Forum ESECUZIONI - IL DECRETO DI TRASFERIMENTO

prelazione opponibile all'aggiudicatario

  • Chiara Fabbroni

    AREZZO
    21/04/2024 21:33

    prelazione opponibile all'aggiudicatario

    Buonasera,
    vengo a porre il seguente quesito.
    Mi accingo in qualità di delegato a redigere un avviso il di vendita per la proprietà dell'area, in cui il titolare della proprietà superficiaria è un soggetto terzo e non esecutato (quindi non è oggetto di vendita il diritto di superficie che ha peraltro una durata limitata nel tempo).
    Ho letto con attenzione i titoli di provenienza e non ho rinvenuto alcun diritto di prelazione in favore del titolare della proprietà superficiaria, nè mi sembrerebbe desumere detto diritto dalla disciplina generale civilistica ex articolo 952 c.c.
    Ciò detto sono a chiedere conferma di questo (inesistenza di una prelazione legale a favore del titolare della proprietà superficiaria), e comunque se in ogni caso le prelazioni opponibili ad una procedura esecutiva siano solo quelle derivanti dalla vendita di beni storici ed artistici di cui alla denuncia prevista dall'art. 59 D.Lgs. 42/2004.
    Ringrazio come sempre per la Vostra preparazione e professionalità.
    • Zucchetti SG

      25/04/2024 09:39

      RE: prelazione opponibile all'aggiudicatario

      Confermiamo il fatto che il titolare di diritto di superficie non vanta alcuna prelazione.
      Pi in generale, osserviamo che quando si discute di diritto di prelazione in seno alla procedure esecutive, occorre verificare se la norma che lo prevede ne riconosca l'esercizio in tutte le ipotesi di trasferimento, volontarie o coattive che siano, oppure solo nel caso di alienazione negoziale.
      E così, ade esempio, a proposito della prelazione prevista dall'art. 38 l. 392/1978, Cass. Sez. III, 16 dicembre 1996, n. 11225 ha affermato che "Il diritto di prelazione che l'art. 38 della legge sull'equo canone riconosce al conduttore di immobili adibiti ad uso non abitativo, presuppone la volontarietà e la onerosità dell'alienazione. Pertanto la norma non trova applicazione nel caso di vendita forzata dell'immobile locato" (questo orientamento è stato successivamente ribadito da Cass., S.U., 11 febbraio 2004, n. 2576, che peraltro ha riconosciuto l'operatività della prelazione volontaria a seguito della scelta operata dal curatore fallimentare, di subentrare nel contratto "pendente" di affitto di azienda munito di tal clausola, ai sensi dell'art. 80 l.fall.).
      Altra ipotesi di prelazione è ad esempio riconosciuta a favore del coerede in caso di vendita della quota ereditari.
      Lo prevede l'art. 732 c.c., a mente del quale il coerede, che vuol alienare a un estraneo la sua quota o parte di essa, deve notificare la proposta di alienazione, indicandone il prezzo, agli altri coeredi, i quali hanno diritto di prelazione da esercitarsi nel termine di due mesi.
      In mancanza della notifica, i coeredi hanno il diritto di riscattare la quota dall'acquirente e dai successivi aventi causa, e ciò fino a quando perdura lo stato di comunione ereditaria.
      Tuttavia, affinché la prelazione ricorra, la vendita deve riguardare la quota ereditaria oppure un bene che sia considerato quale quota, tale per cui l'acquirente verrebbe a trovarsi nella posizione di contitolare della eredità. Così la giurisprudenza, la quale ritiene che "L'esercizio del retratto da parte dell'erede, ai sensi dell'art. 732 cod. civ., presuppone l'alienazione da parte dell'altro coerede di una quota ereditaria o di una parte di essa, cioè di quanto proveniente da defunto comune dante causa e che sia frazione dei beni già appartenenti allo stesso, mentre può non sussistere diritto di prelazione quando la vendita abbia avuto ad oggetto cose determinate, e quando, secondo le circostanze del caso concreto, risulti che i contraenti non abbiano inteso sostituire il terzo acquirente nella comunione ereditaria, avendo considerata la "res" trasferita come bene a sè stante e non come quota del patrimonio ereditario" (Cass, Sez. 2, Sentenza n. 11809 del 30/10/1992).
      Altra ipotesi di prelazione è quella di cui all'art. 3, comma 1, let. g), l. 431/1998.
      La disposizione prevede al comma primo che il locatore, alla prima scadenza contrattuale, può negare il rinnovo del contratto quando, tra le altre ipotesi, intende vendere l'immobile a terzi e non abbia la proprietà di altri immobili ad uso abitativo oltre a quello eventualmente adibito a propria abitazione. Si tratta, secondo la dottrina, di una previsione che mira ad assicurare al proprietario-locatore il maggior vantaggio economico, rispetto alla locazione, che normalmente deriva dalla vendita di un immobile. In questi casi la medesima disposizione riconosce al conduttore il diritto di prelazione sull'immobile.
      La prelazione abitativa ha un ambito di applicazione molto più limitato rispetto a quella commerciale. Infatti, mentre il diritto di prelazione riconosciuto ex art. 38 cit. compete in ogni ipotesi di alienazione dell'immobile, nella prelazione abitativa essa entra in gioco solo quando sussistono cumulativamente le seguenti condizioni: a) ricorra la prima scadenza contrattuale; b) il locatore intenda far cessare il vincolo locatizio per vendere ad un terzo l'immobile libero; c) non abbia la titolarità di altra casa abitativa.
      La tesi favorevole a riconoscere la possibilità di esercizio del diritto di prelazione anche in occasione di vendita esecutiva dell'abitazione locata è stata giustificata come contraltare della facoltà, che dovrebbe essere riconosciuta anche al custode, di avvalersi della facoltà di negare il rinnovo alla prima scadenza contrattuale.
      Altra tesi invece afferma che questa prelazione costituisce una forma di compensazione del diritto potestativo di recesso, che non è possibile riconoscere al custode perché la norma si riferisce ai soli trasferimenti volontari.
      Insomma, come abbiamo provato a spiegare negli esempi appena fatti, occorre verificare di volta in volta il dato normativo per sondare la compatibilità del diritto di prelazione con la vendita giudiziaria.
    • Chiara Fabbroni

      AREZZO
      25/04/2024 12:49

      RE: prelazione opponibile all'aggiudicatario

      Ringrazio come sempre.
      Sono invece a richiedere la Vostra opinione riguardo la prelazione agraria, nel senso se questa operi nell'ambito della procedure esecutive immobiliari.

      Volendo analizzare la questione limitatamente all'ambito della prelazione agraria è opportuno osservare che il 2° comma dell'art. 8 della legge 26 maggio 1965 n. 590 stabilisce che "la prelazione non è consentita nei casi di permuta, vendita forzata, liquidazione coatta, fallimento, espropriazione per pubblica utilità e quando i terreni in base a piani regolatori, anche se non ancora approvati, siano destinati ad utilizzazione edilizia, industriale o turistica".
      Ora sono a chiedervi se tale esclusione della prelazione agraria nelle procedure esecutive individuali , così normativamente disposta, possa estendersi anche al confinante coltivatore diretto, titolare di un diritto di prelazione come statuito dalla successiva legge di cui all'art. 7 legge 8771 che nulla dice espressamente in ordine all'inoperatività della stessa in caso di vendita forzata.
      • Zucchetti SG

        26/04/2024 09:15

        RE: RE: prelazione opponibile all'aggiudicatario

        La prelazione agraria è disciplinata dall'art. 8 l. 590 del 26 maggio 1965, cui si è successivamente aggiunto l'art. 7 della l. 817 del 14 agosto 1971.
        La fattispecie introdotta nel 1965 riconosce ad affittuari coltivatori diretti che coltivino il fondo da almeno due anni il diritto di acquisirne la proprietà in caso di trasferimento o concessione in enfiteusi.
        La norma introdotta nel 197 estende la prelazione di cui all'art. 8 al coltivatore diretto proprietario di uno o più terreni confinanti il diritto di acquistare in via di prelazione il fondo finitimo offerto in vendita, a condizione che su di esso non sia insediato un mezzadro, un colono, un affittuario, un compartecipante ovvero un enfiteuta coltivatore diretto.
        La giurisprudenza ha affermato che la prelazione agraria è un istituto di diritto pubblico poiché persegue l'interesse della collettività alla coltivazione dei fondi rustici, le cui basi costituzionali affondano nell' art. 42, che pone in risalto la funzione sociale della proprietà privata, nell'art 44, che individua gli obiettivi del razionale sfruttamento del suolo e dell'instaurazione di equi rapporti sociali, enunciando la necessità di aiutare la piccola e media proprietà, e nell'art. 47, il quale stabilisce che la Repubblica incoraggia l'accesso alla proprietà diretta coltivatrice, così auspicando una disciplina che prevede condizioni di privilegio per i coltivatori diretti nell'acquisto dei terreni agricoli (Cass., 15/05/2001, n. 6715).
        Con riferimento ad essa Cass., 12 ottobre 1982, n. 5264 ha affermato che "Qualora un fondo rustico venga alienato - in relazione alla liquidazione di un'eredità beneficiata - attraverso pubblici incanti, una siffatta procedura non può essere equiparata a quelle ipotesi di "vendita forzata, liquidazione coatta amministrativa, fallimento" che non consentono il diritto di prelazione previsto a favore dell'affittuario coltivatore diretto dall'art. 8 della legge 26 maggio 1965 n. 590, non trattandosi, come in dette ipotesi, di procedura imposta bensì essendo possibile un inserimento del meccanismo della prelazione nella suddetta procedura, potendosi configurare un'aggiudicazione in asta pubblica condizionata al mancato esercizio della prelazione agraria da parte dell'avente diritto".
        L'esclusione della operatività della prelazione agraria in caso di vendita esecutiva (individuale o concorsuale) trova puntuale base normativa, atteso che l'art. 8, comma secondo, l. 590/1965 afferma espressamente che "La prelazione non è consentita nei casi di permuta, vendita forzata, liquidazione coatta, fallimento, espropriazione per pubblica utilità e quando i terreni in base a piani regolatori, anche se non ancora approvati, siano destinati ad utilizzazione edilizia, industriale o turistica".
        Ora, poiché la legge del 1971 non fa altro che estendere l'operatività dei confini dell'istituto del 1965, vale sia per l'uno che per l'altro la stessa regola del comma 2 dell'art. 8, per cui essa non si applica alle esecuzioni forzate.