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Liquidazione controllata persona fisica (consumatore) - adempimenti fiscali

  • Fabrizio Florio

    Torre Annunziata (NA)
    09/06/2025 13:40

    Liquidazione controllata persona fisica (consumatore) - adempimenti fiscali

    In qualità di liquidatore (nominato dal Tribunale a seguito di ricorso presentato da un creditore) nell'ambito di una liquidazione controllata aperta in danno di una persona fisica (consumatore), vorrei chiedervi, gentilmente, se siete a conoscenza di eventuali adempimenti fiscali a mio carico nella predetta qualità.
    Premettendo che, a mio avviso, probabilmente tutti gli adempimenti fiscali restano a carico del sovraindebitato - non essendovi alcuna norma in senso diverso - mi chiedo:
    1) come si determina (e a chi spetta la relativa determinazione) l'imposizione fiscale sul ricavato dei beni a seguito della liquidazione (in particolare di beni mobili - quali quote societarie e un marchio registrato a nome del consumatore - e beni immobili), atteso che non mi sembra applicabile l'art. 183 TUIR come nel caso della liquidazione giudiziale;
    2) nel caso di specie, inoltre, la persona fisica percepisce delle royalties derivanti dalla concessione d'uso del marchio: poichè, ragionevolmente, parte di questi introiti dovranno essere corrisposti alla procedura e non più al sovraindebitato mi chiedo se, e in caso positivo chi, dovrà effettuare gli adempimenti fiscali e corrispondere le relative imposte.
    Grazie
    • Zucchetti Software Giuridico srl

      10/06/2025 13:01

      RE: Liquidazione controllata persona fisica (consumatore) - adempimenti fiscali

      A nostro avviso il liquidatore non è tenuto ad alcuno degli adempimenti indicati nella domanda.
      Invero, solo il curatore, e non anche il liquidatore, è menzionato nell'art. 74-bis del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 tra i sostituti d'imposta, sicché occorrerebbe chiedersi se il silenzio serbato dal legislatore sul punto possa essere colmato in via analogica, risolvendo a monte il problema di comprendere se l'inclusione del curatore tra i sostituti d'imposta operata dall'art. 37 d.l. 04/07/2006, n. 223, convertito, con modificazioni, con l. 4/8/2006, n. 248 sia norma eccezionale o piuttosto enunciativa di un principio generale. Sul punto deve registrarsi che la Corte di Cassazione, prima della modifica intervenuta nel 2006, aveva più volte escluso che in capo al curatore gravassero obblighi fiscali diversi da quelli normativamente previsti affermando che, siccome "secondo una configurazione che trova puntuale riscontro anche nel diritto impositivo vigente (cfr. art. 125 del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917), nei confronti del fallito permane la soggettività passiva dei tributi" (Cfr. Cass., 20 marzo 1993, n. 3321), "sul curatore, in quanto organo della procedura, possono gravare solo gli obblighi tassativamente previsti per la specifica figura"( Cfr. Cass., 22 dicembre 1994, n. 11047).
      Anche l'Agenzia delle entrate con la risposta ad interpello n. 956-1729 del 21/11/2024 ha ritenuto che "in mancanza di specifiche disposizioni normative" le due procedure (liquidazione controllata e liquidazione giudiziale) non possono essere equiparate, nell'ambito della normativa fiscale del TUIR (si trattava, in particolare, di stabilire se anche nella liquidazione controllata il reddito d'impresa potesse essere determinato secondo la previsione dell'articolo 183 del TUIR).
      E' chiaro allora che, non applicandosi l'art. 183 il debitore dovrà calcolare il proprio reddito in base alle regole ordinarie, tenuto conto delle attività compiute in seno alla procedura dal liquidatore.

      È ben vero che la l. 9 agosto 20234, n. 111 recante "Delega al Governo per la riforma fiscale" prevede all'art. 9 comma 1 n. 2 una tendenziale omogeneizzazione delle procedure concorsuali (che vengono divise solo tra liquidatorie e non liquidatorie) indicando che il legislatore debba "estendere agli istituti liquidatori nonché al concordato preventivo e all'amministrazione straordinaria delle grandi imprese, anche non liquidatori, il regime di adempimenti attualmente previsto ai fini dell'IVA per la liquidazione giudiziale", ma ad oggi la delega non è stata ancora attuata.
      • Fabrizio Florio

        Torre Annunziata (NA)
        10/06/2025 23:51

        RE: RE: Liquidazione controllata persona fisica (consumatore) - adempimenti fiscali

        Vi ringrazio innanzitutto per il riscontro.
        Se ho capito bene, quindi, secondo questa interpretazione (derivante dalla non applicabilità dell'art. 183 TUIR) gli introiti derivanti dall'attività di liquidazione (es. vendita quote societarie e/o incasso royalties) devono comunque confluire nel "reddito" del debitore persona fisica, il quale, pertanto, sarebbe obbligato non solo a darne indicazione nella propria dichiarazione dei redditi ma anche a versare le relative imposte.
        Così facendo, però, si porrebbe ragionevolmente un problema di violazione del principio di capacità contributiva di cui all'art. 53 Cost., in quanto il debitore si troverebbe a dover corrispondere imposte in relazione a redditi mai realmente percepiti.
        L'unica "soluzione" pratica che ipotizzo, a questo punto, è che in qualità di liquidatore potrei corrispondere al sovraindebitato, a seguito della presentazione della dichiarazione dei redditi da parte di quest'ultimo e previa autorizzazione del Giudice Delegato, un importo pari all'ammontare delle imposte dovute su quei redditi mai percepiti, così da "neutralizzare" il carico fiscale dovuto materialmente dal sovraindebitato.
        • Zucchetti Software Giuridico srl

          12/06/2025 10:35

          RE: RE: RE: Liquidazione controllata persona fisica (consumatore) - adempimenti fiscali

          Comprendiamo il ragionamento svolto e le perplessità sollevate, evidentemente poste da un vuoto normativo. A nostro avviso non si pone tuttavia un problema di violazione del principio di capacità contributiva.
          Il tema è delicato. L'Agenzia delle Entrate con la risoluzione 158/E del dell'11 novembre 2005 (pronunciata a seguito di una istanza di interpello concernente proprio gli obblighi tributari del custode giudiziario nel caso di incasso di canoni derivanti dalla locazione di immobili pignorati, ha premesso che nel caso di pignoramento (al quale potrebbe equipararsi la liquidazione controllata, quale pignoramento universale di tutto il patrimonio del debitore) non si determina alcuna modificazione soggettiva nella titolarità del diritto di proprietà sui beni, ed il custode agisce in sostituzione dell'esecutato. In particolare, secondo l'Agenzia, la custodia giudiziaria è strettamente connessa, sul piano funzionale, all'atto di pignoramento, realizzando sul versante fattuale il vincolo di indisponibilità che esso determina. Essa, pertanto, non determina alcuna modifica della titolarità dei beni e dei frutti che ne sono oggetto, e quindi il custode non assume la proprietà dei beni in custodia, ma si limita alla loro gestione.
          Da queste premessa si ricaverebbe allora, secondo l'agenzia, che soggetto passivo dell'obbligazione tributaria è pur sempre il debitore esecutato, sia ai fini IVA (a proposito della quale l'Agenzia ha ritenuto che in capo all'esecutato permane l'obbligo di liquidazione, versamento e dichiarazione del tributo, mentre obbligato a emettere fattura, in sostituzione del contribuente, sia il custode - poiché l'emissione della fattura è strettamente funzionale all'apprensione dei canoni locatizi - che deve trasmettere all'esecutato, oltre all'importo del tributo incassato, copia della fattura, a meno che questi non si renda irreperibile, nel qual casa sarà il custode giudiziario a versare l'IVA direttamente all'Erario), sia ai fini IRPEF.
          Questa opinione è stata successivamente precisata (ed in parte modificata) dalla risoluzione 16 maggio 2006 n. 62/E, ribadita con la risoluzione n. 102/E del 21 aprile 2009, dove si è ritenuto che obbligato ad emettere fattura in nome e per conto del contribuente e a versare l'IVA sia il custode, sulla base dell'assunto per cui se da un lato il custode giudiziario non assume la titolarità del bene oggetto di espropriazione forzata, che va riconosciuta pur sempre in capo al debitore, quest'ultima non si delinea come una titolarità piena nel suo esercizio, in quanto priva del potere dispositivo sul bene. Ne consegue che anche la soggettività passiva d'imposta del debitore esecutato deve ritenersi in parte "limitata" sotto il profilo dei concreti adempimenti che ne discendono, in particolare con riguardo agli obblighi di fatturazione e versamento del tributo.
          A fronte di questa precisa scelta di campo indicata dall'Agenza delle entrate, nella giurisprudenza di legittimità si registrano orientamenti non del tutto convergenti.
          In materia di IRPEF, la tesi patrocinata dall'amministrazione finanziaria è stata sostenuta da Cass., sez. V, 25 settembre 2006, n. 20764, (ribadita da Cass., Sez. V, n. 16981 del 13/8/2020, secondo la quale "In tema di imposte sui redditi, il reddito fondiario derivante dalla locazione di un immobile sottoposto a pignoramento concorre alla formazione del reddito del debitore esecutato, indipendentemente dalla percezione dei canoni, a norma dell'art. 23 del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, in quanto, se, in base all'art. 2912 cod. civ., il pignoramento comprende i frutti della cosa pignorata, sicché i suoi effetti si estendono, nel caso di pignoramento immobiliare, ai canoni di locazione maturati successivamente al perfezionamento del vincolo, nondimeno i canoni stessi appartengono, come l'immobile, fino alla vendita coattiva, al debitore esecutato, cui sarà restituito l'eventuale residuo del ricavato della vendita e delle rendite maturate.
          Diverso principio è stato invece espresso da Cass., 8 marzo 2006, n. 4943, ove si è ritenuto che "In tema di IRPEF … in caso di sequestro conservativo di immobili, il debitore nominato custode non può considerarsi titolare di alcun reddito proveniente dagli stessi, poiché i frutti civili sono sottratti alla sua disponibilità, ai sensi dell'art. 559 cod. proc. civ., richiamato dal successivo art. 679, e l'obbligo legale di rendiconto prescritto dall'art. 560 impone l'esclusione di tali frutti dalla base imponibile, ai sensi dell'art. 3, primo comma, del d.P.R. n. 597 del 1973, a tenore del quale l'imposta si applica sul reddito complessivo netto formato da tutti i redditi del soggetto passivo, compresi i redditi altrui dei quali egli ha la libera disponibilità o l'amministrazione senza obbligo della resa dei conti".
          Tale ultimo assunto è stato più recentemente ripreso da Cass., 11 novembre 2011, n. 23620, la quale ha ribadito che "in tema di Irpef, l'intestatario di un immobile sottoposto a sequestro giudiziario [ma le argomentazioni spese valgono tal quali a proposito del pignoramento] non può considerarsi titolare di alcun reddito proveniente dall'immobile in questione, poiché i canoni, ed in generale tutti gli altri frutti civili, sono nella disponibilità del custode, ai sensi dell'art. 560 c.p.c., richiamato dal successivo art. 676, e l'obbligo legale di rendiconto, prescritto a carico del custode dall'art. 593 c.p.c., impone l'esclusione di tali frutti dalla base imponibile dell'intestatario medesimo, ai sensi dell'art. 3, comma 1, d.P.R. 22 dicembre 1986 n. 917 a tenore del quale «l'imposta si applica sul reddito complessivo netto del soggetto, formato... da tutti i redditi posseduti». (In applicazione del principio, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata che aveva annullato un avviso di accertamento in relazione all'omessa contabilizzazione da parte del proprietario di canoni locativi, riscossi dal custode dell'immobile sottoposto a sequestro giudiziario). Negli stessi termini anche Sez. V, n. 29487 del 21/10/2021.
          Secondo questi arresti, cioè, i canoni di locazione (e dunque, in generale, i redditi prodotti dai beni rientranti nella procedura) non costituiscono reddito imponibile ai fini IRPEF, poiché ai sensi degli artt. 1 e 3 d.P.R. 917/1986 il presupposto impositivo è il "possesso" di un reddito, il che secondo la sentenze da ultimo citate non avviene in occasione del sequestro (ma chiaramente lo stesso vale per il pignoramento) poiché la disponibilità dei canoni di locazione è in capo al custode, ausiliario del giudice investito di un munus pubblico in funzione del superiore interesse della giustizia.
          Questo secondo arresto persuade, soprattutto ove lo si riferisca alla liquidazione controllata, poiché viceversa si avrebbe una evidente disparità di trattamento tra il debitore sottoposto a liquidazione giudiziale e quello soggiacente a liquidazione controllata.
          A questo punto, come ipotizzato nella domanda (ed ina attesa che la disciplina di cui all'art. 183 tuir possa essere estesa anche alla liquidazione controllata), l'unica soluzione pratica percorribile è quella per cui il liquidatore dovrebbe eseguire (suggeriamo in favore dell'erario) un pagamento pari all'importo delle imposte che avrebbe versato ove gli unici redditi imponibili fossero quello derivanti dalla liquidazione.