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Forum PROCEDURE EX LEGGE FALL. - VARIE
CREDITO PIGNORATIZIO DA FALLIM PRECEDENTE REVOCATO E NUOVO FALL. CON SPESE PREDEDUCIBILI NECESSARIE
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Doriana Pescara
TERMOLI (CB)06/10/2025 13:00CREDITO PIGNORATIZIO DA FALLIM PRECEDENTE REVOCATO E NUOVO FALL. CON SPESE PREDEDUCIBILI NECESSARIE
Buongiorno, Sottopongo alla V/s attenzione un caso molto complesso che deve trovare soluzione stante anche le disposizioni della legge Pinto.
Caso: una Società srl fu dichiarata fallita 14 anni fa ed il fallimento fu revocato sette anni dopo, in seguito ai tre gradi di giudizio. La gestione del fallimento fu particolarmente complessa, sia per i diversi rami d'azienda sparsi in Italia (per alcuni fu autorizzato anche l'esercizio provvisorio) e sia per una serie di operazioni societarie ante fallimento, di distrazione di denaro nell'ordine di alcuni milioni di euro, che hanno reso necessario, oltre che l'interessamento della Procura, l'incardinare di giudizi per il recupero delle somme nonchè costituzioni in giudizio della curatela nell'intervenuto giudizio di opposizione alla sentenza di fallimento, fino a concludersi con la revoca del fallimento, ben sette anni dopo!
In questo periodo, il curatore completava la liquidazione dell'attivo, con la sola eccezione del giudizio in corso per il recupero della somma di circa 5 milioni di euro (attraverso il riconoscimento dell'efficacia e adempimento contrattuale di preliminari di vendita a fronte dell'avvenuto pagamento nel tempo di circa 5 milioni di euro pari a circa il 90% del prezzo convenuto, con peraltro dichiarata finalità distrattiva, come documentato in atti processuali dalla stessa controparte fallita), giungendo praticamente a sentenza, avendo superato alla data dell'intervenuta revoca del fallimento al terzo grado di giudizio, la fase della precisazione delle conclusioni!
Durante la fase di verifica del passivo, conclusasi con circa 30 milioni di euro di crediti ammessi di cui 20 milioni solo al privilegio per diversi gradi, si ammetteva una finanziaria al Privilegio Pignoratizio, con la prelazione spettante in virtù di atti di costituzione di pegno ex art. 2787 cc e ss. 2800 cc e segg e 2748 cc su polizze assicurative vita stipulate dal creditore, in virtù di un contratto di finanziamento e successivo decreto ingiuntivo non opposto dall'allora società in bonis. L'insinuazione al passivo scaturiva dal fatto che nè prima e nè dopo l'intervenuta sentenza di fallimento, il creditore non si era attivato per l'escussione delle polizze per cui, il curatore provvedeva nell'ambito delle sue funzioni liquidatorie, prima che il creditore si insinuasse al passivo fallimentare, richiedendo solo in questa sede, l'assegnazione delle somme già riscattate dalla curatela ed acquisite all'attivo.
In particolare, nel decreto di ammissione del credito con il suddetto privilegio pignoratizio, il Giudice delegato in fase di verifica del passivo, espressamente rigettava la suddetta richiesta del creditore di assegnazione della somma poichè la "procedura concorsuale si era già attivata per il riscatto delle polizze e l'assegnazione delle somme attribuibili alla fallita nella gestione della fase liquidatoria.".
Durante la gestione della procedura concorsuale, si sono dovuti intraprendere diversi giudizi oltre quelli principali di cui sopra, che hanno portato al sostenimento di notevoli spese legali e tecniche per il recupero dei diritti della fallita ai fini liquidatori. Inoltre era assolutamente antieconomico per la procedura eseguire riparti parziali a fronte di un passivo privilegiato enorme, la cui possibilità di una parziale soddisfazione, almeno dei privilegiati, dipendeva proprio dall'esito del giudizio di cui sopra che avrebbe permesso alla procedura di riprendere gli immobili compromessi in vendita a fronte di un prezzo già pagato, e che nel frattempo avevano acquisito un notevole valore a seguito dell'intervento di una variazione del piano regolatore di zona.
Intervenuta dopo 7 anni la definitiva revoca del fallimento, la procedura chiudeva con il suddetto passivo accertato e con un attivo liquidato di circa 600 mila euro, al netto delle spese procedurali liquidate e pagate dalla stessa procedura, stante l'onere dichiarato dal Tribunale essere da porsi a carico della stessa (compenso al curatore e compensi legali per i giudizi anche per il detto giudizio arrivato a sentenza alla data del sopraggiungere della revoca.)
Completate le operazioni di chiusura (rendiconto ex art. 116 l.f. ecc, ), le somme restavano giacenti sul conto corrente per rimessa alla società tronata in bonis, ma interveniva un pignoramento presso terzi da parte di un ente pubblico creditore, che bloccava sul conto la somma residua, alla data divenuta indifferenziata (stante l'assenza di un piano di riparto) e omnicomprensiva in quanto derivante dall'intera attività liquidatoria posta in essere durante i sette anni di durata del fallimento revocato.
Nei giorni successivi, interveniva anche una seconda sentenza di fallimento che portava il nominato curatore, ad acquisire la somma giacente sul c/c ,come sopra indifferenziata e certamente di molto inferiore all'attivo realizzato durante la prima procedura per le ragioni sopra esposte.
Situazione attuale per la quale si chiede il parere:
Nella nuova procedura concorsuale, il Curatore si trova immediatamente a dover gestire una nuova citazione in giudizio per revoca della dichiarazione di fallimento, nell'interesse della massa dei creditori ( ne frattempo venivano riproposte le medesime insinuazioni al passivo, per valore totale in linea con il primo fallimento revocato).
Inoltre, doveva riavviare un nuovo giudizio per il recupero della somma di 5 milioni di euro, unica fonte possibile e probabile in questa nuova procedura fallimentare, anch'essa intervenuta secondo vecchio rito.
Il creditore pignoratizio di cui sopra, formulava nuovamente domanda di ammissione al passivo, venendone ammesso sempre al privilegio pignoratizio nonostante l'intervenuta natura omnicomprensiva ed indifferenza ed indifferenziabile della somma acquisita dal fallimento in atti.
Ad oggi si sono conclusi i due suddetti giudizi i quali, sia pur entrambi giunti a sentenza favorevole della procedura concorsuale , non rendono possibile il pagamento al di fuori del concorso, del creditore munito di privilegio pignoratizio in virtù di atti di costituzione in pegno sul ricavato del riscatto polizze assicurative effettuato durante il primo fallimento poi revocato dopo 7 anni, stante le spese legali e tecniche pagate durante la procedura.
Ad oggi pende solo un giudizio in corso davanti alla commissione tributaria di II grado promosso dal legale rappresentante della fallita avverso l'atto di accertamento dell' imposta di registro di circa 700 ,mila euro, liquidata dall'Agenzia delle Entrate , a fronte del mancato pagamento in solido delle parti dell'imposta di registro sulla detta causa dal notevole valore.
In questo giudizio , il fallimento non si è costituto per ovvie ragioni, ma ne subirebbe comunque gli effetti, fino all'ultimo grado di giudizio, restando Bloccato per tempi non definibili !
NB: Si fa inoltre presente che il detto creditore pignoratizio, ha sempre fatto parte in entrambi i fallimenti, del comitato dei creditori, autorizzando sempre ogni atto, causa , spesa e quant'altro per legge subordinato al parere e pertanto sempre a conoscenza di tutto, anche attraverso l'invio delle puntuali relazioni ex art. 33 c.5 l.f. nelle quali si chiedeva di formulare eventuali osservazioni a quanto ivi relazionato semestralmente.
DOMANDA:
Poichè il suddetto creditore pignoratizio non avrebbe perso il suo diritto al pagamento al di fuori del concorso, anche nella procedura in corso dove è stata confermata l'ammissione del suo credito nonostante il residuo attivo acquisto alla data della seconda sentenza di fallimento sia stato intaccato dalle spese sostenute durante il primo fallimento, è possibile richiedere al GD l'autorizzazione ad effettuare il pagamento al di fuori del concorso dell'unico creditore munito di privilegio pignoratizio sulla somma, sia pur divenuta indifferenziata, al netto tuttavia degli oneri prededucibili della prima procedura fallimentare e della seconda, imputabili pro quota?
In buona sostanza, il curatore dovrebbe tornare indietro nel primo fallimento per eseguire il conteggio degli oneri prededucibili di natura "generale" sostenuti, calcolarne l'imputazione pro- quota sul prezzo di riscatto acquisto all'attivo del primo fallimento, individuandone così il netto residuo che sarebbe spettato al creditore se il fallimento fosse giunto regolarmente a temine.
Tuttavia la nuova procedura fallimentare, ha dovuto necessariamente avvalersi dell'intero residuo sul conto corrente per tutelare le ragioni della massa e per avviare il giudizio all'esito del quale l'attivo avrebbe potuto consentire la soddisfazione almeno in piccola parte dei creditori per cui, si trova oggi ad aver cessato tutte le attività liquidatorie ma, per eventi nel frattempo intervenuti, gli immobili ottenuti a sentenza, hanno visto crollare il loro valore per ulteriori modifiche del piano regolatore di zona, rendendo assolutamente antieconomica la loro liquidazione , come peraltro accertato da perizia prodotta in atti.
Quindi oggi, si chiede se è possibile liquidare al di fuori del concorso il creditore munito di privilegio pignoratizio della somma incassata dal riscatto delle polizze, ed al netto dell'imputazione pro quota degli oneri prededucibili di entrambe le procedure, tutti sostenuti per la tutela di tutti i creditori, per la liquidazione dell'attivo e per la gestione di una procedura dalla eccezionale complessità nota e documentata in atti !
In questo caso, la somma residua, anch'essa onerata pro quota delle suddette spese prededucibili, andrebbe in favore dell' agenzia delle entrate , quale onere si prededucibile, ma comunque successivo alle spese legali e oneri della gestione fallimentare.
Questo consentirebbe di chiudere in tempi brevi la procedura nel rispetto anche della legge Pinto.
Consapevole della complessità del quesito, stante l'eccezionale ed inusuale casistica rappresentata, si ringrazia per l'attenzione e contributo che si potrà dara alla soluzione prospettata.-
Zucchetti Software Giuridico srl
Vicenza08/10/2025 19:04RE: CREDITO PIGNORATIZIO DA FALLIM PRECEDENTE REVOCATO E NUOVO FALL. CON SPESE PREDEDUCIBILI NECESSARIE
Il pegno su polizze assicurative vita a garanzia di finanziamento prevede l'erogazione del credito da parte di una banca o altro ente (una Finanziaria, come nel caso) e contestuale costituzione in pegno di valori mobiliari a favore dell'ente finanziatore, che nel caso di polizze assicurative si sostanzia in un pegno sul credito derivante dalla polizza (ossia il valore di riscatto di quest'ultima) della quale essi sono contraenti e normalmente il finanziatore è indicato come beneficiario. Si tratta quindi di pegno regolare di crediti (ed infatti nell'ammissione al passivo è richiamato l'art. 2800 c.c.), anche se, essendo il finanziatore il beneficiario, qualsiasi operazione il contraente intende effettuare sulla polizza richiede l'autorizzazione del primo.
Trattandosi di pegno regolare di credito, il pegno può essere esercitato soltanto sul credito da riscatto della polizza, che nel caso è stato esercitato dal curatore del primo fallimento e la somma è confluita nelle liquidità del fallimento. Queste liquidità, a seguito della revoca del primo fallimento, sono giuridicamente tornate nelle disponibilità della società fallita, tant'è che, essendo materialmente le stesse rimaste sul conto della procedura, sono intervenuti due pignoramenti con la forma del pignoramento presso terzi, quale era la revocata procedura che doveva trasferire la disponibilità del conto al fallito ormai in bonis.
Dichiarato il nuovo fallimento, tale attivo è stato appreso alla nuova procedura, ma, seppur materialmente vi è stato il prelievo dal vecchio conto corrente su cui giacevano dette disponibilità, giuridicamente è stato appreso all'attivo del nuovo fallimento una massa liquida di natura omnicomprensiva, indifferenza ed indifferenziabile di competenza della società fallita in quanto facente parte del suo patrimonio, la cui disponibilità è passata alla curatela.
E' vero che il creditore pignoratizio ha rinnovato l'insinuazione nel nuovo fallimento ed è stato anche in questo ammesso con collocazione pignoratizia, ma in questa procedura, alla luce dei passaggi indicati, è venuto meno ogni rapporto tra il pegno e il suo oggetto, costituito dal riscatto (già confusosi nell'attivo del primo fallimento, ma qui individuabile) a seguito del ritorno in bonis della società fallita. In questa situazione, il suddetto creditore pignoratizio ha, a nostro avviso, perso il suo diritto al pagamento al di fuori del concorso potendo tale diritto esercitarsi, a norma dell'art. 53 l. fall., soltanto sul bene oggetto della garanzia pignoratizia.
Zucchetti SG srl
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