Forum PROCEDURE EX LEGGE FALL. - LA LEGGE FALLIMENTARE

Opponibilità del pignoramento di quote societarie

  • Giuseppe Miraglia

    NAPOLI
    15/05/2020 06:48

    Opponibilità del pignoramento di quote societarie

    Buongiorno, desidero proporre il seguente quesito.
    Sono curatore fallimentare di un'impresa individuale che era proprietaria, tra l'altro, di quote societarie in una s.r.l. nella quale il fallito rivestiva anche la carica di amministratore unico. Nello specifico le quote della s.r.l., prima che intervenisse la dichiarazione di fallimento, venivano pignorate da un creditore che aveva iscritto sulle stesse, alla C.C.I.A.A. competente, il pignoramento ai sensi dell'art. 2471 bis c.c.. Sempre prima del fallimento la predetta procedura espropriativa delle quote di s.r.l. si concludeva con la vendita delle quote (al prezzo stimato da un CTU nominato dal G.E.) senza, però, che l'ordinanza di aggiudicazione (ovvero il provvedimento di trasferimento) venisse annotato in C.C.I.A.A.. Sopraggiunto il fallimento si potrebbe iscrivere la sentenza di fallimento sulle citate quote ai sensi degli art. 2470 c.c. e 45 L.F. (al momento risulta iscritto soltanto il pignoramento). Quali effetti produrrebbe questo tipo di pubblicità (iscrizione sentenza di fallimento) rispetto all'acquisto (mai iscritto presso la C.C.I.A.A.) effettuato dal terzo all'esito del procedimento di vendita conclusosi nell'ambito della procedura esecutiva individuale (oramai estintasi da oltre un anno)? Cioè non potendosi più rendere improseguibile la procedura esecutiva individuale, perchè estinta, la iscrizione del pignoramento delle quote ai sensi dell'art. 2471 bis c.c. produce una sorta di effetto "prenotativo", al pari di quanto accade per i beni immobili ? Oppure la iscrizione della sentenza di fallimento al R.I. rende ex art. 45 L.F. rende "non opponibile" l'acquisto effettuato dal terzo che nelle more ha anche pagato il prezzo di cessione?
    In sintesi il fallimento potrebbe considerarsi proprietario delle quote?
    La seconda questione riguarda la sorte della carica di amministratore rivestita all'interno delle s.r.l. dal fallito. Sul punto rilevo che per le s.p.a. l'art. 2382 c.c.fissa una disciplina ad hoc, mentre nulla viene detto per le s.r.l., nè vi è un rinvio sistematico a dette norme. Di conseguenza il fallito può continuare ad amministrare una srl?
    Grazie per la cortese attenzione
    • Zucchetti SG

      Vicenza
      15/05/2020 20:30

      RE: Opponibilità del pignoramento di quote societarie

      Premesso che l'espropriazione della quota di srl segue le regole di cui all'art. 2471 c.c., l'aggiudicazione delle quote pignorate, come di qualsiasi altro bene pignorato, comporta il diritto dell'aggiudicatario ad ottenere il trasferimento che, quindi può essere a lui trasferito con l'emissione di un contratto o di un decreto di trasferimento anche dopo la sospensione dell'esecuzione determinata dalla dichiarazione di fallimento del debitore trattandosi di dar corso ad un diritto già acquisito; con la sospensione del processo esecutivo rimangono, invece, bloccate le altre operazioni del procedimento esecutivo tra cui la distribuzione della somma ricavata dalla vendita che va a confluire nel patrimonio del fallimento e non al creditore che ha intrapreso e/o partecipato all'esecuzione singolare.
      In sostanza le quote in questione, a nostro avviso, non fanno più parte del patrimonio del fallito, nel mentre ne fa parte il ricavato dalla vendita.
      Quanto alla seconda questione, lei giustamente ricorda che l'art. 2382 c.c. prevede il divieto di nomina di un fallito alla carica di amministratore di una Spa e la relativa decadenza in caso di nomina ma che tale norma non è richiamata nella disciplina delle srl, né per queste è dettata una norma simile.
      Orbene da questo silenzio sono scaturiti due indirizzi. La Cassazione (Cass. n. 18904/2013) ha ritenuto che questo silenzio sta a significare che l'imprenditore dichiarato fallito può essere nominato amministratore di una Srl, sempre che l'atto costitutivo della stessa società non disponga diversamente. Difatti, dice la Corte- nel non elencare espressamente cause di ineleggibilità per le Srl, il codice civile rimette «all'atto costitutivo la definizione delle condizioni ostative all'assunzione della carica di amministratore», il che vuol dire che sono i soci a poter decidere se consentire a un imprenditore fallito di essere amministratore della loro Srl, fermo restando però che se nulla hanno manifestato a riguardo, la nomina è valida e non può essere contestata.
      Di contro il Tribunale di Roma (Trib. Roma 23 gennaio 2018) ha statuito che il divieto di nomina previsto per le Spa vale anche per le Srl dato che la disciplina del codice civile che indica le cause di ineleggibilità nelle società per azioni, è diretta a tutelare «non solo i soci, ma anche i creditori e i terzi che vengono in contatto con la società», per cui la difesa del patrimonio sociale richiede anche nelle Srl l'assenza, in capo agli amministratori, di situazioni «idonee a incidere negativamente sulla capacità e onorabilità di coloro ai quali è affidata la funzione gestoria».
      Zucchetti SG srl
      • Giuseppe Miraglia

        NAPOLI
        16/05/2020 11:53

        RE: RE: Opponibilità del pignoramento di quote societarie

        Ringrazio per la tempestività della risposta però, in relazione alla prima problematica sollevata, temo che non sia stato colto appieno il "vero" significato del problema sollevato. Mi spiego meglio!
        Non vi è dubbio alcuno che, tra le parti (fallito e aggiudicatario), le partecipazioni, per effetto dell'aggiudicazione, si siano trasferite. Il problema però che mi pongo rinviene dall'art. 2470 c.c. e dall'art. 45 L.F. laddove il primo articolo dice che il trasferimento delle partecipazioni, rispetto alla società, ha effetto dal momento del deposito al registro delle imprese dell'atto di trasferimento (commi 1 e 2 dell'art. 2470 c.c.).
        Poi, sempre lo stesso articolo (2470 c.c. comma 3°) dice che, nell'ipotesi di trasferimenti plurimi, prevale l'acquirente che per primo ha iscritto in buona fede al registro delle imprese il suo acquisto anche se di data successiva. Orbene questa norma, rispetto alla massa dei creditori fallimentari (che può essere considerato un soggetto "terzo avente causa" che si contrappone all'aggiudicatario in sede esecutiva) come la si interpreta? Oltretutto nello stesso senso va letto anche l'art. 45 L.F..
        Questo per dire che, laddove il fallimento (ovvero la massa dei creditori) iscriva la sentenza di fallimento nel registro delle imprese prima che l'aggiudicatario delle quote della s.r.l. lo faccia, può opporre il proprio acquisto all'aggiudicatario nella procedura espropriativa? Il fallimento non è il fallito! Tra le parti la cessione è avvenuta, è valida ed efficace, ma rispetto alla massa dei creditori fallimentari (che rappresentano un soggetto autonomo e differente al pari della società la cessione è opponibile? Oppure prevale l'acquisto fatto dal fallimento, inteso come massa dei creditori?
        Grazie per l'attenzione
        • Zucchetti SG

          Vicenza
          18/05/2020 09:22

          RE: RE: RE: Opponibilità del pignoramento di quote societarie

          Avevamo perfettamente compreso la sua domanda e la nostra risposta tendeva proprio a sostener che con l'aggiudicazione, l'aggiudicatario acquista un diritto al trasferimento che non è impedito dall'intervenuto fallimento, indipendentemente dalla pubblicità cui è assoggettato il trasferimento; tant'è che l'incipit della nostra risposta era "Premesso che l'espropriazione della quota di srl segue le regole di cui all'art. 2471 c.c., l'aggiudicazione delle quote pignorate, come di qualsiasi altro bene pignorato, ….", per sottolineare fin dall'inizio che quanto esponevamo in seguito era applicabile a qualsiasi bene pignorato, compresi gli immobili, che sono soggetti a trascrizione per produrre effetti contro terzi. Inoltre abbiamo differenziato gli effetti della sospensione determinata dalla dichiarazione di fallimento sul trasferimento, dicendo che può essere effettuato anche dopo la sospensione dell'esecuzione trattandosi di dar corso ad un diritto già acquisito, dagli effetti prodotti sul processo esecutivo nel quale rimangono bloccate le altre operazioni tra cui la distribuzione della somma ricavata dalla vendita che va a confluire nel patrimonio del fallimento.
          E' principio consolidato nella giurisprudenza- e non intendiamo certo metterlo noi in discussione- che solo con il decreto di trasferimento o altro atto o negozio conclusivo della vendita coattiva si realizza l'effetto traslativo del diritto reale sul bene in capo all'aggiudicatario e che l'aggiudicazione è volta a meramente designare il soggetto in favore del quale, condizionatamente al versamento del prezzo entro il termine fissato nell'ordinanza che ha disposto la vendita, va emesso il decreto di trasferimento. Pertanto, l'aggiudicazione, quando diventa definitiva, nel senso che non sono più possibili aumenti né vi siano state sospensioni, e, quindi l'aggiudicatario abbia pagato il prezzo, costituisce in capo all'aggiudicatario il diritto ad ottenere il trasferimento del bene, anche se- sempre dopo questo momento- interviene il fallimento dell'esecutato. Questo evento comporta la sospensione della procedura esecutiva, ma la sospensione interviene sulla situazione che si è verificata all'atto in cui si manifesta, per cui se questa è successiva all'aggiudicazione, il curatore non può più mettere in discussione i diritti già acquisiti dai terzi nell'esecuzione, ossia- e che si sostituisca al creditore procedente o che venga dichiarata la improcedibilità- non può mettere in discussione l'aggiudicazione fatta e il diritto dell'aggiudicatario da essa conseguente di ottenere il trasferimento della proprietà. Se questo diritto non può più essere contestato, anche in caso di fallimento dell'esecutato, non può non essere emesso il decreto di trasferimento o comunque l'atto che conclude quel tipo di vendita coattiva, nel qual caso saranno opponibili al fallimento le pubblicità che le varie tipologie di beni richiedono perché è come se il decreto di trasferimento fosse emesso dal giudice delegato nell'ambito del fallimento. Invero, tutti, i beni del fallito vanno inclusi nell'attivo fallimentare, anche se già sottoposti a esecuzione individuale e vi permangono anche se l'ufficio fallimentare opti per la prosecuzione dell'esecuzione individuale anzichè per quella concorsuale, perchè la scelta attiene solo alle modalità della liquidazione. ed in forza di tale criterio si è detto che "in caso di danni subiti da un immobile acquistato all'incanto in sede di esecuzione individuale e rimasto privo di custodia tra l'aggiudicazione e la consegna, della relativa obbligazione risarcitoria risponde la massa" (Cass. 08/05/2009, n.10599).
          Questo è il meccanismo- probabilmente non sufficientemente esplicitato nella precedente risposta- che opera, a nostro avviso, nella fattispecie; ovviamente si può non condividere il presupposto da cui muove circa gli effetti dell'aggiudicazione definitiva, nel qual caso il discorso prenderebbe una via diversa, in quanto bisognerebbe restituire all'aggiudicatario il prezzo pagato e indire una nuova vendita.
          Zucchetti SG srl