Forum ESECUZIONI - IL PIGNORAMENTO

IPOTECA SU BENE IN COMUNIONE LEGALE

  • Lara Tordi

    Forlì (FC)
    29/12/2022 12:04

    IPOTECA SU BENE IN COMUNIONE LEGALE

    Dato per certo che il pignoramento di un bene facente parte della comunione legale deve essere pignorato per intero anche se il debitore è solo uno dei coniugi, mi chiedo se l'ipoteca (giudiziale o legale) precedente al pignoramento possa essere iscritta sulla sola quota di 1/2 nonostante il bene risulti di fatto interamente in capo al solo soggetto debitore sebbene in comunione.
    E mi domando altresì cosa accada all'ipoteca se il bene, che ricadeva nella comunione al momento del pignoramento, divenga poi in comunione ordinaria a seguito del passaggio al regime di separazione dei beni operata dai coniugi in corso di esecuzione.
    Grazie
    • Zucchetti SG

      03/01/2023 09:58

      RE: IPOTECA SU BENE IN COMUNIONE LEGALE

      Secondo il codice civile, oggetto dell'ipoteca sono principalmente i beni immobili. L'indicazione dei beni immobili come oggetto di ipoteca va intesa con riferimento al diritto di proprietà: è infatti il diritto di proprietà ad essere vincolato a garanzia del credito ipotecario e che è quindi propriamente oggetto dell'ipoteca, così come oggetto di questa sono gli altri diritti immobiliari menzionati dall'art. 2810 c.c.. Oggetto di ipoteca possono essere anche singole porzioni dell'immobile, sempre che si tratti di parti suscettibili di autonoma identificazione, potenzialmente idonei ad essere espropriati separatamente rispetto al restante immobile (ad esempio, è legittima la concessione di ipoteca su uno degli appartamenti da parte del proprietario dell'intero edificio).
      Ciò detto, è ricorrente in dottrina l'affermazione per cui non è ammissibile l'ipoteca concessa dal pieno proprietario soltanto su una quota astratta indivisa del bene, con la conseguenza che sul medesimo immobile, di proprietà di un unico soggetto, non potrebbero coesistere più ipoteche, iscritte per quota, ed aventi perciò lo stesso grado. Questa soluzione si giustifica invocando il principio della specialità dell'ipoteca, oppure osservando che sarebbe inammissibile un'azione esecutiva volta a costituire una comunione, la qualcosa si avrebbe se si procedesse ad espropriare solo la porzione immobiliare gravata da ipoteca, poiché con il decreto di trasferimento l'aggiudicatario diverrebbe proprietario della quota ipotecata, così costituendosi una comunione con l'originario proprietario, il quale rimarrebbe proprietario della quota non pignorata.
      Questa ricostruzione viene contestata da una parte, per la verità minoritaria, della dottrina, la quale osserva come l'ipoteca su quota astratta non è sconosciuta all'ordinamento. A questo proposito si cita l'ipoteca legale, laddove il comproprietario dell'immobile che compri le quote in divise degli altri comproprietari, senza saldare i prezzi convenuti, vede iscritte contro di sé tante ipoteche legali, quante sono le quote acquistate. Ciascuna ipoteca legale grava sulla quota astratta dell'immobile, oggetto della relativa compravendita; tutte queste ipoteche colpiscono un unico proprietario, coesistono tra loro, ed hanno il medesimo grado.
      La (scarsa) giurisprudenza che ha affrontato la questione (con riferimento al caso del pignoramento, ma con argomenti che valgono anche per l'ipoteca) sembra aderire alla prima impostazione (che deve condividersi in quanto, nel panorama normativo, le conseguenze dell'ipoteca legale configurano quali ipotesi eccezionali rispetto alla regola generale dell'art. 2810 c.c.) affermando che "Il proprietario di un appartamento, ancorché ubicato in edificio condominiale, non può essere assoggettato ad esecuzione per espropriazione forzata limitatamente ad alcuni vani o porzioni dello appartamento medesimo, dato che questo costituisce, funzionalmente e giuridicamente, un'unità indivisibile, suscettibile di frazionamento in più beni distinti solo con modifiche strutturali affidate all'iniziativa del proprietario stesso (Cass., sez. III, n. 4612 del 04/09/1985 n. 4612).
      Traendo le conseguenze del ragionamento sin qui svolto, deve ritenersi che l'ipoteca erroneamente concessa sulla quota dal proprietario dell'intero sia inefficace.
      Venendo alle conseguenze del successivo scioglimento della comunione, con conseguente acquisto, ex post, della quota ipotecata da parte del coniuge, deve escludersi che esso abbia una efficacia sanante, nel senso di ritenere valida l'originaria inefficace ipoteca.
      A questo sembra decisiva la previsione di cui all'articolo 2823 c.c. la quale dispone che l'ipoteca su cosa futura può essere validamente iscritta solo quando la cosa è venuta ad esistenza, con la conseguenza che l'ipoteca iscritta sulla quota prima che si sia verificato lo scioglimento della comunione è nulla e deve essere nuovamente presa nel momento in cui la comunione si è sciolta.
      • Lara Tordi

        Forlì (FC)
        23/01/2023 19:11

        RE: RE: IPOTECA SU BENE IN COMUNIONE LEGALE

        Grazie per la risposta che condivido. Ne approfitto per chiedervi anche se, una volta pignorato l'intero, il coniuge in comunione abbia la possibilità di chiedere prima della vendita l'assegnazione del bene corrispondendo il valore di perizia del mezzo del coniuge.
        Grazie
        • Zucchetti SG

          25/01/2023 19:17

          RE: RE: RE: IPOTECA SU BENE IN COMUNIONE LEGALE

          La domanda è semplice, ma non lo è la risposta.
          Normalmente, la chiave di lettura in tema di pignoramento dei beni della comunione legale viene individuata in Cass. 14 marzo 2013, n. 6575, che per la prima volta è intervenuta ex professo sulla questione della disciplina cui soggiace il pignoramento dei beni della comunione legale tra i coniugi eseguito dal creditore particolare di uno di essi.
          La Corte muove dalla premessa secondo cui la comunione legale nascente dal matrimonio è una comunione senza quote, nella quale i coniugi sono solidalmente titolari dell'intero.
          Sulla scorta di questa premessa i giudici di legittimità affermano che i beni della comunione vanno pignorati per l'intero (e sull'intero bene esso dovrà trascriversi il pignoramento), dal che consegue la messa in vendita o l'assegnazione del bene per intero e lo scioglimento (eccezionale e desumibile dal sistema legislativo) della comunione legale limitatamente a quel bene, scioglimento che si perfeziona al momento del trasferimento della proprietà del bene, con diritto del coniuge non debitore, in applicazione dei principi generali sulla ripartizione del ricavato dallo scioglimento della comunione, ad ottenere il controvalore lordo del bene nel corso della stessa procedura esecutiva, neppure potendo a lui farsi carico delle spese di trasformazione in denaro del bene (cioè quelle della procedura medesima), rese necessarie per il solo fatto del coniuge debitore che non ha adempiuto i suoi debiti personali.
          In questa procedura esecutiva il coniuge non debitore veste i panni di soggetto passivo del giudizio, con diritti e doveri identici a quelli del coniuge debitore esecutato: tale sua condizione imporrà la notificazione anche al coniuge non debitore del pignoramento, come pure l'applicazione al medesimo dell'art. 498 e dell'art. 567 c.p.c., vale a dire la necessità dell'avviso ai suoi creditori iscritti personali e della documentazione c.d. ipotecaria almeno ventennale a lui relativa, al fine di non pregiudicare diritti di terzi validamente costituiti anche da lui sul medesimo bene.
          Queste premesse consentono di rispondere alla domanda formulata affermando che il coniuge: non è comproprietario, e dunque non può esercitare la facoltà di cui all'art. 720 c.c. (del resto, egli è proprietario dell'intero, e dunque non può chiedere l'assegnazione di un bene che già gli appartiene), non può formulare istanza di assegnazione, atteso che si tratta di diritto potestativo che il codice di rito, agli artt. 588 e 589 c.p.c., riconosce al solo creditore.
          Una soluzione alternativa è quella di ammettere il coniuge non debitore a partecipare alla vendita. Il problema che però qui si pone rampolla dal combinato disposto di due norme: l'art. 579, comma primo, c.p.c., ai sensi del quale "ognuno, tranne il debitore, è ammesso a fare offerte all'incanto", e l'art. 604 c.p.c. secondo il quale nel pignoramento contro il terzo proprietario, si applicano nei suoi confronti le disposizioni relative al debitore, "tranne il divieto di cui all'art. 579 primo comma".
          A tenore di una prima impostazione la possibilità di partecipazione dovrebbe essere ammessa sulla scorta del principio generale di cui all'art. 579 c.p.c.: poiché il divieto di partecipazione vale solo per il debitore, e tale non è il coniuge – sebbene esecutato - questi potrà formulare offerte. Sotto questo profilo la previsione di cui all'art. 604 c.p.c. sarebbe esplicativa del principio appena detto, poiché essa ammette il terzo proprietario alla gara proprio perché non debitore, tanto che, si potrebbe dire, la norma sotto questo profilo apparirebbe pleonastica (così Cass., sez. III, 2 febbraio 1982, n. 605; così anche Cass., sez. III, 16 maggio 2007, n. 11258).
          A questa opinione si è obiettato che se si ammettesse la possibilità per il coniuge non debitore di partecipare alla vendita, l'acquisto da lui compiuto ricadrebbe nella comunione, consentendo all'altro coniuge debitore di rientrare nella disponibilità del bene, così aggirando il divieto di cui all'art. 579 c.p.c.
          A nostro avviso, tuttavia, il coniuge va ammesso alla vendita, perché l'art. 579 c.p.c. è norma eccezionale, e dunque insuscettibile di applicazione analogica ex art. 14 prel. Certamente il problema dell'ingresso del bene all'interno della comunione con conseguente violazione del divieto di riacquisto si pone, ma ad esso può forse replicarsi che il problema si supera verificando di volta in volta se ricorre un'ipotesi di interposizione fittizia di persona.
          Aggiudicato il bene, il coniuge potrebbe essere ammesso a versare il 50% del prezzo, compensando il restante 50% con quanto riceverebbe in sede di riparto.