessato l'attività e partita iva.
    Mi si pongono alcuni problemi riguardanti le ritenute fiscali e l'Enasarco.
    1 - Per i crediti portati da fatture già emesse in passato, penso di dovere applicare la ritenuta fiscale del 23% sul 50%;
    2 - Per i crediti relativi a provvigioni non ancora fatturate, ma con il creditore che ha cessato la partita iva penso di pagare la provvigione al netto della ritenuta fiscale di cui sopra, senza tener conto dell'iva (la tratterei come se fosse una prestazione occasionale di un soggetto non iva)
    3 - Più spinosa è la problematica Enasarco. Il contributo Enasarco viene corrisposto dalla società mandante all'Ente "per competenza" in base cioè alle provvigioni maturate tempo per tempo e non per cassa come invece accade per le ritenute fiscali. Quindi la società dovrebbe aver già versato a suo tempo, all'Enasarco i contributi relativi ai periodi di maturazione delle provvigioni, indipendentemente dalla loro fatturazione o comunque, l'Enasarco avrebbe dovuto insinuarsi nel Passivo per quanto maturato ma non riscosso.
    Mi si pone, quindi, il problema se operare o meno (sulle provvigioni fatturate e non fatturate) la ritenuta Enasarco e, poi, cosa farne delle somme trattenute.
    Credo che la ritenuta Enasarco non debba essere operata e trattare le provvigioni degli agenti come gli stipendi dei lavoratori subordinati con la sola ritenuta fiscale.
    Chiedo un vostro parere sulle tre problematiche illustrate.
    • Stefano Andreani - Firenze
      Luca Corvi - Como

      20/07/2025 12:36

      RE: Riparto finale con Agenti con cessata attività

      La questione dell'incasso, dopo la chiusura della partita IVA, di compensi relativi all'attività svolta, è stata affrontata da numerosi interventi di prassi, individuando i comportamenti da tenere sia nel caso che la fattura non sia stata emessa che nel caso che sia stata emessa ma non riscossa.


      La questione IVA è di facile inquadramento:

      - se la fattura è già stata emessa, il corrispettivo è già stato assoggettato a IVA (e specularmente la controparte ha detratto o comunque poteva detrarre tale importo) e nel caso in cui fosse stata esercitata l'opzione per l' "IVA per cassa" con il pagamento la questione IVA si chiude senza particolari problemi

      - se la fattura non è stata emessa, è fuor di dubbio che il prestatore d'opera/creditore debba riaprire la partita IVA ed emettere regolare fattura (I vari documenti di prassi si occupano poi del caso di creditore deceduto, ma tale casistica non ci interessa in questa sede).


      Ma l'effettuazione o meno, e con che regole, della ritenuta d'acconto, non riguarda l'IVA bensì le imposte sul reddito, e sotto tale aspetto la questione è più complessa, dato che:

      - se l'agente era in regime forfetario, l'imponibile fiscale viene determinato per cassa e non è soggetto a ritenuta d'acconto

      - se era in regime ordinario, deve aver determinato l'imponibile per competenza, e quindi aver già dichiarato come componente attiva di reddito le provvigioni in questione.


      Ciò premesso:

      - se era in regime forfetario, e lo è ora nel momento in cui eventualmente riapre la partita IVA non avendo emesso la fattura all'epoca, non è soggetto a ritenuta per regola generale

      - se invece era in regime ordinario, l'importo in questione è già stato (o comunque avrebbe dovuto essere) assoggettato a imposizione nell'anno di maturazione della provvigione, di conseguenza riteniamo che non abbia alcun senso logico assoggettare a ritenuta ora un compenso che è già stato sottoposto a tassazione versando (per intero, dato che non c'erano ritenute da scorporare) le relative imposte. Non avendo il supporto di prese di posizione ufficiali sulla questione, per essere sicuri di non subire contestazioni l'unica strada è la proposizione di istanza di interpello.

      Stante la peculiarità della situazione e il ruolo del Curatore, riteniamo che per prudenza sia opportuno farsi dichiarare dal creditore non solo il regime fiscale ma anche, nel caso si sia in regime ordinario, che effettivamente è stata rispettata (o verrà rispettata con la presentazione di una dichiarazione dei redditi integrativa) la regola della determinazione dell'imponibile per competenza e quindi l'avvenuto assoggettamento dell'importo in questione a imposizione diretta.


      Per quanto riguarda l'ultima questione, siamo d'accordo con l'iter logico e la scelta esposti nel quesito e l'applicazione per analogia del trattamento riservato ai dipendenti: nessuna trattenuta previdenziale.