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Vendita Immobiliare - errata pubblicità

  • Enrico Spirito

    Salerno
    05/04/2022 21:28

    Vendita Immobiliare - errata pubblicità

    Salve, in qualità di Curatore, chiedo il seguente parere:
    L'insufficiente o irregolare pubblicità costituisce, secondo dottrina e giurisprudenza unanime, motivo di opposizione agli atti esecutivi idoneo ad incidere anche sull'atto di aggiudicazione, con evidenti effetti anche per l'acquirente, e deve essere fatta valere mediante lo strumento dell'opposizione agli atti esecutivi, ex art. 617 c.p.c., a pena di inammissibilità, nel termine di decadenza che decorre dall'atto di aggiudicazione.
    Chiedo:
    Nella vendita immobiliare fallimentare è individuabile un termine decadenziale per far valere l'irregolarità della pubblicità?
    Il Giudice Delegato, senza limiti temporali, può dichiarare d'ufficio la nullità della vendita e, dunque, della aggiudica, prima dell'emissione del decreto di trasferimento?
    Nel ringraziare invio cordiali saluti.
    Avv.Enrico Spirito
    • Zucchetti SG

      08/04/2022 08:55

      RE: Vendita Immobiliare - errata pubblicità

      La domanda richiede una risposta articolata.
      Cominciamo col dire che, per giurisprudenza consolidata, l'art. 2929 c.c., a mente del quale "La nullità degli atti esecutivi che hanno preceduto la vendita o l'assegnazione non ha effetto riguardo all'acquirente o all'assegnatario, salvo il caso di collusione con il creditore procedente", con la conseguenza che, a contrario, hanno effetti nei confronti dell'acquirente le nullità che riguardano la vendita, si applica pacificamente anche alle vendite fallimentari (Cass. n. 4039 del 06/12/1974; n. 3715 del 11/06/1980; n. 4350 del 16/05/1997).
      Come detto nella domanda, l'irregolare pubblicità costituisce vizio del procedimento di vendita suscettibile di travolgere l'aggiudicazione. Infatti, trattandosi di nullità che riguarda gli atti della vendita e non gli atti che "hanno preceduto la vendita", non opera in favore dell'aggiudicatario la previsione di cui all'art. 2929 c.c.
      Il principio costituisce ormai ius receptum nella giurisprudenza della Cassazione. In questi termini si sono pronunciate, ad esempio, Cass. civ., sez. III, 18 aprile 2005 n. 8006; Cass. civ., sez. III, 11 dicembre 1995 n. 12653. Andando a ritroso nel tempo si risale a Cass. civ., sez. III, 13 dicembre 1962, n. 3340, secondo cui "Il precetto, risultante dagli artt. 490 e 534 cod. proc. civ., secondo il quale il provvedimento che ordina la vendita mobiliare all'incanto dev'essere pubblicato mediante avviso contenente tutti i dati che possono interessare il pubblico, da affiggersi nell'albo pretorio per tre giorni consecutivi, dev'essere osservato a pena di nullità della vendita stessa anche quando il Giudice dell'esecuzione, con ordinanza successiva, abbia modificato la precedente in elementi essenziali quali la fissazione del luogo e dell'ora degli incanti. In tal caso la pubblicità va estesa al nuovo provvedimento e la nullità derivante dalla omissione può essere fatta valere con l'opposizione agli atti esecutivi entro il breve termine di cinque giorni stabilito dall'art 617 cod. proc. civ., decorrente dalla vendita, con l'effetto di rendere inoperante la preclusione posta dall'art 2929 cod. civ.".
      Ancora, con riferimento all'applicabilità della regola di cui all'art. 2929 c.c. Cass. Civ., sez. III 9 giugno 2010, n. 13824 ha affermato che "La regola contenuta nell'art. 2929 cod. civ., secondo il quale la nullità degli atti esecutivi che hanno preceduto la vendita e l'assegnazione non ha effetto riguardo all'acquirente o all'assegnatario, non trova applicazione quando la nullità riguardi proprio la vendita o l'assegnazione, sia che si tratti di vizi che direttamente la concernano, sia che si tratti di vizi che rappresentino il riflesso della tempestiva e fondata impugnazione di atti del procedimento esecutivo anteriori ma ad essi obbligatoriamente prodromici. (Nella specie, la nullità dell'aggiudicazione e del conseguente decreto di trasferimento sono state dichiarate, in sede di cassazione con rinvio della sentenza di rigetto dell'opposizione agli atti esecutivi, perché l'udienza di vendita, rifissata dopo un rinvio disposto d'ufficio, non era stata preceduta dalle formalità obbligatorie di pubblicità)".
      Ove vi sia stata violazione delle disposizioni sulla pubblicità e sia stato emesso il decreto di trasferimento, questo va impugnato ai sensi dell'art. 26, anche se la vendita si è svolta secondo l'osservanza delle norme del codice di procedura civile. L'art. 26 infatti è norma disciplinante il rimedio impugnatorio degli atti; si tratta di una norma che individua, dunque, il "rito applicabile" alle procedure fallimentari, mentre il 617 fa riferimento alle procedure esecutive individuali (cfr, sul punto, Cass. Sez. 1, Sentenza n. 1302 del 16/02/1999).
      Se invece il decreto di trasferimento non è stato ancora pronunciato, lo strumento impugnatorio praticabile sarà quello di cui all'art. 36 l.fall., che disciplina il reclamo avverso gli atti del curatore.
      Ciò posto, ove non siano pervenuti reclami, residua un potere officioso di sospensione della vendita ad opera del Giudice delegato, i cui presupposti sono apparentemente diversi a seconda che la vendita si sia svolta mediante procedure competitive ovvero a norma dell'art. 107, comma secondo, l.fall.
      Invero, all'esito di una procedura competitiva, trova applicazione il potere di sospensione di cui all'art. 108 comma 1, a mente del quale il Giudice delegato può impedire che la vendita si perfezioni quando ricorrano gravi e giustificati motivi, ovvero quando il prezzo ottenuto sia notevolmente inferiore a quello giusto.
      Invece, "qualora il curatore ricorra alle modalità di vendita prefissate dal codice di procedura civile divengono applicabili alla liquidazione le sole norme previste dal codice di rito, restando esclusa la possibilità di applicare tanto l'istituto della sospensione della vendita che l'art. 107, quarto comma, l. fall. riconosce al curatore, quanto quello della sospensione delle operazioni di vendita che l'art. 108, primo comma, l. fall. riconosce al Giudice delegato" (Cass. n. 9017 del 11/04/2018).
      Anche in questo caso, tuttavia, il potere sospensivo non è inibito, potendo trovare applicazione l'art. 586 c.p.c., del quale l'art. 108 costituisce sostanzialmente il parallelo.
      Con riferimento all'art. 586 c.p.c. (ma con argomenti validi anche per l'art. 108 l.fall.) la giurisprudenza ha affermato che "Il potere di sospendere la vendita, attribuito dall'art. 586 c.p.c. (nel testo novellato dall'art. 19 bis della legge n. 203 del 1991) al Giudice dell'esecuzione dopo l'aggiudicazione perché il prezzo offerto è notevolmente inferiore a quello giusto, può essere esercitato allorquando: a) si verifichino fatti nuovi successivi all'aggiudicazione; b) emerga che nel procedimento di vendita si siano verificate interferenze illecite di natura criminale che abbiano influenzato il procedimento, ivi compresa la stima stessa; c) il prezzo fissato nella stima posta a base della vendita sia stato frutto di dolo scoperto dopo l'aggiudicazione; d) vengano prospettati, da una parte del processo esecutivo, fatti o elementi che essa sola conosceva anteriormente all'aggiudicazione, non conosciuti né conoscibili dalle altre parti prima di essa, purché costoro li facciano propri, adducendo tale tardiva acquisizione di conoscenza come sola ragione giustificativa per l'esercizio del potere del Giudice dell'esecuzione", aggiungendo che dunque ove la vendita "abbia avuto luogo in corretta applicazione delle norme di rito" (Cass. n. 11116 del 10/06/2020) alla sospensione si può giungere solo nei casi suddetti.
      Traendo le fila del discorso sin qui compiuto, siamo dell'opinione per cui la violazione degli adempimenti pubblicitari, pur in difetto dell'impugnazione degli atti del curatore o del Giudice delegato, possa giustificare l'adozione di un provvedimento di sospensione adottato d'ufficio (prima della produzione dell'effetto traslativo) quante volte quella violazione si sia tradotta nell'abdicazione alla regola della competitività o nell'alterazione del procedimento liquidatorio, tale per cui non si è neppure in grado di sapere se il prezzo di aggiudicazione cui si è pervenuti sia o meno quello "giusto", con l'ulteriore precipitato per cui andrà compiuta una valutazione caso per caso, posto che, ad esempio, un conto è constatare che gli adempimenti pubblicitari sono stati completamente omessi, altro è dire che l'avviso di vendita è stato pubblicato per un numero di giorni inferiore a quello previsto.
    • Enrico Spirito

      Salerno
      08/04/2022 10:11

      RE: Vendita Immobiliare - errata pubblicità

      Ringrazio per la risposta esaustiva.
      Cordiali saluti.
      Avv.Enrico Spirito
      • Zucchetti SG

        08/04/2022 10:13

        RE: RE: Vendita Immobiliare - errata pubblicità

        Grazie a lei
    • Enrico Spirito

      Salerno
      08/04/2022 10:55

      RE: Vendita Immobiliare - errata pubblicità

      Chiedo, cortesemente, un parere sulla seguente precisazione:
      Nella vendita senza incanto, ove trova applicazione l'art.572 comma 3 cpc cpc ed il prezzo offerto sia stato inferiore al prezzo base, ma in misura non superiore ad un quarto, ho sempre ritenuto che la valutazione del Giudice sulla possibilità di conseguire un prezzo superiore (al fine di non dar luogo alla vendita), dovrebbe essere antecedente alla aggiudica, cosicché non sembrerebbe che, dopo la deliberazione sull'offerta (ovvero dopo l'aggiudica ad opera del Curatore), possa, poi, trovare applicazione il primo comma dell'art.586 cpc (che è norma riferita alla vendita con incanto, non applicabile, in tutto e per tutto, alle vendite senza incanto, come, a mio sommesso avviso, nel caso di specie).
      Ovviamente nutro forti dubbi su quanto sopra affermato, cosicché chiedo un Vs illuminante parere.
      Cordiali saluti.
      Avv.Enrico Spirito

      • Zucchetti SG

        11/04/2022 09:29

        RE: RE: Vendita Immobiliare - errata pubblicità

        La risposta all'interrogativo formulato richiede il preliminare richiamo ad alcuni dati normativi.
        Dispone l'art 572 c.p.c. che se il prezzo offerto è inferiore al prezzo base in misura non superiore a un quarto, "il giudice può far luogo alla vendita quando ritiene che non vi sia seria possibilità di conseguire un prezzo superiore con una nuova vendita e non sono state presentate istanze di assegnazione ai sensi dell' art. 588".
        Dunque, stando alla lettera dell'art. 572, la valutazione sulla opportunità di procedere o meno ad aggiudicazione è riservata al giudice, e ciò in applicazione dell'art. 484, comma primo, c.p.c., a mente del quale "l'espropriazione è diretta da un giudice".
        Peraltro, l'art. 591-bis c.p.c. prescrive, al n. 3 che in caso di delega delle operazioni di vendita il professionista delegato provvede, tra l'altro, alla deliberazione sull'offerta a norma dell'articolo 572 e agli ulteriori adempimenti di cui agli articoli 573 e 574 c.p.c..
        La conseguenza è che, nelle esecuzioni individuali, il giudice nel pronunciare l'ordinanza di vendita modula l'esercizio di questo compito, stabilendo di volta in volta come debba orientarsi il professionista delegato in presenza di una sola offerta valida di importo inferiore al prezzo base.
        Nella vendita fallimentare il curatore può prevedere, nel programma di liquidazione (il quale a norma dell'art. 104-ter, comma 2 let. e) deve prevedere "le condizioni di vendita dei singoli cespiti") che la vendita sia effettuata dal giudice delegato nelle forme previste dal codice di procedura civile, in quanto compatibili. Ricordiamo inoltre che il programma di liquidazione è sottoposto all'approvazione del comitato dei creditori o del giudice delegato in assenza di questo organo, e che lo stesso giudice delegato autorizza il compimento degli atti ad esso conformi.
        Va ancora aggiunto che l'art. 25 l.fall. assegna al giudice delegato un potere di "vigilanza e controllo sulla regolarità della procedura".
        Ed allora, sulla scorta di questi dati, siamo del parere per cui, in presenza di una sola offerta valida, il curatore ha l'autonomia di decidere se aggiudicare o meno in ragione del fatto che la legge fallimentare gli affida la gestione delle vendite sulla scorta delle regole fissate nel programma di liquidazione potrebbe; cionondimeno, riteniamo che il giudice delegato, in ragione del potere di vigilanza e controllo di cui all'art. 25 l.fall., ed in considerazione del fatto che gli atti esecutivi del programma di liquidazione sono da lui autorizzati ai sensi del penultimo comma dell'art. 104-ter c.p.c., abbia il potere dovere di revocare l'aggiudicazione quante volte ricorrano i presupposti di cui all'art. 572, comma 2 c.p.c..
        Aggiungiamo inoltre che una situazione di questo tipo potrebbe anche costituire il presupposto per procedere all'apertura di un procedimento di revoca del curatore, quando l'aggiudicazione sia frutto di dolo o colpa grave.