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Emissione nota di credito v/altro fallimento per recuperare iva non versata

  • Stefano Baroncelli

    Agliana (PT)
    09/01/2013 18:26

    Emissione nota di credito v/altro fallimento per recuperare iva non versata

    Una società in fallimento (A) vantava, alla data di sentenza dichiarativa di fallimento, tra gli altri, un ingente credito v/altro soggetto (B), a sua volta dichiarato fallito. Tra i creditori insinuati ed ammessi al passivo fallimentare di "A" figura l'agente della riscossione per crediti tributari privilegiati iscritti a ruolo dall'agenzia delle entrate ed in particolare anche per l'Iva a debito dovuta in relazione alle fatture emesse nei confronti del cliente suindicato (B), poi fallito. La procedura concorsuale del soggetto "B" (alla quale si era tempestivamente insinuata, per il proprio credito chirografario, la società "A") si è conclusa per compiuta ripartizione finale dell'attivo in data maggio 2010. Del deposito di riparto finale e rendiconto la società fallita "B" non ha avuto formale notizia dal curatore di questa (poichè lo stesso l'ha comunicata al legale incaricato dalla società "B" quando era in bonis) ma il curatore della "A" ha ottenuto l'informazione nel 2012 facendo un'aggiornata visura al registro imprese. Volevo chiedere se, ai sensi dell'art. 26 e tenuto conto di quanto previsto all'art.19 DPR 633/72, è possibile emettere in data 31.12.2012 la nota di variazione per recuperare l'Iva sulle fatture originariamente emesse e rimaste impagate a seguito dell'infruttuosità totale della procedura di fallimento della "B", visto che le norme fiscali richiamate stabiliscono un termine iniziale dal quale decorre il diritto a recuperare l'Iva ed un termine finale entro il quale esercitare il diritto alla detrazione. Inoltre chiedo se il fatto che la società "A" non abbia versato, a suo tempo, l'Imposta sul valore aggiunto scaturente dalle fatture emesse nei confronti della fallita "B" precluda comunque il diritto a ricevere il rimborso del credito scaturente dalla registrazione delle note di variazione emesse. L'Agenzia delle Entrate potrebbe richiedere la compensazione delle due partite? Nella speranza di essere stato sufficientemente chiaro nell'esposizione della questione, Vi ringrazio anticipatamente per il Vs. parere.
    • Stefano Andreani - Firenze
      Luca Corvi - Como

      21/02/2013 18:41

      RE: Emissione nota di credito v/altro fallimento per recuperare iva non versata

      Concordiamo con l'inquadramento effettuato nel quesito, e quindi sulla possibilità di emettere la nota di credito fino al 31/12/2012, recuperando a credito la relativa imposta.

      Ai fini della compensazione fra crediti e debiti verso l'Erario vale però comunque la regola generale della insuperabile distinzione fra periodo ante e periodo post fallimento, e il principio che per individuare se un credito o debito sia ante o post fallimento si deve tenere in considerazione non il momento in cui esso si manifesta, ma il momento in cui si è verificata la causa genetica dello stesso.

      Nel caso in esame riteniamo che, ancorchè l'emissione della nota di credito sia dovuta a un evento verificatosi dopo il fallimento della società A (il fallimento della società B), l'imposta che si recupera con l'emissione della nota di credito sia sorta prima di tale fallimento (nel momento dell'emissione della originaria fattura da parte di A).

      Per tale motivo, l'IVA a credito che nasce dall'emissione della nota di credito, essendo riferita ad una operazione effettuata prima del fallimento, dovrà essere considerata IVA ante procedura, legittimamente compensabile dall'Agenzia delle Entrate con il suo credito, per IVA o altre imposte, parimenti ante procedura.
      • Alessio Napoletani

        Grottammare (AP)
        07/06/2019 08:35

        RE: RE: Emissione nota di credito v/altro fallimento per recuperare iva non versata

        Buongiorno.
        Mi sono più volte posto il quesito del collega Baroncelli e ritengo puntuale la risposta da parte Vs. Tuttavia ritengo, e vi chiedo un parere sulla sostenibilità di tale pensiero - che era mia intenzione porre a base di un interpello ordinario all'AdE -, che la compensazione ex art. 56 L.F. tra debiti INSINUATI AL PASSIVO e credito ANTE generatosi dall'emissione delle note di variazione ex artt. 26 e 19 DPR 633/1972, sia lesiva della par condicio creditorum (qualora vi siano privilegi di rango superiore a quelli dell'AdE).
        Ringrazio per quanto vorrete rispondere e per quanti vorranno intervenire al suddetto intervento.
        • Stefano Andreani - Firenze
          Luca Corvi - Como

          22/06/2019 10:28

          RE: RE: RE: Emissione nota di credito v/altro fallimento per recuperare iva non versata

          Sinceramente non ci è chiaro l'oggetto dell'interpello:
          - si vuole chiedere se il principio della "causa genetica" sia corretto o se invece in casi come quello in esame possa essere lesivo della par condicio?
          - si vuole chiedere se sia applicabile solo alla fattispecie oggetto delle sentenze della Suprema Corte o a tutte quelle nelle quali si verifica uno sfasamento temporale fra evento che genera il credito/debito IVA e momento in cui tale credito/debito emerge?
          - o si vuole chiedere se nel caso di emissione di note di credito "causa genetica" sia il mancato pagamento e non la prestazione in base alla quale è stata emessa la fattura originaria?
          Se si tratta della prima domanda, non vediamo che potere abbia l'Agenzia delle Entrate di sindacare il dettato di più sentenze dalla Corte di Cassazione, tutte conformi.
          Se si tratta della seconda domanda, ci pare che il principio sia stato esposto dalla Suprema Corte in termini sufficientemente chiari e generali, e non vi sia un margine di dubbio da chiarire.
          Per quanto infine riguarda la terza domanda, che seguendo appunto il principio della "causa genetica" l'IVA portata da una nota di credito sia da collocare nel periodo nel quale è stata effettuata la cessione ovvero fornita la prestazione oggetto della fattura originaria, ci pare altrettanto chiaro.
          Senza considerare che nel caso in questione si chiederebbe all'Agenzia di disconoscere l'applicabilità di una sentenza della Corte di Cassazione, a suo svantaggio: ci pare che la probabilità di una risposta positiva sia decisamente remota ....
          A nostro avviso l'interpello potrebbe quindi essere utile solo se il suo scopo non fosse sperare in una risposta favorevole alla procedura, ma tutelare il Curatore nel caso di contestazioni da parte, appunto, dei creditori privilegiati di grado pozione rispetto all'IVA. Ma anche se così fosse (e dal tono della domanda non ci pare lo sia) la risposta è comunque un parere dell'Agenzia, creditore di pari dignità, in sede fallimentare, di quelli che potrebbero sollevare la questione, e quindi con una valore decisamente modesto in un eventuale giudizio su tale questione; non si tratterebbe di un pronunciamento ufficiale di un organo super partes, che ha tutt'altro peso: quello c'è già stato.
          • Giancarlo Corsi

            Ancona
            07/09/2019 15:37

            RE: RE: RE: RE: Emissione nota di credito v/altro fallimento per recuperare iva non versata

            Vorrei ritornare sulla tematica principale che, in base al principio della causa genetica del credito per emissione di note di variazioni attribuita al periodo di emissione delle fatturazioni attive effettuate prima del Fallimento che, nel caso specifico sottoposto, siano andate a formare un debito I.V.A. non versato nel periodo in bonis che poi sia stato regolarmente ammesso allo Stato Passivo.

            Al riguardo formulo le seguenti ulteriori considerazioni:

            1) dando per condiviso il principio suesposto, significa che ,se tale retrodatazione opererebbe, si violerebbe il principio dell'intangibilità dello Stato Passivo che, come noto, diventa definitivo decorso un preciso termine salvo la presenza delle condizioni previste dalla Legge Fallimentare per la presentazione di domande ultratardive, domanda che il creditore, peraltro, non avrebbe alcun interesse di presentare trattandosi di richiesta in riduzione dei propri diritti creditori già riconosciuti e che, comunque, non sarebbe in grado di conoscere in quanto tale maggiore credito sarebbe collocato in una dichiarazione IVA effettuata dalla Curatela in un anno di imposta fallimentare nel quale si sono concretizzati i relativi diritti;

            2) se quanto sopra risultasse corretto, allora la Curatela non potrebbe che fare altro che, una volta redatta la Dichiarazione I.V.A., valutare la possibilità, magari previa informativa all'Agenzia delle Entrate, di procedere di iniziativa ad una variazione dello Stato Passivo ex Art. 115 2° comma L.F. che, purtroppo, essendo applicabile solo in caso di cessioni e surrogazioni, risulterà di fatto inapplicabile nel concreto o comunque potrà essere oggetto di contestazione da parte della stessa Agenzia delle Entrate;

            3) ulteriormente, ferme le considerazioni di cui ai due Punti precedenti ed in applicazione del principio della causa genetica riferita al debito concorsuale, la situazione che, nel concreto, si determinerebbe sarebbe che il Fallimento si troverebbe costretto a fare un riparto su crediti di fatto non spettanti o non darlo in caso di incapienza e che, di fatto, la norma fiscale, in caso di nota di variazione emessa vs. una procedura concorsuale, risulterebbe di fatto disapplicata in quanto nel concreto non dispigherebbe alcun effetto concreto senza che nel disposto normativo sia prevista alcuna disapplicazione nel caso di procedure concorsuali;

            4) le conseguenze di cui al Punto 3) precedente sarebbero ancora più irragionevoli nel caso in cui il presupposto per l'emissione nascesse da un recupero crediti di natura individuale e quindi a seguito di un mancato realizzo derivante da almeno tre tentativi di asta andati negativi, per mancata notifica per irreperibilità o, ulteriormente, per verbali di pignoramento negativi in quanto il debitore vs. il Fallimento, al ricevimento della stessa, sarebbe comunque tenuto all'inserimento nella propria dichiarazione I.V.A. e quindi al conseguente riversamento a fronte di un soggetto (il Fallimento) che non potrebbe mai nel concreto recuperarla per la riduzione del credito originariamente ammesso allo Stato Passivo, dovendo, in ipotesi di capienza in sede di riparto, procedere addirittura al pagamento del credito originariamente ammesso.

            Alla luce di quanto sopra rappresentato, salvo la possibilità, nel caso dell'esistenza dei presupposti per eseguire un riparto anche a favore dell'Agenzia delle Entrate, di richiedere al G.D., vista la ritenuta impraticabilità delle previsioni di cui all'Articolo 115, 2° Comma, L.F., uno specifico provvedimento di modifica dello Stato Passivo oppure di richiedere all'Agenzia delle Entrate un'espressa rinuncia alla parte del credito I.V.A. corrispondente alla nota di variazione, l'attribuzione della causa genetica con esclusivo riferimento al periodo di imposta prefallimentare di emissione della fatturazione, farebbe si che la normativa, introdotta in applicazione (anche se parziale) dei principi comunitari dell'effettività, in caso di procedure concorsuali che non siano, in grado di effettuare riparti a favore dell'Agenzia delle Entrate, risulti nel concreto, inapplicabile con evidente irragionevolezza; pertanto riterrei che un'interpretazione ragionevole non possa che indurre a valorizzare se i presupposti dell'emissione della nota di variazione siano nati esclusivamente da attività posta in essere dal Curatore o siano il mero effetto di trascinamento di eventi già incardinati al momento della dichiarazione di fallimento. In sostanza, per andare nel caso concreto, qualora le attività di recupero del relativo credito (sia per il tramite dalla richiesta di ammissione allo Stato Passivo poi ovviamente accolta che per l'introduzione del procedimento esecutivo individuale) siano la conseguenza di iniziative esclusivamente poste in essere dall'organo fallimentare la causa genetica non potrà che essere endofallimentare (e quindi il rimborso spettare), mentre, nel caso in cui tali fatti, che ne costituiscono il presupposto logico di quanto poi concretizzatosi, erano invece già in essere al momento della dichiarazione di fallimento, allora l'originaria causa genetica prevalente permarrebbe.

            Si chiede, pertanto, una Vs. opinione circa le considerazioni sopra svolte.

            Si ringrazia.
            • Stefano Andreani - Firenze
              Luca Corvi - Como

              07/09/2019 18:32

              RE: RE: RE: RE: RE: Emissione nota di credito v/altro fallimento per recuperare iva non versata

              Procediamo per ordine, seguendo la numerazione del quesito.

              1 e 2) Il problema dell'emersione in corso di procedura di un credito verso un creditore ammesso al passivo non è circoscritto all'ambito tributario; ciò che cambia possono essere le modalità/formalità per gestirlo.

              Posta l'intangibilità dello stato passivo, ed trovandoci al di fuori delle fattispecie in base alle quali l'art. 115 l.fall. ne consente la rettifica, se si tratta di un creditore "normale" il Curatore dovrà agire per il recupero del credito della procedura, e la controparte potrà ex art. 56 l.fall. eccepire la compensazione con il suo credito ammesso al passivo.

              Trattandosi dell'Agenzia delle Entrate, la soluzione ovviamente migliore è, come ipotizzato nel quesito, evidenziare la situazione all'Agenzia e ottenere da essa una rinuncia parziale al credito ammesso. In caso che ciò non sia possibile, non vediamo altra soluzione che (in presenza dei requisiti di Legge) chiedere il rimborso e ottenere per tale via il diniego dell'Agenzia per compensazione ex art. 56 l.fall., compensazione della quale si potrà tener conto in sede di riparto.

              Che poi l'Agenzia non venga messa a conoscenza dei suoi crediti che sorgano in corso di procedura per fatti anteriori a essa, relativamente ai quali deve presentare istanza di ammissione al passivo se vuole che le siano pagati, è questione ben nota, dovuta al fatto che la modulistica e le procedure non consentono di evidenziare la distinzione fra crediti e debiti IVA ante e post procedura. Finché modulistica e/o procedure non verranno modificati, si tratta di un danno per l'Erario che è sua responsabilità non far nulla per risolvere.


              3) Ciò premesso, il fallimento si troverà a effettuare il riparto dell'Erario:
              - o per il credito già ridotto a seguito della compensazione, se l'Agenzia delle Entrate avrà presentato istanza di riduzione appunto per compensazione (a seguito di accordo ovvero di diniego di rimborso, come illustrato al punto precedente)
              - o dopo aver riscosso il suo credito, se l'Agenzia avrà effettuato il rimborso senza eccepire la compensazione.

              Se la controparte è anch'essa fallita, si verificherà per essa esattamente quanto esposto al punto precedente: sorge in capo a essa un debito IVA ante procedura che, se l'Agenzia delle Entrate non presenta ammissione al passivo, non le verrà corrisposto.


              4) Se invece la controparte è in bonis, semplicemente:
              - sarà tenuta al versamento dell'IVA in questione (con che danari possa farlo, dopo tre tentativi di asta o verbali di pignoramento negativi, o voglia farlo dopo che risulta irreperibile, è questione che ovviamente qui non ci interessa)
              - il fallimento potrà recuperare tale importo con le procedure descritte sopra.


              In caso che l'Agenzia non abbia presentato istanza di riduzione del proprio credito, al momento del riparto (e se si segue quanto descritto sopra ciò dovrebbe invece essere avvenuto) si potrebbe forse chiedere al Giudice Delegato, pur senza modificare lo stato passivo, di tener conto di tale compensazione: è vero che la facoltà di compensare è attribuita dall'art, 56 l.fall. solo al debitore, ma il Giudice potrebbe dare un'interpretazione estensiva della norma. Il condizionale è comunque d'obbligo, perché la norma non lo consente esplicitamente.


              Tutto ciò premesso, non vediamo una irragionevolezza talmente evidente da giustificare la disapplicazione di precise disposizioni di legge e di più sentenze conformi della Suprema Corte.

              L'unica "irragionevolezza" sta in sostanza nel fatto che la modulistica e le procedure non consentono all'Erario di essere messo a conoscenza di un suo credito per il quale deve presentare istanza di ammissione al passivo, ma non è un problema giuridico bensì, appunto di modulistica e procedure.

              Né vediamo come alla luce di tali disposizioni e sentenze si possa dar rilievo alla differenza fra emissione delle note di credito a seguito di attività svolte dal Curatore ovvero di "semplice" fallimento della controparte.
              • Giancarlo Corsi

                Ancona
                08/09/2019 16:31

                RE: RE: RE: RE: RE: RE: Emissione nota di credito v/altro fallimento per recuperare iva non versata


                Ringrazio dell'articolato riscontro, chiedendo i riferimenti della sentenze di Cassazione cui si fa riferimento in modo da compararle con quelle a mia conoscenza in relazione alla specifica tematica in esame.
                Concludo precisando che, In termini pratici, riterrei che tale intricata situazione, nel caso concreto che mi riguarda (assenza di capienza per un riparto finale al creditore erariale), al fine di evitare che, in caso di cessione pro-soluto, si realizzi la concreta possibilità che il potenziale cessionario nel formulare l'offerta di acquisto mi eccepisca la forte aleatorietà del suo integrale rimborso per l'eccepibilità della compensazione con debiti IVA oggetto di ammissione e non pagati, possa essere risolta solamente con la chiusura anticipata della partita IVA, il cui mantenimento risulta di scarso interesse per il recupero di un limitato importo di IVA per il compenso finale da liquidare ed in assenza di operazioni attive da porre in essere per la conclusione del realizzo dell'attivo mobiliare) e quindi formulare quale Fallimento una richiesta di rimborso per cessazione di attività. In tale modo, pur determinandosi un allungamento dei temi di chiusura della procedura, si avrà un riscontro effettivo dell'Agenzia delle Entrate sul cui effettivo contenuto si potrà valutare il successivo modus operandi.
                Si ringrazia ancora.
                • Stefano Andreani - Firenze
                  Luca Corvi - Como

                  09/09/2019 07:20

                  RE: RE: RE: RE: RE: RE: RE: Emissione nota di credito v/altro fallimento per recuperare iva non versata

                  Le sentenze della Corte di Cassazione sono (fra altre) la n. 6149 del 1/6/1995, la n. 15690 del 12/6/2008 e la n. 8222 del 11/4/2011.

                  La soluzione pratica ipotizzata ci pare assolutamente ragionevole.
                • Giancarlo Corsi

                  Ancona
                  10/09/2019 14:12

                  RE: RE: RE: RE: RE: RE: RE: RE: Emissione nota di credito v/altro fallimento per recuperare iva non versata


                  Ho reperito le sentenze segnalate che mi sembrano trattino esclusivamente della tematica della prededucibilità dell'IVA di rivalsa (costantemente negata) che, di regola, un professionista ammesso è costretto a fatturare in sede di riparto per la quale il Fallimento esercita il diritto alla detrazione (principio mai non oggetto di specifica doglianza nei giudizi sollevati ma anzi dato implicitamente come presunto in alcuni passi delle sentenze esaminate); riterrei quindi che da tali arresti di legittimità non se ne possa derivare pacificamente il problema della riqualificazione temporale del credito nascente dalle note di credito emesse da un Fallimento per acclarata infruttuosità in sede esecutiva o concorsuale per crediti precedenti al Fallimento.

                  Si chiede, inoltre, a seguito di ulteriori approfondimenti effettuati nel caso di specie, se, dando comunque per assunto il rischio di compensazione del credito nascente dalle note di credito e quindi del disconoscimento come credito della massa per la tematica in oggetto in caso di richiesta di rimborso, se, nel caso in cui il debito IVA delle originarie fatture attive (poi annullate in sede fallimentare) sia riferibile ad un Anno di imposta per il quale l'Agenzia delle Entrate, per il tramite dall'Agenzia della Riscossione, non sia stato mai ammessa allo Stato Passivo per assenza di istanza (ma in presenza di crediti ammessi per precedenti anni di imposta - sia IVA che per altri tributi -), il rischio dell'eccezione di compensazione sia da considerarsi ancora sussistente in quanto per lo specifico anno di riferibilità (e quello successivo) dell'operazione attiva originaria l'Agenza delle Entrate non vanta nessun diritto di credito IVA vs. il Fallimento e quindi vs. il debitore.

                  Si ringrazia.
                • Stefano Andreani - Firenze
                  Luca Corvi - Como

                  11/09/2019 22:32

                  RE: RE: RE: RE: RE: RE: RE: RE: RE: Emissione nota di credito v/altro fallimento per recuperare iva non versata

                  E' vero che le sentenze di cui stiamo parlando non affrontano specificatamente il principio della collocazione ante o post fallimento dell'IVA, ma per poter negare la prededuzione all'IVA dei professionisti, che sorge in corso di procedura, per documenti emessi in corso di procedura a seguito di pagamento effettuato dal Curatore in corso di procedura, enunciano ben chiaramente il principio della "causa genetica", come evento da cui discende la collocazione ante o post dell'IVA sul documento che da tale causa genetica deriva.

                  Se ciò vale per la specifica questione da esse affrontata, non vediamo perché non debba valere anche in tutti gli altri casi in cui si verifica questo sfasamento temporale fra causa genetica e emissione/ricezione/registrazione del relativo documento.

                  Per quanto riguarda la seconda domanda, è pacifico che per la compensazione ex art. 56 l.fall. non è necessario che il credito che il debitore della procedura eccepisce in compensazione sia ammesso al passivo.

      • Alessandro Campana

        Bassano del Grappa (VI)
        11/01/2021 11:05

        RE: RE: Emissione nota di credito v/altro fallimento per recuperare iva non versata

        Buongiorno,
        quale curatore, mi trovo in una situazione simile a quella del collega Baroncelli, con alcune differenze:
        Una ditta individuale in fallimento (A) vantava, alla data di sentenza dichiarativa di fallimento, tra gli altri, un ingente credito v/altro soggetto (B), a sua volta dichiarato fallito.
        Tra i creditori insinuati ed ammessi al passivo fallimentare di "A" figura l'agente della riscossione per crediti tributari privilegiati iscritti a ruolo dall'agenzia delle entrate MA in particolare NON per l'Iva a debito dovuta in relazione alle fatture emesse nei confronti del cliente suindicato (B), poi fallito (tra le diverse tardive che l'AdE-R ha inviato, non compare mai la richiesta dell'iva a debito dell'anno del fallimento che abbiamo portato alla loro attenzione tramite la dichiarazione 74-bis).
        "A" è stato ammesso allo stato passivo di "B" il cui riparto finale (totalmente infruttuoso) è stato dichiarato esecutivo e non opposto a fine 2019, e la procedura B è stata poi chiusa i primi del 2020.
        "A" ha quindi emesso nota di variazione iva il 23/3/20 e, riferendosi a fatti del 2019 ed essendo emessa prima della scadenza del termine per la presentazione della dichiarazione iva, è stata inserita nella dichiarazione iva 2020 anno 2019 chiedendone il rimborso.
        Come da vostra risposta a questa discussione, mi aspettavo di dover eventualmente battagliare sulla natura ante o post fallimento del relativo credito e quindi della compensabilità o meno con i debiti verso l'AdE;
        al contrario delle aspettative, l'AdE ha risposto con un diniego al rimborso dicendo che:
        1) la procedura B è stata chiusa nel 2020 quindi non potevamo inserire la nota di variazione nella dichiarazione iva del 2019 (nonostante il DPR faccia chiaramente riferimento all'esecuzione del riparto finale senza opposizioni e non alla chiusura della procedura come fatto scatenante il diritto di emettere nota di variazione iva)
        2) assenza presupposto della cessazione dell'attività (il fallimento A nel 2020 risulta ancora aperto, con partita iva aperta ma, come si vede da una qualsiasi visura, l'attività è stata dichiarata cessata nell'anno di dichiarazione del fallimento, anno in cui il fallito aveva anche proceduto alla chiusura della partita iva stessa prima di presentare istanza di autofallimento, tanto che abbiamo dovuto riaprirla per la gestione della procedura)
        3) visto che l'iva dell'anno di emissione delle fatture in oggetto non era stata versata (e ripeto che l'agenzia non si è insinuata per tale credito iva), sollevano l'eccezione di inadempimento ex art. 1460 cc (inadimplenti non est adimplendum), "secondo la quale l' Amministrazione Finanziaria può legittimamente rifiutarsi la restituzione di somme per cui la controparte sia a sua volta inadempiente."

        Nelle conversazioni che sono nate con il responsabile AdE della posizione, ed in particolare alla nostra affermazione che in questo modo l'agenzia viola la par conditio, emerge dalle risposte l'eccezione non solo della natura del credito ma anche della sua stessa esistenza;
        l'esistenza del credito però non è stata contestata nel provvedimento di diniego, quindi a mio parere il credito esiste e, se contestano il diniego per ragioni tecniche (come la partita iva ancora aperta), posso sempre portare avanti il credito e richiederne il rimborso nella dichiarazione iva 2020 quando la partita iva sarà effettivamente chiusa.

        Ritenete che il ragionamento dell'agenzia esposto al punto 3 sull'eccezione di inadempimento possa avere fondamento? non avrebbero piuttosto dovuto eccepire la compensazione? Ritenete esistano aperture per presentare ricorso? (considerate che si tratta di quasi 90.000 euro indispensabili per pagare dipendenti, professionisti e artigiani)

        Il termine per il ricorso contro il provvedimento di diniego scade il 30/1 e dagli scambi con l'agenzia non sembrano esserci speranze di modifiche in autotutela;
        se non presentassi ricorso ma richiedessi nuovamente il rimborso con la dichiarazione iva 2020, potrebbero eccepirmi il "ne bis in idem" in quanto è già stato deciso questione e la curatela non ha proposto ricorso?

        in attesa delle vostre considerazioni in merito,
        ringrazio fin da ora.
        Dott. Alessandro Campana
        • Stefano Andreani - Firenze
          Luca Corvi - Como

          17/01/2021 16:56

          RE: RE: RE: Emissione nota di credito v/altro fallimento per recuperare iva non versata

          Sbrogliamo per prime le due questioni meno complesse.


          La prima è l'individuazione dell'anno nel quale doveva/poteva essere esercitato il diritto alla detrazione dell'IVA evidenziata dalla nota di credito.

          A tal proposito non ci è chiaro quanto esposto nel quesito: cosa significa "il cui riparto finale (totalmente infruttuoso) è stato dichiarato esecutivo"?

          Se è stato presentato un piano di riparto finale a zero, il Giudice ne ha ordinato il deposito, è stato comunicato ai creditori ed è stato reso esecutivo, allora il termine per l'emissione della nota di credito, secondo la Circolare 77/2000 (il cui contenuto è sempre stato dato per pacifico nei successivo documenti di prassi) decorre dal "decreto con cui il giudice stabilisce il piano di riparto, rendendolo esecutivo trascorso il termine di dieci giorni [oggi quindici, n.d.a] per le osservazioni dei creditori".

          Se invece, non esistendo somme ripartibili, non è stato ritualmente previsto un piano di riparto, allora torna applicabile quanto indicato nella Risoluzione 89/2002: "nel caso di fallimento del debitore la facoltà di eseguire la variazione in diminuzione sorge da quando è reso esecutivo il piano di riparto dell'attivo, ovvero dalla data di chiusura della procedura fallimentare in assenza di un piano di riparto".

          Quindi:
          - nel primo caso il diritto alla detrazione è sorto nel 2019 ed è corretto il comportamento tenuto dal Curatore
          - nel secondo caso il diritto alla detrazione è sorto nel 2020, quindi riteniamo che il comportamento corretto sia presentare ina dichiarazione integrativa relativamente al 2019, non inserendo tale IVA a credito e quindi di fatto rinunciando al rimborso, e portare l'IVA in detrazione nel 2020, nella dichiarazione che verrà presentata nel 2021.


          La seconda è l'anno di cessazione dell'attività, e su questa ci pare che l'Agenzia abbia ragioni da vendere: non solo la partita IVA è ancora aperta, ma addirittura era chiusa ed è stata riaperta dal Curatore, quindi è decisamente arduo sostenere che, ai fini IVA perché è di tale ambito che qui si tratta, l'attività sia invece cessata.

          Se per "gestione della procedura" si intende il dover emettere fatture, nell'ambito dell'attività di liquidazione dei beni fallimentari o in conseguenza p.es. di incasso di servizi precedentemente non fatturati, allora la riapertura della partita IVA era atto dovuto e l'attività (ribadiamo, ai fini IVA) è ancora pienamente in corso.

          Se invece è stata riaperta solo per poter portare a credito l'IVA sulle fatture passive che saranno ricevute, allora abbiamo addirittura qualche dubbio che fosse legittimo riaprirla, ma una volta che è stato fatto, le conseguenze in tema di attività in corso o meno sono le medesime.


          Passando alla terza questione, che invece è (a nostro avviso inutilmente) più complessa, è assolutamente pacifico che il debitore del fallimento (in questo caso l'Agenzia delle Entrate per quanto spettante a rimborso) ha diritto a opporre in compensazione ogni suo credito, ancorché non ammesso al passivo (posto ovviamente che si tratti di un credito esistente), quindi l'Agenzia ben può rifiutare il rimborso motivandolo con la compensazione di un suo maggior credito.

          Il diniego di rimborso ex art. 1460 c.c. ci sembra invece inconferente e quindi facilmente contestabile; è pacifico che il rimborso non è la controprestazione correlata al versamento, perché le due operazioni sono nettamente, logicamente e proceduralmente separate:

          - il diritto dell'Agenzia a riscuotere l'IVA sulla fattura in questione non sorge con l'emissione della stessa, bensì da raffronto fra l'IVA a debito risultante da quella e tutte le altre fatture attive emesse nel periodo meno l'IVA a credito risultante dalle fattura di acquisto registrate nel medesimo periodo, e in linea di principio da tale fattura poteva anche non emergere IVA da versare

          - il credito di cui si chiede il rimborso deriva dal coacervo di IVA a credito e IVA a debito del differente periodo relativamente al quale si chiede il rimborso.

          E ancor più semplicemente e chiaramente siamo anni luce di distanza dai "contratti con prestazioni corrispettive" a cui si riferisce il 1460 c.c.; non c'è un contratto, non ci sono prestazioni corrispettive, e anzi non vi sono nemmeno prestazioni, né da parte né dell'Agenzia né da parte dell'impresa fallita.

          Abbiamo detto che è la questione più complessa perché l'aspetto delicato è quello procedurale.

          Cosa significa "dicendo che"?

          Il diniego di rimborso è stato motivato per iscritto come esposto nel quesito, o è stato motivato genericamente, e quanto esposto nel quesito è stato detto verbalmente?

          Perché certo che il diniego di rimborso con questa motivazione è impugnabile avanti la Commissione Tributaria, e se l'Ufficio ha già ufficialmente motivato il diniego con gli argomenti esposti nel quesito, o se prosegue su quella linea in sede contenziosa, vi sono a nostro avviso forti possibilità di successo in tale sede.

          Ma se tale diniego è stato motivato genericamente, o comunque in sede contenziosa l'Agenzia eccepisce la compensazione ex art. 56 l.fall., le probabilità di successo scendono drasticamente a zero.

          E se anche si verificasse la prima ipotesi, siamo certi che l'Ufficio non possa successivamente sollevare l'eccezione di compensazione e quindi nuovamente negare il rimborso, questa volta per un motivo legittimo?

          In conclusione, la tesi dell'art. 1460 c.c. non sta in piedi, ma non vediamo grandi possibilità di successo reale in una eventuale (e costosa) fase contenziosa, anche perché, nella sostanza, il rimborso effettivamente non spetta, né il Curatore, che non dimentichiamo è pubblico ufficiale e quindi tenuto a un comportamento conforme alla legge, ci pare possa/debba "provarci", come magari potrebbe fare un privato cittadino ....
          • Alessandro Campana

            Bassano del Grappa (VI)
            18/01/2021 16:57

            RE: RE: RE: RE: Emissione nota di credito v/altro fallimento per recuperare iva non versata

            Innanzitutto grazie per la strutturata risposta: è stata davvero utile.
            Chiarisco alcuni punti, anche per il beneficio di un eventuale lettore con problematiche simili:

            1) per quanto riguarda l'anno in cui si poteva esercitare il diritto alla detrazione: sì, il fallimento B ha predisposto un riparto finale che è stato dichiarato esecutivo dal GD nel 2019 (infruttuoso per il fallimento di cui sono curatore), quindi inserire la nota di variazione nella dichiarazione iva 2019 è stato corretto

            2) dal momento che la partita iva è stata effettivamente riaperta per gestire le fatture di vendita e di acquisto del fallimento e che quindi l'agenzia ha ragione nell'affermare che non vi è il presupposto per il rimborso, allora la soluzione più efficace è presentare una dichiarazione iva integrativa per riportare a nuovo il credito anno 2019 in modo da ripresentare istanza di rimborso in questi mesi, vista la chiusura della partita iva il 31/12/20

            3) sicuramente l'agenzia può far valere la compensazione ex 56 anche alla prossima richiesta di rimborso; ciononostante lo devono fare tramite il provvedimento corretto e non, come hanno fatto nella fattispecie esaminata, con un provvedimento di diniego al rimborso

            4) i punti contestati dall'agenzia, compresa l'eccezione di inadempimento ex 1460 cc, sono espressi in un provvedimento ufficiale di diniego; gli scambi informali avvenuti successivamente sono stati effettuati tramite posta elettronica ordinaria: in uno di questi scambi, l'agenzia continua ad affermare che "deve essere provata, in sede di eventuale futura richiesta di rimborso, l'avvenuta registrazione e liquidazione" (n.d.r. di qualsiasi fattura per cui è stata emessa la nota di variazione) e ritengo che questo non abbia ragion d'essere.

            Rinnovo i ringraziamenti.
            Dott. Alessandro Campana
            • Stefano Andreani - Firenze
              Luca Corvi - Como

              19/01/2021 12:15

              RE: RE: RE: RE: RE: Emissione nota di credito v/altro fallimento per recuperare iva non versata

              In primo luogo ringraziamo per aver condiviso con tutti i lettori queste informazioni e considerazioni: proprio la collaborazione di ciascuno di noi, per lavorare tutti meglio, è lo spirito di questo Forum
              .
              Per il resto l'unica osservazione che ci sentiamo di aggiungere è, relativamente al punto 4, che bisognerebbe esaminare bene, e nella sua interezza, quanto scritto dall'Agenzia:

              - se la richiesta è di documentare che le fatture emesse, ora stornate con le note di credito, sono state regolarmente registrate e hanno regolarmente concorso alle relative liquidazioni periodiche, ci pare una richiesta legittima

              - se ciò che l'Agenzia pretende è che tale imposta sia stata versata, come si desumeva dal primo intervento, concordiamo sul fatto che si tratti di una pretesa ingiustificata.

              A ben vedere, la questione si risolve alla luce proprio dell'art. 56: se l'imposta non è stata all'epoca versata, l'Agenzia vanta ancora un credito, che può compensare con la richiesta di rimborso.

              Ripetiamo che il richiamo all'art. 1460 c.c. è inconferente, ma nella sostanza, attraverso l'art. 56 l.fall. la compensazione è logica e legittima.