Forum ESECUZIONI - PROGETTO DI DISTRIBUZIONE

Esecuzione immobiliare e fallimento

  • Umberto Di Pede

    MATERA
    07/11/2018 12:40

    Esecuzione immobiliare e fallimento

    Sono il curatore fallimentare di una srl che possiede più Immobili. Già in data precedente la dichiarazione di fallimento erano in corso diverse procedure esecutive immobiliari. Data la natura privilegiata del credito fondiario vantato dal creditore procedente, ho ritenuto opportuno intervenire nelle suddette procedure all'esito delle vendite effettuate dal professionista delegato nominato dal G.E.
    Poiché il medesimo professionista è in procinto di predisporre il piano di riparto, mi chiedo se tra le spese prededucibili nell'ambito della procedura esecutiva posso chiedere che siano ricomprese le seguenti voci di spesa inerenti la procedura fallimentare:
    • Spese del campione fallimentare;
    • Compenso del curatore;
    • ICI e IMU sugli immobili venduti nella procedura esecutiva;
    • Compensi a professionisti incaricati dalla curatela;
    • Credito ammesso al passivo fallimentare ed avente natura di credito prededucibile.
    In altre parole, sarebbe possibile per il professionista delegato ricomprendere tra le spese prededucibili della procedura esecutiva le suddette spese maturate in ambito fallimentare, con la conseguenza di trattenere quelle somme dall'importo totale spettante al creditore fondiario? Preciso, in ogni caso, che il ricavato della vendita non copre l'intero credito vantato dal procedente.
    In caso anche parzialmente affermativo, occorre che ci sia una preventiva autorizzazione del G.D. a precisare i suddetti crediti nella procedura esecutiva?
    Dott.Umberto Di Pede Matera

    • Zucchetti SG

      09/11/2018 19:46

      RE: Esecuzione immobiliare e fallimento

      La possibilità che spese prededucibili del fallimento siano espunte da quanto spettante al creditore fondiario in occasione del riparto compiuto nell'esecuzione individuale è assai discussa in dottrina.
      Secondo una prima opinione, il Giudice dell'esecuzione non avrebbe alcun potere di riconoscere al fallimento intervenuto nell'esecuzione individuale per credito fondiario le spese prededucibili ex art. 111, comma primo n. 1), l. fall..Ciò in ragione del fatto che la composizione delle contrapposte ragioni di credito dei diversi creditori non può avvenire nell'esecuzione forzata dovendo essere regolata esclusivamente in ambito fallimentare, unico contesto in cui può essere applicato il principio della par condicio tra tutti i creditori della massa, né il giudice dell'esecuzione ha il potere di accertare i crediti nei confronti della massa o di formare una ripartizione che competa agli organi della procedura concorsuale (Così trib. Bologna, 18 marzo 2002).
      Rileverebbe in tal senso anche il dato per cui a norma del quarto comma dell'art. 41 TUB con il provvedimento con cui ordina la vendita o l'assegnazione, il giudice dell'esecuzione dispone che l'aggiudicatario o l'assegnatario, che non intendano avvalersi della facoltà di subentrare nel contratto di finanziamento prevista dal quinto comma del medesimo art. 41, versino direttamente alla banca la parte del prezzo corrispondente al complessivo credito della stessa, con la conseguenza che il versamento diretto in favore del creditore fondiario si risolve nella presa d'atto di un pagamento già avvenuto.
      A giudizio di una meno rigorosa (ma forse più convincente) impostazione, invece, se il credito prededucibile è stato già definitivamente accertato in sede concorsuale, di esso potrà tenere conto anche il Giudice dell'esecuzione individuale.
      Il presupposto di questa affermazione è quello per cui, se quello del creditore fondiario è un privilegio di carattere meramente processuale, e se dunque l'attribuzione è provvisoria, è inutile attribuirgli (provvisoriamente) quella porzione di ricavato dalla vendita che certamente non gli spetterà in sede di riparto fallimentare, e cioè quella porzione di ricavato che copre le spese prededucibili.
      Del resto, è questa medesima premessa che supporta il convincimento per cui al creditore fondiario non potrà essere riconosciuta quella porzione di credito che non gode del privilegio ipotecario.
      Va precisato, tuttavia, che affinché questa decurtazione possa operare è che il credito prededucibile sia stato definitivamente accertato secondo quanto prescritto dall'art. 111-bis l.fall., e dunque:
      se si tratta di crediti contestati occorrerà che il loro importo sia stato definitivamente stabilito in sede fallimentare ed inserito in un piano di riparto approvato dal Giudice dell'esecuzione, secondo quanto prescritto dal primo comma dell'art. 111-bis;
      se invece si tratta di crediti non contestati per collocazione e per ammontare (ed è questa la categoria nel cui perimetro possono essere ascritti, ad esempio i crediti per IMU e TASI) occorrerà acquisire in sede esecutiva il provvedimento con cui, in seno alla procedura fallimentare, ne è stato autorizzato il pagamento dal comitato dei creditori ovvero dal giudice delegato.
      Le medesime direttrici interpretative devono orientare anche il riconoscimento, in sede esecutiva, della quota parte del compenso dovuto al curatore: la sua decurtazione dalla somma da riconoscere al creditore fondiario sarà possibile solo in presenza del decreto di liquidazione adottato dal Tribunale e di un provvedimento del Giudice delegato che indichi in quale misura quel compenso deve gravare sul ricavato dalla vendita del bene garantito da ipoteca.
      Si ricorda, infatti, che la ratio del versamento diretto è quella di accorciare i tempi entro i quali la banca recupera il suo credito, ma non di più, per cui sarebbe eccentrica rispetto al fine del legislatore una attribuzione tout court del prezzo versato dall'aggiudicatario, poiché in questo modo gli si riconoscerebbe anche un surplus che certamente l'istituto di credito dovrà restituire.
      Sull'argomento deve registrarsi il recente intervento di Cass., sez. III, 28 settembre 2018, n. 23482, che è stata chiamata a pronunciarsi nell'ambito di una procedura esecutiva per credito fondiario, proseguita nonostante il fallimento del debitore, in cui il curatore aveva chiesto, invano, che in sede di distribuzione del ricavato, nel determinare la somma da attribuire al creditore fondiario, si scorporassero, con versamento in favore della curatela di crediti prededucibili riconosciuti in sede fallimentare (si trattava del credito per ICI e degli oneri condominiali relativi all'immobile, nonché del compenso spettante alla curatela fallimentare).
      Come detto, la richiesta era stata rigettata sia dal giudice dell'esecuzione che dal tribunale all'esito della celebrazione del giudizio di merito, essenzialmente in ragione del fatto che ai sensi dell'art. 41, comma 4, TUB il creditore fondiario ha diritto a ricevere tutto il ricavato dalla vendita, per la porzione corrispondente al suo credito complessivo, e che la prededuzione riconosciuta in ambito concorsuale non gode di alcun privilegio in sede di esecuzione individuale.
      Orbene, nel decidere il ricorso proposto dalla curatela, la Corte ha affermato che nell'ambito di un'azione esecutiva iniziata o proseguita dal creditore fondiario, ai sensi dell'art. 41 del d.lgs. n. 385/1993, nei confronti del debitore fallito, il curatore che intenda ottenere la graduazione di crediti di massa maturati in sede fallimentare a preferenza di quello fondiario, e quindi l'attribuzione delle relative somme con decurtazione dell'importo attribuito all'istituto procedente, dovrà costituirsi nel processo esecutivo e documentare l'avvenuta emissione da parte degli organi della procedura fallimentare di formali provvedimenti (idonei a divenire stabili ai sensi dell'art. 26 l.f.) che (direttamente o quanto meno indirettamente, ma inequivocabilmente) dispongano la suddetta graduazione.
      Ciò in quanto il giudice dell'esecuzione deve effettuare la distribuzione provvisoria delle somme ricavate dalla vendita sulla base dei provvedimenti (anche non definitivi) emessi in sede fallimentare ai fini dell'accertamento, della determinazione e della graduazione di detto credito fondiario. La distribuzione così operata dal giudice dell'esecuzione ha comunque carattere provvisorio e può stabilizzarsi solo all'esito degli accertamenti definitivi operati in sede fallimentare, legittimando in tal caso il curatore ad ottenere la restituzione delle somme eventualmente riscosse in eccedenza.
      • Marcello Cosentino

        Portogruaro (VE)
        28/02/2019 12:10

        RE: RE: Esecuzione immobiliare e fallimento

        Mi permetto di intervenire sull'argomento per formulare la seguente domanda.
        Dato che per l'intervento nell'EI da parte del fallimento è stato necessario anche nominare un legale, chiedo se:
        a) anche il compenso del legale può essere richiesto a decurtazione del ricavo spettante al creditore procedente;
        b) in caso affermativo, se anche detto compenso, come nel caso di quello alla curatela, deve essere liquidato da GD per poter essere riconosciuto dal GE.
        Grazie molte, cordiali saluti.
        • Zucchetti SG

          11/03/2019 12:03

          RE: RE: RE: Esecuzione immobiliare e fallimento

          Il primo interrogativo costituisce, a nostro avviso, il precipitato di una preliminare questione di diritto, la quale attiene alla necessità o meno che la curatela fallimentare che intenda intervenire in una procedura esecutiva individuale si munisca del patrocinio di un difensore.
          A questo proposito va compiuta una summa divisio tra il caso in cui la curatela agisca quale titolare di credito nei confronti del debitore esecutato e quello in cui l'esecuzione sia stata intrapresa contro il debitore poi dichiarato fallito.
          Nel primo caso non vi sono ostacoli a ritenere che la curatela debba spiegare (se intende concorrere alla distribuzione) rituale intervento, munita dell'assistenza di un difensore.
          Se invece l'esecuzione riguarda è iniziata contro il debitore prima che fosse dichiarato il suo fallimento sono prospettabili due opposte soluzioni.
          Da una parte potrebbe dirsi che il curatore deve essere necessariamente assistito da un difensore in quanto il suo intervento, similmente a quello di qualunque altro creditore, necessita del patrocinio di un avvocato ai sensi dell'art. 82 c.p.c.
          Da un diverso angolo prospettico, e muovendo dall'assunto per cui il curatore fallimentare si limita a sostituirsi al debitore, che è parte processuale indipendentemente dal fatto che sia assistito o meno da un legale, se ne dovrebbe ricavare che l'assistenza di quest'ultimo sarà necessaria solo ove egli intenda svolgere attività processuali (ad esempio impugnare il piano di riparto o promuovere un'opposizione).
          A nostro avviso per risolvere il problema occorre distinguere due ipotesi: quella dell'intervento del curatore nell'ambito della procedura esecutiva per così dire ordinaria, e quella dell'intervento nell'ambito della procedura esecutiva per credito fondiario.
          Infatti, mentre nella prima il curatore del fallimento assume la veste processuale del creditore, poiché a questi si sostituisce nel dare impulso ad una procedura che diversamente diverrebbe improseguibile ai sensi degli artt. 51 e 107 l.fall., con la conseguenza che è inevitabile la difesa tecnica, nella procedura fondiaria egli si limita a partecipare alla distribuzione del ricavato senza compiere alcuna attività, posto che il giudizio in executivis comunque procede anche in sua assenza. Solo ove, nell'ambito di una procedura fondiaria, egli intenda compiere atti processuali, sarà soggetto alla regola generale di cui all'art. 82 del codice di rito. Dunque, in quest'ultimo caso, il curatore dovrà munirsi del patrocinio di un difensore anche ove egli rivesta la qualifica di avvocato, e ciò in forza della previsione di cui all'art. 31, ultimo comma, l.fall. (oggi art. 128, comma 3, del codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza), a mente del quale "il curatore non può assumere la veste di avvocato nei giudizi che riguardano il fallimento".
          Queste premesse consentono di rispondere all'ulteriore questione relativa alla "prededucibilità" (in realtà dovrebbe discorrersi di privilegio ex art. 2770 e 2777 c.c. in quanto il concetto di prededuzione non esiste in sede di esecuzione individuali, negli stessi termini in cui esso è conosciuto nel fallimento, e disciplinato dall'art. 111 bis l.fall.) del compenso liquidato al difensore.
          Invero, muovendo dalla premessa per cui a mente dell'art. 2770 c.c. "i crediti per le spese di giustizia fatte per atti conservativi o per l'espropriazione di beni immobili nell'interesse comune dei creditori sono privilegiati sul prezzo degli immobili stessi" il compenso dovuto al difensore della curatela potrà essere detratto dall'importo spettante al creditore procedente (solo) quando l'attività processuale svolta dalla curatela si sia risolta a vantaggio di tutti i creditori.
          Sicché, ad esempio, nessun privilegio potrà essere riconosciuto al curatore che si sia limitato ad intervenire in una procedura esecutiva da altri intrapresa al solo scopo di partecipare alla distribuzione del ricavato.
          Il problema neppure si pone nel caso di prosecuzione della procedura ex art. 107 l.fall., poiché in quel caso tutto il ricavato dalla vendita, escluso (a nostro avviso) il compenso dovuto agli ausiliari del giudice (stimatore, custode, delegato), andrà versato alla procedura esecutiva e ripartito in seno ad essa.
          La questione ha invece un suo rilievo pratico nelle esecuzioni per credito fondiario, che ai sensi dell'art. 41 d.lgs 385/1993 possono essere iniziate o proseguite anche dopo la dichiarazione di fallimento.
          Orbene, in queste procedure, come abbiamo anticipato, il curatore non ha bisogno di spiegare rituale atto di intervento, poiché egli, in luogo del debitore, ha semplicemente diritto ad ottenere che sia versato al fallimento quanto residua dalla vendita all'esito della versamento in favore del creditore fondiario della quota parte di prezzo ricavato dalla vendita che ecceda il credito del creditore fondiario (nella misura in cui esso è stato ammesso al passivo del fallimento, così come precisato, da ultimo da Cass. civ., sez. III, 28.9.2018, n. 23482), sicché se decide comunque di intervenire con il ministero di un difensore, le relative spese non potranno essere collocate in prededuzione.
          Lo sesso dicasi per i casi in cui in seno alla procedura intenda far semplicemente valere delle prededuzioni fallimentari, esibendo il relativo decreto di liquidazione da parte del gd, oppure in alternativa un piano di riparto dal quale si ricavi la prededucibilità degli importi richiesti rispetto ricavato dalla vendita dell'immobile (si pensi, ad esempio, alle spese condominiali o a quelle relative alle imposte che gravano sull'immobile). Anche in tal caso dovrebbe ritenersi che la prededucibilità va esclusa non ricorrendo i presupposti di cui all'art. 2770.
          Detto questo, tuttavia, va compiuto un passo ulteriore, che a nostro avviso può essere suggerito dall'intervento di Cass., sez. III, 28 settembre 2018, n. 23482, che è stata chiamata ad occuparsi di una procedura esecutiva per credito fondiario, proseguita dunque nonostante il fallimento del debitore, in cui il curatore aveva chiesto, invano, che in sede di distribuzione del ricavato, nel determinare la somma da attribuire al creditore fondiario, fossero scorporate, con versamento in favore della curatela, di crediti prededucibili riconosciuti in sede fallimentare (si trattava del credito per ICI e degli oneri condominiali relativi all'immobile, nonché del compenso spettante alla curatela fallimentare).
          La richiesta era stata rigettata sia dal giudice dell'esecuzione che dal tribunale all'esito della celebrazione del giudizio di merito, essenzialmente in ragione del fatto che ai sensi dell'art. 41, comma 4, TUB il creditore fondiario ha diritto a ricevere tutto il ricavato dalla vendita, per la porzione corrispondente al suo credito complessivo, e che la prededuzione riconosciuta in ambito concorsuale non gode di alcun privilegio in sede di esecuzione individuale.
          Orbene, nel decidere il ricorso proposto dalla curatela, la Corte ha affermato che nell'ambito di un'azione esecutiva iniziata o proseguita dal creditore fondiario, ai sensi dell'art. 41 del d.lgs. n. 385/1993, nei confronti del debitore fallito, il curatore che intenda ottenere la graduazione di crediti di massa maturati in sede fallimentare a preferenza di quello fondiario, e quindi l'attribuzione delle relative somme con decurtazione dell'importo attribuito all'istituto procedente, dovrà costituirsi nel processo esecutivo e documentare l'avvenuta emissione da parte degli organi della procedura fallimentare di formali provvedimenti (idonei a divenire stabili ai sensi dell'art. 26 l.fall., oggi art. 124 del codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza) che (direttamente o quanto meno indirettamente, ma inequivocabilmente) dispongano la suddetta graduazione.
          Afferma a questo proposito la suddetta pronuncia che il giudice dell'esecuzione deve "limitarsi a verificare se esistano provvedimenti degli organi della procedura fallimentare che abbiano - direttamente o indirettamente - operato l'accertamento, la quantificazione e la graduazione del credito posto in esecuzione (nonché di quelli eventualmente maturati in prededuzione nell'ambito della procedura fallimentare, purché già accertati, liquidati e graduati dagli organi competenti con prevalenza su di esso) e conformare ai suddetti provvedimenti la distribuzione provvisoria in favore del creditore fondiario delle somme ricavate dalla vendita, senza in alcun caso sovrapporre le sue valutazioni a quelle degli organi fallimentari, cui spettano i relativi poteri".
          Se così è, e muovendo dall'affermazione per cui anche il compenso liquidato al difensore che assiste la procedura costituisce una spesa prededucibile ai sensi dell'art. 111, comma secondo, l.fall., si ha che ove il curatore depositasse un provvedimento di liquidazione di quel compenso adottato dal giudice delegato ai sensi dell'art. 25, comma primo, n.6) l.fall., il quale determini anche la misura in cui la somma liquidata è prededucibile rispetto al ricavato dalla vendita, il giudice dell'esecuzione dovrebbe tenerne conto. Ricordiamo, a questo proposito, che sebbene il compenso dovuto ai difensori sia sempre liquidato dal giudice dinanzi al quale si è svolto il procedimento ai sensi del combinato disposto degli artt. 91 e 95 c.p.c., quella liquidazione non esclude né rende superfluo il provvedimento di liquidazione di cui al citato art. 25 l.fall. ad opera del giudice delegato (cfr, in argomento, Cass. sez. I, 4 marzo 2016, n. 4269).
    • Monica Pazzini

      Rimini
      18/09/2023 11:03

      RE: Esecuzione immobiliare e fallimento

      Buongiorno,
      la società sottoposta ad esecuzione immobiliare (pignoramento trascritto il 06/12/2017) , è fallita in data 04/01/2022.
      Nell'ambito della precisazione del credito finalizzata al riparto, il condominio (intervenuto in data 9/7/2020) chiede le spese condominiali in prededuzione ex art.2756 c.c., credito portato da DI del 21.2.2020.
      Nel caso di specie, essendo intervenuto il fallimento, ritengo che le spese condominiali, seppur maturate successivamente al pignoramento, debbano essere riconosciute nell'ambito della procedura fallimentare e non nella esecuzione immobiliare.
      Infatti, nel riparto (provvisorio) nell'ambito della esecuzione immobiliare, il ricavato derivante dalla vendita dei lotti immobiliari, dedotte le spese ex art. 2770 c.c., andranno destinate al fondiario e la somma che residuerà andrà ripartita al fallimento.
      Chiedo se le spese condominiali, anche se successive al pignoramento, dovranno essere ripartite come spese in prededuzione nella esecuzioni immobiliare o eventualmente sarà il fallimento, nel riparto concorsuale ad occuparsene.
      Grazie
      MP

      • Monica Pazzini

        Rimini
        19/09/2023 08:45

        RE: RE: Esecuzione immobiliare e fallimento

        Ad integrazione di quanto sopra specifico che:
        - il Condominio non si è insinuato nel passivo;
        - il fondiario si è insinuato al passivo;
        - il ricavato della vendita nell'ambito della es.imm. soddisfa solo e parzialmente il fondiario, pertanto al fallimento non verrà destinata alcuna somma.
        Grazie
        MP
        • Zucchetti SG

          20/09/2023 05:27

          RE: RE: RE: Esecuzione immobiliare e fallimento

          Il credito indicato non può concorrere nella distribuzione del ricavato.
          Va premesso che, a norma dell'art. 52, comma primo, l.fall., il fallimento apre il concorso dei creditori sul patrimonio del fallito. È la regola della così detta par condicio creditorum.
          Il comma secondo della medesima disposizione precisa che alla regola del concorso sono soggetti anche i crediti prededucibili, i quali sono, a mente dell'art. 111, comma secondo, l.fall., quelli sorti in occasione o in funzione della procedura concorsuale, oppure quelli "così qualificati da una specifica disposizione di legge".
          Tali sono, a norma dell'art. 30 della l. 11 dicembre 2012, n. 220 (recante "Modifiche alla disciplina del condominio negli edifici") anche i crediti per oneri condominiali, ma limitatamente a quelli maturati dopo la dichiarazione di fallimento. Infatti la disposizione in parola prevede che atteso che la citata disposizione prevede che "I contributi per le spese di manutenzione ordinaria e straordinaria nonché per le innovazioni sono prededucibili ai sensi dell'articolo 111 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e successive modificazioni, se divenute esigibili ai sensi dell'articolo 63, primo comma, delle disposizioni per l'attuazione del codice civile e disposizioni transitorie, come sostituito dall'articolo 18 della presente legge, durante le procedure concorsuali".
          Nel caso di specie, ci sembra di aver compreso che il suddetto requisito no ricorre poiché il decreto ingiuntivo precede la dichiarazione di fallimento.
          In ogni caso, anche se si trattasse di spese prededucibili, la legittimazione a richiederle spetterebbe al solo curatore.
          Invero l'art. 111-bis l.fall. dispone che anche queste spese devono essere accertate mediante il procedimento di accertamento del passivo di cui agli artt. 92 e seguenti l.fall., "con esclusione di quelli non contestati per collocazione e ammontare" i quali possono "essere soddisfatti ai di fuori del procedimento di riparto se l'attivo è presumibilmente sufficiente a soddisfare tutti i titolari di tali crediti". In questo caso, prosegue la norma, "il pagamento deve essere autorizzato dal comitato dei creditori ovvero dal giudice delegato", con l'avvertenza che "se l'attivo è insufficiente, la distribuzione deve avvenire secondo i criteri della graduazione e della proporzionalità, conformemente all'ordine assegnato dalla legge".
          Quindi, la richiesta delle spese condominiali relativi a cespiti acquisiti all'attivo del fallimento non può che essere indirizzata agli organi della procedura fallimentare, sia perché solo in sede concorsuale può essere garantita la par condicio tra tutti i creditori ammessi al passivo e tra tutti i creditori prededucibili, sia perché solo la sede concorsuale può essere quella dell'accertamento del passivo (e dunque della eventuale non contestazione per collocazione ed ammontare), e sia perché le norme sopra richiamate individuano il giudice delegato quale autorità giurisdizionale competente in via esclusiva al riparto, il quale a mente dell'art. 110, comma primo, l.fall., deve ricomprendere anche "i crediti per i quali non si applica il divieto di azioni esecutive e cautelari di cui all'art. 51".
          Indicazioni in questa direzione si ricavano da Cass., sez. III, 28 settembre 2018, n. 23482, che è stata chiamata ad occuparsi di una procedura esecutiva per credito fondiario, proseguita dunque nonostante il fallimento del debitore, in cui il curatore aveva chiesto, invano, che in sede di distribuzione del ricavato, nel determinare la somma da attribuire al creditore fondiario, fossero scorporate, con versamento in favore della curatela, di crediti prededucibili riconosciuti in sede fallimentare (si trattava del credito per ICI e degli oneri condominiali relativi all'immobile, nonché del compenso spettante alla curatela fallimentare).
          Orbene, nel decidere il ricorso proposto dalla curatela, la Corte ha affermato che nell'ambito di un'azione esecutiva iniziata o proseguita dal creditore fondiario, ai sensi dell'art. 41 del d.lgs. n. 385/1993, nei confronti del debitore fallito, il curatore che intenda ottenere la graduazione di crediti di massa maturati in sede fallimentare a preferenza di quello fondiario, e quindi l'attribuzione delle relative somme con decurtazione dell'importo attribuito all'istituto procedente, dovrà costituirsi nel processo esecutivo e documentare l'avvenuta emissione da parte degli organi della procedura fallimentare di formali provvedimenti (idonei a divenire stabili ai sensi dell'art. 26 l.fall., oggi art. 124 del codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza) che (direttamente o quanto meno indirettamente, ma inequivocabilmente) dispongano la suddetta graduazione. Ciò in quanto il giudice dell'esecuzione deve effettuare la distribuzione provvisoria delle somme ricavate dalla vendita sulla base dei provvedimenti (anche non definitivi) emessi in sede fallimentare ai fini dell'accertamento, della determinazione e della graduazione di detto credito fondiario. La distribuzione così operata dal giudice dell'esecuzione ha comunque carattere provvisorio e può stabilizzarsi solo all'esito degli accertamenti definitivi operati in sede fallimentare, legittimando in tal caso il curatore ad ottenere la restituzione delle somme eventualmente riscosse in eccedenza.
          Sarà dunque solo il curatore che, in base ad un provvedimento del giudice delegato, potrà richiedere al professionista delegato l'attribuzione alla procedura fallimentare delle spese prededucibili.
    • Antonio Lomonaco

      Potenza
      09/04/2024 12:58

      RE: Esecuzione immobiliare e fallimento

      Buongiorno,
      mi ricollego a questa discussione risalente per chiedervi se, a vostro avviso, ai fini della determinazione del compenso del Curatore si debba tener conto anche dell'attivo realizzato nell'ambito della procedura di espropriazione immobiliare coltivata dal creditore fondiario, con possibilità di far valere il relativo credito nell'ambito del riparto della procedura esecutiva quale credito prededucibile.
      Grazie in anticipo per il riscontro.
      • Zucchetti SG

        10/04/2024 19:26

        RE: RE: Esecuzione immobiliare e fallimento

        Il tema si è posto più volte nella giurisprudenza di legittimità, la quale lo ha affrontato affermando che "Ai fini della liquidazione del compenso al curatore del fallimento ex art. 39 l.fall., non può ricomprendersi nel concetto di "attivo realizzato", alla cui entità ragguagliare le percentuali previste dal d.m. n. 30 del 2012, il valore dell'immobile liquidato nella procedura esecutiva promossa dal creditore fondiario, a meno che il curatore non sia intervenuto nell'esecuzione svolgendo un'attività diretta a realizzare una concreta utilità per la massa dei creditori, anche mediante la distribuzione a questi ultimi di una parte del ricavato della vendita. (Nella specie, la S.C. ha cassato il decreto del tribunale che aveva escluso dall'attivo fallimentare il ricavato della vendita del bene nell'esecuzione forzata individuale ancorché il curatore avesse amministrato l'immobile ipotecato, provvedendo alle spese di manutenzione, locandolo a terzi e curando gli adempimenti fiscali connessi all'alienazione coattiva, intervenendo nella procedura espropriativa con varie richieste. Cass. n. 1175 del 21/01/2020). Negli stessi termini Cass. n. 14631 del 06/06/2018 e Cass. n. 100 del 08/01/1998.
        Dunque, dell'attivo realizzato in sede esecutiva si terrà conto se ed in quanto il curatore abbia svolto un'attività concretamente preordinata alla gestione dell'immobile, alla realizzazione del ricavato o alla distribuzione di parte di quest'ultimo in favore dei creditori.