Forum ESECUZIONI - IL PIGNORAMENTO

Conferimento in società dopo il pignoramento

  • Jonny Spini

    Perugia
    25/03/2022 19:44

    Conferimento in società dopo il pignoramento

    Buongiorno,
    su un bene strumentale (D/7) facente parte di un lotto relativo ad una esecuzione nella quale sono delegato è presente in data 17/02/2012 la trascrizione del pignoramento. Dopo detta trascrizione è presente la trascrizione del conferimento dell'immobile in una società di capitali. In precedenza l'immobile risultava di proprietà di una ditta individuale che allo stato attuale risulta cessata; il titolare di codesta ditta era il soggetto esecutato a carico del quale il creditore procedente aveva iniziato la relativa procedura. Il trasferimento dell'immobile deve essere posto a carico dell'esecutato o della società conferitaria?
    Si ritiene giustificata la seconda posizione per cui dovrà essere emessa una fattura in reverse charge posto che l'acquirente è un soggetto giuridico e che viene esercitata l'opzione di cui all'art.10 n.8-ter comma 1 dpr 633/1972.
    Nel decreto di trasferimento i dati da indicare come debitore sono quelli dell'esecutato ditta individuale o del conferitario?
    Ringrazio per la cortese attenzione.
    Saluti
    • Zucchetti SG

      28/03/2022 07:55

      RE: Conferimento in società dopo il pignoramento

      A nostro avviso la prima soluzione ipotizzata ci pare maggiormente persuasiva. Essa, infatti, è conforme alla previsione di cui all'art. 2913 c.c., secondo cui "non hanno effetto in pregiudizio al creditore pignorante e ai creditori intervenuti gli atti di alienazione dei beni sottoposti a pignoramento". La norma, parlando di atti di alienazione, sembra far riferimento ad atti volontari posti in essere dall'esecutato, anche se in dottrina e giurisprudenza viene evocata anche per affermare che il decreto di trasferimento vada trascritto contro l'esecutato pure nell'ipotesi di decesso di quest'ultimo.
      Ora detta disposizione rappresenta l'evoluzione della previsione di cui all'art. 2085 contenuta nel codice del 1865, secondo cui "il debitore non può alienare i beni" pignorati. Il divieto imponeva al debitore di astenersi dal compimento di atti di alienazione, ritenuti nulli di pieno diritto.
      Con il codice del 1942 il legislatore è passato dalla imposizione di un divieto alla previsione dell'inefficacia-inopponibilità ai creditori, con la conseguenza che l'atto dispositivo del bene pignorato, valido ed efficace, è semplicemente non opponibile al creditore, con l'ulteriore conseguenza che in caso di estinzione della procedura l'atto mantiene la sua efficacia traslativa; la funzione della norma sarebbe allora quella di accordare protezione ai creditori da ogni possibile evento (ad eccezione degli acquisti a titolo originario) che potesse pregiudicare la loro tutela in sede esecutiva.
      Dunque, si può concludere nel senso che il decreto di trasferimento va pronunciato nei confronti dell'esecutato (e contro di lui trascritto) che pure abbia posto in essere un atto di alienazione del bene pignorato.
    • Jonny Spini

      Perugia
      28/03/2022 08:54

      RE: Conferimento in società dopo il pignoramento

      Buongiorno, visto che il decreto di trasferimento va pronunciato nei confronti dell'esecutato (e contro di lui trascritto), dato che il bene in questione è stato acquisito/costruito dalla Ditta Individuale cessata, tale casistica comporta la riapertura della partita Iva cessata?
      Se la risposta è affermativa chi è legittimato ad effettuare tale richiesta?
      Oppure è corretto applicare l'imposta di registro anche se il diritto di proprietà su tale immobile si è generato quando la Ditta Individuale era attiva?
      Grazie ancora.
      • Zucchetti SG

        28/03/2022 09:55

        RE: RE: Conferimento in società dopo il pignoramento

        La risposta alla ulteriore richiesta di precisazioni costituisce, a nostro avviso, un precipitato dell'affermazione per cui l'atto dispositivo (in questo caso il conferimento) avvenuto dopo il pignoramento è inopponibile alla procedura.
        Se così è, poiché il trasferimento avvenuto è tam quam non esset, occorrerà attuare il trasferimento prescindendo da quanto avvenuto successivamente al pignoramento.
        Certamente resta l'interrogativo relativo alla cessazione della partita IVA, e per rispondere ad esso riteniamo necessario partire dalla lettura dell'art. 35 del d.P.R. 633/1972 (testo unico IVA).
        In particolare, il comma 3 della previsione dispone che in caso di variazione di cessazione dell'attività, il contribuente entro trenta deve giorni farne dichiarazione all'Agenzia delle Entrate utilizzando modelli conformi a quelli approvati con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate, aggiungendo al comma 4 che per le operazioni relative alla liquidazione dell'azienda, rimangono ferme le disposizioni relative al versamento dell'imposta, alla fatturazione, registrazione, liquidazione e dichiarazione e che (comma 8) i soggetti tenuti all'iscrizione presso il registro delle imprese possono fare la comunicazione di cessazione al medesimo registro delle imprese, il quale comunica la cessazione all'Agenzia delle entrate.
        Se dunque, nonostante la liquidazione di cespiti aziendali in corso (e la liquidazione è certamente in corso poiché è ancora pendente la vendita del cespite sottoposto ad esecuzione) l'esecutato ha provveduto a dichiarare la cessazione dell'attività presso il competente ufficio dell'Agenzia delle Entrate, il citato art. 35 è stato violato.
        Venendo alla posizione del delegato, ed in assenza di una norma, come l'art. 74-bis del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, che nel fallimento stabilisce che gli adempimenti in materia di imposta sul valore aggiunto costituiscono un obbligo del curatore fallimentare, l'agenzia delle entrate è intervenuta con la risoluzione 16 maggio 2006 n. 62/E, ribadita con la risoluzione n. 102/E del 21 aprile 2009.
        La scelta di fondo seguita dall'Agenzia è stata quella di ritenere che obbligato ad emettere fattura in nome e per conto del contribuente e a versare l'IVA sia il professionista delegato delle operazioni di vendita.
        L'Agenzia delle Entrate sottolinea come, se da un lato il custode giudiziario non assume la titolarità del bene oggetto di espropriazione forzata, che va riconosciuta pur sempre in capo al debitore, quest'ultima non si delinea come una titolarità piena nel suo esercizio, in quanto priva del potere dispositivo sul bene. Ne consegue che anche la soggettività passiva d'imposta del debitore esecutato deve ritenersi in parte "limitata" sotto il profilo dei concreti adempimenti che ne discendono, in particolare con riguardo agli obblighi di fatturazione e versamento del tributo. La procedura espropriativa del resto rappresenta un momento patologico nella circolazione del bene immobile, cosicché anche sotto il profilo della tutela degli interessi dell'erario, gli obblighi di fatturazione e versamento del tributo, non solo nell'ipotesi di irreperibilità del contribuente ma, in ogni caso, devono ritenersi accentrati nella procedura stessa.
        Quanto affermato dalla risoluzione n. 158/E costituisce esplicazione di un orientamento già espresso in termini più generali dalla circolare n. 6 del 17 gennaio 1974, e dalla successiva risoluzione del 13 agosto 1974, in cui con riferimento alla figura dell'incaricato della vendita (commissionario, cancelliere, ufficiale giudiziario, istituto vendite giudiziarie) si era sottolineato come quest'ultimo ha l'obbligo di emettere la fattura con l'addebito della relativa IVA, precisandosi che l'IVA riscossa deve essere versata in tutti i casi in cui non sia possibile girare l'importo all'impresa esecutata, come ad esempio nel caso di irreperibilità di quest'ultima.
        È evidente che rispetto a questi precedenti la novità dell'intervento ultimo dell'Agenzia si incentra sulla ritenuta natura "limitata" della soggettività passiva d'imposta del debitore esecutato, dalla quale l'Agenzia fa discendere la generalizzazione della soluzione secondo cui gli obblighi di fatturazione e versamento gravano sul professionista delegato in tutti i casi, e non solo nelle ipotesi di irreperibilità dell'esecutato.
        Come detto in uno dei precedenti post di questa discussione, la posizione dell'Agenzia delle Entrate appena illustrata è radicalmente diversa da quella contenuta nella circolare del Ministero della Giustizia (Direzione generale della giustizia civile, Ufficio I) n. 44/2006 del 5 dicembre 2006, ma è quella che negli uffici giudiziari prevale.
        Dunque, in base a questo orientamento, il professionista delegato dovrebbe richiedere all'Agenzia delle Entrate la riapertura della partita IVA, previa autorizzazione del ge e con costi a carico della procedura, e procedere ai relativi adempimenti.
        La questione è tuttavia peculiare e sarebbe utile una interlocuzione formale (tramite interpello) con l'Agenzia delle Entrate.