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Esecuzione Immobiliare e fallimento esecutata

  • Marcello Cosentino

    Portogruaro (VE)
    20/06/2023 10:25

    Esecuzione Immobiliare e fallimento esecutata

    Buongiorno chiedo cortesemente il Vs. parere per il caso che segue:
    Nel corso di una EI a me assegnata quale Delegato alla vendita (già effettuati due esperimenti di vendita) viene dichiarato il fallimento della società esecutata. Il creditore procedente non vanta un credito fondiario ma il fallimento non chiede l'estinzione della procedura esecutiva alla quale interviene lasciando proseguire la vendita.
    Entri i termini di legge, prima della terza asta, il procedente chiede l'assegnazione del bene ed il giorno fissato per la vendita l'immobile gli viene assegnato.
    Nell'istanza di assegnazione il creditore precisava che avrebbe pagato con denaro (e non mediante compensazione del proprio maggior credito con cui "paga" il bene) spese di procedura che ho quantificato senza particolari problemi considerando - forse un po' frettolosamente - soltanto l'IVA ed il compenso a custode e delegato.
    Infatti, il bene è stato assegnato (e non aggiudicato) per cui non c'è stata né ci sarà mai alcuna entrata di denaro a fronte dell'assegnazione dell'unico lotto al procedente che, come già detto, non versa denaro ma compensa il valore offerto con il suo maggior credito.
    Oltre a dove verificare se le altre spese di procedura siano già state saldate (ad es. il compenso del CTU) ritengo che il creditore dovrà versare anche le spese di trascrizione del D.T. e le cancellazioni che l'Ordinanza di delega avrebbe posto a carico della procedura e quindi da prelevare sul prezzo di vendita (che non si incasserà).
    Parlando poi con il curatore del fallimento dell'esecutata, questi mi diceva che in sede di precisazione del credito, oltre al compenso per il curatore ed alla quota parte delle spese generali avrebbe richiesto anche l'IMU.
    Sappiamo bene che l'IMU deve essere pagata prelevando la somma necessaria da quanto ricavato con la vendita ma, come già rilevato, il ricavo viene compensato.
    Tutto quanto sopra rappresentato chiedo:
    Il creditore assegnatario se - a mio sommesso avviso - è certamente obbligato a versare IVA, Compensi a Custode/delegato eventuale saldo al CTU e spese di trascrizione è altrettanto obbligato a versare quanto necessario a pagare:
    1) Cancellazioni formalità pregiudizievoli;
    2) spese richieste dal curatore del fallimento dell'esecutata (compenso al curatore + spese generali del fallimento)
    3) l'IMU maturata nel corso del fallimento?

    Grazie infinite per l'aiuto che fornite a noi professionisti con serietà ed autorevolezza.




    • Zucchetti SG

      29/06/2023 13:04

      RE: Esecuzione Immobiliare e fallimento esecutata

      L'art. 588 c.p.c. prevede che "ogni creditore" (e quindi anche un creditore che non sia titolare di credito fondiario), può presentare istanza di assegnazione per il caso in cui la vendita non abbia luogo nel termine di dieci giorni prima della data della vendita medesima. Dal combinato disposto degli artt. 506 e 589 si ricava che l'assegnazione può avvenire per un prezzo non inferiore alle spese di esecuzione più l'importo dei crediti aventi diritto di prelazione di grado superiore rispetto a quello dell'offerente, con la specificazione per cui, fermo restando questo importo minimo, il creditore potrà versare una somma pari alla differenza tra il prezzo del bene ed il suo credito, considerato in linea capitale.
      A seguito del versamento del conguaglio nel termine fissato dal Giudice, verrà pronunciato decreto di trasferimento.
      L'istituto dell'assegnazione, dunque, è un particolare meccanismo che consente al creditore di vedersi assegnato il bene pignorato, previo versamento delle somme che abbiamo sopra indicato, a condizione, però che sia stato infruttuosamente esperito il tentativo di vendita, e che l'istanza di assegnazione sia formulata nel termine massimo di 10 giorni prima dell'esperimento di vendita.
      Il giudice provvede sull'istanza di assegnazione all'esito della vendita in relazione al quale l'istanza è formulata. Se essa risulta deserta o non si raggiunge il prezzo base, si procede all'assegnazione.
      Molte questioni ruotano intorno all'istituto. Si discute per esempio se il termine di 10 giorni sia ordinatorio o perentorio (nel primo senso Cass., 18 aprile 2011, n. 8857, Trib. Varese, sez. II civile, 13 luglio 2019; sostiene la natura perentoria del termine Trib. Palermo sez. VI Ord., 25 gennaio 2019.
      Un vecchio (ma ora superato) problema atteneva inoltre alla determinazione della somma che il creditore dovesse versare, posto che prima delle modifiche apportate dal d.l. 27 giugno 2015, n. 83, convertito con l. 6 agosto 2015, n. 132, l'art. 589 c.p.c. disponeva che il prezzo di assegnazione doveva essere pari (almeno) alla somma prevista dall'art. 506 c.p.c., e comunque pari al prezzo determinato ai sensi dell'art. 568 c.p.c. ossia al prezzo di vendita determinato dal Giudice. Ci chiedeva, in proposito, il valore di assegnazione fosse dunque quello di stima o quello dell'esperimento di vendita in occasione del quale l'istanza veniva formulata. La questione è stata risolta dal legislatore con il d.l. 27 giugno 2015, n. 83, convertito con l. 6 agosto 2015, n. 132, prevedendosi che l'istanza di assegnazione deve prevedere il pagamento di una somma almeno pari "al prezzo base stabilito per l'esperimento di vendita per cui è presentata".
      Ciò premesso, se è intervenuto il fallimento dell'esecutato, in linea generale il curatore ha due possibilità: o chiedere di proseguire la vendita in sede esecutiva ai sensi dell'art. 107 l.f. (oggi art. 216 ccii), oppure far valere l'improseguibilità della medesima ai sensi dell'art. 51 l.f. (oggi art. 150 ccii), a meno che non si tratti di esecuzione per credito fondiario, nel qualcaso la procedura prosegue comunque.
      Orbene, è chiaro che se la procedura esecutiva si arresta il problema dell'assegnazione neppure si pone.
      Se invece l'esecuzione individuale prosegue (per volontà del curatore o perché azionata da un creditore fondiario) occorre chiedersi se, ed in quali termini, l'istituto dell'assegnazione può operare.
      Per rispondere a questi interrogativi, premettiamo che, a nostro avviso, non esiste una incompatibilità ontologica tra procedura concorsuale ed istanza di assegnazione (in questo senso Trib. Larino 10 novembre 2016). Se ne trova indiretta conferma nell'art. 41 TUB, il quale al comma secondo prevede che l'azione esecutiva sui beni ipotecati a garanzia di finanziamenti fondiari può essere iniziata o proseguita dalla banca anche dopo la dichiarazione di fallimento del debitore, aggiungendo al comma quarto che il giudice, con il provvedimento che dispone la vendita o l'assegnazione, prevede che l'aggiudicatario o l'assegnatario (che non intendano avvalersi della facoltà di subentrare nel contratto di finanziamento) versino direttamente alla banca la parte del prezzo corrispondente al complessivo credito della stessa, con espressa avvertenza che in caso di omissione sono considerati inadempienti ai sensi dell'art. 587 c.p.c..
      Detto dunque che l'istituto dell'assegnazione può operare anche in caso di fallimento del debitore, ci si domanda come esso debba declinarsi in questi casi.
      Invero, se si ammettesse sic et sempliciter che l'assegnazione continui ad avere spazio, il principio della par condicio creditorum potrebbe risultarne compromesso poiché il creditore assegnatario sarebbe chiamato a versare le sole spese della procedura esecutiva (in ossequio alla revisione di cui agli art. 506 e 589 c.p.c.) e quelle corrispondenti all'importo dei crediti aventi grado di prelazione superiore al proprio che siano presenti nella procedura esecutiva medesima per aver spiegato intervento. Conseguentemente, rimarrebbero del tutto escluse dal computo le prededuzioni fallimentari, nonché eventuali ulteriori crediti di grado superiore insinuati al passivo del fallimento e non intervenuti nell'esecuzione, il che si tradurrebbe in un vulnus per le regole del concorso.
      Il tutto, si noti, avverrebbe per di più senza quel carattere di provvisorietà proprio del versamento del saldo prezzo in favore del creditore fondiario, provvisorietà che consente al fallimento di recuperare l'eventuale surplus che il fondiario abbia eventualmente ricevuto rispetto a quanto gli sia stato definitivamente riconosciuto in sede di riparto fallimentare, in ragione del fatto che il fallimento apre il concorso dei creditori sul patrimonio acquisito all'attivo, sicché l'unica sede in cui può provvedersi alla definitiva distribuzione del ricavato è quella fallimentare (Cass., sez. I, 17 dicembre 2004, n. 23572; Cass., sez. I, 11 ottobre 2012, n. 17368 e Cass., sez. I, 30 marzo 2015, n. 6377; Cass., sez. III, 28 settembre 2018, n. 23482).
      In particolare, secondo Cass. 23482/2018, il curatore che intenda ottenere la graduazione di crediti di massa maturati in sede fallimentare a preferenza di quello fondiario, e quindi l'attribuzione delle relative somme con decurtazione dell'importo attribuito all'istituto procedente, dovrà costituirsi nel processo esecutivo e documentare l'avvenuta emissione da parte degli organi della procedura fallimentare di formali provvedimenti (idonei a divenire stabili ai sensi dell'art. 26 l.fall., oggi art. 124 del codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza) che (direttamente o quanto meno indirettamente, ma inequivocabilmente) dispongano la suddetta graduazione. Ciò in quanto il giudice dell'esecuzione deve effettuare la distribuzione provvisoria delle somme ricavate dalla vendita sulla base dei provvedimenti (anche non definitivi) emessi in sede fallimentare ai fini dell'accertamento, della determinazione e della graduazione di detto credito fondiario. La distribuzione così operata dal giudice dell'esecuzione ha comunque carattere provvisorio e può stabilizzarsi solo all'esito degli accertamenti definitivi operati in sede fallimentare, legittimando in tal caso il curatore ad ottenere la restituzione delle somme eventualmente riscosse in eccedenza.
      Ed allora, al cospetto di una istanza di assegnazione occorrerà instaurare il contraddittorio con il curatore fallimentare, il quale dovrà precisare in sede esecutiva quali sono le spese della procedura fallimentare che devono essere versate dal richiedente l'assegnazione in quanto imputabili alla liquidazione di quel cespite, ed eventualmente quali crediti insinuati al passivo hanno diritto di essere preferiti al creditore richiedente l'assegnazione rispetto a quel bene; fermo restando, è bene precisarlo, che i versamenti cui il creditore sarà chiamato in sede esecutiva avranno carattere provvisorio, e sono destinati ad essere definitivamente regolati in sede di riparto fallimentare.
      Ciò detto in linea generale, osserviamo che a nostro avviso queste considerazioni perdono in parte di significato se il creditore che richiede l'assegnazione decide di versare il prezzo di vendita, il quale dovrà essere maggiorato dei soli importi eventualmente necessari a coprire le spese di esecuzione (come sopra determinate) ed il credito dei creditori di grado anteriore al suo. Al prezzo di vendita ovviamente dovranno essere aggiunte le spese di trasferimento, che sono a carico dell'acquirente.
      Quanto alle spese di cancellazione delle formalità pregiudizievoli riteniamo che occorra guardare al contenuto dell'ordinanza di vendita. Invero, secondo la giurisprudenza, "In tema di vendita forzata, il giudice dell'esecuzione (o quello delegato al fallimento) può, con proprio provvedimento, porre le spese per la cancellazione delle trascrizioni ed iscrizioni gravanti sull'immobile trasferito a carico dell'aggiudicatario, anziché a carico del debitore (o della massa fallimentare), come disposto dagli artt. 2878 cod. civ. e 586 cod. proc. civ. (nonché 105 della legge fall.), poiché il principio dell'obbligo del pagamento delle spese predette a carico del debitore (o della massa fallimentare) non può dirsi inderogabile, non essendo tale inderogabilità sancita da alcuna norma di legge, e non avendo esso ad oggetto situazioni soggettive indisponibili". (Cass. n. 10909 del 25.7.2002)
      Se invece l'ordinanza di vendita nulla dovesse disporre in proposito, a nostro avviso esse gravano sulla procedura. Del resto, l'art. 2 D.M. Giustizia 15 ottobre 2015, n. 227 nel prevedere che siano posti a carico dell'aggiudicatario la metà del compenso relativo alla fase di trasferimento della proprietà e delle relative spese generali, nonché le spese effettivamente sostenute per l'esecuzione delle formalità di registrazione, trascrizione e voltura catastale, pone implicitamente pone a carico della massa le spese di cancellazione delle formalità pregiudizievoli.