Forum ESECUZIONI - LA FASE DELLA VENDITA

Decesso di uno dei debitori esecutati, rinuncia eredità da parte dei figli e notifica avviso di vendita

  • Giuseppe Franco

    Nocera Inferiore (SA)
    07/01/2021 09:20

    Decesso di uno dei debitori esecutati, rinuncia eredità da parte dei figli e notifica avviso di vendita

    Salve,
    in qualità di Delegato alla vendita del compendio immobiliare staggito, nel verificare l'incombenza in ordine alla notifica dell'avviso di vendita alle parti processuali, evidenzio la seguente fattispecie.
    Due coniugi risultano debitori esecutati e, dopo la notifica dell'atto di pignoramento, si verifica il decesso di uno di questi.
    Ovviamente nulla quaestio sulla prosecuzione della procedura esecutiva, dalla lettura del carteggio versato in atti, segnatamente dalla comparsa di costituzione del debitore esecutato in vita, rilevo che i due figli avrebbero (in atti non è stato versato l'atto di rinuncia) rinunciato all'eredità del decuius padre.
    Acquisito l'atto di rinuncia, i due figli non possono considerarsi, ex lege, eredi del decuius padre e, pertanto, l'avviso di vendita non dev'essere notificato anche a costoro.
    Resto in attesa di un Vostro contributo in ordine alla fattispecie innanzi enucleata e circa la correttezza della tesi evidenziata.
    Con Osservanza
    Dott. Giuseppe Franco
    • Zucchetti SG

      08/01/2021 08:04

      RE: Decesso di uno dei debitori esecutati, rinuncia eredità da parte dei figli e notifica avviso di vendita

      Condividiamo l'affermazione circa la superflutià della comunicazione dell'avviso di vendita agli eredi che non hanno accettato l'eredità, aggiungendo comunque quanto segue.
      Premettiamo che il codice di procedura civile non prevede che l'avviso di vendita sia notificato alle parti e che dopo le riforme del 2005 la prevalente dottrina e giurisprudenza di merito (Trib. Pavia 18 settembre 2017; Trib. Larino, 06 novembre 2019; Trib. Roma sez. IV, 27 marzo 2012. Ha implicitamente ritenuto necessaria la notifica dell'avviso di vendita Trib. Monza Sez. III, 05 maggio 2016) escludono che esso vada comunicato alle parti.
      Invero, se si esamina la disciplina ed il contenuto dell'avviso di vendita (artt. 490 e 570 c.p.c.) ricava il dato per cui esso non è stato concepito, dal legislatore codicistico, come rivolto al debitore, o in generale alle parti della procedura esecutiva. L'avviso di vendita nasce per "parlare" al mercato, e tanto si evince sia dallo scrutinio delle formalità pubblicitarie cui è sottoposto, sia dai contenuti che lo caratterizzano, e che si risolvono nella indicazione di informazioni che sono già nel patrimonio conoscitivo del debitore, fatta salva la data della vendita e quella del termine ultimo per la formulazione delle offerte di acquisto, e che sono rese note alla platea dei potenziali interessati per consentire loro di valutare la convenienza di una eventuale offerta di acquisto.
      Il fatto dunque che, come osservato da taluna giurisprudenza (Trib. Torre Annunziata, ordinanza del 12 ottobre 2020), nessuna norma preveda la comunicazione o la notificazione dell'avviso di vendita al debitore esecutato, non è ascrivibile ad una lacuna normativa, ma costituisce il precipitato dell'assunto per cui questa comunicazione si risolverebbe in un formalismo mero, non essendo in alcun modo ancillare rispetto alle prerogative processuali che il debitore può esercitare in seno alla procedura esecutiva.
      Aggiungiamo inoltre che neppure quando la notifica dell'avviso di vendita sia prescritta dall'ordinanza di vendita, la sua omissione si risolve, ipso facto nella illegittimità del procedimento (Fermo restando che l'ordinanza di vendita costituisce la lex specialis del procedimento liquidatorio, sicché le relative prescrizioni sono vincolanti Cfr. sul punto, Cass., sez. III, 07 maggio 2015, n. 9255; Cass., sez. III, 29 settembre 2015, n. 11171, Cass. sez. III, 05 ottobre 2018, n. 24570), ove non si deduca lo specifico pregiudizio al bene della vita che dalla omissione sia derivato.
      La giurisprudenza di legittimità ha infatti ribadito a più riprese che "non potendosi configurare un generico ed astratto diritto al contraddittorio, è inammissibile l'impugnazione di un atto dell'esecuzione con la quale si lamenti la mera lesione del contraddittorio, senza prospettare a fondamento dell'impugnazione stessa le ragioni per le quali tale lesione abbia comportato l'ingiustizia del processo, causata dall'impossibilità di difendersi a tutela di quei diritti o di quelle posizioni giuridicamente protette" (Cfr, Cass., sez. III, 18 agosto 2003, n.12122; Cass., sez. III, 17 maggio 2005 n. 10334; Cass., sez. III, 20 novembre 2009 n. 24532; Cass., sez. III, 24 aprile 2012, n. 6459), sicché l'opponente non può "limitarsi a dedurre la lesione di un astratto e generico diritto al contraddittorio" (così la citata Cass., sez. III, 29 settembre 2014, n. 20514), con la conseguenza che "il giudice, pur avendo constatato un'illegittimità della procedura, non deve accogliere l'opposizione se non venga dimostrato che dalla stessa sia derivata la lesione dell'interesse del debitore a conseguire dalla vendita il maggior prezzo possibile per aver impedito ulteriori e più convenienti offerte di acquisto"( Cass., sez. III, 30 giugno 2014, n. 14774).
      Rispetto a queste legittimazioni processuali si potrebbe dire che la notifica dell'avviso di vendita, poiché indica la data ultima per la presentazione delle offerte di acquisto e quella della vendita, vada comunicato al debitore per consentirgli di esercitare il diritto di chiedere la sospensione dell'esecuzione o il rinvio della vendita.
      Tale assunto, il quale riecheggia in qualche misura le ragioni indicate dalla giurisprudenza che aveva affrontato il tema nel vigore delle norme preesistenti alla riforma del 2005, allorquando aveva ritenuto che, pur in mancanza di una espressa previsione normativa, l'avviso di vendita andava notificato per consentire al debitore di chiedere la conversione del pignoramento ([1] Ribadito da ultimo da Cass 5 marzo 2009 n. 5341, la quale, a sua volta, faceva proprio il precedente costituito da Cass. 12 dicembre 2003 e Cass. 13 ottobre 2009 n. 21682), non convince.
      In primo luogo, sul piano generale, non può obliterarsi il dato per cui il contraddittorio che caratterizza il processo di esecuzione è stato icasticamente definito a contraddittorio attenuato o ridotto. La giurisprudenza di legittimità ha in proposito efficacemente osservato che "anche dopo le modifiche apportate in senso più garantistico con la L. 14 maggio 2005, n. 80, modificata dalla L. 28 dicembre 2005, n. 263, e con la L. 24 febbraio 2006, n. 52, resta, comunque, imprescindibile la posizione di soggezione del debitore a fronte dell'azione esecutiva che il creditore esercita avvalendosi di un diritto consacrato in un titolo esecutivo; posizione di soggezione, fatta palese - quanto al particolare atteggiarsi del principio del contraddittorio - dalla norma cardine dell'art. 485 c.p.c., non modificata dalle Leggi citate. In tale prospettiva è stato evidenziato che nell'opposizione agli atti esecutivi, le ragioni per le quali la lesione del contraddittorio abbia comportato l'ingiustizia dell'atto dell'esecuzione contestato, causata dall'impossibilità di difendersi a tutela di un proprio diritto, devono essere poste a fondamento dell'impugnazione e vanno, pertanto, tempestivamente dedotte in sede di opposizione"(Cass., sez. III, 03 febbraio 2012, n. 1609; Cass., sez. III, 29 settembre 2014, n. 20514).
      In secondo luogo, l'art. 490 c.p.c., scandisce quali adempimenti pubblicitari sconta obbligatoriamente l'avviso di vendita, e dunque il debitore ha la possibilità di esaminarlo al fine di esercitare una qualsivoglia iniziativa processuale, senza che questa possa ritenersi impedita dalla mancata comunicazione.
      In definitiva, il combinato disposto di plurimi argomenti consente una duplice conclusione.
      In primis, la natura attenuata del contradditorio che governa la procedura esecutiva, l'assenza di specifiche disposizioni e la inesistenza di pregiudizi sostanziali immediatamente identificabili, portano ad escludere che dal tessuto del codice di rito possa ricavarsi la regula iuris per cui l'avviso di vendita vada notificato al debitore.
      Inoltre, quand'anche il giudice, nell'esercizio dei suoi poteri di direzione della procedura (art. 484 c.p.c.) abbia prescritto al professionista delegato di provvedere alla notifica dell'avviso di vendita, la violazione di questo adempimento non si risolve in un vizio della procedura capace di cagionarne la necrosi se il debitore non indica quale concreto vulnus abbia provocato quella omissione processuale.