Forum PROCEDURE EX LEGGE FALL. - LA LEGGE FALLIMENTARE

revocatorie

  • Maddalena Cottica

    sondrio
    21/01/2020 16:02

    revocatorie

    1.Dall'esame del conto corrente della società fallita ho accertato che dal 30.6.2019 al 30.9.2019 sono stati fatti diversi versamenti (euro 127.000) da clienti della società per pagamenti fatture che hanno fatto si che il saldo bancari passasse da Euro - 112.000 a Euro +15.000. E' corretto ritenere tali rimesse revocabili ex. art 67 comma 3 lettera b in quanto hanno ridotto considerevolmente l'esposizione bancaria?
    2. Ho anche accertato che nei sei mesi precedenti il fallimento la società ha pagato numerose fatture a un fornitore. E' corretto ritenere tali versamenti revocabili es art. 67 comma 2 provando che il fornitore era a conoscenza dello stato di insolvenza della società? se si bastano solleciti a pagamenti delle fatture arretrate per dimostrarlo?
    Grazie
    • Zucchetti SG

      Vicenza
      21/01/2020 20:29

      RE: revocatorie

      Quanto alla domanda sub 1, si pone il preliminare problema della revocabilità dei bonifici effettuati da un terzo sul conto scoperto del correntista e sotto quale profilo. O meglio, si tratta di vedere, come giustamente lei prospetta, se il pagamento fatto dal terzo in adempimento di una sua obbligazione verso il soggetto poi fallito (non quindi di una obbligazione del terzo verso la banca, come il pagamento effettuato dal fideiussore) a mezzo bonifico che, quindi transita sul conto corrente del debitore riducendone eventualmente (come nel caso) il saldo passivo del conto, possa essere ritenuta una rimessa revocabile nei confronti della banca. Posto, in linea generale, che il pagamento del terzo al creditore non e' revocabile, in caso di successivo fallimento del debitore, quando detto pagamento sia stato fatto senza intaccare il patrimonio del fallito, e quindi con mezzi propri del terzo, per spirito di liberalita' o comunque senza che il terzo si sia rivalso nei confronti del debitore prima del suo fallimento, la revocabilità richiede che la rimessa sul conto corrente sia imputabile al debitore e non al terzo.
      La Cassazione, già con sentenza 16.11.1998, n. 11520, ripresa integralmente da Cass. 10.09.2002, n. 13159, aveva affermato che le rimesse del terzo sul conto corrente dell'imprenditore sono equiparabili, ai fini della revocatoria, alle rimesse e ai versamenti del correntista, giacchè il il versamento del terzo, quando si inserisce nel rapporto di conto corrente e' da questo attratto, venendo a costituire una variazione quantitativa del conto; e cioè una posta attiva del correntista, nella cui titolarità confluisce l'importo accreditato, perchè gli accrediti che la banca compie sul conto corrente del debitore si inseriscono (salvo patto contrario) nell'ambito dell'unitario rapporto di conto corrente, derivino le relative operazioni da un fatto proprio del fallito o da un fatto del terzo.
      Successivamente la S. Corte (cfr. da ult. Cass. 08.02.2018, n.3086) ha ribadito, a conclusione di un convincente argomentare per superare le obiezioni della dottrina, che "la causa del contratto di conto corrente di corrispondenza implica un mandato generale conferito alla banca dal correntista a (eseguire e) ricevere pagamenti per conto del cliente, con autorizzazione a far affluire nel conto le somme così acquisite in esecuzione del mandato. E proprio nell'autorizzazione conferita in via preventiva alla Banca dal cliente deve ravvisarsi la ragione che converte l'acquisizione, da parte della Banca, di somme da terzi dovute al correntista ed il successivo versamento in conto in una rimessa dello stesso cliente sul conto, con l'effetto proprio, appunto, della rimessa diretta, idonea a costituire un deposito a suo favore", con l'ulteriore conseguenza evidenziata anche da Cass. n. 9494 del 2002, che se il conto abbia affidamento della banca e presenti un saldo passivo, quella rimessa è utile a ricostituire la provvista o ad estinguere il debito - immediatamente esigibile - dello sconfinamento dal fido, con effetto propriamente solutorio, dando così luogo ad una variazione quantitativa del credito del correntista.
      Fatta questa indispensabile premessa, le rimesse in questioni, ai fini revocatori, sono assoggettati alla disciplina di cui alla lett. b) del comma terzo dell'art. 67, secondo cui non sono soggetti all'azione revocatoria "le rimesse effettuate su un conto corrente bancario, purché non abbiano ridotto in maniera consistente e durevole l'esposizione debitoria del fallito nei confronti della banca", di cui al trezo comma dell'art. 70, per il quale "Qualora la revoca abbia ad oggetto atti estintivi di posizioni passive derivanti da rapporti di conto corrente bancario o comunque rapporti continuativi o reiterati, il terzo deve restituire una somma pari alla differenza tra l'ammontare massimo raggiunto dalle sue pretese, nel periodo per il quale e' provata la conoscenza dello stato d'insolvenza, e l'ammontare residuo delle stesse, alla data in cui si e' aperto il concorso".
      Essendo questa la disciplina di riferimento, è del tutto evidente che al quesito in esame non possiamo dare una risposta, in quanto le varianti sono molte, nel mentre l'unico dato che ci offre è quello dell'importo dei versamenti; tuttavia, anche la consistenza dei versamenti, o meglio della riduzione dell'esposizione, non è un dato assoluto, ma va valutato nell'ambito del concreto rapporto in esame, in quanto riduzione del passivo di i di euro 100.000 può essere consistente in conto che movimenta some non ingenti, diventa poso significativo in un conto che movimenti milioni di euro all'anno, di un conto che vada in rosso qualche volta e poi si rinnova la provvista o un conto stabilmente in rosso, ecc.; peraltro, prima di agire, anche ammesso che ne esistano le condizioni, bisogna valutare l'entità della possibile restituzione ai sensi dell'art. 70 cit.. Peraltro diamo per scontato che le rimesse in questione siano state effettuate negli ultimi sei mesi antecedenti la dichiarazione di fallimento, giacchè lei ci dice che sono intervenute dal 30.6.2019 al 30.9.2019, ma non ci dice quando è stato dichiarato il fallimento.
      Sul quesito sub 2, non vi sono dubbi che i pagamenti indicati sono revocabili ai sensi del secondo comma dell'art. 67. Circa la idoneità dei solleciti a pagamenti delle fatture arretrate per dimostrare che l'accipiens era a conoscenza dello stato di insolvenza, va detto che tale elemento da solo non è certamente sufficiente allo scopo indicato, dovendo il curatore produrre una serie di elementi da cui si possa desumere, con sufficiente sicurezza la consapevolezza del terzo di trattare con un soggetto già insolvente quando ha ricevuto i pagamenti; ossia anche questa è una situazione da valutare in concreto.
      Zucchetti Sg srl
    • Maddalena Cottica

      sondrio
      22/01/2020 11:08

      RE: revocatorie

      In merito al punto 1 chiarisco che la società e fallita in data 7.10.2019, i versamenti sono relativi ai sei mesi precedenti e il conto è sempre stato movimentato con importi non ingenti (movimenti di massimo Euro 20.000) e per lo più era spesso in rosso (circa - 80.000/100.000)
      Si chiede inoltre se nel caso di escussione di fidejussione da parte di un fornitore avvenuta in agosto 2019 ( un mese prima del fallimento) la stessa possa essere revocata.
      Grazie mille
      • Zucchetti SG

        Vicenza
        23/01/2020 19:47

        RE: RE: revocatorie


        Le indicazioni che ora fornisce consentono di superare l'esenzione di cui al terzo comma dell'art. 67 l. fall. giacchè sembra che le rimesse effettuate in un breve arco di tempo siano tali da ridurre in modo consistente e definitiva l'esposizione bancaria. Rimane da stabilire l'entità della eventuale somma rimborsabile da calcolare ai sensi del terzo comma dell'art. 70.
        La seconda domanda presumiamo si riferisca alla escussione da parte di un fornitore di un fideiussore del fallito. Il pagamento ottenuto dal fornitore non è revocabile in quanto il fideiussore ha adempiuto ad un debito proprio verso il creditore, secondo la pacifica giurisprudenza della S. Corte in tema di rimesse effettuate dal fideiussore del fallito.
        Se, invece, è stato escusso il fallito, che aveva dato fideiussione a favore di un fornitore di altro soggetto, è chiaro che si tratta di pagamento effettuato dal fallito un mese prima del fallimento per cui è revocabile ai sensi del secondo comma dell'art. 67 l. fall.
        Zucchetti SG srl
        • Maddalena Cottica

          sondrio
          21/09/2020 11:20

          RE: RE: RE: revocatorie

          Buongiorno, alla mia richiesta la banca mi risponde che:
          Il contratto quadro di Portafoglio commerciale – SBF sottoscritto con il correntista (ora fallito), recita testualmente all'art. 13: "- In caso di utilizzo dell'apertura di credito - linea di credito rotativa cosiddetta "Castelletto" -, concessa dalla banca e subordinata alla presentazione, da parte del cliente, di effetti, ricevute bancarie o altri titoli similari, a fronte dell'anticipazione richiesta vengono contestualmente ceduti alla banca i diritti verso i terzi debitori che hanno dato origine alla emissione dei documenti dalla stessa anticipati e viene contestualmente conferito a quest'ultima mandato irrevocabile all'incasso ex art. 1723, secondo comma, del codice civile. La banca viene inoltre espressamente e irrevocabilmente autorizzata a trattenere le somme che verranno pagate dai terzi debitori e a incamerarle a compensazione delle proprie ragioni di credito verso il presentatore, attraverso il mezzo tecnico della annotazione delle somme riscosse a credito del conto corrente intestato allo stesso presentatore".
          Di conseguenza nella fattispecie trova applicazione il principio enunciato dalla Cassazione (Cass. 19/02/2016, n. 3336, che ha ripreso Cass. 01/09/2011, 17999, proseguendo nell'indirizzo inaugurato con le pronunce nn. 2539/98 e 4205/01) secondo il quale "In tema di anticipazione su ricevute bancarie regolata in conto corrente, se le relative operazioni siano compiute in epoca antecedente rispetto all'ammissione del correntista alla procedura di amministrazione controllata, è necessario accertare, qualora il fallimento (successivamente dichiarato) del correntista agisca per la restituzione dell'importo delle ricevute incassate dalla banca, se la convenzione relativa all'anticipazione su ricevute regolata in conto contenga una clausola attributiva del diritto di "incamerare" le somme riscosse in favore della banca (c.d. "patto di compensazione" o, secondo altra definizione, patto di annotazione ed elisione nel conto di partite di segno opposto). Solo in tale ipotesi, difatti, la banca ha diritto a "compensare" il suo debito per il versamento al cliente delle somme riscosse con il proprio credito, verso lo stesso cliente, conseguente ad operazioni regolate nel medesimo conto corrente, a nulla rilevando che detto credito sia anteriore alla ammissione alla procedura concorsuale ed il correlativo debito, invece, posteriore, poichè in siffatta ipotesi non può ritenersi operante il principio della "cristallizzazione dei crediti".
          Fermo quanto sopra e senza riconoscimento del diritto del fallimento di chiedere la restituzione neppure dell'importo decurtato di tale somma, in quanto comunque calcolata su bonifici in accredito perlopiù estintivi di anticipi nell'ambito del suddetto rapporto di portafoglio commerciale SBF, in relazione ai quali l'esito di una eventuale azione revocatoria promossa dal Fallimento non sarebbe affatto scontato, la Banca mi chiede di manifestarLe sin d'ora la propria disponibilità a definire la vertenza in via transattiva, precisando che in tale caso la Banca non intende rinunciare al credito che verrà ammesso al passivo fallimentare con facoltà di insinuare eventualmente anche l'importo che dovesse essere restituito alla procedura a seguito di un eventuale accordo transattivo"
          Ritengo che indipendentemente dal contratto sottoscritto prevalga la normativa fallimentare, chiedo il vostro parere.
          Grazie
    • Zucchetti SG

      Vicenza
      21/09/2020 17:27

      RE: revocatorie

      Non ci sentiamo di condividere la sua opinione. La giurisprudenza citata dalla banca (va ve ne è anche altra) ammettendo la validità e l'efficacia del patto di compensazione ha ammesso la prevalenza degli accordi intercorsi sulle disposizioni legislative.
      E' il caso di dichiarare la propria disponibilità, salvo poi a cercare di ottenere il massimo possibile in sede di trattative. Molto poi dipende dalle condizioni della procedura; la stessa ammissione al passivo per l'importo da restituire, che normalmente viene esclusa, dipende dalle possibilità di soddisfazione che l'attivo offre ai creditori chirografari, perchè se queste sono scarse, è inutile insistere sul punto, nel mentre se alte, il fallimento incamererebbe una somma che poi restituirebbe.
      Zucchetti SG srl