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Terzo datore di ipoteca

  • Fabrizio Panzavolta

    Forlì (FC)
    12/01/2020 10:32

    Terzo datore di ipoteca

    Come si inserisce il Testo della Crisi d'Impresa in merito al fallito "terzo datore di ipoteca" in merito alla necessità di verifica del credito?
    Infatti mentre in precedenza sembrava che si fosse consolidato un orientamento verso una non verifica del credito, con la sentenza 2657/2019 del 30.01.2019, sembra che si sia creato un precedente contrario, contrastato dalle successiva sentenze 12.816/2019 del 14 maggio e 18790/19 del 12 luglio.
    Nel codice della crisi (pubblicato il 15 febbraio) la relazione della Legge di riforma al capo terzo recita "..non si è ritenuto di esercitare la delega in relazione al criterio relativo all'art. 9 (rectius 7), comma 8, lettera f] (chiarire le modalità di verifica dei diritti vantati su beni del debitore che sia costituito terzo datore di ipoteca), in quanto quella esigenza di chiarimenti è venuta meno con il consolidarsi della condivisibile giurisprudenza della Suprema Corte, secondo cui "i titolari di diritti d'ipoteca sui beni immobili compresi nel fallimento e già costituiti in garanzia per crediti vantati verso debitori diversi dal fallito, non possono - anche dopo la novella dell'art. 52, comma 2, l.fall., introdotta dal d.lgs. n. 5 del 2006 - avvalersi del procedimento di verificazione dello stato passivo, di cui al capo V della l.fall., in quanto non sono creditori diretti del fallito e l'accertamento dei loro diritti non può essere sottoposto alle regole del concorso, senza che sia
    instaurato il contraddittorio con la parte che si assume loro debitrice, dovendosi, invece, avvalere,
    per la realizzazione delle loro pretese in sede esecutiva, delle modalità di cui agli artt. 602-604
    c.p.c. in tema di espropriazione contro il terzo proprietario".
    Infatti la relazione sembra non tenere conto della decisione (poi contrastata).
    Qual è la vostra opinione?
    • Zucchetti SG

      Vicenza
      13/01/2020 13:50

      RE: Terzo datore di ipoteca

      La questione è abbastanza complessa e complicata dalle recenti incertezze della S. Corte, he lei ha sottolineato. Per chiarezza ed a beneficio di chi no n ha seguito la materia, va detto che la Cassazione, con indirizzo uniforme e costante sia prima che dopo la riforma del 2006/2007, ha sempre escluso che i titolari di diritti d'ipoteca sui beni immobili compresi nel fallimento e già costituiti in garanzia per crediti vantati verso debitori diversi dal fallito, possano - anche dopo la riforma del 2006 - avvalersi del procedimento di verificazione dello stato passivo, di cui al capo quinto della l.fall., in quanto non sono creditori diretti del fallito e l'accertamento dei loro diritti non può essere sottoposto alle regole del concorso, senza che sia instaurato il contraddittorio con la parte che si assume loro debitrice (tra le tante, cfr. Cass. 10 luglio 2018, n. 18082;. Cass. n. 13289 del 2012; Cass. n. 11545 del 2009; Cass. n. 2429 del 2009; Cass. n. 10072 del 2003; Cass. n. 15186 del 2000; Cass. n. 12549 del 2000; Cass. n. 1875 del 1994; Cass. n. 46 del 1970)..
      Esclusa l'esistenza di un titolo ad intervenire nella fase di ammissione dei crediti, poiché l'ipoteca, finché non è revocata, lascia integro il diritto a partecipare alla distribuzione del ricavato della vendita del bene, bisognava trovare una via che consentisse al creditore ipotecario - che non poteva procedere alla esecuzione diretta sui beni gravati per il divieto posto dall'art. 51 - di partecipare, a tutela del suo diritto, al concorso sostanziale sul bene oggetto della sua garanzia, incluso nel patrimonio fallimentare. E la via individuata dalla Corte per assicurare al creditore non verso il fallito la tutela del suo diritto era quella di attribuirgli un mezzo processuale corrispondente a quello dell'intervento nell'esecuzione individuale nel momento in cui si procede alla distribuzione del ricavato dal bene oggetto della sua garanzia specifica e, quindi, di attribuirgli il diritto di intervenire nella fase del riparto fallimentare. Si trova anche in qualche decisione l'affermazione che il beneficiario dell'ipoteca deve avvalersi, per la realizzazione del proprio diritto in sede esecutiva, delle modalità di cui agli artt. 602 e 604 c.p.c., in tema di espropriazione contro il terzo proprietario.
      Queste posizioni sono state riviste da Cass. 30 gennaio 2019, n. 2657, per la quale, dopo la riforma introdotta dal D.Lgs. n. 5/2006, i titolari di diritti d'ipoteca sui beni immobili compresi nel fallimento e già costituiti in garanzia per crediti vantati verso debitori diversi dal fallito, devono avvalersi del procedimento di verificazione dello stato passivo giacché "l'art. 52, comma 2, non fa più esclusivo riferimento ai crediti, ma affianca ad essi ogni diritto reale o personale, mobiliare o immobiliare quale oggetto dell'accertamento secondo le forme stabilite dal capo V e, correlativamente, l'art. 103, non è più riferito ai soli beni mobili e l'art. 108, non prevede più l'avviso della vendita ai creditori iscritti, mentre l'art. 92, ora prevede, per converso, un avviso anticipato alla fase iniziale della procedura fallimentare rivolto non soltanto ai creditori, ma anche ai titolari di diritti reali o personali su beni mobili o immobili di proprietà o in possesso del fallito". Quanto alla fatto che, in tal modo, si introduce un anomalo contraddittorio con il debitore garantito dall'ipoteca sul bene del terzo fallito, la Corte afferma che questo argomento "non sembra idoneo a superare quelli sopra svolti, non apparendo necessaria l'instaurazione del contraddittorio nei confronti di un soggetto la cui obbligazione, a ben vedere, non è toccata da una decisione riguardante esclusivamente il concorso degli aventi diritto nel fallimento del terzo proprietario del bene ipotecato".
      Sebbene non sia esplicitamente detto in tale decisione come debba comportarsi il creditore, si capisce che la Corte opta per la possibilità della presentazione di una domanda, che è la strada seguita dal nuovo codice della crisi e dell'insolvenza, il cui art. 201 dispone, al primo comma, che si propongono con ricorso da trasmettere a norma del comma 2, almeno trenta giorni prima dell'udienza fissata per l'esame dello stato passivo "le domande di ammissione al passivo di un credito o di restituzione o rivendicazione di beni mobili o immobili compresi nella procedura, nonché le domande di partecipazione al riparto delle somme ricavate dalla liquidazione di beni compresi nella procedura ipotecati a garanzia di debiti altrui"; conseguentemente viene integrato il contenuto del ricorso prevedendosi, al comma 3, lett. b), che esso deve contenere "la determinazione della somma che si intende insinuare al passivo, ovvero la descrizione del bene di cui si chiede la restituzione o la rivendicazione, ovvero l'ammontare del credito per il quale si intende partecipare al riparto se il debitore nei cui confronti è aperta la liquidazione giudiziale è terzo datore d'ipoteca", ecc..
      Nel frattempo la Cassazione è ritornata sul pregresso indirizzo (Cass. 14/05/2019, n. 12816; Cass. 12/07/2019, n.18790 e quest'ultima prende in esame il diverso orientamento espresso da Cass. n. 2657 del 2019, criticandolo con molta puntualità), ma il CCII non è stato sul punto modificato dal decreto correttivo che circola, anche se non ancora definitivo.
      Grande merito di questa riforma è aver fatto luce sul punto e aver portato l'esame del diritto del terzo a soddisfarsi sui beni concessi in ipoteca senza debito nell'ambito della verifica del passivo, che consente la partecipazione di tutti i creditori, ma la superficialitàì delle nuove disposizioni lascia aperti una serie di problemi:
      che tipo di indagine il giudice delegato potrà svolgere sul credito? l'accertamento del credito ha solo natura incidentale in quanto finalizzato a determinare l'entità della soddisfazione sul bene gravato, ma può il curatore della liquidazione giudiziale del terzo datore sollevare le eccezioni che attengono al credito garantito, la cui consistenza si riflette sulla garanzia stessa?
      L'insinuazione presuppone un credito azionabile, ossia scaduto, da tutelare, ma che accade nel caso di un mutuo garantito da ipoteca data dal terzo in cui il debitore sia adempiente al pagamento delle rate? il creditore, non titolare di un credito azionabile, in quanto non scaduto (neanche ai sensi del comma 2 dell'art. 154, che riproduce l'art. 55 l.fall., perché il debitore è in bonis), può insinuarsi? Se si esclude l'insinuazione, il bene gravato può essere egualmente venduto nell'ambito della liquidazione giudiziale, con successiva cancellazione dell'iscrizione ipotecaria, col rischio che il beneficiario dell'ipoteca perda la garanzia del suo credito? Può in questi casi il creditore chieder una ammissione con riserva, non prevista tra le tassative causa di ammissione riservata? Oppure è tenuto il curatore, pur in mancanza di domanda o di ammissione con riserva, ad effettuare un accantonamento della somma ricavata dalla vendita per l'eventualità in cui maturi il diritto dell'ipotecario a realizzare la garanzia ipotecaria, a seguito dell'inadempimento del terzo debitore?
      Nel caso il debitore principale in bonis contesti il debito verso il terzo che ha presentato insinuazione al passivo della procedura a carico del terzo datore di ipoteca, come si coordinano questi giudizi? procedono ciascuno per conto proprio o si arriva ad una sospensione di quello fallimentare in quanto la misura dell'espropriazione è data proprio dall'entità di detto credito?
      Questi sono i dubbi che al momento ci vengono (probabilmente, ve ne sono altri di non minore importanza) che potranno essere risolti solo dall'interprete negli anni futuri.
      Zucchetti SG srl ,
    • Luigi Benigno

      Aversa (CE)
      29/03/2023 22:38

      RE: Terzo datore di ipoteca

      Nell'ambito del piano di ristrutturazione dei debiti del consumatore ex art. 68 CCI è annoverata una garanzia ipotecaria che il debitore ha concesso sull'immobile di sua proprietà per obbligazioni di terzi. Essendosi resi inadempienti i debitori principali il creditore ipotecario ha sottoposto ad esecuzione l'immobile oggetto di garanzia.
      Nel piano, pur non essendo il garante ipotecario debitore bensì solo garante e rispondendo dell'inadempimento dei debitori principali, al fine di salvare l'immobile dall'esecuzione ha proposto un piano in cui ha indicato un credito del creditore ipotecario nei limiti del valore di mercato determinato dal CTU, che sarebbe posto a base d'asta.
      Anche se il terzo non è debitore nei confronti del creditore ipotecario lo è pur sempre nei limiti della garanzia offerta, per cui ritengo che nell'elenco dei creditori possa essere indicato il valore dell'immobile determinato dal ctu, qualora il terzo intenda proporre un piano con pagamento dilazionato. Avendo presente che si tratta di una procedura di regolazione della crisi, quindi non una esecuzione collettiva e che la posizione prevalente da regolare è quella derivante dalla garanzia ipotecaria, credo che la situazione di sovraindebitamento derivi dalla impossibilità di convertire il valore stimato dell'immobile con liquidità da corrispondere al creditore ipotecario, quasi come si trattasse della conversione del pignoramento, con cui la garanzia viene adempiuta e liberata mediante il pagamento di un importo. In tal caso, non disponendo dell'importo da versare al creditore per liberare l'immobile dalla garanzia ipotecaria, indirettamente si configurerebbe una situazione di sovraindebitamento. Gli altri creditori non hanno alcun privilegio sull'immobile.
      Mi piacerebbe conoscere il Vs autorevole parere in merito al trattamento della garanzia ipotecaria del terzo datore che intenda salvare l'immobile proponendo un piano di ristrutturazione dei debiti del consumatore e in primis se condividete che sussiste comunque uno stato di sovraindebitamento.
      Grazie
      • Zucchetti SG

        Vicenza
        31/03/2023 19:56

        RE: RE: Terzo datore di ipoteca

        Qualche giorno fa le Sezioni Unite della Cassazione (Cass- sez. un. 27 marzo 2023, n. 8557) hanno definitivamente risolto il problema dell'amissione al passivo del fallimento del terzo datore di ipoteca del credito del beneficiario della garanzia non creditore del fallito, statuendo che "I creditori titolari di un diritto di ipoteca o di pegno sui beni compresi nel fallimento costituiti in garanzia per crediti vantati verso debitori diversi dal fallito non possono, anche dopo le modifiche introdotte dal D.Lgs. n. 5/2006 e dal D.Lgs. n. 169/2007, avvalersi del procedimento di verificazione dello stato passivo di cui al titolo II, capo V della legge fallimentare, in quanto non sono creditori del fallito, né soggetti che agiscono per la restituzione o la rivendica dei beni acquisiti al fallimento. I detti creditori possono intervenire nel procedimento fallimentare in vista della ripartizione dell'attivo per richiedere di partecipare alla distribuzione delle somme ricavate dalla liquidazione dei beni compresi nella procedura che sono stati ipotecati o pignorati".
        Le Sezioni unite, pur aderendo all'indirizzo prevalente (quasi costante) della giurisprudenza svolgono alcune considerazioni che possono tronare utili anche nella fattispecie in esame in cui manca un accertamento del passivo, ma egualmente il beneficiario dell'ipoteca può rivalersi sul bene gravato, ed esclusivamente su questo, e può farlo anche nel corso della procedura in quanto quel bene è vincolato alla sua garanzia e, non essendo tale beneficiario creditore verso il sobraindebitato il suo credito non può essere oggetto di ristrutturazione..
        Situazione simile si ripete nel nuovo codice ove l'art. 201 prevede sì che il beneficiario dell'ipoteca possa presentare domanda per "l'ammontare del credito per il quale si intende partecipare al riparto se il debitore nei cui confronti è aperta la liquidazione giudiziale è terzo datore di ipoteca", ma mancando nella ristrutturazione dei debiti del consumatore una fase di accertamento dei crediti, rimane il principio che il beneficiario possa partecipare al riparto per l'ammontare del credito (non del valore del bene).
        In questa meccanismo, quindi, riteniamo che il consumatore possa escludere il bene ipotecato dal resto del patrimonio destinato ai creditorii i quali vanno soddisfatti con il resto dell'attivo e il bene gravato dall'ipoteca rimane vincolato alla garanzia dell'ipotecario, che potrà espropriarlo se non viene pagato dal debitore principale.
        Lei propone di fare una stima del bene immobile e attribuire al creditore l'importo del valore della stima in sostituzione del ricavato dalla liquidazione del bene in quanto il beneficiario dell'ipoteca non subirebbe pregiudizio ricevendo quello che avrebbe potuto ricavare dall'esecuzione. Ma il pregiudizio ricade sugli altri creditori, che non può liquidare sostenendo che il piano del consumatore non è una procedura concorsuale; al di là infatti della questione sulla natura di tale procedura (che indubbiamente presenta aspetti peculiari rispetto alle altre due procedure da sovraindebitamento), ciò che rileva ai fini in esame è che essa ha comunque natura collettiva, che coinvolge tutti i creditori e l'intero patrimonio, tanto che la domanda di accesso deve essere corredata dall'elenco di tutti i creditori, con l'indicazione delle somme dovute e delle cause di prelazione e della consistenza e composizione del patrimonio, ecc. (art. 68, co. 2).
        Allora la domanda è: con quali soldi paga il creditore ipotecario se non liquida il bene? Evidentemente, a meno che non vi sia apporto di finanza esterna, lei pagherebbe l'ipotecario con l'attivo di cui dispone, sottraendolo agli altri creditori e mantenendo la proprietà del bene, che verrebbe anche liberato dall'ipoteca. Non crediamo che una tale operazione sia fattibile in quanto verrebbe, in sostanza, dissimulata una parte dell'attivo per beneficiare della conservazione della proprietà del bene ipotecato in danno dei creditori.
        Zucchetti SG srl