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Forum ESECUZIONI - PROGETTO DI DISTRIBUZIONE
piano di riparto e mancanza di titolo per intervenire nella procedura da parte del creditore intervenuto
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Anna Maria Carlucci
Salerno27/08/2024 21:16piano di riparto e mancanza di titolo per intervenire nella procedura da parte del creditore intervenuto
Salve, come delegato alla vendita ho depositato un piano di riparto che prevedeva la distribuzione del ricavato della vendita oltre che in favore del creditore procedente anche in favore del creditore intervenuto (munito di decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo, ma con giudizio di opposizione in corso), da premettere che l'intervento è stato spiegato tempestivamente, essendo avvenuto prima dell'ordinanza che disponesse la vendita degli immobili.
Dopo aver comunicato la bozza del progetto di distribuzione ai creditori gli stessi nulla hanno osservato e la scrivente dopo la sua approvazione ha depositato nel fascicolo informatico richiesta di dichiarazione di esecutività del progetto da parte del giudice dell'esecuzione. All'indomani del mio deposito telematico il creditore intervenuto mi segnalava di non aver più titolo per intervenire nella procedura giacchè in data precedente al deposito del progetto era intervenuta sentenza di primo grado che aveva dichiarato nullo il decreto ingiuntivo nei confronti della società esecutata.
La scrivente dunque depositava nel telematico un'istanza rivolta al g.e. con cui richiedeva di non dichiarare esecutivo il progetto di distribuzione e autorizzarla a rettificare il progetto prevendendo assegnazione delle somme all'unico creditore rimasto (il procedente).
Successivamente ricevevo una nota, a mezzo pec da parte del creditore intervenuto il quale mi informava che era stato proposto atto di appello avverso la sentenza di primo grado che aveva revocaypo il titolo fatto valere dalla sua cliente, e che a seguito di tale impugnazione la ripetuta sentenza NON è passata in giudicato, pertanto si chiede di sospendere ogni distribuzione di somme che possa danneggiare la mia assistita, la quale riserva peraltro di proporre appello incidentale ai sensi di Legge
Alla luce della predetta circostanza non credo si possa più procedere a rettificare il progetto e distribuire tutta la somma in favore del procedente giacchè la sentenza che ha revocato il titolo vantato dall'intervenuto non è passata in giudicato e se venisse proposto appello incidentale da parte del creditore intervenuto e lo stesso venisse accolto il suo titolo verrebbe confermato. Potrei chiedere al g.e. di accantonare la somma che ho previsto vada in favore all'intervenuto nell'attesa del passaggio in giudicato della sentenza, distribuendo la somma solo in favore del procedente il cui credito non è in contestazione ma è cristallizzato. Ringrazio sin d'ora per la risposta che andrete a darmi.
N.B. da premettere che all'epoca dell'intervento nella procedura esecutiva immobiliare il creditore intervenuto , titolare di privilegi ipotecari di 1° sino alla concorrenza della somma di € 80.000,00 in virtù dell' iscrizione dell'atto di surroga nei registri immobiliari, era legittimata al presente intervento ai sensi dell'art. 449 C.p.c., pertanto ricorreva nella procedura esecutiva immobiliare e chiedeva di essere ammessa a partecipare alla distribuzione delle somme che si ricaveranno dalla iniziata esecuzione per l'intero credito vantato pari ad €. 80.000,00, oltre interessi successivi nella misura dovuta, spese e compensi di procedura, con riconoscimento di privilegio ipotecario in virtù di iscrizione ipotecaria per surrogazione. In subordine chiedeva al g.-e. di disporre, ai sensi dell'art. 499 C.p.c. l'accantonamento della somma ricavata dalla vendita nella misura di € 80.000,00 oltre interessi successivi dalla maturazione del diritto, spese e compensi maturati e maturandi.-
Zucchetti SG
28/08/2024 17:20RE: piano di riparto e mancanza di titolo per intervenire nella procedura da parte del creditore intervenuto
Il tema è delicato. A nostro avviso il titolo esecutivo non può che dirsi venuto meno per effetto della pronuncia di revoca, immediatamente esecutiva.
In giurisprudenza si ritrova più volte il principio per cui "La decisione di primo grado che, in accoglimento dell'opposizione al decreto ingiuntivo, dichiari la nullità del decreto opposto, determina la caducazione degli atti esecutivi compiuti sulla base dello stesso, indipendentemente dal passaggio in giudicato della sentenza; qualora, pertanto, quest'ultima sia stata impugnata, non è ravvisabile un rapporto di pregiudizialità logico-giuridica tra il giudizio d'impugnazione e quello promosso dall'ingiunto per ottenere la restituzione delle somme pagate in esecuzione del decreto dichiarato nullo, tale da giustificare la sospensione di quest'ultimo giudizio, ai sensi dell'art. 295 cod. proc. civ.. (Cass. n. 19491 del 06/10/2005). Tale effetto, secondo Cass. 20/05/2004, n. 9626, "trova conferma anche nella disposizione dell'art. 653, secondo comma, c.p.c., per cui, se l'opposizione è accolta solo in parte, il titolo esecutivo è costituito esclusivamente dalla sentenza, ma gli atti di esecuzione già compiuti in base al decreto conservano i loro effetti "nei limiti della somma o della quantità ridotta", conseguendone che se la somma o la quantità è azzerata, come avviene nel caso di accoglimento totale dell'opposizione, non può materialmente verificarsi alcuna conservazione, neanche ridotta, degli atti esecutivi già compiuti, con la conseguenza che l'opponente può immediatamente chiedere la restituzione dell'intera somma (o quantità) già versata (oppure la restituzione della cosa mobile già consegnata)".
Cass. n. 5192 del 28/05/1999 e Cass. n. 9626 del 20/05/2004 hanno affermato che "Anche da una sentenza parziale che disponga la revoca del decreto ingiuntivo per ragioni di rito e la prosecuzione del giudizio ai soli fini dell'accertamento delle ragioni creditorie fatte valere con la domanda contenuta nel ricorso monitorio, consegue - senza che si renda necessario attendere il passaggio in giudicato in senso formale della sentenza - la caducazione degli atti di esecuzione già compiuti in conseguenza della originaria esecutività del decreto.
Questi approdi sono stati oggetto di una successiva parziale rettifica, nel senso che la caducazione del titolo non incide sulla validità degli atti compiuti, ove la caducazione derivi da un difetto sopravvenuto del titolo, ed al tempo della caducazione altri creditori erano muniti di valido titolo esecutiva. Segnatamente, Cass. Sez. U, n. 61 del 7 gennaio 2014, ha affermato che "Nel processo di esecuzione, la regola secondo cui il titolo esecutivo deve esistere dall'inizio alla fine della procedura va intesa nel senso che essa presuppone non necessariamente la continuativa sopravvivenza del titolo del creditore procedente, bensì la costante presenza di almeno un valido titolo esecutivo (sia pure dell'interventore) che giustifichi la perdurante efficacia dell'originario pignoramento. Ne consegue che, qualora, dopo l'intervento di un creditore munito di titolo, sopravviene la caducazione del titolo esecutivo comportante l'illegittimità dell'azione esecutiva intrapresa dal creditore procedente, il pignoramento, se originariamente valido, non è caducato, bensì resta quale primo atto dell'iter espropriativo riferibile anche al creditore titolato intervenuto, che anteriormente ne era partecipe accanto al creditore pignorante".
Più recentemente, si è anche affermato che "Il principio secondo cui il diritto alla restituzione delle somme pagate in esecuzione di una sentenza provvisoriamente esecutiva, successivamente riformata in appello, sorge, ai sensi dell'art. 336 c.p.c., per il solo fatto della riforma della sentenza e può essere fatto valere immediatamente, se del caso anche con procedimento monitorio, trova applicazione analogica nei giudizi di opposizione a decreto ingiuntivo, che si concludono con la revoca del decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo. In tali ipotesi, la domanda di restituzione può essere formulata davanti al giudice dell'opposizione anche separatamente e il relativo giudizio non deve essere sospeso in attesa della definizione di quello di opposizione, perché la restituzione non è subordinata al passaggio in giudicato della revoca del decreto. (Cass. n. 30389 del 21/11/2019).
Da questi principi si ricava il dato per cui la caducazione del titolo esecutivo, per quanto pronunciata con sentenza non passata in giudicato, è immediatamente esecutiva (ex art. 282 c.p.c.) e quindi priva il creditore del diritto di concorrere alla distribuzione del ricavato.
A questo punto si pone il problema stabilire se questo creditore possa vantare, come richiesto, il diritto di vedere accantonate le somme in attesa della conclusione dei vari gradi di giudizio o del passaggio in giudicato della sentenza di revoca del decreto ingiuntivo opposto.
A questo proposito, se la giurisprudenza sopra richiamata esclude un rapporto di pregiudizialità tra il giudizio di rimborso di quanto versato in adempimento di un decreto ingiuntivo revocato ed il relativo, allo stesso modo, va escluso un nesso di pregiudizialità tra il giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo e l'esecuzione promossa in base ad essa, poiché se così fosse basterebbe introdurre siffatto giudizio per sospendere l'esecuzione.
In linea teorica la risposta, proprio in assenza di un nesso di pregiudizialità, dovrebbe essere negativa. E tuttavia a nostro avviso nel caso di specie sono doverosi alcune ulteriori riflessioni, dacché il titolo caducato è un decreto ingiuntivo, ed un diritto all'accantonamento delle somme va sondato a norma dell'art. 499 c.p.c, a mente del quale possono intervenire nell'esecuzione, tra gli altri, i creditodi "titolari di un credito di somma di denaro risultante dalle scritture contabili di cui all'articolo 2214 del codice civile".
La ragione per cui il legislatore della riforma ha inteso allargare le possibilità di intervento a questa categoria di creditori sembra individuabile nell'art. 634, co. 2 c.p.c., in forza del quale "per i crediti relativi a somministrazioni di merci e di danaro nonché per prestazioni di servizi fatte da imprenditori che esercitano un'attività commerciale [c.c. 2195], anche a persone che non esercitano tale attività, sono altresì prove scritte idonee gli estratti autentici delle scritture contabili di cui agli articoli 2214 e seguenti del codice civile, purché bollate e vidimate nelle forme di legge e regolarmente tenute, nonché gli estratti autentici delle scritture contabili prescritte dalle leggi tributarie, quando siano tenute con l'osservanza delle norme stabilite per tali scritture". Si deve ritenere, allora, che lo scopo della riforma sia stato deflattivo, dispensando questi soggetti dal proporre ricorso per decreto ingiuntivo, e riservando ad una fase successiva (ed eventuale) la verifica giudiziale del credito.
Tuttavia, a differenza di quanto prevede l'art. 634 appena citato, l'art. 499 si riferisce esclusivamente alle scritture contabili obbligatorie ex art. 2214 c.c.; sono dunque considerati solo il libro giornale, l'inventario, il bilancio, il conto profitti e perdite. L'intervento di questi creditori deve essere accompagnato dal deposito dell'estratto autentico notarile delle scritture contabili da cui il credito risulta.
Questi creditori non partecipano automaticamente alla distribuzione del ricavato. Il loro credito è sottoposto infatti ad un procedimento di verifica, da svolgersi in apposita udienza fissata dal giudice contestualmente alla pronuncia dell'ordinanza di vendita, nella possono verificarsi due possibilità: se il debitore non si presenta o non contesta espressamente il credito, questo si ha per riconosciuto e concorre alla distribuzione del ricavato;
Se invece il debitore contesta il credito, il creditore potrà ottenere in sede di riparto l'accantonamento della somma pretesa a condizione che abbia espressamente formulato istanza di accantonamento e dimostri di aver proposto, nei trenta giorni successivi all'udienza di verificazione, giudizio tendente ad ottenere l'accertamento giudiziale della sua pretesa.
La norma rimette al Giudice dell'esecuzione la determinazione della durata massima dell'accantonamento, che comunque non può eccedere i tre anni, i quali evidentemente decorrono dall'ordinanza di approvazione del piano di riparto che detto accantonamento dispone.
In relazione a questo procedimento, Cass. 19 gennaio 2016, n. 744 ha precisato che "In caso di intervento tardivo, oltre il termine di cui all'art. 499, comma 2, c.p.c., del creditore privilegiato che versi in una delle condizioni cui all'art. 499, comma 1, c.p.c., il credito si ha per disconosciuto, restando preclusa l'attivazione del subprocedimento di verificazione regolato dalla norma, senza che da ciò, peraltro, derivi l'inammissibilità dell'intervento stesso attesa la prevalenza della disciplina di cui all'art. 551 c.p.c. ovvero, per le espropriazioni mobiliari presso il debitore e per le espropriazioni immobiliari, degli artt. 528 e 566 c.p.c., sicché detto creditore, per assicurarsi almeno il diritto all'accantonamento in sede di distribuzione, è tenuto a presentare specifica istanza e a dimostrare di aver agito, entro i trenta giorni dalla data dell'intervento tardivo, per conseguire il titolo esecutivo mancantegli nei confronti dell'esecutato".
Così ricostruita la disciplina dell'intervento non titolato si potrebbe dire che nel caso di specie, ove al creditore originariamente munito di decreto ingiuntivo che fosse titolare di un credito risultante dai documenti richiesti dall'art. 499 c.p.c. si negasse un accantonamento, si produrrebbe l'effetto paradossale per cui se quello stesso creditore, invece di munirsi titolo avesse promosso un intervento, avrebbe avuto diritto all'accantonamento di cui si è detto, diritto che invece egli vedrebbe negato per effetto della caducazione del titolo. A questo proposito la dottrina è concorde nel ritenere che il diritto all'accantonamento per effetto della sola richiesta sussiste quanto volte il giudizio di accertamento del credito sia pendente.
Sennonché questo ragionamento, a nostro avviso, non può essere condiviso nel caso prospettato nella domanda perché è già intervenuta una sentenza, certamente non definitiva ma comunque provvisoriamente esecutiva (per quanto in dottrina non si sia mancato di affermare che il diritto all'accantonamento permane sino alla formazione del giudicato), che ha negato la sussistenza del credito, e dunque tale esecutività è idonea a consentire l'affermazione per cui l'azione necessaria affinché il creditore possa munirsi di titolo esecutivo (azione cui si riferisce l'art. 499, ultimo comma, c.p.c.) non ha avuto buon esito. Infatti, se è vero che l'art. 510 c.p.c. (cui l'art. 499 rinvia) prescrive che "L'accantonamento è disposto dal giudice dell'esecuzione per il tempo ritenuto necessario affinché i predetti creditori possano munirsi di titolo esecutivo e, in ogni caso, per un periodo di tempo non superiore a tre anni", per cui si potrebbe dire che il creditore ha comunque a disposizione un termine di 3 anni per procurarsi il titolo, ma questa norma deve essere interpretata alla luce della immediata esecutività della sentenza di revoca del decreto ingiuntivo pronunciata all'esito del giudizio di opposizione, in guisa che se quella esecutività consente al debitore (ed agli altri creditori) di contestare il diritto del creditore di concorrere nella distribuzione del ricavato, allo stesso modo deve ritenersi idonea ad impedire al creditore il diritto di mantenere l'accantonamento.
In ogni caso, la opinabilità della questione giustifica la sottoposizione del caso al giudice dell'esecuzione, ex art. 591-ter c.p.c., se del caso corredata dalle indicazioni che abbiamo fornito.
Ci aggiorni!
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