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Sovraindebitato con cause revocatorie con concluse in via definitiva

  • Matteo Balasso

    Zanè (VI)
    22/07/2025 16:42

    Sovraindebitato con cause revocatorie con concluse in via definitiva

    Sono nominato gestore per una richiesta di apertura di liquidazione controllata e sto ancora valutando la situazione e la documentazione ai fini della presentazione del ricorso e redazione della relazione.

    Emerge peraltro che il sovraindebitato ha subìto nel corso degli anni due cause revocatorie da due distinti creditori, in relazione ad una donazione di immobili fatta alla moglie nel 2012 (preciso che i debiti preesistevano alle donazioni).

    Entrambe le revocatorie (avviate nel 2013), accolte in primo grado, sono approdate in appello (che ha confermato le sentenze impugnate) e poi in cassazione con ulteriore conferma delle statuizioni di merito dove era stata dichiarata l'inefficacia degli atti di donazione; i giudizi sono ora definitivi (le sentenze della cassazione sono del 2024) e la richiesta all'OCC per apertura della liquidazione controllata è stata formulata nel 2025 dopo la definitiva conclusione dei giudizi.

    Il debitore è attualmente privo di beni immobili e dispone esclusivamente di una modesta quota della pensione da mettere in procedura (esseno chiaramente l'immobile oggetto di revocatoria - unico bene di effettivo valore - intestato alla moglie).

    Nel frattempo uno dei due creditori che ha agito in revocatoria sta procedendo in sede di esecuzione immobiliare nei confronti della moglie (ha pignorato il bene immobile oggetto di donazione dichiarata inefficace).

    Date queste premesse mi chiedo (e chiedo un confronto sul punto) se il liquidatore, una volta aperta la procedura di liquidazione controllata, possa essere legittimato ad intervenire nella procedura esecutiva in essere e così disporre del ricavato della vendita da mettere a disposizione della massa o quanto meno in favore di quei creditori che abbiano ottenuto la revocatoria: la risposta che mi sono dato è che non può intervenire trattandosi irrimediabilmente di un bene uscito dalla titolarità del sovraindebitato.
    La conseguenza che intravedo è che i creditori che hanno agito in revocatoria e che si insinueranno al passivo della procedura potranno soddisfarsi sul ricavato dell'esecuzione, mentre gli altri creditori (pur regolarmente insinuati) no, con pregiudizio della par condicio creditorum.
    E' corretto a vostro avviso il ragionamento?

    La seconda questione che mi pongo è se la condotta del sovraindebitato (l'aver - ritengo consapevolmente - coltivato fino al terzo grado di giudizio le cause revocatorie, chiedendo l'apertura della liquidazione controllata solo dopo la conclusione dell'iter processuale) possa integrare una causa di esclusione del beneficio dell'esbeditazione, considerato che se il sovraindebitato avesse richiesto l'avvio della procedura concorsuale nel corso delle revocatorie il liquidatore avrebbe avuto titolo per proseguire le cause nell'interesse della massa, mentre ora ciò non è più possibile.

    Vi ringrazio per ogni spunto di riflessione.
    avv. Matteo Balasso
    • Zucchetti Software Giuridico srl

      24/07/2025 16:55

      RE: Sovraindebitato con cause revocatorie con concluse in via definitiva

      Condividiamo il pensiero espresso.
      Con riferimento alla prima questione, osserviamo che, come noto, l'azione revocatoria è un tipico mezzo di conservazione della garanzia patrimoniale. Essa consente al creditore di agire giudizialmente per domandare che siano dichiarati inefficaci nei suoi confronti gli atti di disposizione del patrimonio con i quali il debitore reca pregiudizio alle sue ragioni.
      Come si vede, il legislatore tutela l'interesse del creditore a che gli atti dispositivi del debitore non compromettano la possibilità che su quel patrimonio il debitore possa soddisfarsi in caso mancato spontaneo adempimento delle obbligazioni.
      Questo principio si declina nell'affermazione per cui l'effetto della revocatoria non è l'oggettiva reintegrazione del patrimonio del debitore ma la declaratoria di inefficacia relativa dell'atto, ossia la sua inopponibilità rispetto al creditore revocante, laddove latto revocato conserva i suoi effetti rispetto alle parti (in primis alienante ed acquirente) ed agli altri creditori.
      Ed infatti l'art. 2902, comma primo, c.c., prevede che il creditore, ottenuta la dichiarazione di inefficacia, può promuovere nei confronti dei terzi acquirenti le azioni esecutive o conservative sui beni che formano oggetto dell'atto impugnato, cui segue, con specifico riferimento all'esecuzione per espropriazione, l'art. 2910, secondo comma, c.c., secondo cui "possono essere espropriati anche i beni di un terzo quando sono vincolati a garanzia del credito o quando sono oggetto di un atto che è stato revocato perché compiuto in pregiudizio del creditore".
      Il precipitato processuale di questo paradigma si rinviene nell'art. 602 c.p.c., a mente del quale "Quando oggetto dell'espropriazione è … un bene la cui alienazione da parte del debitore è stata revocata per frode, si applicano le disposizioni contenute nei capi precedenti, in quanto non siano modificate dagli articoli che seguono".
      Come si vede, la revocatoria non spiega dunque efficacia erga omnes, ma si risolve solo a vantaggio del creditore che l'abbia esperita. Ne consegue che in caso di fallimento del venditore, il bene oggetto del precedente giudizio revocatorio, conclusosi con sentenza passata in giudicato prima dell'apertura della procedura, non può essere acquisito all'attivo.
      Anche le perplessità relative alla possibilità di conseguire il beneficio della esdebitazione ci persuadono.
      Le condizioni di esdebitazione sono stabilite dal combinato disposto degli artt. 280 e 282 c.c.i.i.
      In particolare, il comma 2 della citata disposizione prevede che "L'esdebitazione opera se ricorrono le condizioni di cui all'articolo 280, se il debitore non è stato condannato, con sentenza passata in giudicato, per uno dei reati previsti dall'articolo 344 e se non ha determinato la situazione di sovraindebitamento con colpa grave, malafede o frode".
      Quindi, l'esdebitazione opera a condizione che il debitore:
      non sia stato condannato, con sentenza passata in giudicato, per uno dei reati previsti dall'articolo 344;
      non sia stato condannato con sentenza passata in giudicato per bancarotta fraudolenta o per delitti contro l'economia pubblica, l'industria e il commercio, o altri delitti compiuti in connessione con l'esercizio dell'attività d'impresa, salvo che per essi sia intervenuta la riabilitazione (se il procedimento penale è in corso la decisione sulla esdebitazione è rinviata);
      non abbia determinato la situazione di sovraindebitamento con colpa grave, malafede o frode;
      non abbia distratto l'attivo o esposto passività insussistenti, cagionato o aggravato il dissesto rendendo gravemente difficoltosa la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari;
      non abbia fatto ricorso abusivo al credito;
      non abbia ostacolato o rallentato lo svolgimento della procedura e abbia fornito agli organi ad essa preposti tutte le informazioni utili e i documenti necessari per il suo buon andamento;
      non abbia beneficiato di altra esdebitazione nei cinque anni precedenti la scadenza del termine per l'esdebitazione e non abbia già beneficiato dell'esdebitazione per due volte.
      Come si vede, il legislatore ha indicato delle condizioni ostative alla esdebitazione, che hanno valenza "sanzionatoria", nel senso che puniscono, con la negazione della esdebitazione, taluni comportamenti del debitore, al ricorrere dei quali egli è ritenuto, nella sostanza, non meritevole della esdebitazione.